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Catanzaro. Ancora un rinvio per il processo Calabria Verde.

Il processo vede alla sbarra il governatore della Regione Calabria Mario Oliverio, Paolo Furgiuele e Franca Arlia ex manager ed ex dirigente Calabria Verde e il presidente della Provincia di

Cosenza Franco Iacucci(ex capo struttura) e l’ex assessore della giunta Scopelliti Michele Trematerra.

Non si è potuta tenere la udienza stante l’assenza di Michele Trematerra e degli avvocati cosentini Vincenzo Belvedere e Benedetto Carratelli.

Questa volta l’impedimento a svolgere l’udienza, che dovrebbe sancire l’avvio del dibattimento che vede alla sbarra sei persone, è stato determinato dall’assenza di un imputato e di due legali della difesa.

Salvo nuove assenze la prossima udienza si terrà il 28 dicembre.

Il gup Ciriaco dovrà decidere in merito alle accuse mosse dal pm Alessandro Prontera il quale sostiene che in concorso tra loro i sei si sarebbero adoperati per nominare a capo del distretto territoriale di Serra San Bruno Giuseppe Barilaro, sindaco di Acquaro, non in base alle sue competenze, ma solo per ottenere un ritorno elettorale nel circondario.

Il troncone principale del procedimento invece riguarda un’inchiesta in cui si intende far chiarezza sugli 80 milioni di euro di fondi europei destinati all’acquisto di mezzi antincendio e messa in sicurezza dei corsi d’acqua usati svaniti nel nulla.

Denaro che secondo l’accusa sarebbe stato usato a fini personali dagli imputati Paolo Furgiuele, Alfredo Allevato, Marco Mellace, Antonio Errigo, Gennarino Magnone e Emanuele Ciciarello.

Pubblicato in Cosenza

L’ex direttore direttore generale di Calabria Verde Furgiuele è un fiume in piena e racconta ai magistrati di Catanzaro la lottizzazione dell’agenzia regionale.

Ecco cosa scrive Alessia Truzzolillo su Ilcorriere dellacalabria.

 

“«Nei distretti si governano gli operai e si diventa soggetto politico». I “capi” scelti da Oliverio e il “no” di Pignanelli a Rizzo, che «disse di essere stato minacciato»

Catanzaro. Chi governava gli operai, nei distretti dell’azienda regionale “Calabria Verde”, acquisiva potere, diventava soggetto politico, diventava interlocutore privilegiato dei Comuni.

Per questo motivo la nomina di responsabile nei distretti poteva scatenare una vera e propria guerra, con tanto di minacce.

Il racconto viene dalla viva voce di Paolo Furgiuele, ex direttore generale dell’ente strumentale della Regione Calabria, oggi commissariato e sotto la lente della magistratura.

«Tutti i nomi dei responsabili dei distretti che io ho insediato, negli undici distretti territoriali, me li ha dati tutti il presidente (della Regione, ndr), tranne Rizzo che ho nominato io, infatti me lo ha fatto cacciare, non lui ma Pignanelli (Gaetano Pignanelli, capo di Gabinetto della giunta Oliverio, rinviato a giudizio nell’inchiesta su Calabria Verde condotta dalla Procura di Castrovillari, ndr), cioè lo ha costretto alle dimissioni, perché io non l’ho cacciato, anzi l’ho tenuto Rizzo, credo di avere qui le delibere».

Paolo Furgiuele parla con i magistrati di Catanzaro.

Ha buona memoria ma anche carte e documenti. È indagato in tutti e tre i tronconi dell’inchiesta che riguarda i presunti illeciti commessi nella gestione dell’azienda responsabile degli interventi sul territorio nel campo della forestazione e della difesa del suolo.

Due procedimenti sono seguiti dalla Procura di Catanzaro e uno da quella di Castrovillari. Furgiuele parla, soprattutto a partire dal 10 novembre 2016, e le indagini si aprono a nuovi scenari: dopo l’utilizzo illecito dei fondi del Por 2007-2013, usati per pagare gli stipendi di un numero esorbitante di dipendenti, e gli illeciti sui tagli boschivi, il nuovo capitolo, sul quale sta investigando la Guardia di finanza, riguarda le assunzioni “pilotate” politicamente. Tra gli indagati, tutti per abuso d’ufficio, c’è anche il governatore in carica, Mario Oliverio.

