Tra le norme illegittime anche quelle relative all'ordinamento degli uffici, al piano di stabilizzazione degli lsu e all'incremento delle sezioni tecniche della Sua. Parliamo della legge regionale numero 47 del 23 dicembre del 2011 .(Collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2012).
In particolare la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 16, 26, 32, 50, 52 e 55. ( in grassetto)
Tra le norme bocciate c'é anche quella relativa alla dirigenza e all'ordinamento degli uffici del consiglio regionale, e in particolar modo alla parte che stabiliva che il trattamento economico dei dirigenti di Area funzionale sia definito dall'ufficio di presidenza.
«In assunto del ricorrente – è scritto nella sentenza – la norma regionale consentirebbe all'ufficio di presidenza del consiglio regionale di derogare alle disposizioni del contratto nazionale di lavoro del personale dirigente delle Regioni e delle autonome locali in materia di determinazione del trattamento economico, così ponendosi in contrasto con le disposizione del titolo III del decreto legislativo 30 marzo 2001 numero 165 che obbligano al rispetto delle previsioni contrattuali e delle procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva».
Poi l'articolo 55 relativo al Piano di stabilizzazione del personale appartenente alla categoria dei lavoratori socialmente utili.
Altra norma che ha avuto lo stop della Consulta è quella relativa all'incremento da una a tre delle sezioni tecniche della Stazione unica appaltante (Sua).
Ecco la sentenza integrale: SENTENZA N. 18 ANNO 2013 dell’11/02/2013
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Gaetano SILVESTRI(redattore), Sabino CASSESE, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
Norme impugnate: Artt. 10, 14, 15, 16, c. 3°, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, c. 4°, e 55, c. 1°, della legge della Regione Calabria 23/12/2011, n. 47.
ha pronunciato la seguente SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 10, 14, 15, 16, comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della legge della Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 27 febbraio e depositato il successivo 1° marzo 2012, ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Luigi Andronio per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Antonio Romito per la Regione Calabria.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica il 27 febbraio 2012 e depositato il successivo 1° marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 10, 14, 15, 16, comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della legge della Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002), per violazione degli artt. 81, quarto comma, 117, commi primo, secondo, lettere e) ed l), e terzo, 119, secondo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.
1.1.– La difesa statale ritiene che l’art. 10 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale ridetermina l’ammontare delle tasse automobilistiche regionali, aumentandone gli importi, si ponga in contrasto con l’art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché con l’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011). Le norme statali evocate sospendono, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa alle Regioni e agli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi il cui gettito è ad essi attribuito con legge dello Stato.
Il ricorrente evidenzia in proposito che deroghe al suddetto principio generale di sospensione, sono state introdotte con interventi specifici e riferiti a singoli tributi (come ad esempio l’art. 1 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, che ha concesso alle Regioni a statuto ordinario di aumentare l’addizionale regionale IRPEF a decorrere dall’anno 2012).
L’impugnato art. 10 violerebbe dunque l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché l’art. 119, secondo comma, Cost., che si limita ad attribuire alle Regioni ed agli enti locali il potere di stabilire ed applicare entrate e tributi propri, subordinatamente al rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, precludendo comunque al legislatore regionale di intervenire sulla disciplina dei tributi statali.
1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 14 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale ridetermina l’ammontare della tassa sulle concessioni regionali, aumentandone gli importi.
Anche questa norma regionale contrasterebbe con le disposizioni di cui all’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008 e all’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, le quali sospendono, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa alle Regioni e agli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi il cui gettito è ad essi attribuito con legge dello Stato. Sono richiamate le argomentazioni che la difesa statale ha prospettato in relazione all’art. 10 della legge reg. n. 47 del 2011.
Il suddetto art. 14 violerebbe dunque l’art 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché l’art. 119, secondo comma, Cost., per le medesime ragioni già esaminate in relazione all’art. 10.
1.3.– è impugnato l’art. 15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale modifica la normativa regionale in tema di tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, ed, in particolare, aumenta gli importi di siffatto tributo.
Sono richiamate le considerazioni già svolte in relazione agli impugnati artt. 10 e 14; infatti, la difesa statale ritiene che l’art. 15 si ponga in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 1, comma 7, del d.l. n. 93 del 2008 e all’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, per le medesime ragioni.
Anche l’art. 15 violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché l’art. 119, secondo comma, Cost.
1.4.– il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 16, comma 3, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale aggiunge il comma 7-bis all’art. 27 della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002). La norma impugnata prevede che l’esercizio dell’azione penale costituisca causa di interruzione della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale stabilito per il recupero dell’imposta sui carburanti per autotrazione.
La difesa statale ritiene che tale disposizione, nella parte in cui incide sul rapporto tra giurisdizione penale e tributaria, in particolare, introducendo una disciplina del decorso della prescrizione difforme da quella statale, violi l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato le materie della giurisdizione e dell’ordinamento civile e penale.
1.5.– Oggetto delle censure statali è anche l’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale istituisce, a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge stessa, l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (IRESA).
Secondo la difesa statale, tale disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), da ritenersi espressivo di un principio di coordinamento del sistema tributario, in virtù del quale le Regioni possono trasformare l’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili in tributo proprio regionale, a decorrere dal 1° gennaio 2013.
La disposizione regionale in esame, nel prevedere una decorrenza anticipata della trasformazione dell’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili in tributo proprio regionale, determinerebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario, nonché dell’art. 119, secondo comma, Cost., che subordina il potere delle Regioni e degli enti locali di stabilire ed applicare entrate e tributi propri al rispetto dei principi di coordinamento del sistema tributario.
1.6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, che modifica l’art. 7 della legge della Regione Calabria 13 maggio 1996, n. 8 (Norme sulla dirigenza e sull’ordinamento degli Uffici del Consiglio regionale), stabilendo, al comma 4 del citato art. 7, che il trattamento economico dei dirigenti di Area funzionale sia definito dall’Ufficio di Presidenza.
In assunto del ricorrente, la norma regionale consentirebbe all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale di derogare alle disposizioni del CCNL del personale dirigente delle Regioni e delle Autonomie locali in materia di determinazione del trattamento economico, così ponendosi in contrasto con le disposizioni del Titolo III («Contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale») del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che obbligano al rispetto delle previsioni contrattuali e delle procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva.
Secondo la difesa statale, la norma impugnata, nella parte in cui deroga ai principi generali di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di impiego pubblico privatizzato regolati dalla contrattazione collettiva.
La medesima norma, inoltre, nel novellare l’art. 7-bis della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, stabilisce che le strutture speciali della Direzione generale e del Segretariato generale del Consiglio regionale sono composte ciascuna da tre unità di personale, due delle quali possono essere esterne alla pubblica amministrazione.
Il combinato disposto di detto art. 7-bis e del richiamato art. 7 della stessa legge reg. Calabria n. 8 del 1996, come modificati dalla norma impugnata, nel prevedere un ampliamento delle strutture e dei ruoli dirigenziali con oneri che non risultano quantificati e di cui manca la relativa copertura finanziaria, si porrebbe in contrasto con le disposizioni relative al contenimento delle spese in materia di impiego pubblico previste al comma 28 dell’art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. La predetta disposizione statale dispone che «A decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell’anno 2009. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. […]».
