La mia Terra è un triste Ulivo
senza volerlo ne cerco l’oblio!
Un mostruoso tarlo si è fatto strada nel mio piccolo cervello: come salvare la Regione Calabria dagli sciacalli italici che l’hanno condannata al declino senza fine?
Durante la mia lontananza, mi dicono essere stati anni pieni di fasti e pregi. Allora era una Regione turistica e ci si poteva permettere il lusso di affermarlo. Oggi, a distanza di molto tempo, non si riesce a comprendere se questa terra appartiene ancora agli eredi della Magna Grecia e dei Saraceni. E’ ancora una regione a vocazione turistica o altro…? E’ chiaro, non è semplice far ripartire una terra alla quale hanno tolto lo smalto ed il piacere di vivere come sua vocazione naturale, proprio per l’invidiabile posizione e non solo.
Il mio tornare a vivere in questa regione, mi ha fatto trovare una terra senza più mordente, una terra pervasa dalla mediocrità, dalla ndrangheta e dalla corruzione. Davanti alle mura di Amantea mi parve cosa ignobile che una città così famosa fosse ricoperta d'erbacce, e non ho potuto impedire a me stesso di andare in bestia e strappare con rabbia non so quanti di quei cespugli che avevano “avuto l'ardire di opprimere le rovine di quelle mura per le quali tanti uomini valorosi avevano perduto la vita e bagnato tutti quei campi di sangue così nobile. ”
Eppure nel 1967 avevo lasciato Amantea nel suo ruolo di polo turistico, un “fiore all’occhiello” della costa tirrenica e di quella ionica. Veniva decantata e lo si faceva con orgoglio . Oggi, non credo che lo sia più. Oggi non lo è più, anche perché è inciampata, poi è caduta, e gli effetti della caduta sono visibili a tutti e proprio per l’inadempienza, inefficienza e incompetenza, si brancola nel buio.
Ciò che noto è una rassegnazione quasi acclarata. La Calabria, oggi, è un paese che vive di “aria” e “sole”. Di chi è stata e di chi è la responsabilità? Forse un po’ di tutti: dei Calabresi, dell’assenza di una politica degna di tale nome, di Amministrazioni che si sono succedute nel tempo, che mai hanno pensato di investire con una vera e comprensibile progettualità, attingendo a risorse, oggi introvabili, anche per mancanza di ” Santi in Paradiso” e di forma mentis.
Mi verrebbe di affermare qualcosa di orribile come, una decadenza voluta, cercata, provocata e realizzata. Una Calabria di commercianti, pensionati e studenti che aspettano di spiccare il volo. Tantissimi disoccupati. Una terra con scarsa propensione all’investimento ed una bassa imprenditorialità scoraggiata dalle normative, ma anche dalla scarsa visione delle istituzioni locali.
Un turismo, se così si può definire, del mordi e fuggi che non ottiene conforto in quel che vede e che trova.
Una Regione ormai vecchia, desueta, con strade logorate da tempo e dal tempo, panchine ataviche, arrugginite dall’usura e dal mancato ripristino. Senza un “Benvenuto, Welcome, ecc”… alle sue porte d’ingresso e senza un “Arrivederci, ecc”., alle porte di uscita ……Non è certamente questo il modo di fare turismo, ne è questo il modello di presentazione che il turista desidera.
Una brochure un po’ pasticciata e burina redatta da persone inette e incapaci. E’ vero, qualcuno obietterà, i tempi non invogliano, i soldi sono diventati rari, ma la bravura di un’Amministrazione (perché con i soldi saremmo tutti bravissimi) è quella di risolvere, di inventare e riuscire ad ottenere dei vantaggi economici. Amministrazioni del Nord Italia hanno adottato questo sistema che si identifica in ” Progetto ricreativo”. Questa si chiama velleità imprenditoriale amministrativa, oltre che lungimiranza, oltre che capacità induttiva. Ma, come gran parte del Meridione, anche la Calabria è rimasta ai blocchi di partenza. E rimasta ai soliti propositi con le stesse campagne elettorali, le stesse promesse, gli stessi schemi, gli stessi tatticismi, le stesse facce, le stesse famiglie, il “cambio di frac” ed i consueti proclami.