Calabria Verde nasce con la legge regionale 25 del 16 maggio 2013 e riunisce i compiti che furono dell’azienda Forestale della Regione Calabria (A.Fo.R.) e dalle Comunità montane soppresse e poste in liquidazione. Insomma, nasce prima dell’elezione del governo Oliverio, eletto a novembre 2014. Ma con l’insediarsi di Oliverio non c’erano ancora dei responsabili per i distretti, spiega Furgiuele. C’erano dei responsabili pro tempore, provvisori.

GLI APPETITI SUL SETTORE FORESTAZIONE Per nominare i responsabili degli 11 distretti calabresi Furgiuele racconta che nel gennaio 2015 porta un elenco con gli aventi titolo ad un incontro col governatore, gli dice che farà una procedura di interesse, avverte che parteciperanno tutti ma quelli aventi titolo sono quelli riportati nell’elenco. Cosa risponde il governatore secondo il racconto di Furgiuele?
 «E lui mi dice: “Fammi vedere… no, metti a questo qua, poi questo qua, poi questo qua… tutti”». Secondo l’ex dg è tutto riscontrabile. «Se lei vede tutti quei nomi – spiega – sono tutti scritti al Partito democratico, ex partito… sono storici…». Ma c’è un dato che emerge sugli altri agli occhi degli investigatori: nei distretti tutti vogliono andare a ricoprire l’incarico all’ufficio Forestazione.
«E perché praticamente là si governano gli operai – risponde Furgiuele – … governare gli operai significa poter diventare soggetto politico perché chi governa gli operai interloquiva nella migliore delle ipotesi con i Comuni per poter favorire qualche Comune, i lavori, iniziative o cose del genere». La pratica, spiega Furgiuele, è vietata «perché il finanziamento che deriva dai 130mila euro del governo prevede altri tipi di lavori e (gli operai, ndr) non possono andare nei Comuni». Per farlo bisognerebbe «fare delle convezioni ad hoc e i Comuni devono pagare e invece questo non succede», spiega l’ex dg. «C’era chi aveva la velleità di governare operai, quindi crearsi un suo spazio di potere… come posso dire? … attraverso la gestione degli operai, e chi invece aveva interesse alla gestione del patrimonio forestale, che è cosa diversa. Io ho sempre cercato qui di spiegare. Cioè il core business dell’azienda era la gestione, la manutenzione straordinaria del bosco e la sua certificazione, che è la vera ricchezza calabrese sulla quale ho puntato e sono rimasto inascoltato».

LE DIMISSIONI DI RIZZO E LE MINACCE È lungo e serrato il confronto con gli investigatori per capire in quali distretti Furgiuele avesse subìto pressioni per la nomina dei responsabili e in quali avesse agito liberamente. Naturalmente non passa inosservato il distretto 5, San Giovanni in Fiore, paese d’origine e feudo elettorale di Oliverio. Qui vengono indicati i nomi di Cava, Luigi Rizzo e Antonietta Caruso. Tutti, tranne Rizzo, era stati indicati dal presidente. È proprio Rizzo che Pignanelli avrebbe costretto alle dimissioni. Il capo di Gabinetto di Oliverio, dopo la nomina, non ci sta e chiama il direttore generale: «Perché hai nominato Rizzo? Là c’era Zaccaro». Furgiuele tenta con una bugia: «Me l’ha detto il presidente». Ma Pignanelli non la beve e allora il burocrate di Calabria Verde ammette: «Sì, l’ho nominato io, ma ti sembra normale che io non possa avere una persona dell’azienda che mi riferisce quello che succede sul distretto?».

«Sì, ma Rizzo non è dei nostri…», risponde Pignanelli.

Nelle conversazioni che Furgiuele riporta, questa espressione – “è dei nostri, non è dei nostri” – torna spesso, come se si trattasse di un circolo chiuso.

E nonostante Furgiuele si imponga per Rizzo, le ripercussioni del circolo chiuso cadono sulla testa del dipendente che ad un certo punto sente il desiderio di dimettersi perché, dice al dg, «mi creano problemi, c’è un brutto ambiente».

