Alla vigilia della realtà carta pestatale imposte sono al massimo, il sistema di servizi funziona a livelli inferiori allo zero. Di più e peggio. Il fallimento del Signore delle tenebre, la cui maggioranza è, dal giorno dell’insediamento molto imbarazzata, per usare un eufemismo, quasi incorporea, forse ha deciso di porre fine a questo strazio per la città di Amantea, che peraltro si trova anche alle prese con il drammatico problema del risanamento.
Quel che è certo è che nessuna amministrazione potrà fare peggio dell’attuale. Questa Amministrazione lascia ferite profondissime nella collettività, inadeguatezze e la prospettiva di un dissesto finanziario e di un probabile commissariamento lunghissimo. Altro che “rivoluzione silenziosa”.
In realtà è stato un massacro! Non voglio entrare troppo troppo su tutte le malefatte, gli orrori e gli errori e gli atti antidemocratici del Konducator, che si è trovato a suo agio solo con i Pupi di cartapesta. . Penso, infatti, che chi vive ad Amantea non ha bisogno di tante spiegazioni per prendere atto della situazione disastrosa in cui la città si trova. Quindi preferisco attenermi su quelli che sono gli aspetti politici della faccenda.
Però, non si può evitare un piccolo passaggio su quello che è stato capace di combinare o per meglio dire non combinare il Konducator durante il periodo del suo governo. Capisco le ansie e le preoccupazioni, la corsa di qualcuno a prendere le distanze e a mettere i bastoncini nel voler limitare il proprio coinvolgimento. Se questa Giunta è arrivata a questa consapevolezza, sarà meglio chiudere subito questa esperienza. E lo dico senza alterigia e senza atteggiamenti di sfida, ma con grande responsabilità e consapevolezza e amore verso questo luogo he mi ha dato i natali. Lo dico perché sono convinto che il danno più grave che si può recare ad una istituzione e anche alla politica, a quella che non è stata ancora travolta dalla deriva populista, è fare la rincorsa a chi più degli altri può gettare fango, attraverso giudizi superficiali e frettolosi.
Certo, se bastasse il senno del poi, il registro degli errori non esisterebbe. Forse vale la pena però riannodare i fili, per quanto possibile, e cercare di capire davvero quali ostacoli si sono frapposti tra l’armata Brancaleone del Konducator e il bis. Si scoprirà infatti più avanti che di “brace sotto la cenere ne covava molta”. Peccato che nessuno nel frattempo abbia soffiato sulla cenere e tirato a galla i problemi.
Com’è cominciata, lo sanno più o meno tutti. Come è destinata a finire, è storia di queste settimane. Ma in mezzo, cosa è successo? Perché oggi, col senno di poi, non ci sono gli applausi che avevano sottolineato la presa della Bastiglia nel 2022, quando l’incoronazione’ della Giunta capitanata dal Konducator , con Nea Polis raggiunse il 59,6% delle preferenze.
In questi due anni si è vista l’ex Perla del Tirreno invasa dai rifiuti, le periferie completamente abbandonate a se stesse, il dissesto stradale, la merda galleggiare sul mare di Ulisse, cerotti in ogni angolo, cittadini inascoltati, frane mai sanate, mancata esecuzione di una sentenza inappellabile del Consiglio di Stato, un lungomare che sembra essere stato bombardato dai Mig russi. La scuola media ridotta a brandelli con colline di calcinacci nel bel mezzo della città, mancanza di manutenzione per le strutture scolastiche e sportive, spazi pubblici,soldi pubblici buttati in eventi vetrina; per non parlare, poi, dei problemi storici che Amantea si porta dietro da anni e su cui non è stato fatto nulla, come se il fatto non riguardasse il Konducator.
Il responso della Sibilla Cumana non lascia ombra di dubbio. Nei mesi che verranno bisognerà costruire le basi su cui poggerà il futuro governo della città, bisognerà sviluppare meccanismi di controllo popolare, parlare con chi vive i problemi sulla propria pelle, lanciare comitati e assemblee di popolo e insieme costruire non solo un programma ma una vera e propria alternativa ad altri famelici appetiti.
La Divina Cumana, con gli occhi rivolti alla Luna, ha sottolineato che non sarà facile, ci sarà un periodo embrionale, ma non c’è altra scelta. Gi Amanteanipotranno accettare la sfida oppure chiudersi nei prostri orticelli e allora la collettività perderà un’altra occasione indipendentemente da chi sarà il prossimo sindaco di Amantea.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Qualche anno fa, dopo aver lasciato Guardia Piemontese, con il suo gran belvedere sul Mare di Ulisse, percorrevo la strada che mi avrebbe portato a San Marco Argentano. Per la prima volta nell’arco di quel viaggio in Calabria lasciai il posto ai pensieri. “The Doors” con le canzoni di Jim Morrison facevano da colonna sonora.
Una frizzante aria invernale entrava dai finestrini semi-aperti. Fermai la macchina per preparare il piccolo registratore da usare durante la nostra chiacchierata con il personaggio che stiamo per incontrare a San Marco.
Sempre in compagnia di Jim Morrison , arrivai a San Marco Argentano. Fermai l’auto davanti ad un’imponente torre normanna. Sono quasi le 15. La luce del sole, ancora ben presente, donava alla torre una impressionante maestosità.
Nel 1048 Roberto il Guiscardo assedia e conquista San Marco, trasformandola in città fortificata. I normanni conferirono nuovo e decisivo impulso alla vita politico-economica della città ed al suo assetto architettonico. Essi, valorizzando il primitivo insediamento di età longobarda e la naturale posizione strategica del luogo, costruirono le mura della città, la poderosa torre e la casa-fortezza di Roberto il Guiscardo (oggi vescovato).
