La scrivente Organizzazione Sindacale, Si Cobas Calabria a nome e per conto degli IDONEI nelle graduatorie concorsuali del comparto sanità della Regione Calabria, ANNUNCIA MANIFESTAZIONECon un piccolo corteo con partenza dall’AO Cosenza uffici amministrativi via stanMartino fino all’ASP di Cosenza sita in via degli Alimena, 8
Il CORTEO partirà alle 11,00 attraverso CORSO MAZZINI
Giorno 18 maggio 2023 il concentramento sarà davanti gli uffici amministrativi dell’AO COSENZA alle ore 9,30 la manifestazione durerà fino alle ore 19,30,
Al corteo e presidio saranno presenti 40 lavoratori idonei delle categorie sanitarie infermieri OSS, biologi, assistenti amministrativi.
INVITIAMO tutta la popolazione, tutti i cittadini stanchi di questa sanità pubblica che da troppo tempo non dà le risposte a tutti i numerosi utenti che ogni giorno affollano gli ospedali cittadini.
Una sanità pubblica che rispetta i LEA può garantire una qualità migliore e superiore per assistere i pazienti.
“A TESTA ALTA SENZA PAURA PER LA PAUTA NON CI APPARTIENE”
Per il SI COBAS Calabria
Roberto Laudini e Simone Scandale
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COSENZA, 19 AGOSTO 2020 -
Non posso che sostenere l’appello lanciato dal presidente della Conferenza dei Sindaci, Flavio Stasi, che chiede l’apertura immediata di un confronto con il Comitato di rappresentanza della Conferenza dei sindaci della Provincia di Cosenza sul tema della riorganizzazione della rete territoriale dell’Azienda Sanitaria. Un confronto necessario sul potenziamento e la riorganizzazione della rete di assistenza territoriale che non può essere approvato senza un confronto con i sindaci del territorio, considerando anche la necessità di garantire un’assistenza efficiente in questa emergenza Covid-19.
È mancata la concertazione e per la delibera dell’Asp di Cosenza, numero 636 del 3 agosto avente ad oggetto “Adozione Piano aziendale riorganizzazione Rete Territorio”, così come per il Dca 65/2020, non è stato chiesto alcun parere alla Conferenza dei sindaci, violando la normativa nazionale e regionale.
Un piano di riorganizzazione, riqualificazione, implementazione dell’assistenza territoriale, la specialistica ambulatoriale, la riorganizzazione della rete laboratori pubblici, così come l’assistenza domiciliare che risulta non omogenea nei differenti ambiti territoriali, sono temi e decisioni che devono essere concordate e affrontate con chi vive nei territori per evitare disservizi o accorpamenti che non garantirebbero il diritto alla salute dei cittadini.
In questa fase non entro nel merito delle questioni che saranno mi auguro discusse nella Conferenza dei Sindaci, come ad esempio la vicenda dei laboratori di analisi che verrebbero convertiti in punti prelievo. Bisognerebbe però quanto meno spiegare i motivi di determinate decisioni. Scelte che magari andrebbero a indebolire alcune aree della provincia in un momento in cui dovremmo evitare di farci trovare impreparati e potrebbe essere imminente una possibile nuova emergenza in vista dell’autunno.
Ecco perché credo sia fondamentale condividere e avere un parere anche della Conferenza dei Sindaci della Provincia di Cosenza su un provvedimento che va a incidere sull’organizzazione e la dislocazione dei servizi sul territorio.
Franco Iacucci
Presidente Provincia Cosenza
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"Ogni azione umana crea continuamente dei vuoti e dei pieni, quindi apre e chiude delle parentesi, se l'uomo usa generosità per attirare generosità, apre e chiude questa parentesi; ma se è generoso con chi non potrà ricambiarlo, apre un vuoto di bene in cui entrerà dell'altro bene per colmarlo".