E intanto la terra di Pitagora, vive nella speranza cristiana di un cambiamento che non si intravede neanche in lontananza. Un cambiamento che tutti sembrerebbero volere ma nessuno osa, perché per cambiare bisognerebbe far diventare governatore la persona amante della propria terra in grado di coinvolgere i suoi stessi conterranei nelle scelte, ascoltare le loro proposte, anche quelle non condivisibili e le innumerevoli esigenze di ogni singolo.
Chiudersi a riccio in quelle stanze della “Cittadella” non può che dare risultati pari a sconfitte. Questo è ciò che la Calabria sta vivendo. Insanabili ferite subite nel tempo che inesorabilmente la vedranno soccombere e precipitare nel baratro del dimenticatoio e nessuno si ricorderà di questa “Stella Marina”, sconfitta e lasciata morire.
Gigino Adriano Pellegrini
Caro direttore. Una notizia di cronaca che mi ha fatto ridere e piangere allo stesso tempo. Io ho sempre desiderato una macchina di lusso, una Maserati, una Jaguar, una RollsRoyce, una Ferrari. Le ho sempre sognate queste macchine di lusso e molto costose, e quando mi capitava di vederle sfrecciare per le vie di Cosenza, dicevo fra me: Un giorno anche tu guiderai una macchina simile. Le ho sempre sognate. Ma con lo stipendio di un insegnante elementare queste macchine non l’ho mai potute comprare. Mi sono accontentato di una FIAT 850, di una Punto, di una Panda. Lei ha mai posseduto una di queste macchine? Non credo. Anche se il suo stipendio mensile forseè superiore al mio. La notizia appresa dalla lettura dei giornali di oggi mi ha fatto molto arrabbiare. Il mondo è davvero impazzito. E nel mondo non ci sono soltanto il criminale dittatore Putin che ha invaso l’Ucraina e spinge il mondo verso una terza guerra mondiale. Non si salvano i gruppi terroristici che vogliono distruggere Israele e neppure il leader israeliano Netanyahu. Hanno trasformato l’Ucraina e Gaza in un inferno. Ma veniamo al fatto di cronaca che mi ha fatto impazzire. Le industrie automobilistiche si lamentano perché non si vendono più automobili. Ma nelle nostre strade e autostrade ci sono sempre più automobili e nelle città non si trovano più posti per parcheggiarle. Ma sa cosa ha inventato Stellantis, quella che produce la macchina di lusso Maserati? Ha mandato una E mail agli operai che sono pure in cassa integrazione e ha detto loro che possono comprare una Maserati a prezzo di favore. Quanto sarebbe questo prezzo? Dalle 80 alle 180 mila euro. Ha capito, caro direttore? Un prezzo davvero accessibile ad un operaio che è in cassa integrazione e percepisce forse 1200 euro al mese. Siamo impazziti veramente. Stellantis oltre aver mandato a casa gli operai ora li insulta e li sfotte pure. Ma come fa un operaio a comprare una simile macchina di lusso? Un invito con una mail e intitolata con un aggettivo “Caro”: -Siamo lieti di annunciarti che dal mese di settembre avrai la possibilità di acquistare una nuova vettura Maserati a condizioni dedicate a te, ai tuoi familiari e ai tuoi amici-. Caro direttore, la società ha dato del caro e si è rivolta dando anche del tu agli operai, a quegli stessi operai che li ha mandati a casa. Ecco perché sono indignato, arrabbiato. E’ un insulto e uno schiaffo a tutti gli operai che in tutti questi hanno lavorato onestamente facendo conoscere a tutto il mondo una macchina, un gioiello italiano, invidiato da tutti.
