Stamattina la squadra mobile di Cosenza ha arrestato, Luigi Belladonna di 43 anni e Monica Farsetta di 28, entrambi di Cosenza con l’accusa di rapina aggravata e l’uomo, anche di violazione degli obblighi derivanti dal regime di sorveglianza speciale.
Il 7 agosto scorso una donna era in via Beato Angelo d’Acri a Cosenza e si stava recando presso uno studio medico assieme ai suoi due figli minori.
Appena entrata all’interno dell’ascensore del palazzo è stata affrontata dall’uomo che l’ha bloccata e dopo averla minacciata con una pistola, che asseriva di avere nascosta addosso, l’ha obbligata a consegnarli il denaro che aveva nella borsetta (circa 300 euro) e la fede nuziale, fuggendo poi via.
La donna ha dato una descrizione poi confermata da alcuni testimoni
Età apparente 40/45 anni, alto circa 1.80, corporatura molto robusta e con pancia pronunciata e viso tondo, capelli neri tagliati cortissimi, carnagione scura, occhiali da sole scuri con montatura quadrata, maglietta a maniche corte di colore rosso, pantaloni lunghi, scarpe di colore nero, chiuse con lacci, vecchie e sporche, si esprimeva in italiano ma con chiara e forte inflessione dialettale locale.
La visione dei filmati dei sistemi di videosorveglianza presenti in zona ha permesso anche la la ricostruzione delle fasi precedenti e successive alla rapina: dall’arrivo del malvivente a bordo di un’auto, una Fiat Punto nella quale è stata rilevata la presenza di una seconda persona, identificata poi nella 28enne.
I due sono stati individuati dal personale della Sezione Antirapina della Squadra Mobile.
La coppia è una ‘vecchia conoscenza’ degli inquirenti per reati contro il patrimonio.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza ha richiesto ed ottenuto al Giudice per le Indagini Preliminari un provvedimento di applicazione di misura cautelare che è stato eseguito nella mattinata odierna mediante sottoposizione dell’uomo alla custodia cautelare in carcere.
La 28enne, invece, è stata assegnata agli arresti domiciliari.
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La notizia della morte di Patrizia Schettini di anni 53 aveva fatto rapidamente il giro di tutta Amantea
Non solo per la presenza dei suoi congiunti nella cittadina cosentina, ma anche per la particolarità della sua morte.
Il giorno del decesso la donna venne trovata riversa ai piedi delle scale che conducono alla villetta di famiglia.
Si pensò ad un incidente domestico ma questa tesi non convinse gli investigatori, insospettiti da un graffio sul braccio della Schettini e da segni di strangolamento poi accertati dall'autopsia.
Saranno le indagini a portare verso il figlio più piccolo, che nel frattempo si era fatto tatuare sul braccio la frase «Nemmeno la morte ci potrà separare. Ti amo mamma».
Secondo la ricostruzione dei fatti, dopo un litigio dovuto al rendimento del ragazzo al conservatorio, l'allora 17enne, dopo uno schiaffo subìto, avrebbe avuto un raptus e avrebbe aggredito la madre.
I poliziotti della squadra mobile di Cosenza non trovarono segni di effrazione e quindi l’ipotesi del furto fu subito accantonata.
Quel decesso aveva, però un qualcosa di strano e così i poliziotti decisero di andare a fondo e piazzarono microspie.
E così la intercettazione.
Al genitore che gli chiedeva quello che era accaduto veramente la mattina del primo aprile scorso, il giovane si è lasciato andare: «Si, papà, l’ho uccisa io la mamma».
Il dialogo venne intercettato dalla polizia che aveva piazzato delle microspie dentro la casa.
La procura di Cosenza allora ordinò l’arresto del ragazzo con l’accusa di omicidio volontario.
Ed il giovane venne portato nel carcere minorile di Catanzaro.
Poi la condanna in primo grado, con rito abbreviato.
Una condanna a 14 anni e otto mesi.
Ora l’appello e la pronuncia della corte d'appello di Catanzaro.
E la pena è stata ridotta a 12 anni
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La Squadra mobile a Cosenza ha effettuato una perquisizione nell'abitazione di Marco Paura. All’operazione hanno partecipato unità cinofile.
Di fatto sotto la lavatrice sono stati trovati oltre ad un bilancino di precisione utilizzato per confezionare le dosi ben 50 grammi di cocaina suddivisa in 6 piccoli involucri confezionati cellophane termosaldati, più un ulteriore involucro di maggiori dimensioni.
Il giovane è stato arrestato dalla Squadra mobile con l'accusa di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacente e tradotto in carcere
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