Alla fine Rizzo, il 6 luglio 2015, mentre hanno inizio le «questioni» sulle concessioni dei tagli boschivi (che vedranno poi indagato il capo di Gabinetto del governatore, ndr), si dimette.

«Clima poco collaborativo, altamente conflittuale», scrive nella propria lettera di dimissioni e alle insistenze di Furgiuele replica: «No, dottore, io sono stato minacciato».

Rizzo avrebbe rivelato di essere stato minacciato da Caligiuri «quello là che sta al dipartimento».

Il dipendente non dice altro, non spiega quali siano state le minacce e a cosa si riferissero ma, giura Furgiuele, «prima, quando lo avevo nominato, era felicissimo di poter tornare a lavorare vicino a casa».

Non finisce mai di sorprendere la vicenda di Calabria Verde.

 

Con Franco Iacucci arriva a 18 il numero degli indagati.

Ne da notizia Paolo Orofino su “Il Quotidiano del sud” di ieri 15 luglio evidenziando che il neo presidente della Provincia di Cosenza è stato interrogato per 3 ore negli uffici della procura di Catanzaro.

 

Una articolo a sorpresa.

Nessun altro quotidiano ad oggi , infatti, tratta della vicenda, quasi che si trattasse di un tabù.

Eppure , stando a quanto scrive Orofino , Iacucci sarebbe stato tirato in ballo da Furgiuele in merito all’incarico conferito all’agrotecnico Gennarino Magnone, che figura fra gli indiziati.

Ma scrive Orofino che :”Furgiuele, si ricorda, ha svelato tutta una serie di retroscena. In più ha citato nel suo racconto altri autorevoli esponenti politici e del Pd. Nei verbali ci sarebbe anche il nome di un noto avvocato calabrese. Non si esclude, quindi, che presto o tardi, la soglia della procura di Catanzaro, possa essere varcata pure da nuovi soggetti chiamati a rispondere su determinati punti”.

 

Ma eccovi l’articolo integrale de “Il Quotidiano del sud”:

Inchiesta su Calabria Verde: interrogato per tre ore in Procura il presidente della Provincia di Cosenza

CATANZARO – Franco Iacucci, presidente della Provincia di Cosenza, è stato interrogato in Procura nella veste di indagato. Ciò nell’ambito dell’inchiesta su Calabria Verde. Dopo il coinvolgimento di Gaetano Pignanelli in un fascicolo parallelo sull’azienda ex Afor incardinato presso la procura di Castrovillari – notizia riportata dal Quotidiano diversi mesi addietro – un altro stretto collaboratore del governatore Mario Oliverio, finisce sotto la lente della magistratura.

 

E per il governatore la cosa comincia a diventare quantomeno imbarazzante. Iacucci, infatti, è stato chiamato in causa per fatti che si sarebbero verificati nel periodo in cui ricopriva il ruolo di capostruttura del presidente della Regione, prima di essere eletto al vertice dell’amministrazione provinciale cosentina.

Iacucci, che è pure sindaco di Aiello Calabro (Cosenza), è stato interrogato per oltre tre ore negli uffici della Procura di Catanzaro, alla presenza del suo avvocato Gregorio Barba. L’interrogatorio, iniziato nel primo pomeriggio, è stato condotto dal pm Alessandro Prontera, titolare del maxi-fascicolo, assieme al procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, che ha aperto il caso dopo due articoli del nostro giornale, entrambi pubblicati nell’autunno del 2015.

«Il mio assistito – ha detto l’avvocato Barba – che peraltro aveva formalmente chiesto all’autorità giudiziaria di essere ascoltato dopo alcune recenti notizie di stampa, ha risposto e chiarito su tutte le questioni sollevate dal pm». Il legale ha inoltre espresso piena fiducia nei confronti degli inquirenti.