Ancora, secondo il ricorrente, l’impugnato art. 26 violerebbe le disposizioni in materia di turn over – costituenti principi di coordinamento della finanza pubblica – di cui al comma 7 dell’art. 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha novellato il comma 102 dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).
Sarebbe violato l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato il compito di fissare i principi di coordinamento della finanza pubblica.
La mancata previsione di un’adeguata copertura finanziaria determinerebbe, infine, la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.
1.7.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 43 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale, al comma l, prevede il ripianamento delle perdite relative all’anno 2010 della Società di Gestione per l’Aeroporto dello Stretto (SO.G.A.S.) S.p.A. con una spesa di euro 38.000, ed, al comma 2, autorizza la spesa di euro 400.000 al fine della sottoscrizione da parte della Regione Calabria della quota di aumento di capitale sociale della SO.G.A.S. S.p.A.
Le previsioni contenute nei due commi impugnati recherebbero misure aventi le caratteristiche di aiuti di Stato, la cui compatibilità con il diritto dell’Unione europea deve essere rimessa alla valutazione della Commissione europea. La SO.G.A.S. S.p.A. opera, infatti, nel settore della gestione aeroportuale, aperto alla concorrenza di imprese pubbliche e private.
Secondo la difesa statale, l’entità relativamente esigua degli aiuti non costituirebbe ragione sufficiente ad escludere l’effetto distorsivo sugli scambi tra gli Stati membri. Pertanto, la mancata notifica alla Commissione europea delle disposizioni contenute nell’art. 43, prima della loro entrata in vigore, determinerebbe la violazione degli obblighi comunitari in materia di aiuti di Stato.
In proposito, il ricorrente segnala che la Commissione europea, con decisione del 20 luglio 2010, ha avviato una procedura di indagine formale nei confronti di analoghe iniziative di copertura delle perdite della SO.G.A.S. S.p.A., intraprese dagli azionisti pubblici nel periodo 2004-2005 e regolarmente notificate dalla Regione Calabria ai sensi dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). La Commissione ha ritenuto che tali misure integrassero la fattispecie di aiuti di Stato e presentassero, quindi, concreti elementi di incompatibilità con le regole comunitarie in materia. L’indagine si è estesa ad ulteriori coperture di perdite relative all’anno 2006, nonché all’aumento di capitale sociale pari a euro 2.743.000 effettuato nel dicembre 2007 dai soci pubblici, trattandosi di operazioni che non sono state oggetto di notifica alla Commissione europea.
Inoltre, asserisce il ricorrente, le autorità calabresi avrebbero garantito alla Commissione la non attuazione sia della misura oggetto di indagine sia di altre analoghe, prima di un pronunciamento dell’esecutivo comunitario sulla natura di aiuto di Stato del primo intervento. La difesa statale conclude sul punto precisando che la procedura di indagine formale è tuttora in corso.
Per le ragioni esposte, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che le disposizioni contenute nel censurato art. 43 non debbano trovare pratica attuazione prima di una definitiva valutazione della Commissione.
La norma regionale, pertanto, nella parte in cui omette di osservare l’obbligo di notifica dell’aiuto previsto dall’art. 108, par. 3, del TFUE, violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario alla potestà legislativa regionale.
1.8.– L’art. 44 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 dispone il contributo regionale straordinario di euro 150.000 a parziale copertura delle spese relative alle mensilità arretrate per il personale dell’Ente Fiera di Cosenza. L’erogazione del contributo è subordinata all’analogo e contestuale impegno da parte di tutti i soggetti istituzionali soci dell’Ente Fiera – Provincia di Cosenza, Comune di Cosenza e Comune di Rende – a coprire pro quota la restante parte delle spese correnti.
Anche in questo caso il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la norma regionale sull’assunto che la stessa preveda una misura avente le caratteristiche di aiuto di Stato, la cui compatibilità con il diritto dell’Unione europea deve essere rimessa alla valutazione della Commissione europea.
Al riguardo, l’Avvocatura generale dello Stato premette che la Comunicazione interpretativa della Commissione sul mercato interno per il settore fiere ed esposizioni, dell’8 maggio 1998, riconosce il carattere commerciale delle attività degli operatori fieristici anche qualora questi agiscano nella forma giuridica di enti autonomi senza scopo di lucro. Sulla stessa linea interpretativa si è mossa la giurisprudenza comunitaria, che ha confermato il principio secondo il quale «le attività che realizzano lo scopo complessivo delle società Ente Fiera sono pienamente contendibili sul mercato degli operatori fieristici», con la conseguenza che qualsiasi beneficio accordato dalla parte pubblica nei confronti dell’Ente medesimo può tradursi in un pregiudizio per la concorrenza con altri soggetti economici che operano nello stesso mercato.
Tanto premesso, il ricorrente ritiene che la copertura di spese correnti operata dalla Regione con la norma impugnata rientri nella fattispecie di cui all’art. 107 del TFUE, concretizzandosi in un aiuto distorsivo della concorrenza nel mercato di riferimento. Per tale ragione, la misura avrebbe dovuto essere notificata ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE.
In definitiva, il censurato art. 44, «nella parte in cui omette di osservare l’obbligo di notifica dell’aiuto previsto dall’art. 108, par. 3, del TFUE», si porrebbe in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario alla potestà legislativa regionale.
1.9.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, inoltre, l’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale autorizza la Giunta regionale a rinnovare, «a domanda dell’interessato», i contratti di collaborazione al personale già assegnato all’Osservatorio del turismo, attualmente in servizio presso il Dipartimento Turismo, Sport, Spettacolo e Politiche Giovanili per la gestione del sistema informativo turistico.
Le ragioni di censura sono individuate dal ricorrente nell’asserito contrasto di questa norma con l’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, in base al quale, per esigenze non fronteggiabili con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei presupposti di legittimità indicati nel medesimo comma 6 dell’art. 7 citato.
Secondo la difesa statale, la norma regionale impugnata prescinderebbe, nell’autorizzare il rinnovo dei contratti di collaborazione de quibus, dai requisiti prescritti dal citato art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, che detta, tra l’altro, principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, inderogabili da parte della Regione.
L’Avvocatura generale ritiene, altresì, che la norma regionale si ponga in contrasto con l’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, il quale, fissando principi generali di coordinamento della finanza pubblica, prevede che le pubbliche amministrazioni «possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009».
In definitiva, la norma impugnata, nella parte in cui consente un generico rinnovo contrattuale, a domanda degli interessati, senza una preventiva valutazione da parte della Regione della necessità di avvalersi di detto personale, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile.
La stessa norma regionale, inoltre, nella parte in cui non prevede un contenimento della spesa di personale, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la fissazione dei principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, dettati con le norme statali sopra richiamate.
1.10.– è impugnato anche l’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, relativo al piano di stabilizzazione del personale appartenente alla categoria dei lavoratori socialmente utili. In particolare, il comma 1 riproduce la disposizione già contenuta nell’art. 16 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010, modificando il termine finale per l’attuazione del piano di stabilizzazione precedentemente previsto (31 dicembre 2011), che viene posticipato al 31 dicembre 2014.
In proposito, il ricorrente sottolinea di aver già impugnato l’art. 16 della citata legge reg. Calabria n. 34 del 2010 nella parte in cui fissava al 31 dicembre 2011 l’attuazione del piano regionale di stabilizzazione del personale appartenente ai lavoratori socialmente utili. La difesa statale rileva, altresì, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 310 del 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto art. 16 precisando che «la proroga del termine finale [...], produce l’effetto di sottrarre le suddette stabilizzazioni ai vincoli previsti dall’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009, in quanto le normative regionali prorogate, anteriori al 2009, non prevedevano alcuno dei suddetti vincoli».
