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cin cinMolte risorse ambientali sono caratterizzate come beni comuni, tra cui la qualità dell'acqua, lo spazio aperto, la biodiversità, e un clima stabile. Questi esempi si affiancano ai classici beni comuni come le torri dei fari, la difesa nazionale, e la conoscenza. In alcuni casi, tuttavia, è ragionevole chiedersi se le risorse ambientali sono beni comuni in senso completamente autentico.

Con gli spazi aperti, ad esempio, la congestione tra coloro che ne godono può causare un certo grado di rivalità, e non tutti gli spazi aperti sono accessibili a tutti. Tuttavia, molte risorse ambientali si avvicinano molto alla definizione di puro bene comune, e anche quando non è precisamente così, (più vicino ad un impuro bene pubblico), il concetto di base è utile per capire le cause di molti problemi ambientali e potenziali soluzioni.

L’acqua, per esempio, è un bene comune e un diritto umano. La sua gestione deve essere pubblica. L’acqua è fonte di vita. Senza acqua non c’è vita. L’acqua costituisce pertanto un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.

Oggi sulla Terra più di un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Si prevede che nel giro di pochi anni tale numero raggiungerà i tre miliardi. Il principale responsabile di tutto ciò è il modello neoliberista che ha prodotto una enorme disuguaglianza nell’accesso all’acqua, generando oltretutto una sempre maggior scarsità di quest’ultima, a causa di modi di produzione distruttivi dell’ecosistema.

Pur tuttavia, vi sono potentati socio-economici che hanno come fine anche la privatizzazione dell’acqua e l’affidamento al cosiddetto libero mercato della gestione delle risorse idriche che, imperterrite travalicano trasversalmente le diverse culture politiche ed amministrative. Come è ormai consuetudine, la democrazia italiana non ha molto rispetto per le proprie leggi.

Nel 2011 i cittadini italiani dissero che andava abrogato il decreto Ronchi, che obbligava gli enti locali a mettere a gara anche la distribuzione dell’acqua nelle case, e che andava cancellata la voce della bolletta che garantiva “adeguata remunerazione del capitale investito dai gestori”. Gli italiani dissero che quel servizio non andava messo sul mercato, ma gestito dal pubblico senza fini di lucro. Quanto contarono i 26 milioni di italiani che in quel lontano giugno del 2011 votarono “sì” ai due referendum sull’acqua pubblica? Poco o niente.

Così confermava, non molto tempo fa il governo Renzi: la gestione dei servizi idrici non doveva essere pubblica, ma di mercato. Insensibile al fatto che, nel 2010 le Nazioni Unite riconoscevano il libero accesso all'acqua come un diritto dell’umanità. Dopo decenni di liberismo sfrenato, gli effetti della messa sul mercato dei servizi pubblici e dell’acqua dimostrano come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico, degno di tale nome, possono garantire la tutela di questa irrinunciabile risorsa, il diritto e l’accesso all’acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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campora-san-giovanniAmici di Amantea, tenetevi forte. Ci siamo. Il divorzio tra Campora San Giovanni e Amantea si avvicina. E’ alle porte. Infatti l’On. Occhiuto, Presidente della Regione Calabria, ha indetto il referendum consultivo per la modifica dei confini territoriali di Serra d’Aiello e di Amantea per il 22 gennaio p.v. Saranno chiamati al voto gli elettori del Comune di Serra d’Aiello e soltanto gli elettori residenti a Campora San Giovanni. Sono stati esclusi gli elettori di Amantea. Stante così le cose il risultato è scontato. Nascerà un nuovo Comune: Temesa. E Amantea perderà l’importante frazione di Campora San Giovanni. Ma perché Campora vuole staccarsi da Amantea ed unirsi ad un Comune come Serra d’Aiello, così piccolo, che dopo aver perso l’Istituto Papa Giovanni XXIII fondato da don Giulio Sesti Osseo non ha nulla, ma proprio nulla da offrire? I motivi, secondo i residenti camporesi sono tanti. Vogliono l’autonomia. Il sentimento è forte tra gli abitanti della frazione. Per Amantea sarà uno smacco e un danno enorme, perderà oltre tre mila abitanti. Il porto è ubicato nello specchio d’acqua antistante la Frazione, le più importanti infrastrutture sono collocate all’interno dell’area ex Pip. Amantea riceverà danni incalcolabili, Perderà d’importanza e di prestigio. Diventerà tutto ad un tratto un paesello come ce ne sono tanti in Calabria. Addio Campora! Buona fortuna. Forse un giorno gli abitanti si pentiranno del grave errore commesso. Cosa potrà darti Serra d’Aiello? Nulla.