In una vecchia scatola di latta che era custodita in un comodino della camera da letto di mia madre ho trovato un Certificato di studio datato 16 giugno 1942 Anno XX Era Fascista : L’alunno Gagliardi Francesco ha completato gli studi di grado inferiore. E una vecchia foto, ingiallita dagli anni. Indossavo la divisa di Balilla. Come tutti i ragazzi che frequentavano la scuola elementare anche io entrai nella organizzazione giovanile fascista. La classe Prima Sez.A mista nell’anno scolastico 1938-1939 era formata da 46 alunni. Moltissimi erano ripetenti. Durante l’anno gli alunni delle Contrade abbandonavano la scuola e si dedicavano ai lavori dei campi. Apertura Anno Scolastico: 16 settembre 1939. Chiusura: 31 maggio 1940. Gli scolari meno abbienti erano assistiti dal Patronato con libro e quaderni. Forniti dalla divisa del’O.N.B. 8 alunni. Tutti gli alunni erano iscritti all’organizzazione giovanile fascista, col nome di Figli della Lupa, Balilla e Piccole Italiane. La mia tessera recava il numero 512256. La maestra di prima elementare era la Signora Adele Mazziotti in Politano. L’aula scolastica era ubicata in Via Michele Bianchi. Ricordo e rivedo la mia aula scolastica dove ho imparato a leggere e a scrivere, i compagni di classe. Molti dei quali con la testa rapata a zero non solo per paura dei pidocchi ma anche per risparmiare il taglio dei capelli. Quanti sogni, quante speranze, quanta innocenza! Da grande sono ritornato in quell’aula stretta, fredda e buia. Quanti ricordi. Se chiudo gli occhi rivedo i miei compagni di allora: Vitaliano, Giacomino, Delfino, Silvio, Natuzzo, Turillo, Emilio, Fiorello, Giovanni, Mario, Tristano. Quasi tutti emigrati poi all’estero alla fine della guerra. Tutti morti. Quanti dolci e tristi ricordi! E’ entrata nella nostra aula la mamma di una nostra compagna ammalata.E’ venuta a giustificare l’assenza della figlia. La maestra Politano la fa accomodare e ascolta con affettuoso interesse ciò che le dice. La maestra la rincuora e le dà qualche consiglio utile. Intanto, incuranti della presenza di un adulto in classe, parliamo fra noi. La maestra ci osserva con la coda dell’occhio. C’è chi fa il topo col fazzoletto, chi fa i versacci a un compagno lontano, chi tira pezzetti di carta e chi fa la guerra con le righe da disegno. Le vie del paese, sempre silenziose, una mattina di dicembre del 1939, sono state allietate dal canto gioioso dei ragazzi della scuola elementare che cantando a squarciagola si recavano in Piazza IV Novembre davanti al Monumento ai Caduti in Guerra. “Le nostre voci, calde e limpide, come questo cielo ridente, sono salite leggere lassù, dove i nostri gloriosi Caduti forse vedranno da vicino il piccolo e modesto tintoretto (Da cronaca della scuola). Il Balilla G.B. ha recitato una poesia e poi ha ricevuto dal Segretario Politico un premio dopo aver letto la motivazione. La maestra si commuove. Il Balilla lo scorso anno è stato suo alunno. “Quando un ragazzo è passato sui miei banchi, me lo sento un po’ figlio, anche dopo. E sono contenta se vedo i frutti del mio buon seme, mentre soffro se invece questi deviadalla diretta strada. E nel segreto del mio intimo me ne fo’ quasi una colpa, se quella ragazza non è diventata la dolce e virtuosa donna utile alla Patria e cara a Dio”. Un giorno fummo interrotti da alcune alunne di quartaclasse che vennero a salutare la maestra dello scorso anno. Ancora oggi, a distanza di 85 anni, ricordo i miei cari compagni di scuola e di giochi. Vitaliano che mi faceva giocare allu “Strumbulu”. Delfino che mi dava qualche passaggio in “carrozza”, Tristano che mi faceva le boccacce, Marcello che mi faceva guardare la raccolta dei francobolli, Salvatore e Luigi e Marioche abitavano in campagna e quando d’inverno faceva molto freddo avevano le mani e i piedi pieni di geloni. E Giovanni che con la fionda che teneva nascosta nella cartella di legno un giorno tirò un colpo contro la carta geografica e fece un buco sulla Calabria. E poi Pierino, Gregorio, Ciccio che dentro le tasche dei pantaloni portavano ogni giorno a scuola fischietti di canna, bulloni, chiodi, scatole di cromatina vuote, temperini, pane e fichi secchi. E tutti d’inverno quando faceva davvero freddo e la stanza non era riscaldata, con il fiato tentavamo di scaldare le punte delle dita ed eravamo costretti a stare col cappotto e con la sciarpa al collo.