Sette le persone arrestate per sfruttamento dello prostituzione tra Lamezia e Rosarno.
Il procuratore Gratteri, ha illustrato i dettagli dell'operazione “Locomotiva”
Le ragazze arrivavano in Italia con la promessa di un lavoro onesto.
Arrivavano dopo aver contratto un debito di 30mila euro da dover riscattare.
Promettevano loro di farle lavorare onestamente in Italia, di farle diventare parrucchiere o commesse ma già nel loro viaggio verso l’Europa, già nei campi libici venivano costrette a prostituirsi.
L’organizzazione criminale che le sfruttava prendeva in fitto delle aree di stazionamento, forniva alle ragazze di tutto anche i preservativi e cominciava lo sfruttamento
A raccontare i primi dettagli dell’operazione “Locomotiva” che ha portato all’arresto di sette persone per sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù, è il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
Grazie a questa operazione, condotta dai carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme, coordinata dalla Dda del capoluogo, sono state liberate circa 100 giovani nigeriane costrette a prostituirsi per strada in diverse zone tra Lamezia e Rosarno, tra le quali la stazione di Sant’Eufemia Lamezia.
Qui, nei pressi del tratto ferroviario, in zone seminascoste vicine ai parcheggi, proprio dove si trova il monumento di una locomotiva, le giovani sostavano in attesa di clienti.
Nella mente la paura di non portare abbastanza denaro alle madam che le gestivano.
La paura, inoculata nella loro mente, di quello che un rito vodoo detto “juju” potesse scatenare se non avessero obbedito agli ordini.
E poi l’assenza di documenti, sequestrati dalle loro aguzzine, le punizioni (restare senza cibo, e anche qualche botta) se non avessero portato abbastanza denaro fino a “riscattare” quel debito contratto per arrivare in Italia: 30mila euro.
«Qui si tratta – ha proseguito il procuratore Gratteri – di preoccuparci della libertà delle persone».
Nella foto da sinistra: Pietro Tribuzio, Massimo Ribaudo, Nicola Gratteri, Giovanni Bombardieri.