Questa breve lettera l’ho scritta all’amico Nik Spatari prima che morisse.
Caro Nik, la breve nota che segue sarà in inglese. Chiaramente non ha nessun altro fine che quello di far sapere al mondo intero sul tuo operato in questi ultimi 50 anni.
Scholars from all over the world always wonder how did the inspiration and creativity came about. That magical moment, indescribable, the mixture that makes it possible to compose a work of art. That is, paint, sculpt, and writing or model something that can involve the unconscious, conjuring scenes that provoke intense emotions and sublime moods. States of mind that sensitive beings cause even ecstasy.
Inspiration and creativity, since they aren't characteristics common to all human beings, that is what most people think, and that it is not possible to develop artificially, they must have a source, come from something deep inside humans. Some scientists speculate that the inspiration comes from an altered state of mind, or if you prefer by malfunctioning brain areas.
I mean by madness, or moments of madness, because especially in the painters often have irrational and little controlled than the behavioral patterns of the time. I think that definition, or rather limit, born primarily from inability, which becomes frustration, for failing to understand the subtle phenomenon, or if you prefer, peculiarities of some beings of this world, like Nik Spatari, a painter, sculptor and architect. A great Southerner.
Gigino A Pellegrini
“Mi hanno dato del folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell'intelletto in generale.” Edgar Allan Poe
Son sicuro che è la pompa adrenalinica che ci sveglia nel cuore della notte con una grande idea - quella che sarà la prossima. Ma qui sta il trucco: La Passione provoca anche l'insonnia. Essa sovrascrive l’istinto più sano. È completamente impregnabile. La passione è la torta di cioccolato: non è possibile sopravvivere solo con essa. Bisogna sempre sapere quando dare alla passione una pausa. Come pure bisogna sapere quando arriva il momento per l’entrata in scena della ragione.
Io non sono molto bravo a barcamenarmi tra le due situazioni. Sono per lo più bloccato con la passione. Accelerare la mia motoretta lungo una strada tortuosa, girovagando senza una vera meta. Sono certo che anche gli altri, come me, hanno difficoltà a bilanciare la passione con la ragione. Dopo tutto, la passione è ciò che ci ha permesso di arrivare fin qui. Forse.
Dopo l’istante magico, in quel lontano 28 agosto, in cui i miei occhi si sono aperti sul mare di Ulisse, non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come in quello spazio ristretto del ventre di mia madre. Tu, mare di Ulisse sei diventato la mia musica e contieni e susciti tutti i sogni della mia anima. Questo mio cuore ha alcuni tuoi componenti. Ha le tue tempeste, le Tue maree, ma nella sua profondità ha anche qualche piccola perla.
In virtù del modo di dire “beata ignoranza”, suppongo che la curiosità faccia parte di molti di noi ma spesso viene associata ad un piccolo o grande sacrificio, cioè l’azione necessaria a togliersi quel dubbio. È molto più facile e meno stressante essere ignoranti in determinati contesti, poi dobbiamo anche considerare il contesto familiare e sociale in cui una persona cresce, se l’ambiente che ti circonda non ti da i giusti stimoli non ti viene proprio da approfondire alcun argomento, stai bene come stai, da lì “beata ignoranza”
Etimologicamente proviene dal latino “cura”, e già questo è molto indicativo: significa la partecipazione, l’attenzione, l’interessamento, la sollecitudine, riconducibile nel senso più ampio al coltivare la vita e all’amore.
“Non essere troppo curioso!“ , mia madre di solito mi diceva, o “La curiosità uccide il gatto” sono frasi molto usate nel Meridione, come una specie di ammonimento, un “consiglio d’amico” o addirittura una regola educativa, che presumono una sorta di pericolo nella curiosità.
Fin da ragazzino ho sempre voluto sapere tutto rispetto al nulla. Niente compromessi. A questa mia rigida posizione passionale, la ragione è sempre stata impotente nel cercare di rispondere. Questa mia richiesta è forse all’origine della mia meridionale “malinconia”, che cerca e non trova.
La mia, di curiosità, è sempre un desiderio urgente che sento di volerne sapere di più su qualcosa. Se trovo un diario in un bar, la curiosità mi fa venir voglia di guardarci dentro, sebbene il rispetto della privacy mi spinga a non farlo.
