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La leggenda metropolitana dei migranti risorse fondamentali per pagare le pensioni a noi italiani si tramanda di bocca in bocca, dal presidente Inps Tito alla Boldrini, alla Kyenge, ai buonisti disinformati, ai propagandisti dello ius soli.

Boeri, presidente dell’Inps, si è espresso nuovamente parlando di “pensionati che hanno un disperato bisogno di migranti”.

Ma a smentire questa balla ci pensa numeri alla mano Gian Carlo Blangiardo, demografo e professore all’Università Bicocca di Milano, che non è la prima volta che invita a farsi due conti prima di parlare a vanvera: “Questo discorso potrebbe economicamente avere un senso, solo immaginando che gli immigrati alla fine mollino tutto e se ne vadano via, lasciandoci i contributi in via definitiva.

Ma non è così”. Ovviamente.

Lo leggiamo sul Giornale.

Questo il ragionamento: «Nel nostro sistema pensionistico, quando paghi hai dei diritti e un giorno dovrai ricevere ciò che hai versato», spiega il professore Blangiardo.

“Nel bilancio complessivo c’è sempre questa brutta tendenza a considerare i versamenti previdenziali come se fossero lasciati in via definitiva al bilancio statale o comunque dell’ Inps.

Non è affatto così”.

Insomma, affinché l’asserzione di Boeri fosse vera, gli immigrati dovrebbero lasciare l’Italia una volta giunti alla soglia della pensione, rinunciando al trattamento previdenziale.

Chi può credere a questo?

“Se vanno via, le norme sono tali per cui avranno diritto a riceverlo, ovunque siano andati.

E comunque, non se ne vanno: non c’è nessuna evidenza empirica di soggetti che tornano a casa una volta diventati anziani”.

Il conto economico sarà, nella migliore delle ipotesi in pareggio.

Lo stesso discorso aveva fatto Elsa Fornero, qualche mese fa, sbugiardando Bordini e

compagnia: «È vero che i migranti danno un contributo positivo ai conti del nostro sistema previdenziale.

Questo perché quando lavorano pagano i contributi.

Ma è vero che allo stesso tempo maturano dei diritti, una sorta di libretto di risparmi che gli permetterà di avere dei diritti pensionistici, che noi come paese dovremo onorare» .

Purtroppo i benpensanti, i garantiti e gli assistiti non leggono, non si informano, non si interrogano sul futuro, ma vivono sugli slogan del momento: “Nell’arco di dieci anni, circa 2 milioni di stranieri diventeranno italiani- spiega il prof al Giornale- .

Non possiamo pensare che questa gente a un certo punto e ne vada lasciando ci i contributi ” .

Il ragionamento è cristallino. “Se togliamo di mezzo il contributo previdenziale” conclude il

professore, “e non lo consideriamo come un regalo, ma semplicemente come un prestito, come deve essere, allora la differenza tra quanto danno e quanto ricevono è negativa.

Ricevono non tantissimo, ma un po’ di più rispetto a quello che danno.

Questo è un dato di fatto.

Il prestito che loro ci fanno è utile dal punto di vista della cassa, cioè per pagare le pensioni oggi.

Ma i conti torneranno quando sarà il momento a nostra volta di pagare le loro di pensioni”.

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Lo si legge sul “ Contratto di programma 2015-2019 tra il Ministero dello Sviluppo economico e e Poste italiane”

Tale contratto di programma regola i rapporti tra lo Stato e Poste Italiane S.p.A per la fornitura del servizio postale universale affidato alla Società ai sensi e per gli effetti dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 261del 1999

Sempre tale contratto regola i rapporti tra lo Stato e Poste Italiane S.p.A nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni, ai sensi del successivo articolo 5, mediante l’utilizzo della rete postale della Società.

Per tali obiettivi lo Stato eroga alle Poste 262,4 milioni all’anno

Il contratto, è entrato in vigore il primo gennaio 2016 ed ha anche ottenuto il via libera della Commissione europea

Il Ministro Guidi nel sottoscrivere il contratto ha dichiarato che “Poste è un asset per il Paese: e lo è a prescindere dalla composizione del suo azionariato. Lo è per quello che è e per quello che fa. Questo spiega l’attenzione e la determinazione con cui siamo arrivati alla sottoscrizione del contratto che costituisce l’architrave del forte progetto di valorizzazione e rinnovamento di Poste Italiane e, parimenti, il necessario strumento per il conseguimento dell’obiettivo di coesione sociale e territoriale che la legislazione europea e nazionale ascrivono al servizio universale postale”

Il Ministero dello sviluppo economico ha affidato il servizio fino al 30 aprile 2026.

Ma le Poste osservano che la situazione finanziaria avrà un notevole flessione considerato che la Legge 2017 per il mercato e la concorrenza (art.1, comma 57 lett. b) ha abrogato, a decorrere dal 10 settembre 2017, l’art.4 del d.lgs.261/1999 concernente l’affidamento in esclusiva al fornitore del servizio universale (Poste Italiane S.p.a.) dei servizi inerenti le notificazioni di atti giudiziari e di multe.

