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di Guido Scarpino dal quotidianodelsud.it

 

«Fu del noto boss italiano Franco Muto» 

Cetraro – «Questa Alfa Romeo “Alfetta 2000” Blindata del 1980 fu venduta nuova a Cetraro (Cs),  a Francesco “Franco” Muto, un noto membro della mafia italiana».

E’ l’annuncio fatto circolare sul famoso sito di aste online Bringatrailer.com.

 

L’auto, modificata in quegli anni dallo specialista di veicoli blindati Marazzi, con aggiunte di quasi 600 kg di rivestimento per armatura, ruote e pneumatici antiproiettile e altro ancora, è stata acquistata in data 3.11.1980 a nome di Corsanto Angelina, moglie del boss Franco Muto, al prezzo di 20 milioni di vecchie lire ed il 3 febbraio 1982 è stata intestata a Muto Francesco.

 

In data 12.2.1983 è stata invece venduta per il prezzo di 10 milioni di lire ad una donna di Diamante per poi approdare a Monaco, in Germania, dove i temi della ‘ndrangheta calabrese e della mafia siciliana sono sempre oggetto di business.

 

Dal sito Bringatrailer.com l’auto è stata infatti acquistata da un concessionario della Danimarca che, avendo fiutato l’affare, ha riproposto lo stesso messaggio pubblicitario, rigorosamente in lingua inglese, sul sito classicdriver.com.

 

“Rifinita in bianco con interni in velluto marrone – aggiunge il sito – la vettura è equipaggiata con un 2.0 a quattro cilindri in linea abbinato a un cambio manuale a cinque marce. Targata nel 1981, è stata inserita in vari spettacoli ed eventi da quando è entrata a far parte della collezione dell’attuale venditore nel 2013. Ora mostra poco meno di 13000 chilometri. È offerta con documenti di esportazione e precedente immatricolazione italiana.

C’è anche l’interfono… Alcuni ritocchi e graffi sono naturalmente presenti sulla vernice.

 

Le ruote in acciaio da 15’’ sono antiproiettili e calzano pneumatici Dunlop Denovo run-flat 195/65. …E pure l’aria condizionata.

L’interno è rifinito in velluto marrone con pannelli porta e tappeti abbinati.

La ditta specializzata Marazzi ha fatto installare vetri antiproiettile con protezione aggiuntiva in plexiglass, serrature aggiuntive per le porte e un sistema di telecomunicazione.

Inoltre è presente l’aria condizionata. Sono inclusi nella vendita i documenti di immatricolazione italiani assegnati a Francesco Muto”, conclude il messaggio.

 

L’auto del boss cetrarese, rinforzata e blindata per scansare gli agguati delle ‘ndrine di Cosenza, come accaduto sempre negli anni ‘80 sulla strada statale 18, nell’ambito delle guerre di mafia, è dunque un mezzo d’epoca ricercato e facile da piazzare, soprattutto all’esterno, dove il mito dei boss di ‘ndrangheta calabresi non tramonta mai.

 

 

Pubblicato in Alto Tirreno

La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro sta procedendo alla confisca della lavanderia industriale “Iacovo Maria”, di Diamante, intestata al coniuge, ma ritenuta nella effettiva disponibilità di Antonio Mandaliti, destinatario, nell’estate del 2016, insieme alla moglie, di misura cautelare detentiva, emessa nell’ambito dell’operazione “Frontiera”, condotta dalla Procura distrettuale di Catanzaro, con la quale sono stati duramente colpiti gli interessi, anche economici, della potente cosca Muto, egemone nel comprensorio di Cetraro.

Il decreto in corso di esecuzione è stato emesso dal Tribunale di Cosenza a seguito di accurate indagini patrimoniali svolte dalla Direzione investigativa antimafia, i cui esiti sono confluiti in una proposta di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal direttore della Dia alla predetta Autorità giudiziaria, che hanno già portato al sequestro del citato bene.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la suddetta lavanderia industriale sia “…frutto o reimpiego di attività illecita…in periodo di pericolosità sociale del proposto: i sufficienti indizi di tale provenienza illecita, infatti, si ricavano proprio dall’ordinanza applicativa di custodia cautelare nei confronti del Mandaliti per tale reato [ndr. procedimento “Frontiera”], nell’ambito della quale le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – affermative della fittizietà dell’intestazione della lavanderia Iacovo e dell’atteggiamento del Mandaliti volto ad imporre il monopolio dei relativi servizi grazie alla propria appartenenza alla cosca Muto – sono considerate, oltre che intrinsecamente coerenti, anche estrinsecamente riscontrate dal compendio intercettivo agli atti di quel procedimento…”.