Dalle suesposte considerazioni discenderebbe l’illegittimità costituzionale della norma regionale oggetto dell’odierno giudizio, la quale, nella parte in cui proroga nuovamente i termini per l’attuazione del piano di stabilizzazione del suddetto personale, si porrebbe in contrasto con l’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, che non consente una generica salvaguardia di tutte le stabilizzazioni, anche se programmate ed autorizzate.
Pertanto, il censurato art. 55, comma 1, violerebbe i principi di coordinamento della finanza pubblica, ai quali, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
1.11.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, infine, ulteriori norme dettate dalla legge reg. Calabria n. 47 del 2011, relative alla materia sanitaria.
La difesa statale, prima di illustrare le censure proposte, ricostruisce la successione degli eventi che hanno preceduto l’approvazione della normativa censurata. L’Avvocatura generale rileva che la Regione Calabria – per la quale è stata verificata una situazione di disavanzo nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza – ha stipulato, in data 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, comprensivo del piano di rientro dal disavanzo sanitario, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).
Con la delibera della Giunta regionale n. 845 del 2009 sono state poi approvate le «Proposte tecniche per l’integrazione/modifica del piano di razionalizzazione e riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale della Regione Calabria», che costituiscono parte integrante dell’Accordo sul piano di rientro del 17 dicembre 2009.
L’Avvocatura generale precisa altresì che la Regione Calabria, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, nonché all’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e ai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222, in attuazione dell’art. 120 Cost., nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). Nella seduta del 30 luglio 2010, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario, individuando lo stesso nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
1.11.1.– La difesa statale procede, quindi, ad illustrare le specifiche ragioni di impugnazione dell’art. 32 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale apporta modifiche all’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 dicembre 2007, n. 26 (Istituzione dell’Autorità regionale denominata “Stazione Unica Appaltante” e disciplina della trasparenza in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture).
La disposizione regionale in esame, modificando il comma 4 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 26 del 2007, prevede l’incremento da una a tre delle «sezioni tecniche» della Stazione Unica Appaltante (SUA), e, introducendo il comma 4-bis nel medesimo art. 1, dispone che «per ogni Sezione tecnica è inoltre previsto un dirigente equiparato a quello di servizio della Giunta regionale»; da ultimo, la disposizione censurata, introducendo l’ulteriore comma 4-ter (meramente conseguenziale), dispone che «Il Direttore generale della Stazione Unica Appaltante è autorizzato ad apportare le relative modifiche al regolamento di organizzazione, in deroga a quanto previsto al comma 1 dell’articolo 2».
L’impugnato art. 32 aggiunge, inoltre, che le modifiche apportate non comportano «oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale».
L’Avvocatura generale ritiene che la norma in esame violi l’art. 81, quarto comma, Cost., in quanto prevede «l’istituzione di nuove strutture amministrative e di ulteriori posizioni dirigenziali, omettendo di quantificare gli inevitabili oneri da essa derivanti e omettendo altresì di individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria».
1.11.2.– è infine impugnato l’art. 50 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, il quale dispone la copertura finanziaria dei debiti contratti dalla Regione nei confronti dei beneficiari della legge della Regione Calabria 29 marzo 1999, n. 8 (Provvidenze in favore di soggetti affetti da particolari patologie).
La norma impugnata, che garantisce ai propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, interferirebbe con l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 30 luglio 2010.
Da quanto appena detto discenderebbe l’illegittimità costituzionale dell’art. 50 sotto più profili. Innanzitutto, la disposizione regionale interferirebbe con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (sono richiamate le sentenze n. 78 del 2011 e n. 2 del 2010 della Corte costituzionale); in particolare, secondo la sentenza n. 78 del 2011, «l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti […] ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato […] a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali».
Il legislatore regionale, con la norma impugnata, sarebbe intervenuto illegittimamente in materia di organizzazione sanitaria, in luogo del Commissario ad acta, non rispettando i vincoli posti dal piano di rientro dal disavanzo sanitario. Da ciò deriverebbe la violazione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), secondo i quali, in costanza di piano di rientro, è preclusa alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione di quest’ultimo, essendo le previsioni dell’Accordo e del relativo piano vincolanti per la Regione stessa.
Sarebbe pertanto violato l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto l’impugnato art. 50 si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. Al riguardo, la difesa statale richiama le sentenze n. 141 e n. 100 del 2010 con le quali la Corte costituzionale ha ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lettera b, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») che hanno «reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione “necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”», possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica.
Sotto un ulteriore profilo, la norma in esame, omettendo di quantificare gli inevitabili oneri da essa derivanti e di individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria, violerebbe l’art. 81, quarto comma, Cost.
2.– La Regione Calabria si è costituita nel giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato irricevibile, «o comunque inammissibile, e in ogni caso nulle e/o non fondate» le questioni promosse.
2.1.– La difesa regionale esamina congiuntamente le censure relative agli artt. 10, 14 e 15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, osservando in proposito che l’art. 4 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, ha abrogato l’art. 77-bis, comma 30, del d.l. 112 del 2008 e l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010. Sono state pertanto eliminate le disposizioni – evocate come parametro interposto – che prevedevano la sospensione del potere delle Regioni di aumentare le tariffe dei tributi regionali controversi. La modifica legislativa in parola è intervenuta dopo la notifica del ricorso ma prima del deposito dello stesso; per questa ragione, secondo la resistente, «si dovrebbero ritenere manifestamente infondate le relative questioni di legittimità costituzionale, piuttosto che estinte per cessazione della materia del contendere».
2.2.– Quanto all’impugnazione dell’art. 16, comma 3, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la difesa regionale ne eccepisce l’inammissibilità, rilevando come non siano in alcun modo esplicitate le ragioni di asserita difformità rispetto alla disciplina statale, che non sarebbe neppure individuata con precisione.
Nel merito, la questione non sarebbe fondata poiché la norma impugnata, «lungi dall’introdurre una disciplina ulteriore e difforme, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione», si limiterebbe «a chiarire quanto già evidente nell’ordinamento giuridico, ovvero che l’esercizio dell’azione penale svolge altresì efficacia interruttiva del termine di prescrizione, ivi individuato».
2.3.– Con riferimento alle censure promosse nei confronti dell’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la resistente ribadisce che l’art. 4 del d.l. n. 16 del 2012 ha abrogato l’art. 77-bis, comma 30, del d.l. n. 112 del 2008 e l’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, eliminando così le disposizioni – evocate come parametro interposto – che prevedevano la sospensione del potere di aumentare le tariffe dei tributi regionali controversi. Anche in tal caso, pertanto, «si dovrebbero ritenere manifestamente infondate le relative questioni di legittimità costituzionale, piuttosto che estinte per cessazione della materia del contendere».
La difesa regionale aggiunge che, comunque, la norma impugnata non darebbe vita ad alcuna interferenza con il sistema tributario, a seguito della sola anticipazione – rispetto a quanto stabilito dall’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011 – dell’istituzione dell’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili.