Il presidente della Provincia di Cosenza è stato iscritto nel registro degli indagati due mesi fa. L’elenco delle persone sottoposte ad indagine nel procedimento su Calabria Verde è stato aggiornato lo scorso mese di maggio, in funzione delle dichiarazioni di Paolo Furgiuele, ex manager di Calabria Verde, finito agli arresti e poi liberato dopo la sua decisione di collaborare con la procura. Gli indiziati, al momento, sono almeno diciotto. Iacucci è stato tirato in ballo da Furgiuele in merito all’incarico conferito all’agrotecnico Gennarino Magnone, che figura fra gli indiziati. Quest’ultimo, secondo la ricostruzione degli investigatori, non avrebbe il necessario titolo di studio per poter svolgere la mansione affidatagli nel 2015 da Furgiuele. L’ex direttore generale di Calabria Verde, nel corso di uno dei suoi lunghi interrogatori, ha sostanzialmente riferito ai magistrati, che il nominativo di Magnone, per l’incarico incriminato, gli era stato indicato da Iacucci. Ma le domande del pubblico ministero rivolte al presidente della Provincia di Cosenza, secondo indiscrezioni trapelate, avrebbero riguardato pure ulteriori argomenti. Furgiuele, si ricorda, ha svelato tutta una serie di retroscena. In più ha citato nel suo racconto altri autorevoli esponenti politici e del Pd. Nei verbali ci sarebbe anche il nome di un noto avvocato calabrese. Non si esclude, quindi, che presto o tardi, la soglia della procura di Catanzaro, possa essere varcata pure da nuovi soggetti chiamati a rispondere su determinati punti.

L’inchiesta su Calabria Verde va, dunque, avanti. Dopo la chiusura di una prima tranche dell’indagine, si sta sviluppando la seconda e più corposa parte del procedimento penale: al vaglio dei pm abbiamo profili di peculato, incarichi, gare d’appalto milionarie, distrazioni di fondi europei e interferenze della politica nella gestione dell’azienda sub-regionale, che dà lavoro a circa settemila dipendenti

PAOLO OROFINO

Pubblicato in Cosenza

Un fiume in piena. In questi tempi di magra Paolo Furgiuele è forse l’unico fiume in piena in tutta la Calabria.

Parla e non dimentica niente e nessuno, ma è solo!

Racconta negli interrogatori la sua versione sul bando per i mezzi antincendio.

Tira in ballo il capo di Gabinetto di Oliverio («voleva mettere un’altra ditta»).

Parla degli incontri tesi ai piani alti della Regione e l’intervento del governatore («mi compulsava»).

Descrive la cena ad Amantea a casa di Adamo per sostenere il presidente alle primarie e alle regionali 2014 .

Non ci sta Paolo Furgiuele ad essere additato come l’uomo nero dello scandalo che ha travolto Calabria Verde.

In quattro interrogatori, solo in parte coperti da omissis, l’ex direttore generale dell’Agenzia che ha preso il posto dell’Afor ripercorre la sua parabola.

Fa nomi e cognomi.

Ed ora gli atti, confluiti nei faldoni del procedimento coordinato dalla Dda di Catanzaro, sono al vaglio degli inquirenti.

Ovviamente parole potenzialmente esplosive che necessitano di verifiche e riscontri.

Nel giorno del primo interrogatorio Furgiuele racconta di quando «fui contattato da Nicola Adamo dal quale sono amico, in quanto ha la casa estiva vicino la mia ad Amantea e frequentiamo lo stesso lido».

Adamo «Mi chiedeva proprio in ragione della mia qualità di direttore generale di Calabria Verde di appoggiare alle primarie il candidato del centrosinistra Oliverio, che io peraltro neppure conoscevo (“Tra l’altro non è che mi sia molto simpatico…”, avrebbe detto il manager ad Adamo in quella prima telefonata, ndr)».

Furgiuele chiede consiglio all’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra, che lo aveva nominato. Ottiene il via libera e incontra «a una cena organizzata a casa di Adamo lo stesso Oliverio».

A quella serata, secondo quanto racconta, avrebbero partecipato anche «l’onorevole Bruno Bossio, moglie di Nicola Adamo, Nicola Adamo stesso, il presidente Oliverio, Guccione e forse anche Iacucci, capostruttura della segreteria di Oliverio».

Furgiuele fiuta l’aria, capisce che Oliverio vincerà e supera indenne lo spoils system.

Gli interessi intorno a Calabria Verde sono enormi.

«Chi mi ha fatto più pressioni di tutti sulla questione dell’antincendio boschivo e che si è inserito nella procedura è stato Pignanelli. (…)

Infine si fu una lite furibonda con Giuseppe Bianco, dg della Presidenza. Ed un chiarimento al cospetto di Oliverio.

