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L’operazione è scattata stamattina ed è stata ribattezzata “Mosca bianca”.

In manette è finito l’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Amantea.

Nuove accuse nei confronti di Franco La Rupa

Commercializzava falso olio biologico ottenuto con prodotti chimici e fitosanitari, reimpiegava i proventi della frode per acquistare un immobile oggetto di un’asta fallimentare e per finanziare un centro d’accoglienza per migranti.

Sono le accuse mosse nell’ambito dell’indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica di Paola, dott. Pierpaolo Bruni e dai Sostituti Procuratori dott.ssa Maria Francesca Cerchiara e dott.ssa Teresa Valeria Grieco, finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza, che hanno portato all’arresto, in carcere, e al sequestro preventivo, nei confronti dell’ex consigliere della Regione Calabria oltre che ex sindaco del comune di Amantea, Franco La Rupa, e del figlio Antonio, indagati per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nell’esercizio del commercio, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, calunnia e tentata estorsione.

L’olio tutt’altro che “bio”

In particolare, l’attività d’indagine, svolta dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Paola e della Tenenza di Amantea, ha consentito di raccogliere un grave quadro indiziario nei confronti degli indagati (padre e figlio, entrambi residenti nel comune di Amantea) i quali, nell’esercizio di un’azienda agricola, hanno commercializzato kg. 41.860 di olio dichiarato essere falsamente proveniente da agricoltura biologica in quanto ottenuto mediante l’impiego di fertilizzanti e pesticidi vietati in tale tipologia di produzione agricola.

Gli indagati, infatti, tramite attestazioni mendaci ed occultamento delle fatture di acquisto dei prodotti chimici non ammessi che venivano sistematicamente utilizzati nei campi, traevano in inganno l’organismo certificatore del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ottenendo da quest’ultimo il rilascio dell’attestato di operatore agrobiologico, grazie al quale potevano immettere sul mercato il falso olio biologico traendone un profitto pari a più di 150.000 euro, oltre che percepire specifici contributi dall’Unione Europea e dalla Regione Calabria per un ammontare di circa 114.000 euro.

Con i soldi del falso olio acquista all’asta un immobile a Serra d’Aiello

Il profitto dei suddetti reati, tramite una serie di operazioni finanziarie abilmente concepite al fine di dissimularne l’origine delittuosa, è stato poi reimpiegato per l’acquisto di un compendio immobiliare sito nel comune di Serra d’Aiello (CS), avvenuto nell’ambito di un’asta fallimentare. Le indagini condotte, inoltre, hanno permesso di ricondurre la proprietà di fatto sia dell’azienda agricola, che degli immobili successivamente acquisiti, all’ex consigliere regionale, già colpito in passato da misura di prevenzione patrimoniale.

In particolare, è stato sottoposto a sequestro il 50% di un complesso immobiliare sito nel comune di Serra d’Aiello (CS) nonché denaro ed altre utilità nella disponibilità degli indagati.

È prevista una conferenza stampa presso la Procura della Repubblica di Paola, sita in Paola (CS) Via G. Falcone e P. Borsellino n. 9, alle ore 10:00 di oggi 20 dicembre 2019, alla quale interverranno il Dott. Pierpaolo Bruni, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola (CS) ed il Col. Danilo Nastasi, Comandante Provinciale Guardia di Finanza Cosenza.

Quicosenza.it

L’operazione della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro ha smantellato due clan della ‘ndrangheta della città

COSENZA – Il blitz ribattezzato “Testa del Serpente” è scattato all’alba oggi, e la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza stanno dando esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti dei 18 soggetti appartenenti ai due principali clan di ‘ndrangheta operanti a Cosenza

 

 

I due clan sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata, vari episodi), porto e detenzione abusivi di arma (diversi episodi), ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, usura (diversi episodi), lesioni, tutti aggravati dalle modalità mafiose. Sono state eseguite perquisizioni in tutta la città.

Sembrerebbe dai primi riscontri che tra i soggetti raggiunti dal provvedimenti ci sia Roberto Porcaro, ritenuto reggente del clan tra l’altro assolto nei giorni scorsi in Appello dall’accusa di essere stato il mandante nell’omicidio Bruni.