Infondata sarebbe, inoltre, la questione sollevata in riferimento alla decorrenza dell’imposta medesima, atteso che l’istituzione di quest’ultima non inciderebbe sulla sua decorrenza. Al riguardo, la resistente rileva come il comma 7 del censurato art. 17 rimetta alla Giunta regionale il compito di definire le modalità di accertamento, di liquidazione, di riscossione, di recupero e di rimborso dell’imposta, l’applicazione delle sanzioni, oltre all’eventuale stipulazione di apposite convenzioni con le società di gestione degli aeroporti.
La Regione Calabria conclude sul punto precisando che, in assenza della regolamentazione da ultimo citata, non sarebbe rinvenibile alcun profilo di illegittimità costituzionale.
2.4.– In relazione all’impugnativa dell’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, nella parte in cui novella il comma 4 dell’art. 7 della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, la difesa regionale rileva preliminarmente come siffatta censura non possa che ritenersi infondata, posto che l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale non può comunque derogare alle norme del CCNL del personale dirigente delle Regioni e delle Autonomie locali.
Secondo la resistente, la questione promossa «appare altresì manifestamente inammissibile e/o infondata», poiché non sono state evocate, come parametro interposto, le norme di principio del d.lgs. n. 165 del 2001 attinenti: a) alla separazione tra competenze degli organi di direzione politica e di gestione del rapporto di lavoro (sotto questo profilo – obietta la Regione – l’Ufficio di Presidenza è organo di direzione politica e non potrebbe adottare determinazioni sui diritti economici del personale contrattualizzato); b) al riparto tra la fonte eteronoma (determinazioni unilaterali della P.A. datrice di lavoro) e la fonte autonoma collettiva (il CCNL del personale contrattualizzato), quanto ai diritti economici del dipendente.
In mancanza dell’indicazione delle suddette norme interposte, la questione prospettata sembrerebbe infondata o «tale da legittimare un mero rigetto interpretativo». La difesa regionale esclude, peraltro, che la rilevata carenza motivazionale possa essere sanata in corso di giudizio.
2.4.1.– Quanto alla censura promossa nei confronti dell’art. 26 nella parte in cui sostituisce l’art. 7-bis della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, la difesa regionale contesta l’impugnazione del combinato disposto degli artt. 7 e 7-bis, novellati dalla norma impugnata, osservando come, mediante «un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata» della disposizione di cui all’art. 26, possa essere esclusa l’asserita violazione delle prescrizioni di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 e dei vincoli al contenimento della spesa per il personale.
La resistente ritiene, inoltre, che non sia stato correttamente evocato, come parametro interposto, l’art. 66, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, trattandosi di una norma che detta i limiti al cosiddetto turn over, valevoli per le sole assunzioni a tempo indeterminato.
Più in generale, la Regione Calabria sostiene che il ricorrente non abbia prospettato il “profilo” della questione di legittimità costituzionale: mancherebbe nel ricorso un esplicito riferimento alla consistenza delle strutture e dei ruoli, qual era prima dell’entrata in vigore della disciplina impugnata, ed, in particolare, il ricorrente avrebbe omesso di considerare l’avvenuto sdoppiamento delle figure di Segretario generale e di Direttore generale del Consiglio regionale, che avrebbe determinato la necessità di un ampliamento dei ruoli e delle strutture dirigenziali.
L’omissione anzidetta determinerebbe l’inammissibilità delle censure formulate.
2.5.– Secondo la resistente, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 sarebbe inammissibile, in quanto il ricorrente non avrebbe adeguatamente argomentato la sussistenza dei presupposti minimi perché la misura prevista dalla norma impugnata possa essere considerata “aiuto di Stato” ai sensi della normativa dell’Unione europea (è richiamata al riguardo la sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2011).
La Regione Calabria contesta anche la fondatezza della medesima questione, poiché il presunto aiuto di Stato consisterebbe in una misura di importo esiguo; circostanza, questa, che è stata riconosciuta dallo stesso ricorrente e che sarebbe ancor più significativa – sempre secondo la resistente – alla luce dell’ambito di azione in cui opera la società beneficiaria.
Nei confronti del comma 2 dell’art. 43 della legge regionale impugnata sarebbe poi prospettabile un ulteriore profilo di infondatezza, consistente «nell’assoluta insussistenza» anche teorica di un’ipotesi di aiuto di Stato. Si tratterebbe, infatti, di importo autorizzato «per la sottoscrizione da parte della Regione Calabria della quota di aumento di capitale sociale […] deliberato dall’Assemblea dei soci nella seduta del 2 luglio 2011, in misura proporzionale alla partecipazione al capitale sociale».
In definitiva, la norma impugnata, lungi dal prevedere alcuna forma di aiuto di Stato, troverebbe la sua ratio nell’esigenza di rispettare un preciso obbligo giuridico gravante sulla Regione Calabria in virtù della sua qualità di socio della SO.G.A.S. S.p.A.
2.6.– Le argomentazioni esposte a sostegno dell’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 sono richiamate anche con riguardo alla censura che ha ad oggetto l’art. 44 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011. Pure in quest’ultimo caso, infatti, il ricorrente si sarebbe limitato a qualificare la norma impugnata come aiuto di Stato, senza argomentare in ordine alla sussistenza dei presupposti minimi per poter operare siffatta qualificazione.
2.7.– In merito all’impugnazione dell’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la resistente ritiene che un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della disposizione in parola possa escludere la fondatezza della relativa questione di legittimità costituzionale.
In ogni caso, la medesima difesa precisa che la seconda Commissione del Consiglio regionale ha approvato, in data 9 febbraio 2012 – e quindi già prima della notifica del ricorso di cui si discute – una proposta di legge integralmente sostitutiva del comma 4 dell’art. 52. La Commissione consiliare, in data 15 marzo 2012, ha poi predisposto un emendamento interamente sostitutivo, che si compone di un unico articolo suddiviso in due commi, con il quale, sempre a detta della resistente, «si esplicita in modo dettagliato la conformità della proposta alle disposizioni in materia di contenimento della spesa per il personale (art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78), i motivi del rinnovo contrattuale, la quantificazione degli oneri finanziari derivanti dall’applicazione della norma».
La Regione Calabria conclude sul punto affermando che, se siffatta proposta di legge sarà definitivamente approvata dal Consiglio regionale, potrà essere dichiarata la manifesta infondatezza delle questioni promosse.
2.8.– La difesa regionale eccepisce, inoltre, l’inammissibilità della questione relativa all’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, rilevando come il parametro interposto (art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009) si riferisca al triennio 2010-2012, mentre la norma impugnata differisce il termine di attuazione del piano di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2014. Pertanto, un eventuale dispositivo di mero accoglimento della questione promossa «parrebbe eccedere l’interesse a ricorrere del Governo statale»; semmai, il ricorrente avrebbe potuto censurare l’art. 55 «solo per la parte della norma impugnata che dispone la sua efficacia sino al 31 dicembre 2012».
2.9.– La resistente ritiene, ancora, che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 sia «mal posta», a causa dell’individuazione del «motivo di diritto» della questione nella «mancata previsione di oneri da parte della legge regionale impugnata». Infatti, a fronte di questa ragione di censura, lo stesso ricorrente riconosce che la disposizione impugnata prevede espressamente un’innovazione legislativa «senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale».