Inoltre, con il medesimo provvedimento è stata disposta nei confronti di Mandaliti l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di ps per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

Pubblicato in Alto Tirreno

Giuseppe Antonuccio,detto “Garibaldi” era sfuggito alla cattura nei primi giorni del gennaio scorso quando fu raggiunto da un fermo, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione su ‘ndrangheta e appalti che ha portato all’arresto di 34 persone tra le quali il costruttore Giorgio Ottavio Barbieri.

 

Il 9 febbraio, il Tribunale del capoluogo aveva emesso nei suoi confronti, inoltre, un ordine di custodia cautelare in carcere con l’accusa di associazione di tipo mafioso.

Secondo gli inquirenti Antonuccio sarebbe l’uomo di fiducia diFrancesco Muto, boss dell’omonima cosca di ‘ndrangheta dell’alto Tirreno cosentino, e avrebbe avuto il ruolo di commettere danneggiamenti ed azioni intimidatorie.

 

Le indagini, condotte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo Carabinieri di Cosenza – diretti rispettivamente dal capitano Giuseppe Sacco e dal tenente colonnello Milko Verticchio – e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro nella persona del sostituto procuratore Alessandro Prontera e del sostituto procuratore Camillo Falvo – titolari del fascicolo d’indagine – del procuratore capo Nicola Gratteri e del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, hanno consentito di individuare il ricercato all’interno di un’abitazione in contrada Santa Lucia.

 

Nel blitz è stato arrestato anche un 38enne, R.M., accusato di aver favorito l’irreperibilità di Antonuccio ospitandolo nel suo appartamento.

Pubblicato in Cetraro

Cinquantotto persone sono state arrestate dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, nelle province di Cosenza e Salerno accusate, tra l’altro, di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina.

 

Al centro delle indagini del Ros che hanno portato all’operazione di oggi, denominata ‘Frontiera’, una delle più pericolose e violente cosche della ‘ndrangheta, con a capo Francesco Muto, di Cetraro, detto il “Re del pesce”.

 

Secondo gli investigatori, Muto ha monopolizzato per oltre 30 anni le risorse economiche del territorio curando fino al dettaglio la commercializzazione dei prodotti ittici.

Tra le persone arrestate ci sono anche il boss Franco Muto e i figli Luigi e Mary (detta Mara).

Alcune ordinanze sono state notificate in carcere a diversi pregiudicati, ritenuti vicini alla cosca. Coinvolto anche Maurizio Rango, già detenuto, esponente di spicco delle cosche operanti a Cosenza.

Le indagini del comando provinciale di Cosenza hanno documentato un importate traffico di stupefacenti che, sotto il controllo del clan Muto, inondava di cocaina, hashish e marijuana le principali località balneari della costa tirrenica calabrese, tra cui le note Diamante, Scalea e Praia A Mare.

Contestualmente sono stati sottoposti a sequestro beni per circa 7 milioni di euro.

I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa tenutasi, alle ore 11.00, presso la sede del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza alla presenza del procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri e dei vertici della DDA.

Ed ecco l’elenco degli arrestati

Antonio Abruzzese (Tonino Banana – detenuto)

Carlo Antonuccio (detenuto)

Gianluca Arlia

Salvatore Baldino

Pierpaolo Bilotta

Nicola Giuseppe Bosco

Gennaro Brescia

Agostino Bufanio

Giulio Caccamo

Giuseppe Calabria

Pietro Calabria

Vincenzo Campagna

Giuseppe Candente

Gianluca Caprino

Gino Caroprese (detto ‘Lo Sghincio’)

Luca Carrozzini

Enzo Casale

Angelo Casella (detto “O’ Passariello”)

Simone Chiappetta

Fedele Cipolla

Franco Cipolla (detto “Tabacco”)

Giuseppe Crusco (detto “il Nano”)

Alessandro De Pasquale

Antonio Di Pietromica (Tonino)