Metabolizzare la morte di un familiare non è mai facile, quando poi a lasciarci è un perno importante della famiglia, che sia una madre, una sorella o una nonna diventa molto doloroso.
La mamma fa parte di noi, è un dono ineguagliabile, la cosa più bella che l'albero della vita abbia mai potuto regalarci, la sua morte equivale alla morte di una parte di noi, qualcosa che è andato via per sempre e che per fortuna però prima o poi riusciremo a riavere in modo diverso.
La mamma che ha voluto questa donazione ma che purtroppo ha lasciato questa vita terrena, qualche tempo fa, è Emma Fera, mamma, moglie, nonna, sorella e grande lavoratrice ed il gesto compiuto poi dalla propria famiglia, in suo ricordo, è un gesto concreto di solidarietà e generosità.
I familiari e gli amici hanno contribuito all'acquisto di 10 aste reggiflebo di ultima generazione in acciaio temperato per il reparto di oncologia dell'ospedale di Paola, reparto dove Emma era stata curata e dove lei stessa aveva notato la mancanza e la inappropriatezza di quelle vi erano,ormai logore ed obsolete . Un gesto di solidarietà e generosità della famiglia in memoria della loro sfortunata congiunta .
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Primo Piano
Deficit di oltre mezzo miliardo di euro che potrebbe raddoppiare, incarichi esterni e acquisti illegittimi, bilanci non approvati: ultimatum della Corte dei conti, che pretende spiegazioni dall'Azienda sanitaria provinciale bruzia e dalla Regione.
Se fosse una normale azienda avrebbe già chiuso i battenti da un pezzo, ma quella sanitaria provinciale di Cosenza non lo è. Ora, però, dovrà spiegare alla Corte dei conti, carte alla mano, come viene impiegato il fiume di denaro pubblico che passa dalle sue casse; soldi che servirebbero a tutelare la salute dei cittadini, ma sembrano perdersi in mille rivoli di sprechi e spese dubbie.
Le 29 pagine di richieste di chiarimenti che il magistrato istruttore Bruno Lomazzi ha inviato al direttore generale e al presidente del collegio sindacale dell'Asp bruzia – nonché, per conoscenza, alla presidente della Giunta regionale, al commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro e al direttore del Dipartimento salute della Regione – sono un lungo j'accuse zeppo di numeri, quasi sempre negativi o privi di una giustificazione ufficiale. E, come denunciava ieri il consigliere regionale Carlo Guccione, nel palazzone di via Alimena hanno poche settimane di tempo per fornire ai giudici contabili una motivazione plausibile a quelle cifre.
Decine di milioni di perdite ogni anno, ma i costi aumentano
La richiesta istruttoria spedita da Lomazzi riguarda i bilanci del 2016 e del 2017 – entrambi approvati con estremi ritardi, in violazione delle norme in materia, e nonostante il parere negativo del collegio sindacale - ma non mancano gli accenni agli anni precedenti e quelli successivi. Quello che ne viene fuori è un quadro a tinte fosche.
All'Asp le perdite di esercizio per decine di milioni di euro sono ormai una costante: 34,8 milioni nel 2013; 27,26 nel 2014; 30,37 nel 2015; 40,2 nel 2016 (+32% rispetto all'anno prima); 39,97 nel 2017. Quanto al 2018, il bilancio consuntivo non è stato ancora approvato, ma dai dati in suo possesso la Corte evince un trend in peggioramento, ben lontano dagli obiettivi di equilibrio economico finanziario. «Il risultato di esercizio del quarto trimestre 2018 – scrive il magistrato – risulterebbe pari a -57,5 milioni in peggioramento del 44% rispetto al 2017, mentre nel terzo semestre 2019 risulterebbe pari a -53,78 milioni».
