Un ebreo tunisino, il filosofo Fabrice Hadjadj, convertito al Cattolicesimo, qualche tempo fa ha scritto: “Quando mi avvertiranno che alla fine del mondo non manca che un solo anno, non rinuncerò ad amare mia moglie, ad avere con lei un altro bambino, a fare scoprire agli altri miei cinque figli la poesia di Dante… Perché so che questa vita non serve per avere un futuro ma perché ciascuno abbia la vita eterna.” Non tutti, però, credono ad una vita oltre la morte.
In tanti ormai parlano apertamente su come le tecnologie informatiche possano generare dipendenza e fare male all’unica vita che abbiamo e come tutto ciò stia cambiando l’essere umano in peggio disumanizzandolo.
Non molto tempo fa il filosofo francese Michel Foucault prestava una particolare attenzione al potere e al controllo sociale in sociologia, coniando il termine di biopolitica della popolazione. Oggi, però non abbiamo più a che fare con una “popolazione” bensì con uno sciame digitale, con una massa digitale che i potenti della Terra controllano e governano.
L’analisi del potere di Foucault valeva soprattutto per una società che si fondava sulla repressione: ospizi, manicomi, prigioni, caserme e fabbriche erano gli istituti della società. Al suo posto è subentrata una società di tutt’altro tipo, vale a dire una società composta di centri commerciali, palestre, centri yoga e tutti gli aspetti della nuova tecnologia. Questo mi ha condotto ad avere la netta sensazione che la “libertà” che ha segnato la mia generazione altro non sia che un qualcosa che si riduce a un’apparenza asservita agli scopi del lavoro. Il tele-lavoro, la raggiungibilità universale garantita dagli smartphone e dai computer portatili garantiscono la continuità del lavoro, dal quale è sempre più difficile separarsi. Lo smartphone è diventato una forma di campo di lavoro. L’uomo con il suo smartphone, che prometteva libertà, si porta dietro un campo di lavoro.
Sarebbe necessario impostare una lotta per favorire lo sviluppo di una visione del mondo per migliorare la vita nelle società tecnologiche occidentali. Infondere una percezione della vita e della morte e integrare il bisogno umano di espressione creativa.
Non intravvedere il ruolo umano come il dominatore di altre specie della biologia planetaria, ma come integrato, armonizzato nel mondo naturale con l'apprezzamento per la sacralità di ogni vita. Favorire la creazione di macchine, tecniche e organizzazioni sociali che rispettino sia la dignità umana che l'integrità della natura. Abbiamo un mondo da conquistare. Ciò che non possiamo ignorare è che quello che ci viene concesso di utilizzare delle nuove tecnologie, sono le briciole, le rimanenze del luculliano pasto quotidiano dei potenti della Terra.
Gigino A Pellegrini & G elTarik