Né, aggiunge la difesa regionale, sarebbe stato dedotto il vizio di irragionevolezza e/o di irrazionalità di un combinato disposto che, da una parte, prevede un ampliamento di organico e, dall’altra, impone un vincolo finanziario a costo zero. D’altronde, nel caso di specie, il fine della norma impugnata non consisterebbe nel contenimento della spesa ma nel «buon andamento amministrativo», da realizzare tramite il potenziamento delle strutture tecniche della Stazione unica appaltante.
2.10.– Da ultimo, la Regione Calabria contesta radicalmente l’impugnazione dell’art. 50 della legge reg. Calabria, ritenendo che il motivo di ricorso, fondato sull’art. 120, secondo comma, Cost., sia «nullo, oltre che inammissibile, stante la genericità delle censure mosse». L’impugnativa sarebbe, in ogni caso, manifestamente infondata.
Secondo la difesa regionale, non sarebbe utilmente richiamabile la sentenza della Corte costituzionale n. 78 del 2011, avendo, quest’ultima, ad oggetto norme di «tenore ben diverso» da quelle contenute nell’art. 50 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011. Queste ultime non determinerebbero, infatti, «alcuna situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.».
Quanto alla lamentata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., la resistente obietta che essa si fonderebbe su «una erronea valutazione» del dato normativo, poiché con la norma impugnata non sarebbero stati adottati nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro. Al contrario, il censurato art. 50 assicurerebbe una copertura finanziaria ai debiti contratti dalla Regione nei confronti dei beneficiari della legge reg. Calabria n. 8 del 1999, preesistente rispetto all’adozione del piano di rientro e non interferente con esso. Anzi, l’esigenza di approvare la normativa impugnata sarebbe sorta proprio in conseguenza degli obblighi assunti dalla Regione con il richiamato piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Nella prospettiva seguita dalla resistente risulterebbe parimenti infondato il richiamo ai principi fondamentali recati dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, che non sarebbero in alcun modo violati. Del tutto inconferente sarebbe il riferimento alle sentenze n. 141 e n. 100 del 2010 della Corte costituzionale, trattandosi di pronunzie relative a giudizi nei quali le norme censurate «miravano alla nuova istituzione di strutture in deroga alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica».
Infine, l’asserita violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. è ritenuta dalla difesa regionale «una svista», poiché dalla mera lettura della disposizione censurata si evincerebbe «la radicale previsione della copertura finanziaria, di cui si denuncia, al contrario, la mancanza».
Per quanto concerne, poi, il contenuto dell’art. 50, commi 3 e 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, sarebbe di tutta evidenza la manifesta infondatezza, posto che le norme impugnate determinano «una limitazione alle provvidenze previste dalla legge regionale n. 8 del 1999».
3.– In data 1° giugno 2012 l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato un atto di rinuncia al ricorso limitatamente all’impugnazione degli artt. 10, 14 e 15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011.
In particolare, la difesa statale ha preso atto dell’intervenuta emanazione del d.l. n. 16 del 2012, che al comma 4 dell’art. 4, concernente la fiscalità locale, dispone l’abrogazione degli artt. 77-bis, comma 30, e 77-ter, comma 19, del d.l. n. 112 del 2008, nonché dell’art. 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010. A seguito delle anzidette modifiche legislative le Regioni e gli enti locali possono deliberare aumenti di tributi; al contempo, sono fatti salvi i provvedimenti normativi relativi all’anno di imposta 2012, emanati prima dell’approvazione del d.l. n. 16 del 2012.
Il ricorrente ha, pertanto, ritenuto che siano venuti meno i motivi d’impugnativa degli artt. 10, 14 e 15.
4.– In data 20 dicembre 2012 la Regione Calabria ha depositato un atto di accettazione della rinunzia parziale.
5.– In prossimità dell’udienza del 15 gennaio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato una memoria, nella quale – limitatamente alle questioni promosse nei confronti degli artt. 16, comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 – insiste nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso.
5.1.– In particolare, quanto all’impugnativa dell’art. 16, comma 3, la difesa statale replica alle obiezioni della Regione, osservando come, nel caso di specie, non sia necessario individuare la norma statale violata per sostenere le ragioni del contrasto con la competenza dello Stato in materia di prescrizione e di azione penale.
In altre parole, la norma impugnata sarebbe riconducibile ad un ambito materiale in cui la Regione non può dettare alcuna disciplina, neppure «meramente riproduttiva di quella statale».
5.2.– L’Avvocatura generale dello Stato replica anche ai rilievi formulati dalla difesa regionale nei confronti delle censure mosse all’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, osservando che nessuna incidenza ha sull’odierna questione l’entrata in vigore dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2012. La norma di riferimento, nel presente caso, sarebbe infatti quella di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011, tuttora in vigore.
Inoltre, non avrebbe rilievo la circostanza – dedotta dalla controparte – secondo cui la disciplina regionale non avrebbe avuto ancora materiale attuazione da parte della Giunta regionale. Secondo il ricorrente, la mancata attuazione non farebbe venir meno l’asserita illegittimità costituzionale, poiché non escluderebbe né posticiperebbe l’efficacia della disciplina legislativa adottata in contrasto con gli evocati parametri costituzionali.
5.3.– L’Avvocatura generale contesta, inoltre, le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale nei confronti delle questioni relative all’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, rilevando come, nel caso di specie, non sia necessaria l’indicazione di specifici parametri interposti, desumibili dalla legislazione statale. In ogni caso, aggiunge il ricorrente, ciò sarebbe avvenuto con il riferimento al complesso delle disposizioni recate dal Titolo III del d.lgs. n. 165 del 2001.
La difesa statale concorda, poi, con la resistente quanto alla necessità che la normativa regionale rispetti i contratti collettivi nazionali.
Da ultimo, il ricorrente ribadisce la natura di norma interposta dell’art. 66, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, non essendovi nella disposizione censurata alcuna specificazione sulla tipologia del rapporto di impiego delle unità di personale da assumere. Quanto alla mancata considerazione della consistenza delle strutture prima dell’entrata in vigore della normativa impugnata, l’Avvocatura generale si limita ad osservare che dalla lettura dell’art. 26 emerge chiaramente l’intento di aumentare la consistenza del personale, anche assumendo personale esterno alla pubblica amministrazione.
5.4.– Con riguardo all’impugnativa dell’art. 43, la difesa statale rileva l’inutilizzabilità della sentenza n. 185 del 2011, trattandosi di una fattispecie in cui i contributi non erano destinati ad una singola società individuata dallo stesso legislatore – come nell’odierno giudizio – ma ad una pluralità di soggetti, molti dei quali privi del requisito dell’imprenditorialità, con la conseguenza che siffatti interventi potevano essere ritenuti non idonei ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a minacciare o falsare la concorrenza.
Nel caso oggi in esame, invece, i requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale sarebbero tutti sussistenti; infatti, a) l’intervento proviene da una articolazione dello Stato (la Regione) ed è effettuato mediante risorse pubbliche, b) l’intervento incide indubbiamente sugli scambi tra Stati membri, avendo per oggetto una società aeroportuale, cioè un soggetto che svolge la propria attività in un settore nel quale ben possono operare imprese aventi sede in altri Stati membri, c) l’intervento concede un vantaggio economico al suo beneficiario, che falsa la concorrenza, trattandosi del conferimento di complessivi euro 438.000.
Sarebbe dunque pienamente soddisfatto l’onere di allegazione richiesto dalla sentenza n. 185 del 2011.