Per questo motivo l'Azienda dovrà comunicare il risultato del consuntivo 2018 e dell'ultimo trimestre del 2019, fornendo anche – dopo aver individuato le cause del disavanzo – una dettagliata relazione sulle misure correttive che ha intrapreso o intende intraprendere per invertire la rotta e raggiungere gli obiettivi fissati dal piano di rientro. Ma le toccherà anche, insieme alla Regione, illustrare come verranno ripianate le perdite.
Bisognerà inoltre che l'Asp spieghi come mai i valori della produzione crescano negli anni dell'1%, mentre l'aumento dei costi in percentuale è pari al triplo.
I ricavi hanno un andamento altalenante: si riducono nel complesso del 7% tra il 2015 e il 2016 (addirittura del 39%, per quanto riguarda quelli per prestazioni sanitarie e sociosanitarie a rilevanza sanitaria) salvo aumentare dell'8% un anno dopo. Alcuni costi fanno registrare aumenti ancora più evidenti: quelli dei materiali da guardaroba, di pulizia e di convivenza in genere salgono del 53%; quelli per supporti informatici e cancelleria dell'8%; le utenze elettricità del 9%; quelli per non meglio specificati (e la Corte vuol sapere quali siano) del 37%.
C'è poi una macrovoce “Godimento dei beni dei terzi” nella quale figura un aumento – quello per canoni noleggio area non sanitaria – tra il 2016 e il 2017 del 378%. Si passa da 170mila a 813mila euro. E non va meglio con i canoni di leasing dell'area sanitaria, che erano 123mila euro circa del 2015 e oltre 520mila dodici mesi dopo. Quanto al 2017, l'Asp non ha comunicato alcun importo e la Corte dei conti vuole capire perché.
I dubbi sulla spesa farmaceutica e gli affidamenti illegitti
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Riceviamo e pubblichiamo
COSENZA, 20 FEBBRAIO 2020 - Si faccia emergere tutta la verità sui reali motivi della nomina della dottoressa Daniela Saitta a commissario dell’Asp di Cosenza. Anche il contenuto dell’atto delle sue dimissioni, in cui parla di “condizioni ambientali che non consentono di proseguire con serenità e pienezza di poteri lo svolgimento dell’incarico”, getta ombre su una vicenda che deve essere chiarita. Avrebbe fatto bene, anzi può ancora farlo, a rivolgersi alle autorità competenti in modo da individuare chi ha impedito di svolgere le proprie attività con serenità e pienezza di poteri. E questo va al di là della vicenda della deprecabile nomina della figlia a consulente dell’Asp, a titolo gratuito.
Un fatto grave che fa emergere che dal 15 gennaio 2020 – data di insediamento del commissario straordinario dell’Asp di Cosenza – la figlia, dottoressa Cristina Di Lazzaro, commercialista in forza nello studio di famiglia a Roma, avrebbe affiancato, senza alcun titolo, la madre, Daniela Saitta, nelle sue attività di commissario straordinario entrando anche in possesso di dati sensibili dell’Azienda sanitaria provinciale, dei fornitori, delle strutture accreditate, così come possono testimoniare dipendenti e dirigenti dell’Asp. Dati quasi sicuramente ancora in possesso del commissario e di sua figlia, visto che sono stati utilizzati computer personali.
Guarda caso, a questa situazione si è cercato di porre rimedio con la delibera numero 199 del 14 febbraio 2020 avente ad oggetto “Incarico di collaborazione a titolo gratuito”. Nella suddetta delibera veniva stabilito, a distanza di un mese, che la durata dell’incarico di collaborazione è affidato per un periodo di dodici mesi, decorrenti dal 15 gennaio 2020. Inoltre, si precisa che alla dottoressa Cristina Di Lazzaro la struttura commissariale renderà disponibili “documentazioni, informazioni, atti, accessi a sistemi informativi e ogni altro materiale che si rendesse necessario”. Nella delibera si specifica “di imporre un vincolo di massima riservatezza su decisioni, informazioni, notizie e dati di ogni tipo dei quali l’incaricato potrebbe venire a conoscenza per motivi legati all’incarico”.