Secondo quello che Furgiuele racconta ai magistrati, i toni ai piani alti della Regione si fanno accesi. Oliverio «urla, inveisce contro Pignanelli in presenza di più persone, fu una cosa pubblica».

Poi Furgiuele parla dell’incarico a Magnone.

«Ne parlai con Iacucci e D’Acri. Per tutti gli incarichi mi sarei confrontato con il presidente Oliverio».

Furgiuele sostiene che«Il nome di Magnone mi fu suggerito dalla politica» considerato una sorta di consulente di fiducia dell’ex dg dell’agenzia regionale.

In uno dei suoi interrogatori, il manager prova a difendersi dalle accuse di aver assunto un professionista privo dei titoli necessari. E lo fa coinvolgendo pezzi della politica. Il succo del ragionamento svolto davanti agli inquirenti è: Magnone non l’ho scelto io, mi è stato segnalato. Anche in questo caso le parole di Furgiuele sono sottoposte a una scrupolosa verifica investigativa. L’ex direttore generale spiega: «Magnone mi è stato indicato da Franco Iacucci. Io andai da Iacucci con un elenco di professionisti che componevano la short list che era stata formata da una commissione al cui interno c’era anche Savio (Leandro, un altro dirigente di Calabria Verde, ndr), che all’epoca non aveva sollevato obiezioni sull’inserimento nella stessa di Magnone. Ho sottoposto questa short list a Iacucci, in qualità di capostruttura della Presidenza regionale, e al consigliere D’Acri, in qualità di delegato all’Agricoltura, affinché mi indicassero i nomi all’interno della short list da nominare».

«Anche per i successivi incarichi, di volta in volta avrei seguito sempre la stessa procedura di consultarmi con il mio assessore ovvero il presidente della giunta regionale per avere indicazioni sulle nomine». Il manager ribadisce che «Magnone mi è stato indicato separatamente, ma in maniera convergente, sia da Iacucci che da Mauro D’Acri», consigliere del gruppo “Oliverio presidente” e dunque la scelta «non era dovuta a mio interesse personale».

Sulle tracce Magnone, però, ci sono gli uomini della Guardia di finanza. Cercano di capire se la nomina sia regolare. Si imbattono in un’autocertificazione del perito: dice di essersi laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università Mediterranea nel luglio 2000.

Completa il documento con il voto: 88 su 110.

Peccato che dall’ateneo di Reggio Calabria non ne sappiano nulla. In una comunicazione del luglio 2016, infatti, «si informa che dalle ricerche effettuate nella Banca dati studenti non risulta il rilascio della laurea» a Magnone, che «è stato iscritto al corso di laurea in Architettura nell’anno accademico 1983-1984 e ha presentato rinuncia agli studi il 28 marzo 1990».

Pubblicato in Calabria

Intanto questi gli indagati della inchiesta condotta dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri e dal sostituto Alessandro Prontera che hanno chiuso la prima tranche dell’inchiesta, delegando gli uomini della finanza alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini a carico di sei persone:

Paolo Furgiuele, 58 anni residente ad Amantea ex direttore generale di Calabria Verde;

Alfredo Allevato, 56 anni, residente a Cosenza, direttore del terzo settore Forestazione, Antincendio boschivo e Sorveglianza idraulica;

Marco Mellace, residente a Satriano, 47 anni dirigente dell’ufficio Economato dell’Ente;

Antonio Errigo, 64 anni, di Serra San Bruno dirigente della segreteria del direttore generale;

Gennarino Magnone, 53 anni di Belmonte Calabro:

Emanuele Ciciarello, 36 anni di Catanzaro, dipendente dell’Ente ed attuale candidato al Consiglio comunale del capoluogo calabrese

I reati ipotizzati a vario titolo vanno dall’abuso di ufficio, al peculato alla violenza o minaccia a pubblico ufficiale, alla falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico.

