La notizia della morte di Patrizia Schettini di anni 53 aveva fatto rapidamente il giro di tutta Amantea
Non solo per la presenza dei suoi congiunti nella cittadina cosentina, ma anche per la particolarità della sua morte.
Il giorno del decesso la donna venne trovata riversa ai piedi delle scale che conducono alla villetta di famiglia.
Si pensò ad un incidente domestico ma questa tesi non convinse gli investigatori, insospettiti da un graffio sul braccio della Schettini e da segni di strangolamento poi accertati dall'autopsia.
Saranno le indagini a portare verso il figlio più piccolo, che nel frattempo si era fatto tatuare sul braccio la frase «Nemmeno la morte ci potrà separare. Ti amo mamma».
Secondo la ricostruzione dei fatti, dopo un litigio dovuto al rendimento del ragazzo al conservatorio, l'allora 17enne, dopo uno schiaffo subìto, avrebbe avuto un raptus e avrebbe aggredito la madre.
I poliziotti della squadra mobile di Cosenza non trovarono segni di effrazione e quindi l’ipotesi del furto fu subito accantonata.
Quel decesso aveva, però un qualcosa di strano e così i poliziotti decisero di andare a fondo e piazzarono microspie.
E così la intercettazione.
Al genitore che gli chiedeva quello che era accaduto veramente la mattina del primo aprile scorso, il giovane si è lasciato andare: «Si, papà, l’ho uccisa io la mamma».
Il dialogo venne intercettato dalla polizia che aveva piazzato delle microspie dentro la casa.
La procura di Cosenza allora ordinò l’arresto del ragazzo con l’accusa di omicidio volontario.
Ed il giovane venne portato nel carcere minorile di Catanzaro.
Poi la condanna in primo grado, con rito abbreviato.
Una condanna a 14 anni e otto mesi.
Ora l’appello e la pronuncia della corte d'appello di Catanzaro.
E la pena è stata ridotta a 12 anni