Quindi come è evidente dalla delibera approvata il 14 febbraio è stato disposto che l’incarico della suddetta professionista decorra, in modo retroattivo, dal 15 gennaio 2020, forse nell’intento di “legalizzare” e sanare un’attività svolta illegittimamente con grave pregiudizio e danno nei confronti dell’Asp. E mi auguro che tutte le informazioni e i dati sensibili venuti in possesso della dottoressa non siano stati utilizzati per altri fini o attività private.
La situazione finanziaria dell’Asp di Cosenza e del suo contenzioso non è delle migliori, così come è stato evidenziato anche dal presidente del tar Calabria, Giancarlo Pennetti, nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2020, in cui veniva specificato che, nell’anno 2019, ben 111 ricorsi in ottemperanza hanno riguardato la sanità calabresi, di cui 58 riguardano la sola Asp di Cosenza che, come sappiamo, vive una situazione molto precaria dal punto di vista economico e finanziario.
Ora bisogna fare chiarezza e prendere atto che il Decreto Calabria, voluto all’epoca dal Governo giallo-verde 5Stelle e Lega, debba essere immediatamente modificato visto che il “rimedio” non ha fatto altro che aggravare, nella sanità calabrese, le storture e le degenerazioni precedenti alla sua approvazione.
Carlo Guccione
Consigliere regionale PD
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Il sottoscritto, in qualità di Sindaco del Comune di Lago (CS), intende manifestare tutta la propria preoccupazione per la grave situazione del polo ambulatoriale dell’ASP di Cosenza con sede in Amantea (Cs). Tale polo sanitario, da decenni, rappresenta l’unico punto di riferimento per decine di migliaia di pazienti che vivono sull’ampio territorio, da San Lucido a Falerna, con relativo entroterra .
Dati alla mano, si tratta di una efficiente macchina sanitaria con un laboratorio di analisi che con conta una media di 80 prelievi giornalieri, una mole notevole di prestazioni specialistiche, con prenotazioni a gittata semestrale, ed un apparato amministrativo composto da decine di dipendenti che, in condizioni spesso precarie, garantiscono assistenza e servizi puntuali ed efficienti.
Ciò nonostante, tale essenziale baluardo radicato sul territorio a tutela della salute della comunità da me rappresentata nonché di altre decine di Comunità locali, è, da anni abbandonato a se stesso.
La direzione del laboratorio di analisi, da anni, sconta un organico sottodimensionato, con richieste inascoltate di unità operative tecniche e specialistiche aggiuntive, con specialisti disposti a trasferirsi sul Polo Amanteano, ma lasciati, costantemente senza i necessari nulla osta da parte delle competenti istituzioni regionali, e con tecnici condivisi con altre strutture sanitarie pubbliche;
Ciò ha determinato e continua e determinare ritardi e disfunzioni, con pazienti costretti ad attendere tempi biblici per le visite specialistiche, a fronte, come detto, di una rilevante mole di richieste prestazionali.
Ad oggi, nel reparto radiologia, si dispone di una unità medica autorizzata a fornire le proprie prestazioni con cadenza quindicinale e pazienti costretti ad aspettare un referto per altrettanti quindici giorni a fronte di necessità diagnostiche, spesso, di carattere emergenziale.
Non bastasse quanto esposto, si sta aggiungendo la grave problematica della mancata programmazione della naturale, quanto indispensabile, sostituzione di chi dopo anni di servizio e sacrificio, giunge al collocamento a riposo.
E’ il caso del direttore del laboratorio di analisi dott. Innamorato, che, prossimo al collocamento a riposo, sta vivendo un momento di grande difficoltà personale e delusione professionale, di fronte alla mancata individuazione di un sostituto che possa dare continuità al funzionamento di una struttura tanto delicata, quanto complessa ed essenziale per la collettività assistita.