Gli indagati sono assistiti dai legali Giovanni Merante, Nicola Cantafora, Riccardo Adamo, Giuseppe Mastrangelo, Alessandra Coppolino e Vincenzo Ioppoli

Essi avranno 20 giorni di tempo dal giorno della notifica del provvedimento della chiusura delle indagini per chiedere di essere interrogati dai contitolari del fascicolo, produrre memoria e compiere ogni altro atto utile per il diritto difesa prima che la Procura proceda con una richiesta di rinvio a giudizio.

Secondo l’accusa Furgiuele e Allevato avrebbero distratto circa 80milioni di euro ottenuti grazie ai fondi europei di Sviluppo regionale (Fesr), somma che sarebbe servita per la rimozione del rischio esondazione dei corsi d’acqua, per opere idrauliche, per mitigare ed eliminare il rischio frane con la messa in sicurezza degli insediamenti urbani in aree a rischio, utilizzata invece per il pagamento degli stipendi degli operai forestali alle dipendenze e in servizio in diversi cantieri nei distretti di Calabria Verde: da Malvito, a Verbicaro, ad Acri, a Santo Stefano di Rogliano, a San Giovanni in Fiore e a Bovalino.

Alfredo Allevato, poi, avrebbe minacciato una serie di direttori dei lavori alle sue dipendenze e in servizio nei cantieri territorialmente dislocati di Calabria Verde per costringerli a commettere un atto contrario ai doveri di ufficio, dapprima chiedendo loro la consegna degli stati di avanzamento dei lavori entro la fine del 2015, sebbene non avesse mai consegnato loro, secondo le ipotesi di accusa, i relativi progetti, la documentazione allegata e la strumentazione necessaria all’attuazione dei progetti stessi; poi li avrebbe diffidati con grave contestazione disciplinare: se quei lavori non fossero stati ultimati gli operai non avrebbero visto un centesimo del loro stipendio. Avrebbe costretto, inoltre i direttori dei lavori a redigere i Sal (Stato di avanzamento lavori) indicando come compiuti lavori in realtà non eseguiti o compiuti parzialmente.

Furgiuele, il suo uomo di fiducia Mellace e Allevato, avrebbero violato una serie di norme costituzionali, penali e decreti legislativi impiegando un’intera squadra di operai di Calabria Verde per sistemare l’abitazione privata dello stesso Furgiuele ubicata ad Amantea, spendendo all’incirca 50mila euro sul conto dell’Ente.

E così gli operai, a bordo di un Ford Transit aziendale di Calabria Verde, si sarebbero messi in viaggio per Amantea, facendo rifornimento con una scheda carburante “Q8”, sempre in dotazione alla stessa azienda per il restyling della casa al mare del direttore generale.

Furgiuele abusando dei poteri e della funzione di vertice avrebbe impartito precisi e reiterati ordini di servizio a Giuseppe Giancotti, capo cantiere con alle sue dipendenze più squadre di operai dislocati anche nei cantieri di Tiriolo, Sorbo San Basile, Catanzaro- Siano, Pentone e Fossato e allo stesso Ciciarello per reperire operai al servizio della casa di Amantea, un’abitazione di 200 metri quadrati.

Più volte sarebbe stato lo stesso direttore generale a contattare personalmente i lavoratori, ordinando loro di recarsi ad Amantea per realizzare il sottotetto dell’abitazione in perline e lana di roccia, l’intero pavimento laminato in ogni stanza, ristrutturare gli infissi delle porte di ingresso, rifare l’impianto elettrico, installare lampade esterne in giardino, senza tralasciare gli impianti idraulico e telematico

Secondo le ipotesi di accusa Furgiuele, Allevato, Mellace e Ciciarello, i primi due quali beneficiari dei rimborsi e gli ultimi due in qualità di dirigente e dipendente dell’Ufficio economato di Calabria Verde, avrebbero redatto e trasmesso alla dirigente del servizio economico finanziario le spese relative alla trasferta a Roma dal 18 al 21 dicembre 2014, inducendo la dirigente ad attestare il falso. In sostanza avrebbe rendicontato e rimborsato oltre le spese per i viaggio dei dirigenti anche quella dei loro nuclei familiari, sì perché secondo le ipotesi di accusa la nota riportante le spese di vitto e alloggio sarebbe servita a garantire gratis la permanenza a Roma anche ai parenti più stretti.