Ed anche per tali ragioni e per la forte flessione della posta massiva già da tempo Poste Italiane sta attuando una nuova politica che prevede il taglio di costi, sportelli e postini, chiudendo Uffici postali minori e riducendo la consegna delle lettere a cinque giorni ogni due settimane (anziché cinque a settimana come previsto dalle norme europee): lunedì, mercoledì e venerdì in una settimana e martedì e giovedì in quella successiva, in particolare nei piccoli comuni.

L’obiettivo finale è di ridurre il passaggio del postino in più di 5.200 comuni italiani) su 7.998 esistenti) , fino a interessare circa il 25% della popolazione italiana( negli altri 2798 medio/grandi comuni abita il 75% della popolazione) .

Nel mentre in 1.900 comuni italiani, tra più grandi, è stata introdotta una rete di distribuzione privata parallela.

Con un prossimo articolo vi diremo in quali comuni calabresi sarà ridotto il servizio di consegna della posta

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Il Senatore Pietro Grasso nonché Presidente del Senato della Repubblica della XVII Legislatura spara a zero contro il suo partito, il Partito Democratico di Renzi e Gentiloni per intenderci, e dice che se lui non avesse ricoperto la seconda carica dello Stato, cioè la Presidenza del Senato, non avrebbe votato la nuova legge elettorale né tantomeno data la fiducia al Governo Gentiloni.

Politicamente e umanamente la misura è colma e abbandona, perciò, il partito che lo ha fatto eleggere Senatore e poi Presidente del Senato con l’aiutino di una quindicina di Senatori del Movimento 5 Stelle.

E dove è andato a finire?

Nel Gruppo Misto, rifugio di tutti i voltagabbana.

Ma poiché la misura era colma e l’ennesima fiducia del Governo Gentiloni è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché non si è dimesso prima della votazione anche da Presidente del Senato?

Gli fa comodo restare nella comodissima poltrona che occupa non per meriti propri.

Ma chi lo ha messo in quel posto così prestigioso?

Posto occupato prima di lui da uomini politici davvero in gamba e molto preparati, onore e vanto dell’Italia repubblicana: Paratore, Merzagora, Bonomi, De Nicola, Malagodi, Fanfani, Spadolini, Cossiga.

Il Partito Democratico naturalmente.

E ora, a pochi mesi dallo scioglimento delle Camere, Grasso sbatte la porta in faccia al PD e abbandona i suoi amici fedeli e sputa nel piatto dove fino ad ieri ha lautamente mangiato.

Bella riconoscenza.

Bella ricompensa.

Ben gli sta al Pd e ai suoi dirigenti.

Lo hanno imbarcato per opportunismo ed ora se ne va.

Ma forse ha capito qualcosa.

Con molta probabilità Renzi non lo avrebbe ricandidato senatore alle prossime elezioni politiche e allora lui, molto lungimirante, cercherà di accasarsi con la sinistra per ottenere ancora un’altra volta un posticino al Senato.

Benvenuto fra di noi, esultano Bersani, D’Alema e Co.

O forse avendo avuto la sensazione che il suo partito alle prossime elezioni politiche avrebbe potuto prendere una sonora batosta ora scappa come un topo dalla nave che affonda.

I voltagabbana, i traditori, non si trovano soltanto nel partito di Berlusconi, ma albergano anche in altri partiti politici.

Grasso, però, insisto, avrebbe fatto più bella figura se si fosse dimesso almeno da Presidente del Senato.

Ma in Italia, purtroppo, i nostri Parlamentarti e i nostri governanti non conoscono la parola “Dimissioni”.

La aborriscono.

La danno soltanto i grandi e veri uomini.

Perciò le motivazioni della scelta del Presidente Grasso di lasciare il gruppo Pd non mi hanno convinto.

E’ contro il voto di fiducia?

Ma quanti voti di fiducia abbiamo avuto in Parlamento con Monti, Letta, Renzi e Gentiloni?

Tantissimi.

Perché è stato zitto fino ad ieri?

Per convenienza?

Ma non era lui che ogni giorno ci ha rotto i timpani per non dire una mala parola quando se la prendeva con quelli che cambiavano casacca e che intendeva riformare i regolamenti?

Certo che era lui.

Appresa la notizia delle sue dimissioni dal partito mi sono messo a piangere.

Grave perdita di un uomo che ha fatto tanto per l’Italia e per la nostra Calabria.

Stasera inizierò lo sciopero della fame e della sete per questa notizia davvero devastante.

Fuori il Senatore Pietro Grasso dalla maggioranza parlamentare che appoggiava il Governo Gentiloni e dentro il Senatore Denis Verdini, il fuoriuscito dal partito di Berlusconi.

E tutto alla luce del sole e nello stesso tempo.

Bella conquista parlamentare!

Andiamo proprio bene.

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