La grave, quanto fondata, preoccupazione di chi scrive è che i propri concittadini e tutta l’utenza coinvolta, possano, a breve, rimanere senza quell’essenziale centro di assistenza sanitaria pubblica fino ad oggi rappresentato dal polo sanitario amanteano.
Come Sindaco, invito tutti i miei colleghi dell’Ufficio del piano a fissare un programma operativo di incontri e confronti, volto ad interfacciarsi con tutte le autorità competenti, onde poter addivenire ad una soluzione condivisa e definitiva che non solo assicuri la permanenza del polo sanitario amanteano ma, viepiù, ne garantisca il potenziamento in termini di risorse umane e strumentali.
E’ una assoluta emergenza che non ha alcun colore politico ma ha, di certo, quello della solidarietà sociale e della prioritaria necessità di andare oltre calcoli ed interessi, per assicurare il primario obiettivo della sanità pubblica.
La chiusura o l’ulteriore depotenziamento del polo asp di Amantea, sarebbe un vero e proprio fallimento dell’apparato amministrativo pubblico che noi tutti rappresentiamo ed una grave sconfitta per chiunque creda nelle istituzioni pubbliche e nella loro mission fondamentale, ossia quella di tutelare tutti i diritti dei cittadini, in particolare, quello alla salute.
Già la Calabria, sconta, un tasso di emigrazione sanitaria volontaria tra i primi al mondo, pertanto, è fondamentale agire affinché i nostri concittadini non diventino veri e propri nomadi della salute.
Gli faremmo un altro grave torto in aggiunta a quelli che gli abbiamo già fatto in anni di mala amministrazione regionale.
Con Cordialità Il Sindaco
Enzo Scanga
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Cosenza, 22 settembre 2019 - Il buco finanziario dell’Asp di Cosenza rischia di trascinare il sistema sanitario calabrese in un punto di non ritorno.
Dopo le note vicende dell’Asp di Reggio Calabria, e lo scioglimento dell’Asp di Catanzaro per infiltrazioni mafiose, l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza potrebbe rappresentare un vero e proprio crack finanziario visto che gestisce un bilancio annuale di circa un miliardo e 200 milioni.
Ancora non si è riusciti ad approvare il bilancio consuntivo 2018: nessun responsabile dell’Asp ha voluto apporre la propria firma sui documenti.
E forse qualcuno dovrebbe chiedersi il perché…
Se venisse confermata la notizia che, nel primo semestre 2019, il disavanzo avrebbe sfiorato di oltre 35 milioni di euro, la situazione sarebbe ancora più allarmante.
Si tratta di una cifra sottostimata visto che in questi mesi l’Asp di Cosenza si è trovata in una situazione di stallo senza alcun commissario o direttore generale facente funzioni. E tutto ciò non ha fatto altro che bloccare ancora di più i pagamenti.
Se poi a tutto questo aggiungiamo pignoramenti, somme vincolate presso il tesoriere dell’Asp e procedure in atto in molti Tribunali italiani, la cifra sfiorerebbe - come abbiamo avuto modo di constatare attraverso la documentazione in nostro possesso e denunciato in un dettagliato dossier - euro 783.947.089,32. E sarebbe una cifra prudenziale visto che l’ex Revisore dei conti in carica fino al 31 dicembre 2018, in una recente dichiarazione affermò che “l’importo comprensivo del contenzioso, al 31 dicembre 2016, supererebbe il miliardo di euro”.
Un fiume di denaro pubblico che doveva servire a curare i cittadini è stato invece utilizzato per interessi per ritardato pagamento, parcelle a professionisti, spese legali e in alcuni casi la stessa fattura è stata pagata due o addirittura tre volte, come testimoniano le dettagliate denunce presentate nel corso di questi anni alla Procura della Repubblica e alle autorità competenti. Un sistema collaudato che ha saccheggiato le risorse pubbliche della sanità calabrese.