Pubblicato in Politica

Sul tavolo del procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla ci sono 2 planimetrie

La prima aero fotogrammetria è del 2010, la seconda è di qualche mese fa.

Se li sovrapponiamo si scoprono interi boschi rasi al suolo, ampie parti di territorio desertificate.

 

Siamo in presenza, quantomeno, di una burocrazia regionale che, complice le “distrazioni” della politica, ha autorizzato di tutto.

Oltre al danno ambientale ed alla ridotta sicurezza del territorio c’è anche il danno erariale.

Stiamo parlando di decine di milioni di euro sottratti alle casse regionali e di licenze concesse a prezzo vergognosamente basso.

Ma la cosa più grave è che questo intreccio di collusioni ha sterilizzato qualsivoglia controllo, ivi compreso, in alcuni casi, anche quello devoluto alla polizia giudiziaria.

È un capitolo delicato, questo, ma trova robusti riscontri.

Da Calabria Verde erano partite segnalazioni alla Guardia di Finanza alla quale è stato chiesto di acquisire anche quelle relazioni ma, almeno a sentire le dichiarazioni di Furgiuele, tali inviti non sono stati mai raccolti.

La guerra tra Calabria Verde e il dipartimento regionale competente sul demanio boschivo, era combattuta senza esclusione di colpi e spesso in nome di interessi particolarissimi.

Sembra che inizialmente si siano raccolti elementi parziali, cioè relativi solo ad una delle fazioni in lotta, sorvolando sul resto.

Un andazzo finito con l'indagine aperta dal procuratore Eugenio Facciolla e le relazioni prodotte in questi mesi dal generale Aloisio Mariggiò, che Mario Oliverio ha chiamato alla guida di Calabria Verde conferendogli pieni poteri.

Non solo, ma nel rispetto di una abitudine fortemente praticata da certa politica e da certa stampa non son mancati i tentativi di depistaggio , affidati a campagne di stampa che dovevano servire a portare l'attenzione in segmenti diversi da quelli poi finiti nel mirino della Procura di Castrovillari. Un quadro devastante quello che emerge dalle indagini della Procura distrettuale di Catanzaro.

E le responsabilità restano , comunque, di natura strettamente politica.

Lungo l'elenco degli indagati stilato negli uffici della Procura di Castrovillari.

E poi documenti falsificati; autorizzazioni con i dati alterati; licenze concesse e poi revocate ma senza notificare la revoca; controlli eseguiti solo virtualmente.

Un modello che sembra stia emergendo anche in provincia di Reggio Calabria.

Speriamo che le indagini vadano avanti.

Pubblicato in Calabria

Uno dei cinque arrestati dalla DDA di Catanzaro per il gran casino di Calabria Verde è l’ex direttore generale Paolo Furgiuele. 
La Guardia di Finanza gli aveva notificato un avviso di garanzia il 4 marzo scorso.

 

Furgiuele è meglio noto come ‘O Principale.

Le indagini della DDA di Catanzaro (il pm è Giovanni Bombardieri) stanno finalmente facendo luce sugli appalti irregolari gestiti da Calabria Verde con la longa manus dei politici.

Le complesse e articolate attività investigative della Guardia di Finanza hanno consentito di evidenziare il compimento di illeciti nell’ambito di un progetto comunitario.

In particolare sarebbero stati impiegati fondi per circa 80 milioni di euro, stanziati per la messa in sicurezza dei corsi d’acqua e per i rischi frane del territorio regionale, per fini differenti rispetto a quelli previsti, in quanto erano utilizzati progressivamente per il pagamento in via stabile e continuativa degli stipendi ordinari e degli straordinari dei dipendenti di dell’ente.

 

Le indagini hanno, altresì, consentito di appurare ulteriori fatti gravissimi.

Tra questi uno su tutti: il direttore generale pro tempore Furgiuele avrebbe fatto eseguire alcuni lavori di ristrutturazione della propria abitazione privata, utilizzando operai, che oltretutto risultavano in servizio, così distraendoli dall’attività dell’ufficio, e mezzi della azienda e acquistando materiale con i soldi dell’ente pubblico per un danno complessivo alle casse della stessa di quasi 33 mila euro.

