Il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, propone di rivedere il taglio del cuneo fiscale per aiutare i lavoratori incapienti, ovvero coloro i quali sono precari e guadagnano meno di 8mila euro l’anno.
L’idea è quella di erogare un bonus da 40 euro mensili sotto forma di assegno per quasi 4 milioni di lavoratori.
Ancora non è neanche stato definito, ma ha già scatenato le polemiche interne alla maggioranza.
Non solo, perché il taglio del cuneo fiscale potrebbe addirittura sparire dalla prossima legge di Bilancio, rimpiazzato – almeno per un primo momento – da una nuova misura: un bonus per i lavoratori precari che guadagnano meno di 8mila euro l’anno e che rientrano, quindi, nella no tax area.
La proposta è stata lanciata dal viceministro all’Economia, Antonio Misiani.
E potrebbe sostituirsi al taglio del cuneo fiscale per cui verranno stanziati, stando alla Nota di aggiornamento al Def, 2,7 miliardi.
Questo bonus riguarderebbe quasi quattro milioni di persone.
Che da gennaio potrebbero ricevere 40 euro al mese sotto forma di assegno.
Secondo un calcolo riportato dal Sole 24 Ore il loro reddito potrebbe aumentare dell’11%.
Per ora si tratta solo di una proposta, che sembra non essere ancora stata discussa dalla maggioranza.
Potrebbe essere applicata al posto del taglio del cuneo fiscale o, come fa intuire Misiani in un passaggio del suo post su Facebook, trovando risorse aggiuntive.
La proposta del viceministro Misiani
La proposta è stata lanciata dal viceministro Misiani con un post su Facebook, dal titolo “cuneo fiscale: iniziare dai lavoratori a basso reddito”.
L’esponente del Pd parte da una considerazione: “Secondo un sondaggio pubblicato ieri la riduzione progressiva del cuneo fiscale a partire dal 2020 è la misura più apprezzata dagli italiani.
Dobbiamo iniziare a farlo il prima possibile, utilizzando tutti gli spazi di bilancio disponibili.
La priorità, a mio parere, è iniziare ad aiutare i dipendenti a basso reddito: 3 milioni e 700 mila lavoratori “incapienti” che sono rimasti esclusi dal bonus 80 euro di Renzi e che solo in alcuni casi beneficiano del reddito di cittadinanza.
Sono i cosiddetti “working poors”: lavoratori poveri spesso precari, part time involontari, collaboratori a basso reddito, dipendenti con salari orari da sfruttamento. In tantissimi casi giovani”.
Per Misiani è un fenomeno molto diffuso in Italia, per cui è necessario aiutare questi lavoratori: “Dobbiamo farlo estendendo erga omnes i salari minimi previsti dai contratti di lavoro maggiormente rappresentativi, mettendo fuori gioco i contratti “pirata” che legittimano paghe orarie da fame.
Ma dobbiamo farlo anche utilizzando lo strumento fiscale, come fanno da tempo paesi avanzati come gli Stati Uniti (con l’Earned Income Tax Credit).
Chi pensa che le risorse ipotizzate dalla Nota di aggiornamento non siano sufficienti, non chieda di rinviare questa misura: ci aiuti a trovare ulteriori fondi.
Saremo felici di discuterne, con lo spirito costruttivo di sempre”.