Un esempio eclatante della “rapina” di denaro pubblico è rappresentato da due delibere del commissario ad acta, nominato dal prefetto di Cosenza, contro l’Asp di Cosenza a favore della banca Isif Spa.
Con delibera numero 20 del 29 aprile 2019 ha riconosciuto a fronte di euro 1.076.319,44 in sorte capitale, interessi di ritardato pagamento per euro 2.337.173,65 e euro 182.424,38 per rimborso di spese legali; con un’altra delibera, numero 12 del 24 luglio 2019, a fronte di euro 1.038.874,15 in sorte capitale ha riconosciuto quali interessi per ritardato pagamento euro 4.387.988,58.
Solo in queste due procedure - sono centinaia quelle in essere - l’Asp di Cosenza ha dovuto pagare tra interessi per ritardato pagamento e spese legali circa 7 milioni di euro.
Soldi sottratti alla gestione territoriale e ospedaliera della sanità cosentina.
Questo è solo un piccolo spaccato di quello che accade quasi quotidianamente all’Asp di Cosenza. E nel frattempo l’ufficio legale dell’Azienda sanitaria provinciale è stato depotenziato, in particolare per gli effetti del blocco del turn over e quota 100.
Per non parlare poi del sistema delle gare. Nei mesi scorsi abbiamo avuto modo di denunciare la gara riguardante il servizio di ristorazione, arrivata a 12 anni di prorogatio continua.
Così come le gare per la gestione delle Rsa di Caloveto e San Nicola Arcella che durano anni e, tra i vari cambi di commissione, ancora oggi non sono riusciti ad aggiudicare servizi importantissimi per il territorio. In particolare, a Caloveto dove la Rsa risulta non funzionante ed erano previsti circa 60 posti letto.
In questo contesto gli squilibri di Bilancio dell’Asp di Cosenza rischiano di provocare il definitivo dissesto finanziario, paralizzando l’intero servizio sanitario calabrese.
Una gestione irresponsabile del denaro pubblico a danno della salute dei calabresi.
La situazione si è ulteriormente aggravata dopo il Decreto Calabria che di fatto ha creato una vacatio all’Asp di Cosenza, solo recentemente colmata con la nomina della dottoressa Erminia Pellegrini.
Ci saremmo aspettati da parte della Regione e dei vari commissari decisioni tesi a combattere l’illegalità e l’allontanamento dei responsabili dalla cattiva gestione del denaro pubblico, a favore della garanzia di esigibilità dei Lea e dell’utilizzo corretto delle risorse destinate alla sanità.
Carlo Guccione Consigliere regionale
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Cosenza
La direzione strategica dell'Azienda sanitaria annuncia che l'ex direttrice del distretto sanitario del Tirreno ha rinunciato «inopinatamente» all'azione cautelare nei confronti del dg Mauro
Cosenza.
«Dietrofront della dottoressa Bernaudo: l’ex capo Distretto rinuncia inopinatamente alla prosecuzione dell’azione cautelare nei confronti della Direzione generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza».
È quanto si legge in una nota della direzione strategica dell'Asp bruzia in merito alla querelle tra il dg Raffaele Mauro e l'ex direttrice del distretto sanitario del Tirreno.
«Nell’ambito della diatriba conseguente alle rivendicazioni della citata dottoressa nei confronti dell’Asp, l’ex direttore del Distretto sanitario del Tirreno cosentino, infatti, atteso l’evolversi del giudizio e l’indirizzo assunto durante la causa dal procedimento che avrebbe avuto un esito sfavorevole per la stessa assegnata, in qualità di direttore alla Unità operativa complessa Igiene degli alimenti e della nutrizione fino al 13 di maggio 2018, malgrado inizialmente abbia contestato l’affidamento del nuovo incarico impugnandolo dinanzi alla competente Autorità giudiziaria, ha rinunciato al giudizio cautelare»
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Paola
E’ vero siamo al primo grado, ancora.
Parliamo del processo relativo all'inchiesta "Camice bianco", risalente all'aprile del 2015.