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muuuSono quasi certo di non essere pazzo. Semplicemente ho sentito all'improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano accettabili, perché non hanno in loro ciò che cerco. Prima non lo sapevo. Molto tempo fa. Questo mondo così com'è fatto non è tollerabile. Ho bisogno di Marte, o della felicità o dell'immortalità e sono oggi in perfetta sintonia con un mio antico professore di filosofia molto incazzato con il primo uomo che aveva deciso di morire.

Ho un bisogno vitale di qualcosa che sia demenziale forse, ma che non faccia parte delle banalità di questo mondo mediocre e insopportabile. Non mi riferisco all’espressione: “ Siate realisti, chiedete l’impossibile” tanto decantata dai sessantottardi che conservano i cimeli della loro primavera sotto naftalina e ben curati nei loro armadi, pronti a mostrarli ai loro ospiti, dopo una cena fatta di salmone sockeye affumicato del Pacifico e con del caviale persiano.

Alcuni amici mi chiamano “signor no”! Accetto questo loro modo di esprimere il loro bene, ma devono sapere che il mio “no” è sinonimo di ribellione.

Non so perché ma in questo momento passano davanti a me le immagini di un vecchio film del 50 di Richard Brooks: “Crisis” con Cary Grant e José Ferrer. Il neuro- chirurgo Eugene Ferguson si sposa con Helen e parte per il Sud America in viaggio di nozze. Durante la luna di miele viene arrestato e tenuto in ostaggio da un gruppo di soldati nel pieno di un movimento insurrezionale contro il dittatore Farrago. L'uomo alla fine riesce a liberarsi, ma viene avvisato che il politico è gravemente affetto da un tumore al cervello ed ha bisogno di un'immediata operazione.

Nel frattempo il ribelle Gonzales rapisce la moglie di Ferguson, minacciando di ucciderla se il marito compirà l'operazione. Ferguson opera Farrago e l'operazione riesce. L'esito però viene tenuto segreto mentre il dittatore inizia il suo periodo di riabilitazione e l'opinione pubblica crede che il terribile aguzzino sia morto.

Quando il popolo invade il palazzo, Farrago muore realmente per la paura e Ferguson viene ringraziato dai ribelli. La sua avventura non finisce qui: uscendo dal palazzo Gonzales viene ferito ed implora l'aiuto del chirurgo... Lascio il finale a quei pochi curiosi che vogliono sapere. E’ in loro che mi riconosco.

Fin da ragazzino ho sempre voluto sapere tutto o nulla. Niente compromessi. A questa mia rigida posizione passionale, la ragione è sempre stata impotente nel cercare di rispondere. Questa mia richiesta è forse all’origine della mia meridionale “malinconia”, che cerca e non trova.

Il mondo di oggi è purtroppo lo specchio di questi signori dell’irrazionale che lo “dirigono”, probabilmente verso il nulla. Se i “creativi” che, attraverso il loro “fare” da una parte, pensano di contestare la realtà, sanno, (è auspicabile) che dall’altra, ad essa si sottopongono. Meglio abbandonarmi all’oblio come fa Robert De Niro in una scena indimenticabile di “C’era una volta l’America” di Sergio Leone.

De Niro che entra in una sala di fumatori d’oppio e si toglie con grande dignità quel suo cappotto sgualcito e quel cappello sfoderato, prima di sdraiarsi e perdersi nell’oblio. Ciò che mi rimane addosso è l’odore di quel tessuto e del vissuto che i suoi occhi socchiusi e il suo incredibile sorriso mi hanno trasmesso. Null’altro.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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