La curiosità è lo stato dell'essere curioso: in cerca di informazioni, interessato, pronto a tutto pur di capire e conoscere qualcosa. L'etimologia della parola ha a che fare con la parola latina "cura", sollecitudine, ad indicare proprio la voglia e l'urgenza di sapere qualcosa. Se anche tu sei un essere curioso, ti invito a metterti alla prova.
"Se qualcuno può dimostrare che ho torto e mostrarmi il mio errore in qualsiasi pensiero o azione, cambierò volentieri il mio punto di vista. Cerco la verità, che non ha mai fatto male a nessuno: L’errore è persistere nel proprio autoinganno e nella propria ignoranza" — Marco Aurelio
Una delle domande che ci facciamo quotidianamente è: scelgo di cercare attivamente la verità o restarmene nella mia beata ignoranza? La beata ignoranza è certamente molto più sicura e meno impegnativa, almeno nel breve termine. Non so se sono più o meno felice perché coltivo la mia curiosità nel cercare di ridurre la mia ignoranza.
.Ci sono certamente delle sfide quotidiane nell'impegnarsi in un simile processo, ma regolarmente esperimento questi momenti di "risveglio" che forniscono immensa soddisfazione e rassicurazione. Li trovo momenti di estasi cognitiva. Il rilascio di sostanze neurochimiche quando si capisce qualcosa o si apprende qualcosa di nuovo.
Gigino Adriano Pellegrini
When the rainwill blend our bitter tears
Weprobablywillunderstandthat,
to remainindomitable,
drowning in eachotherseyes,
Itisnothingbut
a silent way
to put a brake to humanmediocracy.
La mediocrità di cui vorrei parlare qui di seguito non ha niente a che fare con l’aurea mediocritas cantata ed esaltata dal poeta Orazio, il quale con questa espressione intendeva riferirsi alla capacità di tenersi lontani dagli estremi e dagli eccessi e quindi in definitiva ad un principio di saggezza e ragionevolezza. La mediocrità a cui si fa riferimento in questo breve scritto è quella di cui parla il sociologo canadese Alain Deneault nel suo recente libro “La mediocratie” nel quale prende di mira il conformismo acritico dominante in tutto il mondo, il riferirsi della stragrande maggioranza della popolazione mondiale a modi e stili standardizzati di pensare e di agire, a parametri di giudizio e a canoni di comportamento definiti e determinati sulla base di ciò che “mediamente” viene ritenuto accettabile e praticabile, e più esattamente sulla base di criteri opportunistici o di convenienza che consigliano di non entrare in rotta di collisione con il vigente ordine economico e sociale, per cui una cultura sempre più uniforme e standardizzata, l’assunzione della “media” o di ciò che vale mediamente come norma o regola predominante, la sostanziale accettazione del “mercato” e dei suoi spesso infimi epifenomeni culturali oltre che delle sue “leggi” economiche, non possono che generare “mediocrità” fino al punto di consegnare il mondo al potere di una moltitudine di “mediocri”.
Amantea, meritava una giunta mediocre con a capo un sindaco mediocre, che voleva elaborare un progetto comune, capace di risollevare la città dal baratro in cui è sprofondata in questi ultimi decenni. Occorrevano donne ed uomini forti e capaci, che conoscevano i problemi della Città e che erano riconosciuti dai concittadini.
Questa giunta andava in giro a dire ai quattro cantoni che bisognava dire basta a quelli che l’aveva preceduta logorati dalla propria inettitudine politica ed incapacità amministrativa. Avevano indossato gli abiti degli onesti, i meritevoli, i capaci. Andavano diffondendo tramite il loro Sparaballe che Amantea aveva bisogno di donne ed uomini volenterosi ed appassionati per mandare a casa quegli inquietanti personaggi che non solo avevano distrutto la Città ma che avevano addirittura la faccia tosta di riproporsi all’elettorato immaginando che gli Amanteani avessero la memoria corta, come di fatto hanno.
Gli uomini e le donne di questa giunta si sono presentati come la nuova classe dirigente, che si sarebbe operata a favore dei disagiati, dei senza casa e senza lavoro, delle famiglie povere. Avevano individuato i “percorsi” e i progetti che avrebbero consentito ad Amantea di ritrovare il suo antico e nobile ruolo di “guida”, facendo sentire la propria autorevole voce alla Regione Calabria ed a Roma, per dare un futuro certo e dignitoso ai propri figli.