Nel merito, poi, la circostanza che il conferimento delle somme avvenga in larga parte con la sottoscrizione da parte della Regione di una quota di aumento di capitale sociale non esclude, per l’entità delle stesse, che tale conferimento costituisca comunque aiuto di Stato.
5.5.– Con riferimento alle censure promosse nei confronti dell’art. 44 della legge reg. n. 47 del 2011, il ricorrente richiama quanto già detto in relazione all’art. 43.
5.6.– In riferimento alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la difesa statale si limita a rilevare che la semplice pendenza di un procedimento legislativo, diretto a modificare le disposizioni impugnate, «non è causa né di inammissibilità né di manifesta infondatezza (sopravvenuta), né, più in generale, di cessazione della materia del contendere».
5.7.– Quanto alle censure promosse nei confronti dell’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, l’Avvocatura generale dello Stato, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, sottolinea come la prospettazione della Regione non meriti di essere condivisa. A prescindere dall’ambito temporale di riferimento (2010-2012), l’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009 costituirebbe principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, per quanto riguarda la limitazione percentuale delle nuove assunzioni. Si tratterebbe, infatti, di una norma che, oltre a fissare limiti quantitativi al turn over, attribuisce alle pubbliche amministrazioni il potere di bandire concorsi per le assunzioni.
5.8.– Con riguardo all’art. 32 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, la difesa statale precisa che l’espressione contenuta nella disposizione in esame, secondo cui le novità introdotte non comporterebbero oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale, costituisce «una mera enunciazione priva di sostanza», a causa dell’«inevitabilità di oneri economici derivanti da aumenti del personale».
In altre parole, l’Avvocatura generale dello Stato muove «dal presupposto, sorretto dal requisito dell’evidenza, dell’impossibilità di assumere unità di personale a costo zero» e ne fa conseguire la violazione del principio di copertura della spesa «per l’evidente inefficacia della mera clausola di stile apposta alla disposizione».
5.9.– In merito all’impugnazione dell’art. 50, il ricorrente insiste nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso ribadendo che la norma censurata realizza una diretta interferenza con il piano di rientro, il quale ha ad oggetto sia la spesa sanitaria futura, sia, soprattutto, le modalità per il ripianamento del disavanzo dovuto alla spesa già sostenuta.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 10, 14, 15, 16, comma 3, 17, 26, 32, 43, 44, 50, 52, comma 4, e 55, comma 1, della legge della Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002), per violazione degli artt. 81, quarto comma, 117, commi primo, secondo, lettere e) ed l), e terzo, 119, secondo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.
2.– Preliminarmente, deve essere rilevato che, in data 1° giugno 2012, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato atto di rinuncia al ricorso limitatamente all’impugnazione degli artt. 10, 14 e 15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011. In data 20 dicembre 2012 la Regione Calabria ha depositato atto di accettazione della rinunzia parziale.
Pertanto, il giudizio di legittimità costituzionale, limitatamente agli artt. 10, 14 e 15, deve essere dichiarato estinto (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 262 del 2012; ordinanza n. 266 del 2012).
3.– Ancora in via preliminare, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011.
L’art. 24 della legge della Regione Calabria 27 dicembre 2012, n. 69 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2013) ha sostituito il citato art. 17 eliminando lo specifico profilo oggetto di censura. A seguito della modifica normativa di cui sopra, l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (IRESA) è stata istituita come tributo proprio a far data dal 1° gennaio 2013, rispettando così il termine imposto dall’art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
La norma impugnata, nella sua versione originaria, è rimasta in vigore dal 28 febbraio al 31 dicembre 2012; non risulta, però, che in questo lasso di tempo la Giunta regionale abbia disposto in merito: «a) alle modalità di accertamento, di liquidazione, di riscossione, di recupero e di rimborso dell’imposta, nonché all’applicazione delle sanzioni; b) alla eventuale stipulazione di apposite convenzioni con le società di gestione degli aeroporti, ovvero con i fiduciari di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1982, n. 1085, per l’espletamento delle attività di cui alla lettera a)» (secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 7, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, nel testo antecedente alla sua sostituzione ad opera dell’art. 24 della legge reg. Calabria n. 69 del 2012).
In definitiva, non risultando che la norma impugnata, durante il periodo della sua vigenza, abbia avuto applicazione, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere.
4.– La questione di legittimità costituzionale riguardante l’art. 16, comma 3, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
4.1.– La suddetta disposizione prevede, tra l’altro, che l’esercizio dell’azione penale costituisce causa di interruzione della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale previsto per il recupero dell’imposta sui carburanti per autotrazione.
Secondo il ricorrente, la disposizione suindicata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché detta norme in materia di prescrizione e decadenza dei diritti, materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto inerente, sotto il profilo sostanziale, all’ordinamento civile e penale e, sotto il profilo processuale, alla definizione delle preliminari di merito nell’esercizio dell’azione davanti alle giurisdizioni.
4.2.– La norma è chiaramente riconducibile ad un ambito materiale di esclusiva competenza statale – l’ordinamento civile e penale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. – in cui la Regione non può emanare alcuna normativa, anche meramente riproduttiva di quella statale (sentenze n. 271 del 2009, n. 153 e n. 29 del 2006). Non ha pregio pertanto l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale, secondo la quale il ricorrente avrebbe dovuto indicare la normativa statale violata. L’illegittimità costituzionale non deriva, infatti, dalla violazione di una norma interposta, ma dal puro e semplice sconfinamento della legge regionale in una materia attribuita dalla Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato.
5.– La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
5.1.– La suddetta disposizione sostituisce il testo dell’art. 7 della legge della Regione Calabria 13 maggio 1996, n. 8 (Norme sulla dirigenza e sull’ordinamento degli Uffici del Consiglio regionale), con un nuovo testo, nel quale, al comma 4, è previsto: «Il trattamento economico dei dirigenti di Area Funzionale è definito dall’Ufficio di Presidenza»; è sostituito inoltre il testo dell’art. 7-bis della legge reg. Calabria n. 8 del 1996 con un nuovo testo, che stabilisce: «Le strutture speciali del Segretariato generale e della Direzione generale sono composte ciascuna da tre unità di personale, di cui due possono essere esterni alla pubblica amministrazione».
Ad avviso del ricorrente, la prima norma violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la materia dell’ordinamento civile e, quindi, la regolamentazione dei rapporti di pubblico impiego privatizzato regolati dal codice civile e/o dalla contrattazione collettiva.
La seconda norma violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la competenza a fissare i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La stessa norma violerebbe altresì l’art. 81, quarto comma, Cost., perché, pur prevedendo nuove e maggiori spese per la sua applicazione, non indicherebbe i mezzi per farvi fronte.
5.2.– La disciplina del trattamento economico dei dirigenti di area funzionale deve essere ritenuta compresa nella materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Si deve, in proposito, richiamare l’art. 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), il quale dispone, al comma 4, che «le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali e integrativi»; inoltre il comma 3-quinquies dello stesso articolo aggiunge che «le Regioni, per quanto concerne le proprie amministrazioni, e gli enti locali possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità e di analoghi strumenti del contenimento della spesa».
La norma impugnata non provvede allo stanziamento di eventuali risorse aggiuntive nei limiti sopra indicati, ma dispone, puramente e semplicemente, che l’intero trattamento economico dei dirigenti in questione sia determinato dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.