Furgiuele era stato sentito come persona informata sui fatti il 10 dicembre 2015: una lunga audizione negli uffici della procura sulla gestione di Calabria Verde degli ultimi 18 mesi.

 

Ora è stato arrestato.

Vedremo se chiamerà in causa i politici o se si assumerà solo le sue responsabilità.

Ieri 3 marzo è stato notificato il primo avviso di garanzia relativo alle vicende di Calabria Verde.

Lo hanno fatto gli uomini della Guardia di Finanza.

Ed hanno cominciato dall’ex direttore generale dell’ente strumentale della Regione.

Dal dr Paolo Furgiuele.

Furgiuele era stato sentito come persona informata sui fatti lo scorso 10 dicembre: una lunga audizione negli uffici della procura sulla gestione di Calabria Verde negli ultimi 18 mesi.

Da quella data le indagini sono proseguite senza flessioni

Non si esclude che oggi o domani possano essere notificate altre informazioni di garanzia.

Alla luce degli ultimi fatti e del sequestro operato dagli uomini della Forestale non si può escludere che la indagine raggiunga anche i piani alti.

Pubblicato in Calabria

Sembravano essere in gra do di resistere ad ogni solle citazione ed avversità.

Ma non è stato così.

E dopo giorni e giorni di fibrillazioni ed indagini penali , ma anche di audizioni politiche amministrative, ecco le dimissioni.

Qualcuno pensa e qualcuno dice che non si tratterebbe di dimissioni volontarie, ma di dimissioni consigliate , suggerite.

Dimissioni dettate dalla consapevolezza che le indagini abbiano ormai raggiunto un punto così avanzato che stiano per aprirsi le cataratte della Giustizia ed arrivare più di un avviso di garanzia.

In sostanza dal le dimissioni deriverebbe l’allontanamento dagli uffici e dalle competenze ed i dimissionari non potrebbero più cambiare le carte in tavola e quindi non ci sarebbe l’aggravante della privazione della libertà personale.

E’ esagerato? Forse.

Più dubbi ci sono invece su quanto conterrebbero le lettere di dimissione.

Ma è molto probabile che i motivi delle dimissioni affondino le proprie radici in quanto avvenuto nelle ultime turbolente e tormentate settimane nell'agenzia regionale Calabria verde.

Peraltro la dimissioni metterebbero il silenziatore anche al prosieguo delle indagini nella direzione della ricerca ed individuazione dei “numi tutelari” del sistema “Calabria verde”e dei suoi dirigenti.

Furgiuele ed Allevato vengono , così, posti su una scialuppa di salvataggio e la nave “ calabria verde” continuerà il suo viaggio sempre guidata dai grandi e misteriosi manovratori.

E quando tutto sarà concluso se la scialuppa nel mentre non sarà affondata con tutti i naufraghi non mancherà un porto pronto ad accoglierla. Basta saper aspettare.

Pubblicato in Calabria

Sarà un caso ma le feste dell’Unità del PD sono spesso se non sempre un fallimento.

Almeno in termini di presenza

Forse è il segno di un profondo malessere che lo ha colpito

O forse il popolo del PD è stanco di politici e dirigenti che fanno soprattutto, se non soltanto, solo parole .

Di fatto il popolo del PD diserta queste feste.

Ce ne sono state alcune ( ovviamente non pubblicizzate dalla stampa amica) con pochissime decine di presenti.

E non è stata colpa di Magorno o di Guglielmelli .

NO!

E’ che i partiti non tirano ed il PD anche!

Ed allora o non bisogna fare le feste ( dell’Unità) o bisogna correre ai ripari.

Come?

Semplice secondo la poca stampa libera a Cosenza “, per assicurare una massiccia partecipazione agli eventi in programma (un dibattito sul corretto utilizzo dei fondi comunitari e un’intervista all’ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza), sono stati “precettati” i lavoratori di Calabria Verde, la nuova società in house della Regione che ha assorbito l’ex Afor.  E così, tra gli alberi secolari della villa comunale bruzia, hanno fatto capolino molti ex forestali in forza alla società guidata da Paolo Furgiuele”.

Chi li avrà “precettati”?

Quali impegni sono stati assunti?

Per le prossime volte chi sarà precettato? Gli ex provinciali? Gli LSU ed LPU?

Pubblicato in Cosenza
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