Per quanto riguarda l’altro clan, quello degli Zingari, sarebbero coinvolto Luigi, Nicola, Marco e Francesco Abbruzzese.

Inoltre sarebbero state accertate anche estorsioni ai danni di imprenditori di Cosenza.

I due clan inoltre pare avessero a disposizione diverse armi alcune già sequestrate in diversi blitz compiuti a Cosenza.

Per quanto concerne lo spaccio di droga, i proventi, anche del pizzo, sarebbero confluiti nella cosiddetta ‘bacinella’.

Sarebbe coinvolto inoltre un poliziotto.

Pubblicato in Cosenza

L’operazione è scattata all’alba di oggi 5 novembre 2019 per l’esecuzione di 70 misure cautelari tra Torino, Milano, Reggio Calabria e Catania

Torino. Imponente operazione dei Carabinieri del Comando provinciale e della Guardia di finanza di Torino contro le locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese.

 

 

 

I militari stanno notificando a Torino, Reggio Calabria, Milano e anche Catania, 70 misure di custodia cautelare per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga.

Sei persone sono anche accusate di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Sequestrati beni, conti correnti e quote societarie.

I provvedimenti sono stati emessi dal gip su richiesta della Dda.

Nell’operazione sono impegnati 400 militari

Pubblicato in Italia

Un blitz della guardia di finanza è in corso negli uffici del Comune di Vibo Valentia

L’attività è stata disposta dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed ha riguardato numerosi uffici dell’ente, ad eccezione di quelli Urbanistica e Ambiente

 

 

 

 

Non sono noti i motivi, ma davanti al palazzo comunale sono giunte alcune pattuglie delle Fiamme Gialle e i militari presidiano l’ingresso e gli uffici.

Diversi ufficiali che coordinano l’attività.

I militari erano sia in abiti civili che in divisa.

Le verifiche sono state compiute in diversi uffici.

Appare probabile che gli accertamenti si riferiscano alle precedenti amministrazioni di Palazzo Luigi Razza.

Sotto la lente del personale delle Fiamme Gialle e in particolare gli appalti, ma anche altre circostanze di natura amministrativa che abbracciano diversi settori tra i quali anche il Suap.

Il sindaco Maria Limardo si è messa a completa disposizione dei militari della guardia di finanza accompagnandoli nei vari uffici dell’ente.

Lo stesso primo cittadino si è detta tranquilla in ordine all’acquisizione degli atti amministrativi, evidenziando che l’esecutivo da lei guidato si è insediata da poco più di 100 giorni.

Pubblicato in Vibo Valentia

Con inizio dalle ore 04.00 di questa mattina i baschi verdi del gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme hanno eseguito 7 ordinanze di custodia cautelare di cui 2 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 1 obbligo di dimora.

Contestualmente sono state eseguite 10 perquisizioni locali e domiciliari nei confronti di 10 soggetti residenti nei comuni di Lamezia Terme, Martirano Lombardo e Curinga per i reati di spaccio e traffico di sostanze stupefacenti.

L’indagine e’ iniziata a settembre 2018, a seguito di un ingente sequestro di sostanze stupefacenti effettuato nei confronti del principale indagato V.A. (alias Angeluzzu di anni 37) che deteneva ai fini di spaccio, 160 dosi di cocaina e alcune dosi di marijuana.

Nel prosieguo delle attivita’ investigative sono stati individuati altri soggetti che collaboravano con il V.A., sia per l’approvvigionamento delle sostanze sia per la consegna delle stesse ai tossicodipendenti del lametino.

Inoltre, monitorando uno dei principali collaboratori del v.a., e’ stato scoperto un altro gruppo di pregiudicati che smerciava droga nel comprensorio di Curinga, servendosi di un negozio di frutta, ove l’eroina veniva spesso occultata tra i pomodorini datterini o tra le cipolle rosse.

Le risultanze investigative acquisite, le attivita’ di osservazione e pedinamento, i numerosi riscontri dell’attivita’ di spaccio e relativi sequestri di sostanze stupefacenti, hanno consentito alla magistratura inquirente di ritenere provata la sussistenza della colpevolezza degli indagati, anche in considerazione delle condotte di alcuni di loro, che in maniera continuativa e per un lungo periodo di tempo e nonostante i puntuali sequestri operati a carico dei tossicodipendenti che rifornivano, continuavano imperterriti a perpetrare l’attivita’ criminosa.