Parimenti meritevole di accoglimento è l’impugnazione proposta nei confronti del citato art. 26, nella parte in cui novella, nei termini prima riportati, l’art. 7-bis della legge reg. Calabria n. 8 del 1996.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che i limiti di cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze numeri 289, 262, 259, 212 e 173 del 2012). In particolare, nella norma statale richiamata si stabilisce che, «a decorrere dall’anno 2011», gli enti pubblici, di cui all’art. 70, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 (tra cui le Regioni) «possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009».
A sua volta, l’art. 2, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) – ripetutamente modificato, a partire dall’art. 66, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e da ultimo dall’art. 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 – dispone che «Per il quinquennio 2010-2014, le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 523, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, […] possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell’anno precedente».
Di questi limiti non ha tenuto conto il legislatore regionale, il quale, novellando l’art. 7-bis della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, ha stabilito che le strutture speciali del Segretariato generale e della Direzione generale del Consiglio regionale siano composte ciascuna da tre unità di personale, di cui due possono essere esterni alla pubblica amministrazione. L’illegittimità di tale norma regionale deriva dall’aver disposto un aumento dell’organico del personale del Consiglio regionale, prevedendo ulteriori tre unità di personale e prescindendo dal rispetto dei vincoli posti dalle norme statali sopra richiamate. Il testo precedente della disposizione era, infatti, il seguente: «La struttura speciale del Segretariato generale è composta da tre unità di personale, di cui due possono essere esterni alla pubblica amministrazione».
Il confronto tra le due disposizioni regionali prima ricordate dimostra l’evidente superamento dei limiti posti dalla normativa statale di riferimento. Né può valere come argomento a favore dell’infondatezza della censura la considerazione, formulata dalla difesa regionale, secondo cui si dovrebbe tener conto dello sdoppiamento dell’originario Segretariato generale nei nuovi Segretariato generale e Direzione generale. Tale rilievo, lungi dal fornire sostegno alla richiesta di rigetto della questione, dimostra, per ammissione della stessa resistente, la fondatezza della censura relativa al superamento dei limiti imposti dalla normativa statale di principio.
Si deve ritenere assorbita l’ulteriore questione di legittimità costituzionale sulla stessa disposizione prospettata dal ricorrente.
6.– La questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 43 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è inammissibile.
Il comma 1 della suddetta disposizione prevede il ripianamento delle perdite relative all’anno 2010 della Società di Gestione per l’Aeroporto dello Stretto (SO.G.A.S.) S.p.A., con una spesa di euro 38.000.
Il comma 2 delibera la copertura di spesa pari a euro 400.000, necessari alla sottoscrizione, da parte della Regione Calabria, della quota di aumento di capitale della SO.G.A.S. S.p.A.
Secondo il ricorrente, le norme di cui sopra violerebbero l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con l’ordinamento comunitario, in quando prevedrebbero misure che presentano le caratteristiche degli aiuti di Stato, senza che le stesse siano state notificate alla Commissione europea, ai sensi e per gli effetti dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
6.1.– Questa Corte ha chiarito, in coerenza con la giurisprudenza comunitaria, che perché si possa riscontrare un aiuto di Stato devono ricorrere alcuni requisiti minimi: «deve sussistere intervento dello Stato o di una sua articolazione o comunque effettuato mediante risorse pubbliche; in secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri; in terzo luogo, l’intervento deve concedere un vantaggio al suo beneficiario; infine tale vantaggio deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza […]. Non solo, ma la sovvenzione in questione deve superare i limiti al di sotto dei quali l’intervento può essere considerato “di importanza minore” (de minimis) ai sensi del regolamento n. 1998 del 2006 della Commissione del 15 dicembre 2006». La nozione di aiuto di Stato «può ritenersi integrata soltanto ove sussistano tutti i presupposti previsti [dall’art. 107 del TFUE]» (sentenza n. 185 del 2011).
Il ricorrente non allega alla censura, basata sull’asserita violazione della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato, elementi di valutazione sufficienti ad operare quel limitato accertamento che, ai sensi dell’art. 108 TFUE, spetta ai giudici nazionali – e quindi anche a questa Corte – per verificare l’inosservanza dell’obbligo di notifica alla Commissione europea imposto dall’art. 108, par. 3, TFUE. La difesa statale si limita a sostenere che i requisiti minimi di cui sopra «devono essere ritenuti sussistenti in via di evidenza; evidenza che risulta da sola sufficiente a soddisfare l’onere di allegazione indicato dalla […] giurisprudenza costituzionale». Invero non di concrete allegazioni si tratta, ma di mere asserzioni del ricorrente, che, per la loro genericità, non consentono di valutare se, nella fattispecie, si possa parlare in senso proprio di un aiuto di Stato, anche in relazione al regime “de minimis” della normativa europea (con riferimento al comma 1 dell’impugnato art. 43, che prevede una spesa di euro 38.000).
7.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 44 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è parimenti inammissibile per genericità.
7.1.– La disposizione impugnata dispone il contributo regionale straordinario di euro 150.000 a parziale copertura delle spese relative alle mensilità arretrate per il personale dell’Ente Fiera di Cosenza.
Anche in questo caso, il ricorrente asserisce che la norma prima indicata abbia le caratteristiche dell’aiuto di Stato, la cui compatibilità deve essere rimessa alla valutazione della Commissione europea, previa notifica alla stessa, nella specie non prevista.
Il ricorrente non fornisce tuttavia alcun elemento di valutazione in ordine alle ragioni per le quali il contributo di cui sopra costituirebbe aiuto di Stato, pur essendo inferiore alla soglia minima di euro 200.000 in un triennio, indicata dall’art. 2 del regolamento n. 1998 del 2006 della Commissione. Nel ricorso, peraltro, non si trova alcun riferimento ad eventuali contributi corrisposti allo stesso soggetto nel medesimo triennio.
8.– La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
8.1.– Con la norma censurata si autorizza la Giunta regionale a «rinnovare fino al 31.12.2012, a domanda dell’interessato, i contratti di collaborazione al personale già assegnato all’Osservatorio del Turismo, attualmente in servizio presso il Dipartimento Turismo, Sport, Spettacolo e Politiche Giovanili per la gestione del sistema informativo turistico».
Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile, nella quale rientra anche la regolamentazione delle modalità di affidamento e rinnovo dei contratti di collaborazione, e del terzo comma dello stesso articolo, che riserva allo Stato la fissazione dei principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, in concreto dettati dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010.
La resistente comunica che è in corso l’iter di approvazione di una legge regionale integralmente sostitutiva dell’impugnato comma 4 dell’art. 52 ed aggiunge che, se tale proposta sarà definitivamente approvata dal Consiglio regionale, potrà essere dichiarata l’infondatezza della questione relativa.
La difesa statale obietta che la semplice pendenza di un procedimento legislativo non è causa di inammissibilità del ricorso né di cessazione della materia del contendere.
8.2.– Preliminarmente, si deve rilevare che il procedimento legislativo regionale di cui al paragrafo precedente non è, al momento, giunto a conclusione e che, pertanto, nessuna incidenza può avere lo stesso sul presente giudizio.