Per far questo i mediocrati al potere della città avevano bisogno del concorso di tutti quelli che erano stanchi delle malefatte amministrative precedenti e avevano a cuore la nostra bellissima ed amata Città". Una delle prime cose che i “nuovi” mediocrati misero in atto dopo le elezioni fu quella di allontanare dalla politica chiunque stava loro sulle scatole, preparando il terreno a un consiglio comunale dove cominciarono a regnare gli incompetenti.
Ciò che, in questo regolamento comunale si vede solamente è un altro atto della commedia della mediocrità che protegge sé stessa. E’ vero, non è simpatico quello che sto dicendo. Ma io tra la simpatia e la sincerità, se devo scegliere, scelgo la seconda. L’essere parziali, l’essere omissivi, l’essere generici e sfuggenti, l’essere realisticamente prudenti nel non pestare i piedi a chi conta e può influire anche sul nostro destino.
Il mostrarsi, al contrario distanti scostanti e sprezzanti rispetto a persone “esplosive” ma marginali, a “teste calde” non sprovviste di capacità e mezzi per minacciare l’establishments costituito, per alterare determinati equilibri politici e culturali, per contribuire ad invertire radicalmente taluni processi di partecipazione alla ricerca scientifica e culturale, di acquisizione e distribuzione del sapere oltre che del potere e della ricchezza: questo è l’identikit del perfetto mediocre intelligente, preparato, competente, funzionale alla conservazione di una società, mediocre per l’appunto, in cui la sua condizione sociale e il suo prestigio professionale siano insidiati il più debolmente possibile.
Il mediocrate è un bravo sistemico che sta al gioco, può anche avere i vezzi del genio purché sostanzialmente non si allontani mai troppo da quello che, nei vari ambiti dell’esistenza e di un certo periodo storico, viene considerato come il “politicamente corretto”. Che significa questo? Significa che egli, sia pure in forme discrete o nascoste, dovrà accettare piccoli o grandi compromessi utili al perseguimento di obiettivi a breve termine, dovrà sottomettersi a regole odiose e sottaciute come quella di chiudere gli occhi e tacere di fronte a tante ingiustizie visibili e reali o di esprimere giudizi completamente inattendibili per motivi che nulla hanno a che fare con quella che dovrebbe essere il principale distintivo dell’intellettuale in genere, ovvero la sua onestà intellettuale, o ancora come quella per cui si tenda a promuovere in senso lato non ciò che ha a che fare con una reale produttività e con il merito ma solo con ciò che può essere utile e conveniente per se stessi e per il proprio gruppo di riferimento.
Lo abbiamo sempre saputo: siamo mediocri. Una città mediocre. Tempo di scandali? Corruzione? Macché! Per noi solo robetta di quart’ordine. Ci dobbiamo accontentare dei ravvedimenti operosi del Konducator. Abbiamo pagato la Tarsu in ritardo, da buoni Calabresi. Il Comune di Amantea è diventato autoreferenziale. Sembra una barca sfasciata, che fa acqua da tutte le parti.
Probabilmente stanno cercando maldestramente di aggiustarla, ma non riescono neanche a farcelo sapere. C’è una qualche politica sociale? L’assistenza è stata ridotta? E i progetti di sviluppo dove sono? Qualche politica di indirizzo si intravede? Abbiamo accordi sensati con privati che vogliano investire? E uno straccio di discussione pubblica su questo lo vedremo mai?
Il Konducator di Amantea mi ricorda Giampiero Ventura: un allenatore mediocre. Lo era anche prima di essere ingaggiato come c.t. della Nazionale azzurra. Ha continuato ad esserlo ancora di più dopo quella esperienza. Prima, a parte Pisa, Torino e forse Bari, non si ricordano grandi performance in panchina del mediocre Ventura.
Nella sua carriera come allenatore ha vinto solo due campionati interregionali con Empoli e Pistoiese e un campionato di serie C1 con il Lecce. Una vita sportiva da mediocre. Il mediocre Tavecchio ha affidato al mediocre Ventura la guida della Nazionale italiana e la mediocrità al potere porta solo a brutti risultati. E molte volte gli insuccessi dei mediocri vengono giustificati con degli scaricabarile.
Giacomo Leopardi, nei suoi “Pensieri”, scrive “prendete una persona di vero valore e una di valore falso in qualsiasi ambito e vedrete che la seconda è sempre più fortunata della prima”.
Gigino A Pellegrini