All’esito dell’attivita’ di polizia giudiziaria, i militari  identificavano chiaramente i ruoli dei vari personaggi, che hanno movimentato i quantitativi di sostanza stupefacente, nonché i relativi corrispettivi in denaro e deferivano gli indagati alla procura della repubblica di Lamezia Terme, che sulla base delle risultanze investigative richiedeva al giudice per le indagini preliminari un’ordinanza applicativa della misura cautelare nei confronti di 7 soggetti:

  1. Villella Angelo (di anni 39), in carcere; di Lamezia Terme
  2. Franceschi Angela (di anni 34), ai domiciliari; di Lamezia Terme
  3. Holzhausen Hans George (di anni 24), ai domiciliari; di Lamezia Terme
  4. Mazzotta Antonio (di anni 22), ai domiciliari; di Curinga
  5. Mazzotta Domenico (di anni 25), in carcere; di Curinga
  6. Sonetto Vincenzo (di anni 43), ai domiciliari; di Curinga
  7. Gugliotta Giuseppe (di anni 29), obbligo di dimora; di Curinga

La scoperta dei finanzieri di Paola

Paola. Dal 2014 non ha presentato alcuna dichiarazione dei redditi pur avendo conseguito ricavi per oltre 236 mila euro.

I Finanzieri hanno smascherato la società “fantasma”, operante nella Provincia di Cosenza

 

 

e con un ufficio anche a Roma, attiva nel settore della “fabbricazione di acqua minerale e bevande analcoliche”, grazie all‘individuazione “mirata“ del soggetto economico attraverso l’attività di controllo del territorio e l’utilizzo delle banche dati a disposizione della Guardia di Finanza, che complessivamente hanno consentito di sviluppare una specifica analisi di rischio e di rilevare significativi elementi di pericolosità sotto il profilo fiscale, originando una preordinata attività di controllo.

L’attività ispettiva è stata resa particolarmente difficoltosa a causa della mancata esibizione e consegna della documentazione contabile, da parte del contribuente sottoposto a controllo. Attraverso riscontri effettuati nei confronti di numerosi operatori commerciali del settore, le fiamme gialle hanno ricostruito la reale posizione fiscale della società, le vendite effettuate e gli utili conseguiti.

Al termine del controllo fiscale è stata rilevata, quindi, la mancata dichiarazione di ricavi per oltre 236 mila euro e sono state calcolate imposte evase per oltre 123 mila euro.

Inoltre, l’amministratore e legale rappresentante della società è stato denunciato all’Autorità Giudiziaria, per la commissione del reato di “Occultamento o distruzione di documenti contabili” ed ora rischia anche la reclusione fino a sei anni.

Pubblicato in Paola

I finanzieri della Compagnia di Paolahanno eseguito un Decreto di sequestro preventivo, anche per equivalente di beni per un valore pari ad euro 226.522,40, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Paola – dott.ssa Rosamaria Mesiti, su richiesta del Procuratore dott. Pierpaolo Bruni e del Sostituto dott. Maurizio De Franchis, nei confronti di 2 imprenditori residenti nella Provincia di Cosenza, per evasione di imposte sui redditi.

L’operazione è stata denominata “Triangolo”.

Il sequestro, eseguito nei giorni scorsi, ha ad oggetto i saldi attivi di 3 conti correnti, fino a concorrenza dell’importo sequestrato.

Le Fiamme Gialle paolane hanno scoperto un sofisticato meccanismo di c.d. sovrafatturazioni, pari a oltre 800 mila euro, attuato da due imprenditori appartenenti allo stesso nucleo familiare e titolari di tre società operanti nel settore della “Fabbricazione e commercializzazione di prodotti medicali”: due di diritto Italiano e una di diritto Albanese, con sede a Tirana.

Nel dettaglio, quest’ultima società acquistava beni da fornitori Cinesi e Pakistani, i quali spedivano la merce in Italia, con scalo al porto di Gioia Tauro (RC) e destinazione le sedi delle società Italiane, che a loro volta la ricevevano in virtù delle fatture di vendita (gonfiate) emesse nei loro confronti dalla stessa società Albanese.