Dal 1862 la cittadina viene nominata San Marco Argentano. Ed è proprio qui, a 20 metri dalla torre normanna, che viveva Turuzzo Lippo “U Gummularu”, l’ultimo dei vasai. Insieme a Turuzzo percorremmo un centinaio di metri per ritrovarci in una antica fornace fatta di fieno, terra e calce. Fornace dove venivano portati i prodotti in argilla cruda per essere prima immersi nel colore e poi infornati. Bastarono poche parole da parte di Turuzzu Lippo, per essere catapultati indietro nel tempo di almeno 500 anni:
“Bisogna sapere che là dove sono i terreni bianchi, o vero che tenghino di genga, in tutti quei luoghi, dico, che là si trova terra da far vasi. Ho veduto còrre io la terra in questa guisa: hanno fatto, dico, cavar nel terreno fosse di cinque piedi per ogni verso, alte tre piedi, lontan una da l'altra circa un piede; et in quel piede di terreno sodo, che rimaneva tra l’una e l'altra, fatto un canale, acciò l'acqua potesse discendere per le dette fosse e così, piovendo e rasciugandosi spesso, si è cavato più di due some di terra per fossa. E questa, per tutta l’Italia e fuori, intendo che si chiama terra creta.”
Così parlava un antico vasaio, tale Cipriano Piccolpasso, architetto, vasaio, ceramista, pittore della seconda metà del 1500.
Ascoltando Turuzzo, degno collega del Piccolpasso, notai, nelle sue parole, un sottile velo di melanconia di una persona che sta per perdere una parte di sé. Ma fu solo un attimo. Il sorriso tornò nei suoi occhi e sul viso mentre versava in tazze di ceramica, l’acqua fresca di sorgente conservata nella “gummula” creata dalle sue mani. Con quelle stesse mani mi salutò all’imbrunire di un pomeriggio particolare passato insieme.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Il mio amico Perego è una fonte inesauribile di luoghi da visitare. Arroccato su uno sperone, Caccùri, in provincia di Crotone è uno dei borghi calabresi che offre al visitatore una varietà di caratteristiche artistiche e ambientali del tutto insolite. Conserva, non deturpato dal cemento, le peculiarità del vecchio centro costituito da un intreccio di stradine e vicoli che portano tutti al castello, un imponente maniero risalente al VI secolo d.C.
Il viaggiare è per Perego il suo vivere ramingo. Il domicilio dell’essere errante. Vaga nella natura cercando il suo orizzonte e mezzi di sussistenza. A volte si sofferma a criticare gli uomini osservandone soltanto gli aspetti negativi, e non si stupisce se la quotidianità è per l’uomo fonte di insoddisfazione. Nei momenti più tristi pensa che forse con un mutamento di prospettiva si sarebbe potuto incominciare ad osservare il panorama contemporaneo come un periodo caratterizzato da un diverso rapporto nei confronti dell’altro e del mondo.
La sua fuga verso l’altro sembra avere origine da una sorta di marcia verso le stelle, “una forma di richiamo all’infinito che sorge in modo regolare e non capriccioso, ma sempre assolutamente imprevedibile”. Non sa mai, cosa succederebbe, se la sua voce riuscisse a aggiungere la volta celeste. Non sa mai se si potesse udire l’antico urlare. Una giovanissima Susanne Slay, qualche anno prima, in una piccola stanza che si affacciava sul fiume, gli raccontava come una zolla di terra e un raggio di sole fecero’ visita ad un uomo solitario di nome Gerry.
Gli chiesero senza alcun preambolo di cercarsi una donna seguendo un sentiero, ignoto agli altri, fino ad arrivare ai piedi di una rupe. La donna era stata portata lassù da due grandi uccelli gelosi della sua bellezza, e la tenevano prigioniera in una tana tenebrosa e fredda. Il raggio di sole decise di aiutare Gerry a raggiungere il buio nascondiglio, evitando gli artigli e i becchi dei due grossi uccellacci.
In quel momento e con un grande frastuono emerse dalla terra una gigantesca pietra a spirale, composta da colori brillanti, che rapidamente saliva verso il cielo. Gerry si incamminò su per quel sentiero camuffato da cespuglio per non attirare l’attenzione dei due predatori. Cosi conciato salì e si introdusse nella tana attraverso un’apertura scura; e nella penombra vide la bellissima donna tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi ricordavano i fiumi, i mari e le montagne. In quel momento gli uccelli lo videro e si avventarono su di lui con schiamazzi stridenti; ma il raggio di sole vegliava e intervenne sugli occhi degli uccelli, impedendo loro di raggiungere Gerry che riusciva a portar via la donna.
Attraversato un ponte sospeso nel profondo della foresta silana, arrivarono ad una piccola baita di legno dove lei continuò a tessere meravigliosi tappeti. Nella piccola casa, illuminata dal sole, e circondata da fiori e alberi di frutta, la donna, però, cominciò a sentire nostalgia del buio e umido nascondiglio sulla rupe. Vedendola così triste, Gerry, decise di non opporsi al desiderio della donna amata e così l’accompagnò fino al ponte sospeso e la seguì con gli occhi pieni di lacrime mentre scompariva fra gli alberi.
Questa storia lasciò Perego alquanto perplesso, da un certo punto di vista. Si sdraiò su di un manto verde di montagna e cercò di dare un senso alla scelta della donna. Fra una versione e altre che in quel momento occupavano la sua mente, arrivò il sonno che prese i suoi pensieri e li usò da cuscini per rendere dolce quel suo assopirsi sul manto erboso silano in un pomeriggio primaverile.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik