Cuddruriaddru, culluriellu, grispella, ditelo come vi pare, scrivetelo come vi piace, chiamatelo come vi aggrada, quale che sia la pronuncia e lo scritto, rimangono sempre le cose più belle e saporite che abbiamo mangiato. Fino a pochi anni fa le nostre mamme friggevano i cullurielli solamente durante le feste di Natale perché erano ritenuti da tutti i dolci tipici della tradizione natalizia calabrese e cosentina in particolare. Amara chilla casa can nun si fria, recita un antico proverbio. Nelle case colpite da un lutto recente durante le feste natalizie non si friggevano i cullurielli, i turdilli, le scalille e i ciccitielli. E allora era usanza mandargli i fritti natalizi in grande abbondanza, perché in questo festoso appuntamento al quale partecipavano tutti gli amici e i parenti, i vicini e i lontani, i fritti erano simboli di festa e perciò non si friggeva nelle case colpite da un lutto e che un antico proverbio, come abbiamo visto, definisce per tale motivo:- Amara chilla casa can un si fria!-. I cucullurielli erano e sono tuttora, malgrado gli usi e i costumi sono notevolmente cambiati, i dolci tipici della nostra tradizione natalizia e ogni comune ha la sua ricetta anche se per tutti gli ingredienti sono sempre gli stessi: la farina, le patate,il lievito di birra, il sale e l’olio. Ora, però, li troviamo in ogni sagra paesana durante tutto l’anno e la gente fa la fila per assaporare questo prezioso dolce a forma di ciambella. A Cosenza, lungo Corso Mazzini, la via principale della città, durante la festa della cioccolata, c’erano tre stands dove si friggevano i cullurielli e l’odore dell’olio fritto si spandeva ovunque. I cullurielli fritti dai pasticcieri di Acri erano davvero ottimi. Quindi, amici, se vi trovate in qualche sagra paesana fermatevi a gustare un paio di cullurielli anche quelli farciti con acciughe preferibilmente di Amantea. E se siete ospiti in qualche albergo di Amantea, gustate le squisite grispelle. Sono fantastiche. Una volta, quando il gas ancora non c’era, i cullurielli venivano fritti al caminetto con un treppiede di ferro comprato dagli zingari che reggeva una grande “frissura” nera su un fuoco allegro e scoppiettante. Quando l’olio era bollente si procedeva con la frittura dei cullurielli girandoli solo una volta. Bastavano pochi minuti e i cullurielli erano pronti per essere gustati. Si mangiavano caldi, freddi perdevano il sapore e l’odore. Le nostre nonne incominciavano a friggerli la Vigilia dell’Immacolata, il giorno in cui noi bambini incominciavamo a preparare il presepe. Questa antica tradizione, questo appuntamento, questo rito, grazie a Dio, in alcuni paesi è ancora rimasto. Era un momento di condivisione in famiglia e tra amici. Ma ora, purtroppo, scomparso il caminetto a legna, scomparsa la grande” frissura” nera affumicata, è scomparso anche l’antico rito di friggere i cullurielli in casa. Li andiamo a comprare nelle rosticcerie o negli stand delle sagre paesane, Vigili Urbani permettendo. A Cosenza, l’altro giorno in Piazza Bilotti, sono stati inaugurati i mercatini di Natale. Abbiamo trovato una novità che ci ha deluso e reso tristi: Niente cullurielli. Qualcuno ci ha detto che non si possono friggere e vendere nelle vie per motivi igienici. La vendita di questo cibo preferito dai calabresi e dai cosentini in particolare bandito dai mercatini ci ha lasciati alquanto perplessi e amareggiati. Non vedremo più nelle vie e nelle piazze della nostra città nessun viandante o turista occasionale con un bel culluriellu caldo in mano. E per le vie e le strade non sentiremo quella tipica scia di fritto unica e inconfondibile che ci faceva venire l’acquolina in bocca. E non sentiremo più la voce di qualche bambino che con insistenza chiedeva alla mamma:- Mamma, sono stato bravo, me lo compri nu culluriellu?-