Nel merito, si deve osservare che la disciplina impugnata rientra nella materia dell’ordinamento civile, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Questa Corte ha già affermato che sono costituzionalmente illegittime le norme regionali che autorizzano le amministrazioni a disporre la proroga di contratti di collaborazione, in quanto «una simile disposizione, attenendo ad uno degli aspetti della disciplina (di diritto privato) di tali contratti, vale a dire la loro durata, incide[va] sulla materia dell’ordinamento civile» (sentenza n. 289 del 2012; in senso conforme, sentenza n. 170 del 2011).
Si deve ritenere assorbito l’ulteriore profilo di illegittimità costituzionale prospettato del ricorrente.
9.– La questione di legittimità costituzionale riguardante l’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
9.1.– La disposizione impugnata modifica il termine finale per l’attuazione del piano di stabilizzazione del personale appartenente alla categoria dei lavoratori socialmente utili, precedentemente previsto per il 31 dicembre 2011, posticipandolo al 31 dicembre 2014.
Il ricorrente ritiene che la norma citata sia costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la fissazione dei principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, in concreto dettati dall’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102.
9.2.– Questa Corte ha già affermato, proprio con riferimento ad un’analoga previsione legislativa della Regione Calabria, che le norme statali in tema di stabilizzazione dei lavoratori precari costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 310 del 2011).
Deve essere disattesa l’obiezione, avanzata dalla difesa regionale, secondo cui la norma statale interposta (art. 17, comma 10, d.l. n. 78 del 2009) si applicherebbe solo al triennio 2010-2012 e non anche al 2013 e al 2014. Tale eccezione si fonda su una erronea interpretazione del dato legislativo. Infatti, lo scopo perseguito dal legislatore statale è quello di consentire, nel triennio 2010-2012, la stabilizzazione dei precari nelle amministrazioni pubbliche, mediante la previsione di una riserva di posti in concorsi banditi per assunzioni a tempo indeterminato. La ratio dell’intervento legislativo statale è pertanto quella di favorire l’assorbimento del precariato nelle pubbliche amministrazioni. Lo scopo perseguito dal legislatore regionale, con la norma impugnata, è invece diametralmente opposto; infatti si dispone la proroga al 2014 del termine finale di stabilizzazione dei precari, con l’effetto di sfuggire ai limiti prescritti dalla normativa statale. Pertanto, se l’eccezione della difesa regionale fosse accolta, si legittimerebbe anche per il futuro una prassi delle Regioni, le quali, anziché rispettare i vincoli statali, si limitassero in modo illegittimo – come nel caso oggetto del presente giudizio – a prorogare la stabilizzazione di precari assunti sulla base di leggi regionali che non avevano previsto i limiti di cui sopra.
10.– La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 32 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
10.1.– La disposizione censurata apporta modifiche all’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 dicembre 2007, n. 26 (Istituzione dell’Autorità regionale denominata “Stazione Unica Appaltante” e disciplina della trasparenza in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture), ed in particolare: modifica il comma 4 dell’art. 1, prevedendo l’incremento da una a tre delle “sezioni tecniche” della Stazione unica appaltante (SUA); introduce il comma 4-bis nel medesimo art. 1, disponendo che «per ogni sezione tecnica è […] previsto un dirigente equiparato a quello di servizio della Giunta regionale»; introduce l’ulteriore comma 4-ter, il quale dispone che «Il Direttore generale della Stazione Unica Appaltante è autorizzato ad apportare le relative modifiche al regolamento di organizzazione, in deroga a quanto previsto al comma 1 dell’articolo 2».
Il ricorrente ritiene che le norme ora citate violino l’art. 81, quarto comma, Cost., perché, incrementando da una a tre le “sezioni tecniche” della Stazione Unica Appaltante, per l’acquisizione di beni e servizi nell’ambito sanitario regionale, e prevedendo l’assunzione di tre dirigenti, ometterebbero di quantificare gli inevitabili oneri derivanti dall’istituzione delle nuove sezioni tecniche (e, in particolare, dal costo del personale necessario al funzionamento delle stesse) e di individuare i relativi mezzi di copertura.
10.2.– Il legislatore calabrese, aumentando da una a tre le sezioni tecniche, ha previsto nell’organico regionale due nuove figure di dirigenti, con il conseguente obbligo di ricoprire queste sopravvenute carenze dell’organico stesso. Nessuna indicazione contiene la norma impugnata sui mezzi per far fronte alle maggiori spese derivanti da tale incremento.
La previsione dell’assenza di oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale, contenuta nel comma 1 della disposizione impugnata, – ritenuta dalla difesa regionale sufficiente ad escludere la violazione del parametro costituzionale evocato dal ricorrente – costituisce una mera clausola di stile, priva di sostanza, in quanto né il testo della disposizione né la difesa regionale forniscono alcuna spiegazione del modo in cui si potranno affrontare le inevitabili spese derivanti da un aumento di organico, senza incidere sul bilancio. Questa Corte ha già chiarito che la copertura di nuove spese «deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (sentenza n. 213 del 2008). A ciò deve aggiungersi che «La mancanza o l’esistenza di un onere si desume dall’oggetto della legge e dal contenuto di essa» (sentenza n. 115 del 2012).
Nel caso di specie, sia l’oggetto della norma impugnata, sia il contenuto della stessa dimostrano l’inevitabilità di nuove e maggiori spese a carico del bilancio regionale, delle quali non si indicano i mezzi di copertura.
11.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 50 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011 è fondata.
11.1.– La norma censurata dispone la copertura finanziaria dei debiti contratti dalla Regione nei confronti dei beneficiari della legge della Regione Calabria 29 marzo 1999, n. 8 (Provvidenze in favore di soggetti affetti da particolari patologie).
Il ricorrente ritiene che la disposizione impugnata violi: a) l’art. 120, secondo comma, Cost., perché l’applicazione di tale norma comporterebbe una interferenza con l’esercizio delle funzioni del Commissario ad acta, nominato ai sensi dell’art. 120, secondo comma, Cost. ed incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione Calabria; b) l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la fissazione dei principi in materia di coordinamento della spesa pubblica sanitaria; c) l’art. 81, quarto comma, Cost., perché ometterebbe di quantificare gli inevitabili oneri derivanti dalla sua applicazione, e di individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria.
11.2.– La norma censurata, assicurando la copertura finanziaria di debiti pregressi contratti dalla Regione, incide sul già deficitario bilancio regionale della spesa sanitaria, con ciò interferendo in modo evidente con l’operato del Commissario. In termini simili si è pronunciata questa Corte, in relazione ad una legge della stessa Regione Calabria: ogni intervento che possa aggravare il disavanzo sanitario regionale, «avrebbe l’effetto di ostacolare l’attuazione del piano di rientro e, quindi, l’esecuzione del mandato commissariale. Ne deriva, perciò, la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.» (sentenza n. 131 del 2012).
Si devono ritenere assorbite le altre censure di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 3, della legge della Regione Calabria 23 dicembre 2011, n. 47 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale – Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012. Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, nella parte in cui novella gli artt. 7, comma 4, e 7-bis della legge della Regione Calabria 13 maggio 1996, n. 8 (Norme sulla dirigenza e sull’ordinamento degli Uffici del Consiglio regionale);
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 32 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 50 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011;
6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 55, comma 1, della legge reg. Calabria n. 47 del 2011;
7) dichiara estinto il processo limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10, 14 e 15 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011;
8) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
9) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, promossa, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44 della legge reg. Calabria n. 47 del 2011, promossa, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2013.