In sintesi la società Albanese (riconducibile ad uno degli indagati) acquistava dagli stessi fornitori extracomunitari la merce ad un determinato prezzo, che poi provvedeva a rivendere alle due società Italiane (riconducibili ad entrambi gli indagati), ma ad un prezzo pressoché raddoppiato e senza che la merce subisse processi di lavorazione.

Con tali stratagemmi gli indagati traevano un indebito ed illecito vantaggio fiscale, rappresentato dal fatto che annotavano nelle contabilità delle società Italiane e indicavano nelle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte sui redditi, l’intero importo delle fatture emesse dalla società Albanese, superiore a quello effettivo e reale, così aumentando i costi e diminuendo la base imponibile da sottoporre a tassazione.

Il complicato meccanismo fraudolento triangolare è stato accertato dai Finanzieri all’esito di un laborioso esame della contabilità delle imprese e delle copie dei supporti informatici acquisiti nel corso delle attività investigative.

Al temine delle indagini sono state denunciate 2 persone per i reati di “Emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti”, le quali con il sequestro disposto dal Tribunale di Paola vengono private di denaro per 226 mila euro.

Pubblicato in Paola

Ammonta ad oltre 220 mila euro lo stato passivo generato da operazioni illecite poste in essere da tre soggetti che hanno determinato il fallimento di una società con sede nella provincia di Cosenza ed attiva nei settori “alberghiero, supermercati, commercio di carni ed altro”.

 

Le indagini di Polizia Giudiziaria, eseguite dalla Guardia di Finanza di Paola e dirette dal Procuratore Capo della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni e dal sostituto Maria Francesca Cerchiara, hanno consentito di accertare un complesso sistema fraudolento ideato ed attuato dall’amministratore di fatto della società (deceduto), in concorso con l’amministratore e legale rappresentante, a danno di una società finanziaria che aveva erogato ingenti prestiti a fronte di “fittizi” contratti stipulati da cinque “falsi” dipendenti della società fallita, rispetto alle cui obbligazioni quest’ultima aveva assunto il ruolo di “garante” nei confronti della creditrice.

Le investigazioni sono state particolarmente difficoltose poiché hanno avuto ad oggetto un lungo periodo – dal 2007 – ed a causa della mancata esibizione dei libri e delle scritture contabili prescritti per legge.

Gli indagati, al fine di far risultare agli “occhi” della finanziaria che doveva erogare i prestiti, una “ottima” situazione patrimoniale e reddituale della loro società, in modo da poter assumere il citato ruolo di falso “garante” con il preordinato intento di non onorare le obbligazioni assunte, avevano redatto un “falso” bilancio di esercizio, inserendo un importo non veritiero di oltre 3,3 milioni.

A fronte di “falsi” contratti di lavoro, riferiti a nominativi realmente esistente (parenti di uno degli indagati), ma contenenti dati non “reali” (qualifica, retribuzione e data di assunzione), venivano predisposte ed utilizzate anche “fittizie” buste paga.

Infine, poiché i finanziamenti dovevano essere elargiti con cessione del quinto dello stipendio dei dipendenti, per ciascun falso contratto venivano redatti e sottoscritti falsi “atti di benestare”, per far risultare le previste trattenute che avrebbe effettuato la società-datore di lavoro-garante.

Le suddette operazioni, pertanto, a seguito della totale inadempienza nella restituzione dei finanziamenti, cagionavano il fallimento della società, sentenziato dal Tribunale di Paola (CS) su istanza del creditore.

Le condotte omissive afferenti i libri e le scritture contabili, infine, sono state contestate ad uno degli indagati subentrato in qualità di amministratore nel 2011, denunciato per bancarotta documentale.

L’Autorità Giudiziaria ha emesso “avviso di conclusione delle indagini preliminari”, notificato ai difensori ed agli indagati.

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Reggio Emilia, 26 luglio 2018 - Una frode fiscale da 167 milioni di euro.

Sono stati necessari mesi di indagini, accertamenti e una successiva verifica fiscale condotta dal Nucleo Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio per individuare una società con sede a Poviglio (in provincia di Reggio Emilia), utilizzata secondo le accuse per ottenere indebiti rimborsi Iva ed evadere sistematicamente le imposte.

