Non manca la bella penna di Francesco Gagliardi di affrontare con acutezza e sensibilità, anche religiosa, il tema della morte di Totò Riina, segnalando il suo “diritto” ad avere esequie ecclesiastiche sulle quali la Chiesa si divide.
Non entriamo su un tema scottante quale il “dovere”
della Chiesa di perdonare, siamo uomini e, quindi, a noi umani è difficile perdonare chi , come lui, ha fatto uccidere atrocemente tanti eroi facendo piangere tante mogli e tanti figli.
Ma ecco il brillante articolo del mostro amico:
“Nell’ospedale di Parma dove era ricoverato da alcuni giorni è morto Totò Riina, il capo indiscusso della mafia siciliana.
Nonostante fosse carcerato da oltre venti anni era ritenuto il capo e finché c’era Riina in vita una nuova Cupola non poteva essere creata malgrado i vari tentativi e gli incontri dei capomafia per ridisegnare i vertici, tutti poi falliti.
La sua morte ha occupato le prime pagine dei giornali e le prime notizie dei vari notiziari televisivi e i vari commentatori hanno affermato che la sua morte segna la fine di un’epoca.
Anche la figlia di Riina, la sig.ra Maria Concetta, ha fatto sapere ai fallowers di face book la morte del padre postando una rosa nera sovrastata dal volto di una donna e di un dito sulla bocca con su scritto:-Shhh, silenzio!-. Vietato parlare di suo padre anche se ora è morto, questo è il messaggio che la sig.ra ha voluto lanciare.
Ma non possono restare in silenzio le famiglie delle vittime uccise dalla mafia.
Non possiamo dimenticare le centinaia di uomini uccisi dalla lupara e fatti saltare con il tritolo.
Non possiamo dimenticare Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie e gli uomini della scorta; i giudici Falcone e Borsellino; I poliziotti ed i carabinieri; il bambino sciolto nell’acido; i sacerdoti; e le altre centinaia di vittime innocenti.
Alcuni personaggi hanno gioito nell’apprendere la morte del capo mafia perché secondo loro l’umanità oppressa si è finalmente liberata da questo demone.
Totò Riina è morto, non c’è più.
La mafia è stata sconfitta e con la sua morte la Sicilia ritornerà ad essere una terra pacifica dove nei fiumi scorrerà latte e miele e nelle case e nelle comunità regnerà la pace e la concordia. Stento a crederci.
Ci saranno lotte intestine e altro sangue innocente scorrerà per le vie della nobile terra siciliana. Io non ho brindato, non ho gioito.
Di fronte alla morte non si brinda, non si gioisce.
Di fronte alla morte, per noi cristiani, ci resta soltanto la preghiera.
L’eterno riposo, dona a lui Signore. Se Riina ha sbagliato in vita ora si troverà davanti a quel Dio che Manzoni dice:- Che atterra e suscita, che affanna e che consola- e solo lui potrà condannarlo alla pena che si merita per i gravi peccati commessi quando era ancora in vita e che non si è mai voluto pentire.
Anche la Chiesa è intervenuta e Mons. Pennisi Arcivescovo di Monreale ha detto che Riina essendo un pubblico peccatore non pentito non avrà diritto a un funerale in chiesa.
Niente esequie, ma soltanto una preghiera e la benedizione della salma al cimitero, se la famiglia lo vorrà.
I Vescovi e i sacerdoti applicano il n. 1184 del Codice di Diritto Canonico:- Se prima della morte i peccatori non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati dalle esequie ecclesiastiche -. Chiaro?
Ma c’è anche il pronunciamento del Santo Padre Papa Francesco davanti a 250 mila persone nella Piana di Sibari quando venne in Calabria il 21 giugno 2014:-
I mafiosi sono scomunicati, non sono in comunione con Dio -.
E quando c’è la scomunica, essendo la più grave delle pene che possa essere comminata ad un battezzato, lo esclude, ipso facto, dalla comunione dei fedeli e lo priva di tutti i diritti e i benefici dell’appartenenza alla chiesa, in particolare quello di amministrare e ricevere i sacramenti.
Non tutti, però, la pensano allo stesso modo e sono d’accordo.
Alcuni, anche dei sacerdoti, hanno già condannato la presa di posizione dell’Arcivescovo e della Chiesa.
Riina, è vero, non si è mai pentito di quello che ha fatto sulla terra, però nessuno potrà sapere se all’ultimo istante del trapasso alla nuova vita abbia avuto un pensiero rivolto al Redentore.