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Ferruccio Policicchio scrive ai lettori di Tirreno News

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Riceviamo e pubblichiamo:

Ai lettori di Tirrenonews che hanno aperto le mie precedenti lagnanze vorrei far loro conoscere, attraverso la missiva del 19.12.2017 e posta in visione, il singolare linguaggio che solitamente adotta il sindaco di San Pietro in Amantea verso le persone non di suo gradimento.

Della prima, contrariamente a quanto il sindaco afferma, lo scrivente è stato solo recentemente soddisfatto. Sulla seconda parte ecco cosa ha risposto il cittadino Ferruccio Policicchio.

“Nella seconda parte della nota n. 2989 del 19 dicembre 2017, tentando di rispondere a degli interrogativi relativi alla delibera di Giunta n. 45/2017, così si è espresso:

(…) «Anche un cieco si sarebbe reso conto che si tratta o di un refuso o di un copia e incolla sbagliato. Può capitare a chi “fa”. E può sfuggire la correzione. L’atto è pero in sé è inoppugnabile atteso che(…)».

La sottolineatura nella citazione è stata inserita per evidenziare un altro “refuso”.

Si dia una regolata: o si tratta di un refuso o di un copia e incolla sbagliato. I “refusi”, anche se non ha idea di cosa siano, come lei l’intende, negli atti emanati da codesta amministrazione si susseguono, da rigo a rigo, da atto in atto, rincorrendosi uno dietro l’altro. Ed è proprio vero che: «Non è la solita pagliuzza. È peggio». Anzi, È MOLTO PEGGIO!!!

In ogni caso, eccellente giustificazione per un amministratore, ma non altrettanto per chi non è cieco. Quindi, stando al suo modo di esprimersi: «Tutto perfetto. Ottimo. Grazie. Aspettiamo, gradevolmente, altri interventi del genere». (nota del 23.2.2016 protocollo n. 285)

Sarebbe bastato una banale richiesta di scuse. Di un gesto di umiltà non è morto mai nessuno, nemmeno chi «FA» e che viene pagato perché «FACCIA» BENE!!!!!!!!!!

Purtroppo l’ignoranza, i cui sintomi sono: cattiveria, presunzione, invidia e cattiva educazione, è una patologia che colpisce molti.

Invece ha ancora osato scomodare, parlando al plurale e non capendo s’è un plurale maiestatis o sta scrivendo in compagnia sotto dettatura (ancora un refuso!!!???), un capolavoro della nostra letteratura dicendo: «il personaggio che più ci ha colpito e che ci ispira non è esattamente “Azzecca Garbugli”. E nemmeno le “Donna Prassade”. Da cui preferiamo stare alla larga.»

Curioso: due personaggi secondari del romanzo. (Piace ricordare che il marito di donna Prassede non credendo alla peste morì di peste).

Vuole cortesemente essere più chiaro ed esplicito sul chi e quante sarebbero le «Donna Prassade» a cui fa riferimento?

Io, invece, tra i personaggi del noto romanzo, sono stato colpito da don Rodrigo e dai suoi “bravi”. Personaggi che l’etica personale impone di non condividere, ma di respingere e combattere come fece, al contrario di don Abbondio, fra Cristoforo. Ed ecco perché!

Don Rodrigo, come lei sa (o loro sanno), era un signore/tiranno.

Il signore/tiranno è un personaggio spietato che prende tutto ciò che vuole. Assetato di ricchezza e di gloria. Inesorabile con gli altri ma indulgente con sé stesso. Un personaggio tipicamente italiano, soprattutto nelle contraddizioni. Oltre che rozzo, è ignorante uomo d’armi o di governo. È spesso un mecenate che si vanta di possedere una cultura che non ha, ma che trova sempre qualcuno ad adularlo e a lasciare ai posteri un suo falso ritratto inzuccherato di lusinghe e di lodi. La sua empietà è tale da non rispettare neppure la santità delle Chiese. Basti dire che i “bravi” della famiglia Baglioni di Perugia (cosa certamente a lei-loro nota) ridussero il duomo di quella città a una specie di caserma dove dormivano, bivaccavano e ricevevano donne di malaffare. Per le stesse funzioni (cosa certamente a lei-loro nota) adibirono anche il palazzo del governo.

Il debole comune a tutti i signori/tiranni sono le donne. Gli piacciono tutte.

Il Nostro preferiva le donne del popolo, odiava i lunghi preamboli e nelle conquiste amorose andava per le spicce, naturalmente non intendeva trovarsi tra i piedi mariti o innamorati gelosi, per cui: “Questo matrimonio non s’ha da fare”.

Il signore/tiranno è detestato per i suoi ordini spietati che, facendosi scudo della legge, esige una ubbidienza totale, immediata, pena la vita. I sudditi lo temono e ne desiderano la morte. Quando muore, il più delle volte, è di crepacuore o per avvelenamento.

Una efficace descrizione dei “bravi” fu data, dallo scrittore e poeta che lei si è preso il lusso di scomodare, all’inizio del noto romanzo, correndo l’anno 1628, quando don Abbondio fece quel brutto incontro per fargli avere la notizia che: “Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai”.

Purtroppo, ahimé, la descrizione manzoniana di quei due loschi figuri potrebbe benissimo essere applicata a due loro simili del tempo che stiamo vivendo.

I “bravi” furono personaggi di fondamentale importanza nelle grandi famiglie del Rinascimento e oltre, strani servitori pronti, per ordine del padrone, a rischiare in ogni momento la galera o la forca. Questi malviventi che, ponendosi al servizio di un signore/tiranno si assicuravano impunità e sostentamento, erano il prodotto più autentico della società repressiva di quei secoli. Il popolo non soltanto era costretto a sopportare i soprusi dei padroni, ma anche quelli dei loro sgherri. L’arma preferita dei “bravi” era generalmente il pugnale, manovrato con estrema destrezza nell’oscurità, per non essere scoperti. La loro alleata era la vigliaccheria. Colpivano preferibilmente alle spalle e non si ponevano certe limitazioni dell’onore. Il loro nome sottintende ironicamente la stima che di costoro avevano i padroni/tiranni. Non agivano soltanto e sempre per conto dei loro padroni, ma potevano essi stessi spadroneggiare nei domini dei signori/tiranni di cui erano alle dipendenze, senza che alcuna colpa venisse loro addebitata. L’impunità faceva parte della ricompensa.

Si resta in attesa di riscontro.

Se vuole può esporre la presente nell’albo on-line del comune. da parte mia sarà inviata al giornale on-line Tirrene New.

Per brevità e una più facile comprensione, si allega copia della nota sopra citata.

San Pietro in Amantea 20.9.2018. ....................................Ferruccio Policicchio

                                                             

Redazione TirrenoNews

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