Dopo i primi approfondimenti la situazione contabile della società è apparsa subito molto grave agli investigatori della Guardia di Finanza: costi iscritti in bilancio in assenza di idonea documentazione; ingenti crediti Iva ottenuti senza aver svolto alcuna attività economica presso la sede dichiarata; omissioni contabili e fiscali che qualificano la società come “evasore totale”, avendo omesso di presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2016; coinvolgimento della società stessa e del suo amministratore in complesse indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Cosenza, sono solo alcune delle evidenze oggetto di indagine.

Peraltro la società aveva repentinamente cambiato l’attività svolta: circa un anno fa aveva abbandonato il settore dell’edilizia per passare al commercio all’ingrosso di prodotti non alimentari, una differenza di categoria economica troppo evidente per non destare sospetti.

I finanzieri contestano ingenti costi indebitamente dedotti e basi imponibili sottratte a tassazione per importo complessivo di oltre 135 milioni di euro, nonché circa 32 milioni di euro di maggiore Iva dovuta.

Il responsabile, un 67enne, origini e residenza in provincia di Cosenza, già noto alla Finanza reggiana per precedenti in materia fallimentare, è stato denunciato alla Procura di Reggio Emilia per reati tributari.

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Amantea a sud con la inchiesta Apa Multiservizi.

E non è certamente finita!.

C’è molto altro da portare alla luce!

Buonvicino a nord con la inchiesta "Appalto Amico!

 

Anche a Buonvicino il tribunale del Riesame ha deciso la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari per tutti e tre gli indagati.

Parliamo di Gennaro Marsiglia, responsabile dell'area finanziaria, e della moglie Chiara Benvenuto, ex presidente della cooperativa Artemisia, assistiti dall'avvocato Alessandro Gaeta.

E di Andrea Biondi, assistito dall'avvocato Amerigo Cetraro.

Andrea Biondi è il responsabile della cooperativa che si occupa di assistenza ai diversamente abili. La richiesta di revisione è stata presentata al tribunale del Riesame da parte degli avvocati che attendevano anche la decisione del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola Mesiti.

La seconda sezione penale del tribunale di Catanzaro ha deciso.

Per Gennaro Marsiglia è stata indicata l'abitazione di Aieta, con il divieto, per l'indagato di comunicare con qualsiasi mezzo con persone diverse da quelle con lui conviventi.

E' stato permesso a Gennaro Marsiglia di raggiungere l'abitazione con mezzi propri.

Stessa decisione è stata presa per Andrea Biondi che ha raggiunto l'abitazione di Maierà.

Come è noto, il Gip, nel disporre l'arresto dei tre indagati, aveva espresso la sussistenza di “gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in relazione alle fattispecie delittuose ipotizzate a loro carico dal Pm, per come descritte nella provvisoria imputazione”.

L'ambito di indagine è “l'affidamento di plurimi servizi alla Cooperativa Sociale Artemisia, rispettivamente, da parte del Comune di Buonvicino tra l'anno 2009 e l'anno 2017, e da parte del Comune di Maierà tra l'anno 2015 e l'anno 2017; nell'aggiudicazione del servizio assistenza scolastica per persone diversamente abili da parte del Comune di Buonvicino alla ditta “Biondi Sco, società cooperativa sociale arl nell'anno 2017”.

Il Gip Mesiti aveva accolto la richiesta del Pubblico ministero di custodia cautelare in carcere ritenendo che una misura meno afflittiva avrebbe potuto generare “interferenze mediate”.

Nel corso della conferenza stampa, il Procuratore Pierpaolo Bruni, alla guida della procura di Paola, aveva affermato: «La situazione era reiterata nel tempo.

I fatti partono dal 2009 e arrivano all'attualità, con una sorta di monopolio da parte di operatori economici.

Ma vi sono state anche delle condotte di occultamento delle reali situazioni di gestione e amministrazione della cooperativa, perché probabilmente ci si era resi conto che non era più possibile proseguire l'attività come si era fatto in precedenza.

Si tratta – aveva detto Bruni –di condotte allarmanti poiché è del tutto evidente che, chi non ha cointeressenze, collusioni, amicizie, in determinati ambienti “deviati” della pubblica amministrazione non riesce a lavorare; è fuori dal mercato, probabilmente anche fuori dalla Calabria».

Pubblicato in Paola
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