Coinvolti medici, infermieri, dirigenti e dipendenti dell'Asp di Cosenza.
Secondo l'accusa, gli indagati, in servizio all'ospedale o nelle varie sedi dell'Asp, durante l'orario di servizio hanno falsificato gli orari di presenza e di uscita, attraverso l'infedele timbratura del cartellino marcatempo.
Il giudice Marco Bilotta del tribunale di Cosenza ha condannato:
Mario Avellino (1 anno e 6 mesi di reclusione e 600 euro di multa),
Carla Caputo (1 anno e 6 mesi e 600 euro di multa),
Angela Campolongo (1 anno e 2 mesi e 500 euro multa),
Anna Maria Conforti (1 anno e 500 euro di multa),
Katja De Rose (1 anno e 6 mesi e 600 euro di multa),
Asclepiade Felicioli (9 mesi e 500 euro di multa)
Giulia Manna (1 anno e 6 mesi e 600 euro di multa ),
Pasquale Morrone (1 anno e 6 mesi e 500 euro multa),
Claudio Naccarato (9 mesi e 500 euro di multa),
Romeo Perri (1 anno e 500 euro di multa),
Pia Pignataro (1 anno e 500 euro di multa),
Eugenio Presta (9 mesi e 500 euro di multa),
Vincenzo Reda (9 mesi e 500 euro di multa),
Gisella Rizzuti (1 anno e 4 mesi e 500 euro multa),
Pieraldo Russo (8 mesi e 300 euro di multa),
Annarita Salvo (14 mesi e 400 euro di multa).
Marina Sammarra (1 anno e 6 mesi e 600 euro di multa),
Ippolito Spagnuolo (1 anno e 500 euro di multa),
Orlando Spizzirri (1 anno e 350 euro di multa),
Giovanna Trimarchi (1 anno e 6 mesi e 600 euro di multa),
Anna Turano (1 anno e 2 mesi e 500 euro di multa),
Francesca Zinno (1 anno e 2 mesi e 500 euro di multa),
Oltre alla condanna in carcere, con sospensione condizionale, alla multa e al pagamento delle spese processuali, il giudice ha disposto la risoluzione del contratto di lavoro.
Sono invece stati assolti Elvira Vigna e Alberto Bevilacqua, perche' il fatto non sussiste.
Perche' il fatto non costituisce reato, assolti Maria Naccarato, Luigi Carelli e Bice Casazzone.
Per altri 5 indagati si era gia' svolto un processo con rito abbreviato.
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La Corte dei Conti della Calabria ha condannato ieri l’ex direttore generale di Cosenza Franco Lucio Petramala, il dirigente Antonio Scalzo e il collega Antonio Mascaro.
I tre sono stati dichiarati responsabili di aver assunto scegliendoli senza concorso personale per gestire il Centro prenotazioni , un lavoro che poteva essere svolto dai dipendenti dell’ente.
In sostanza le mansioni potevano essere svolte direttamente dal personale già in forza all’Asp e regolarmente retribuito con denaro pubblico.
In più i lavoratori esterni ‘prescelti’, secondo i giudici, sarebbero stati selezionati senza alcun tipo di gara ad evidenza pubblica, ma semplicemente con la presentazione di un curriculum vitae.
Per questa ragione Petramala dovrà risarcire l’Asp versando nelle cassa dell’ente 180mila euro per il danno provocato, mentre i due dirigenti dovranno restituire 2.549 euro ciascuno.
La vicenda riguarda contratti di lavoro stipulati tra il 2008 e il 2009.
Ci sarebbe piaciuto sapere i nomi degli assunti per capire le vere ragioni della assunzione
Ed ancora ci sarebbe piaciuto sapere che fine hanno fatto questi assunti, se ancora sono nell’ASP, magari stabilizzati, o se sono stati licenziati e da chi.
Ma queste sono cose da grandi giornali.
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