Dopo quella di Li Wenliang, l’oftalmologo che per primo denunciò il Coronavirus, anche la morte di Liu Zhiming è stata per alcune ore avvolta nel mistero: ora è arrivata la conferma della Commissione sanitaria di Wuhan. I medici contagiati sono oltre 3000
«Il compagno direttore Liu Zhiming ha preso parte alla battaglia contro il Covid-19, sfortunatamente è stato contagiato ed è morto alle 10.54 di questa mattina, nonostante i grandi sforzi per salvarlo. Il dottor Liu dell’ospedale Wuchang di Wuhan aveva solo 51 anni ed è caduto dopo aver dato un importante contributo al lavoro di contrasto e controllo dell’epidemia».
La Commissione sanitaria dello Hubei questa mattina ha annunciato così, con un comunicato dai toni di encomio militare, la morte del dirigente medico. Sono più di 1.800 i morti per il coronavirus in Cina, le statistiche sanitarie li catalogano per luogo di residenza, età, sesso, malattie preesistenti al Covid-19. Pechino dice da settimane che è in corso una guerra per fermare l’epidemia. E in guerra i caduti non hanno quasi mai un nome. Escono dall’elenco solo gli eroi.
Liu Zhiming è stato un eroe, trattato dalla narrazione cinese come un generale ucciso in prima linea da un nemico invisibile. «Il dottor Liu del Wuchang è il primo direttore sanitario ucciso dal coronavirus. Riposi in pace», aveva scritto già ieri pomeriggio il Quotidiano del Popolo sul suo account web. Poi la notizia era stata ritirata, dall’ospedale avevano precisato che il dirigente «combatteva ancora per la vita».
La stessa incertezza che avvolse la fine del dottor Li Wenliang, l’oftalmologo che aveva cercato di dare l’allarme sull’epidemia ed era stato censurato. Difficile dire perché anche sulla sorte di Liu Zhiming si sia alzata per ore la nebbia. Probabilmente è dovuta alla scarsa consuetudine della stampa cinese con la cronaca a getto continuo: l’informazione e i suoi tempi in Cina di solito sono strettamente controllati dalla censura.
A Wuhan ci sono almeno 40 ospedali, con oltre 60 mila ricoverati, difficile evitare errori di comunicazione. Ed è anche probabile che le autorità politiche si sentano in colpa per il prezzo pagato da medici e infermieri, che nelle prime settimane dell’epidemia non erano stati informati del pericolo e hanno continuato a visitare pazienti senza prendere tutte le precauzioni necessarie ad evitare il contagio. Anche ora che l’epidemia è diventata una crisi globale e la Cina la sta affrontando con una mobilitazione generale, mancano «le munizioni» per combattere: maschere e tute isolanti vengono consumate a ritmo forsennato e l’industria nazionale fatica a rimpiazzarle. Chi è in prima linea in corsia rischia consapevolmente la vita.
La Commissione sanitaria centrale nei giorni scorsi aveva annunciato che il personale sanitario ha subito 1.716 contagi e 7 morti. Il numero si è alzato a 3.019. Il Ministero dei Veterani (di guerra) propone di dichiarare «martiri» i lavoratori della sanità caduti in servizio contro il Covid-19. «Bisogna onorarli e dare alle loro famiglie lo stesso trattamento preferenziale di chi dà la vita in guerra».
«Il servizio al fronte dei lavoratori medici è estremamente pesante, lavorano sotto una grande pressione materiale e psicologica», ha detto il viceministro della sanità Zeng Yixin. Non c’è retorica nella frase del politico di Pechino. Ci sono infermiere che hanno raccontato di avere il volto piagato per le troppe ore passate chiuse nelle maschere e negli occhiali isolanti. E poi, c’è il problema dei pasti, delle mense al collasso per l’ondata di malati e contagiati. E c’è l’incertezza su dove andare a riposare, a dormire tra un turno e l’altro: rientrare a casa esporrebbe i propri cari al rischio d’infezione, restare sempre in ospedale accresce le probabilità di essere attaccati dal virus.
Si è costituita una rete di volontari a Wuhan e nello Hubei in quarantena: consegnano pasti in ospedale e danno passaggi in auto verso alberghi che hanno messo a disposizione stanze per il personale ospedaliero. Cittadini senza volto. Hanno un nome e il diritto alla foto sui giornali i sette medici caduti al fronte. Il più giovane aveva 28 anni e una faccia da ragazzino, nella fototessera ospedaliera. Del dottor Jiang, 62 anni, resta un’immagine non formale: mentre spazzava le foglie sul marciapiede davanti a casa, prima della guerra al virus. Il direttore Liu Zhiming compare in maniche di camicia, sul podio di una conferenza. E c’è un ottavo nome, nell’elenco pubblicato dalla stampa cinese: Li Wenliang, 34 anni, il dottore di Wuhan che cercò di dare l’allarme il 30 dicembre e fu messo a tacere.
A Wuhan sono stati inviati di rinforzo 32.000 uomini e donne da tutti gli ospedali della Cina, 2.600 sono militari. La tv e i giornali pubblicano immagini di reparti di sanità che partono inquadrati per Wuhan e lo Hubei.