Gianfranco Di Santo (detto “Pulcino”),

Giuseppe Natale Esposito

Gaetano Favaro

Giuseppe Fiore

Pier Matteo Forestiero

Amedeo Fullin

Antonietta Galliano

Cono Gallo

Vito Gallo

Agostino Iacovo

Emilio Iacovo (detto “Milio lo Stalliere”)

Maria Iacovo

Simone Iannotti

Emanuel La Scaleia (detto “Bacheca”)

Guido Maccari (detto “Mazzaruni”)

Alessandra Magnelli

Antonio Mandaliti

Filippo Matellicani

Francesco Muto (Franco detto “Il Re del Pesce”)

Luigi Muto

Mary Muto (detta Mara)

Carmine Occhiuzzi (detto “Minuccio”)

Luca Occhiuzzi

Andrea Orsino

Alfredo Palermo

Valentino Palermo

Sara Pascariello

Antonio Pignataro (detto “Cicchitella”, detenuto)

Sabrina Silvana Raimondi

Maurizio Rango (detenuto)

Vittorio Reale

Andrea Ricci

Michele Rizzo

Simona Maria Assunta Russo

Luigi Sarmiento (detto “Gino Fish”)

Giuseppe Scornaienchi (detto “Pino o’ Cunfiett”)

Salvatore Sinicropi

Mariangela Tommaselli

Rocco Eupremio Trazza

Alexander Tufo(detto Alex)

Carmelo Valente (Testa Bianca o Ravanelli)

Luigino Valente

Pietro Valente (detenuto)

Fabrizio Vitale

Pubblicato in Cetraro

Ecco come conclude la Relazione sull’Attività e sui risultati conseguiti dalla Direzione Antimafia ( Primo semestre 2014) presentata dal Ministro dell’interno Alfano e trasmessa alla Presidenza il 13 gennaio 2015, a pagina 92, a fine del capitolo relativo alla Calabria .

Conclusioni. Gli elementi di analisi scaturenti dagli esiti investigativi e giudiziari sulla matrice mafiosa calabrese, relativi al semestre esaminato, consentono di confermare la capacità della 'ndrangheta di infiltrare settori della politica, della pubblica amministrazione e dell'imprenditoria, attraverso una consolidata rete di relazioni.

Il quadro della minaccia proveniente dalla criminalità calabrese si completa con il potenziale economico delle cosche che consente di orientare, con successo, i propri interessi verso i circuiti economici.

I significativi provvedimenti ablativi eseguiti su beni riconducibili ai sodalizi di calabresi, che hanno riguardato anche altre regioni d'Italia, costituiscono il riscontro oggettivo sugli ormai sperimentati meccanismi che conducono, attraverso la fase di accumulazione finanziaria, a sistematiche iniziative volte al riciclaggio e al reimpiego di capitali sui circuiti economico-imprenditoriali.

L'interesse imprenditoriale della 'ndrangheta costituisce, infatti, l'elemento caratterizzante che da tempo si è esteso dal territorio calabrese verso altre regioni, rendendo necessario acuire il livello di vigilanza.

Ed infatti a pagina 90 si legge che la DIA nel solo primo semestre 2014 nei confronti dei sodalizi calabresi ha iniziato 11 operazioni, ne ha concluso 9 ne ha in corso 52.

A dimostrare questo quadro secondo la DIA sono “ i numerosi episodi di condizionamento che affliggono gli enti locali calabresi che «sono diventati una ciclica emergenza che perdura da tempo e che pone, anche nel 2014, la Calabria quale regione interessata dal più alto numero di provvedimenti di scioglimento di Comuni per infiltrazione mafiosa: complessivamente 14”.

La affermazione che la DIA ha in corso almeno 52 indagini su sodalizi e loro relazioni con la politica offre la speranza che si possa porre fine alle collusioni tra politica e ‘ndrangheta.

Proprio oggi i quotidiani locali titolano che il PM Facciolla ha lanciato una dura reprimenda alla politica che “ si occupa di questi argomenti solo in periodi di campagna elettorale” ed alla stampa che avrebbe condotto “ attività di favoreggiamento” , evidenziando che in taluni casi il territorio è stato identificato con il boss , così che “ Cetraro e Muto sono la stessa cosa”.

Pubblicato in Alto Tirreno
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