Anche dal Far West si ode un fastidioso stridio: è l’Amministrazione di Amantea, che scivola dagli specchi cui si era inutilmente arrampicata.
La “politica” locale, di questo inverno del nostro scontento, ha riscoperto in modo decisivo una figura. Quella del demagogo che fa direttamente appello al popolo: lo blandisce o lo incita, proiettandolo - apparentemente - al centro della scena pubblica. A raccontare questa trasformazione si presta un “articoletto” apparso su Tirreno News in cui l’Amministrazione cerca di appellarsi alla parte bassa dell’anima, quella viscerale, e non alla mente. “Gli amministratori ringraziano e formulano gli auguri a chi ama la città.” Con le dovute distinzioni, i "piccoli demagoghi" - infatti non sono che gli ultimi esemplari di una lunga tradizione di leader demagogici: da Savonarola a Cleone, da Mussolini a Peron e i suoi "descamisados", fino a Le Pen e Silvio Berlusconi, il "teleimbonitore". Le prescrizioni per ingannare i cittadini sono eterne: dalla capacità di puntare tutto sulla comunicazione alla semplificazione senza ritegno di ogni cosa, dal suscitare la paura alla promessa dell'ordine. Strano paese Amantea. Colpisce i venditori abusivi sul lungomare ma premia i venditori di fumo. Gli Amanteani hanno un debole per i capi che dicono quello che pensano. Forse dovrebbero, ogni tanto, pensare a quello che dicono. Non è, certo, per sprecare i commenti che scrivo. Ciò che mi preme sottolineare è, invece, un aspetto generale, quello della contraddizione che spesso alberga in ciascuno di noi. Siamo, infatti, coerenti con certi valori in un determinato ambito, ma siamo altrettanto pronti a violarli appena svoltato l'angolo. C'è, poi, la contraddizione che nasce da superficialità o dalla tutela dei propri vantaggi. Diciamo quello che pensiamo perché vogliamo farci vedere liberi e sicuri, mentre sarebbe ben più necessario il pensare prima di dire, magari per poi tacere. “Il sapiente sa quel che dice, lo stolto dice quello che sa”. Qualche anno fa, con l’avvento della TV commerciale esplose anche il fenomeno delle televendite. Vendevano di tutto, ad ogni ora, come del resto anche adesso: piatti, pentole, mobili, tappeti, orologi, quadri, materassi, preservativi,profumi e creme di bellezze, gioielli e guaine contenitive, numeri al lotto, prodotti finanziari e guarigioni da malattie gravi, regalando biciclette, viaggi e finanche speranze di vita. Così si è arrivati anche ai piazzisti politici. O ai politici piazzisti. O ai piazzisti della politica. Non è la stessa cosa. In ogni caso, si tratta comunque di venditori di fumo. La produzione di fumo è un classico dell’industria magica e teatrale. Spesso usato solamente come contorno, ha un impatto forte sul pubblico e crea interesse. Tutti abbiamo in mente le tazze o i bicchieroni pieni di fumo in produzioni televisive come la “Famiglia Addams”, o nei laboratori degli scienziati pazzi di alcuni film.
Solo che il fumo purtroppo si riconosce dopo qualche tempo, quando l’arrosto è già bruciato ed il danno è bello e fatto. In questo caso non vale il diritto di recesso entro gli otto giorni. Il venditore di fumo della politica, il cittadino lo piange per molti anni e proprio non c’è verso di riconoscerlo. Figuriamoci se possa mai essere possibile riconoscerlo entro gli otto giorni dall’averlo scelto.
Basta, la gente è stanca. È stanca dei venditori di fumo. È stanca dei pallonisti sociali che ad Amantea utilizzano gli “Sparaballe” per diffondere la buona novella del loro compiacimento. La gente è stanca di chi pensa di risolvere i drammi interiori delle difficili scelte della politica attraverso il fuoco delle passioni piuttosto che con lo spirito della ragionevolezza. La gente è stanca di chi pensa che, urlando e sbraitando ai quattro venti le bontà di un prodotto, si possa persuadere tutti alla bontà di quel prodotto. La cittadinanza ha una gran voglia di proposte concrete. Prodotti originali di qualità. Basta con i venditori di fumo.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik