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Riceviamo e pubblichiamo:

“Ci risiamo.

Non è passata neppure una settimana da quando un parroco di Bologna don Lorenzo Guidotti aveva fatto parlare di sé per aver postato su facebook alcune frasi contro una ragazzina di 17 anni che aveva denunciato alla polizia di essere stata stuprata in un vagone ferroviario da un ex comunitario e abbandonata poi nuda dopo averle rubato finanche la borsetta e ci dobbiamo occupare di un altro caso analogo.

La ragazza di Bologna era completamente ubriaca e si era allontanata volontariamente con uno straniero conosciuto nei pressi di Piazza Verdi.

Per don Guidotti la ragazza lo stupro se l’era andato a cercare.

La frase ha fatto molto discutere ed è intervenuto finanche il Vescovo della Diocesi intimando al sacerdote di ritrattare e chiedere scusa alla vittima.

Al centro dell’altra vicenda che ora sto per raccontarvi, amici lettori di Tirreno News, ancora una volta c’è un sacerdote, sempre della stessa Regione Emilia Romagna, don Francesco Pieri, il quale, anche lui su facebook, parlando della morte del capo mafia Totò Riina ha tracciato un parallelismo con l’On. Emma Bonino, postando provocatoriamente una frase shock:- Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino? –

Evidentemente il sacerdote si riferiva alla legge sull’aborto ardentemente voluta dai radicali e da Emma Bonino che secondo il sacerdote causa migliaia e migliaia di aborti non importa se legalizzati, ospedalizzati o mutuabili.

Le parole di don Guidotti hanno scatenato un putiferio e sollevato un polverone perché secondo lui non c’è alcuna differenza tra l’aborto e i crimini orrendi della mafia.

Il parroco ha ricordato il Concilio Vaticano II che con la sua “Gaudium et Spes” mette l’aborto in serie con genocidio, omicidio volontario e altri crimini orrendi tra cui certamente quelli di mafia.

La risposta dell’On. Bonino non si è fatta attendere. Così ha replicato:- Gli insulti qualificano chi li fa non chi li riceve.

Immagino don Pieri abbia fatto il mio nome per rappresentare milioni di donne che hanno subito in un modo o nell’altro il trauma dell’aborto.

L’offesa quindi non l’ha rivolta a me ma a milioni di donne -.

Tanti, però, i commenti favorevoli.

Pubblicato in Italia

Non manca la bella penna di Francesco Gagliardi di affrontare con acutezza e sensibilità, anche religiosa, il tema della morte di Totò Riina, segnalando il suo “diritto” ad avere esequie ecclesiastiche sulle quali la Chiesa si divide.

Non entriamo su un tema scottante quale il “dovere”

 

della Chiesa di perdonare, siamo uomini e, quindi, a noi umani è difficile perdonare chi , come lui, ha fatto uccidere atrocemente tanti eroi facendo piangere tante mogli e tanti figli.

Ma ecco il brillante articolo del mostro amico:

“Nell’ospedale di Parma dove era ricoverato da alcuni giorni è morto Totò Riina, il capo indiscusso della mafia siciliana.

Nonostante fosse carcerato da oltre venti anni era ritenuto il capo e finché c’era Riina in vita una nuova Cupola non poteva essere creata malgrado i vari tentativi e gli incontri dei capomafia per ridisegnare i vertici, tutti poi falliti.

La sua morte ha occupato le prime pagine dei giornali e le prime notizie dei vari notiziari televisivi e i vari commentatori hanno affermato che la sua morte segna la fine di un’epoca.

Anche la figlia di Riina, la sig.ra Maria Concetta, ha fatto sapere ai fallowers di face book la morte del padre postando una rosa nera sovrastata dal volto di una donna e di un dito sulla bocca con su scritto:-Shhh, silenzio!-. Vietato parlare di suo padre anche se ora è morto, questo è il messaggio che la sig.ra ha voluto lanciare.

Ma non possono restare in silenzio le famiglie delle vittime uccise dalla mafia.

Non possiamo dimenticare le centinaia di uomini uccisi dalla lupara e fatti saltare con il tritolo.

Non possiamo dimenticare Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie e gli uomini della scorta; i giudici Falcone e Borsellino; I poliziotti ed i carabinieri; il bambino sciolto nell’acido; i sacerdoti; e le altre centinaia di vittime innocenti.

Alcuni personaggi hanno gioito nell’apprendere la morte del capo mafia perché secondo loro l’umanità oppressa si è finalmente liberata da questo demone.

Totò Riina è morto, non c’è più.

La mafia è stata sconfitta e con la sua morte la Sicilia ritornerà ad essere una terra pacifica dove nei fiumi scorrerà latte e miele e nelle case e nelle comunità regnerà la pace e la concordia. Stento a crederci.

Ci saranno lotte intestine e altro sangue innocente scorrerà per le vie della nobile terra siciliana. Io non ho brindato, non ho gioito.

Di fronte alla morte non si brinda, non si gioisce.

Di fronte alla morte, per noi cristiani, ci resta soltanto la preghiera.

L’eterno riposo, dona a lui Signore. Se Riina ha sbagliato in vita ora si troverà davanti a quel Dio che Manzoni dice:- Che atterra e suscita, che affanna e che consola- e solo lui potrà condannarlo alla pena che si merita per i gravi peccati commessi quando era ancora in vita e che non si è mai voluto pentire.

Anche la Chiesa è intervenuta e Mons. Pennisi Arcivescovo di Monreale ha detto che Riina essendo un pubblico peccatore non pentito non avrà diritto a un funerale in chiesa.

Niente esequie, ma soltanto una preghiera e la benedizione della salma al cimitero, se la famiglia lo vorrà.

I Vescovi e i sacerdoti applicano il n. 1184 del Codice di Diritto Canonico:- Se prima della morte i peccatori non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati dalle esequie ecclesiastiche -. Chiaro?

Ma c’è anche il pronunciamento del Santo Padre Papa Francesco davanti a 250 mila persone nella Piana di Sibari quando venne in Calabria il 21 giugno 2014:-

I mafiosi sono scomunicati, non sono in comunione con Dio -.

E quando c’è la scomunica, essendo la più grave delle pene che possa essere comminata ad un battezzato, lo esclude, ipso facto, dalla comunione dei fedeli e lo priva di tutti i diritti e i benefici dell’appartenenza alla chiesa, in particolare quello di amministrare e ricevere i sacramenti.

Non tutti, però, la pensano allo stesso modo e sono d’accordo.

Alcuni, anche dei sacerdoti, hanno già condannato la presa di posizione dell’Arcivescovo e della Chiesa.

Riina, è vero, non si è mai pentito di quello che ha fatto sulla terra, però nessuno potrà sapere se all’ultimo istante del trapasso alla nuova vita abbia avuto un pensiero rivolto al Redentore.

Pubblicato in Italia

Pubblicato il primo video dei colloqui tra il capo di Cosa Nostra e il boss pugliese
di Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo - 21 gennaio 2014 Palermo.

Fa un certo effetto vedere il primo video dei dialoghi tra Totò Riina e Alberto Lorusso pubblicato questo pomeriggio sul sito di Repubblica. Quelle condanne a morte lanciate dal capo di Cosa Nostra acquistano quindi le voci e i volti di chi le pronuncia. Seppur in lontananza restituiscono plasticamente il quadro che si era delineato leggendo la trascrizione di quei dialoghi. “Vedi – dice Riina a Lorusso riferendosi a Nino Di Matteo –, si mette là davanti, il presidente, si mette là davanti si presenta per… tutto… guarda così, guarda, mi guarda guarda con gli occhi puntati così e io pure… a me non mi intimorisce, a me paura…”. E Lorusso gli replica: “E’ lui che è intimorito con la cacarella e ci fanno tutte queste cose, queste strumentalizzazioni, questo è questo, questo è, ma secondo me questi vogliono anche mantenere viva la lotta alla mafia sempre viva la situazione e allora ci bombardano di queste notizie, di questi pericoli, di ‘ste cose ci fanno questo bombardamento”.

A quel punto nel video si sente la vera e propria condanna a morte del boss di Corleone nei confronti del pm Di Matteo: “Ed allora organizziamola questa cosa. Facciamola grossa e dico e non ne parliamo più”. Dal canto suo Alberto Lorusso risponde affermativamente con la testa. Riina insiste: “Perché questo Di Matteo non se ne va, ci hanno chiesto di rinforzare… gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile… ad ucciderlo… un’esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo partivamo la mattina da Palermo a Mazara, c’erano i soldati poverini a fila indiana a quel tempo”. “Ecco perché incominciamo da Di Matteo – prosegue l’anziano boss – , perché in questi giorni Di Matteo, Di Matteo perché Di Matteo tutte, tutte, tutte le cosa le impupa lui. Perché… perché lui pensa ma se questo è Riina ma questo è così freddoso, così terrificante, ma così malvagio… questo, ci macina a tutti e ci mette a tutti sotto i piedi, a tutti… minchia”. Il video termina con ulteriori “insegnamenti” di Riina verso il suo interlocutore. “Le insegno un segreto siciliano: ‘chi il dito bene si attaccò lo ha sempre sano’”. Per poi addentrarsi nel suo ragionamento: “Quindi, quindi, voialtri avete sbattuto la testa quando eravate bambini, perciò che volete da me. A me mi hanno condannato, però mi hanno condannato così. Veramente la vita è una ruota, no? Perché si può essere poveri e si può diventare benestanti, e potere stare bene, io ho iniziato da zero e mi sono trovato poi sollevato”. Fine del film.

Le prossime puntate

Restano inevitabilmente ancora altre “puntate” che verranno divulgate prossimamente in questa spasmodica ricerca delle immagini del boss. In questo modo potremo ascoltare dalla sua stessa voce la domanda di Riina a Lorusso (captata lo scorso 6 agosto) su cosa dicevano i telegiornali in merito a quel "buffone" di Berlusconi. Il boss della Sacra Corona Unita rispondeva sommessamente che a Roma "stanno vedendo come fare per salvarlo ". E a quel punto Riina proferiva un'altra delle sue critiche: "Noi su Berlusconi abbiamo un diritto: sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo". Per proseguire poi: "Non lo ammazziamo però perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto". Il 20 settembre dello scorso anno, i due erano stati intercettati mentre parlavano dei "guai" del Cavaliere. Nel rispondere ad Alberto Lorusso, che lo aggiornava  sulle novità relative al leader di Forza Italia, il boss di Cosa Nostra aveva scosso la testa affermando con convinzione: "Se lo merita, se lo merita. Gli direi io 'ma perchè ti sei andato a prendere lo stalliere? Perchè te lo sei messo dentro?'". Secondo gli inquirenti, Riina aveva fatto riferimento a Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore, condannato per mafia, e deceduto nel 2000. Il 25 ottobre, poi, lo stesso Riina era tornato a parlare dell’ex premier, e anche dei potentissimi fratelli mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano. Di loro aveva detto: "Avevano Berlusconi... certe volte...". Seguiva un'altra parola, incomprensibile. Ed è parlando delle stragi di Capaci e via D’Amelio che era emersa ulteriormente l’arroganza e la malvagità di chi si è reso corresponsabile di quegli eccidi. "Loro pensavano che io ero un analfabeticchio – aveva spiegato Riina riferendosi alla bomba del 23 maggio ’92 –, così la cosa è stata dolorante, veramente fu tremenda, quanto non se lo immaginavano". "Abbiamo cominciato a sorvegliare, andare e venire da lì, dall'aeroporto... siamo andati a Roma, non ci andava nessuno, non è a Palermo.... fammi sapere quando può arrivare in questi giorni qua. Andammo a tentoni, fammi sapere quando prende l'aereo ". Questo specifico passaggio ha lasciato aperto un interrogativo, non si capisce infatti da parte di chi i mafiosi avrebbero dovuto sapere dell’arrivo di Giovanni Falcone a Palermo. Ma è anche parlando della strage di via D’Amelio che le parole del capo di Cosa Nostra restano appese a un filo. "Cinquantasette giorni dopo, minchia, la notizia l'hanno trovata là dentro... l'hanno sentita dire... domenica deve andare da sua madre, deve venire da sua madre... gli ho detto... ah sì, allora preparati, aspettiamolo lì". Chi aveva informato Riina e i suoi sodali che il giudice Borsellino sarebbe andato da sua madre quella domenica pomeriggio? Il boss aveva fatto riferimento a "quello della luce... anche perché ... sistemati, devono essere tutte le cose pronte, tutte, tutte, logicamente si sono fatti trovare pronti. Gli ho detto: ‘Se serve mettigli qualche cento chili in più...’". Misteri su misteri. Come quello della scomparsa dell'agenda rossa di Paolo Borsellino. "Si fottono l'agenda, si fottono l'agenda", aveva spiegato Riina a Lorusso. Ma chi è che si è “fottuto” l’agenda del giudice? Certamente non uomini di Cosa Nostra. E proprio in merito a quelle entità esterne su cui si tenta di fare luce al processo sulla trattativa Stato-mafia che il boss di Corleone aveva dato in escandescenze riferendosi al pm di punta di quel processo. "Questo Di Matteo, questo disonorato, questo prende pure il presidente della Repubblica... Questo prende un gioco sporco che gli costerà caro, perché sta facendo carriera su questo processo di trattativa... Se gli va male questo processo lui viene emarginato ". Per poi profetizzare: "Io penso che lui la pagherà pure... lo sapete come gli finisce a questo la carriera? Come gliel'hanno fatta finire a quello palermitano, a quello... Scaglione (il procuratore di Palermo assassinato dalla mafia nel 1971 ndr), a questo gli finisce lo stesso". Il delirio di onnipotenza è ormai senza limiti: “Io sono stato un nemico pericoloso, non ne avranno mai… (…) non gliene capiteranno più. Gliene è capitato uno e gli è bastato e se ne debbono ricordare sempre”. E ancora “Io ve l’ho detto tannu (l’altra volta) io ve l’ho detto ieri, ve l’ho detto ieri… deve succedere un manicomio, deve succedere per forza, perché vedete deve succedere per forza!”. Per poi concludere con un invito rivolto all’esterno a “divertirsi”, che nel gergo mafioso si traduce in azioni delittuose: “Intanto… intanto io ho fatto il mio dovere, ma continuate continuate, qualcuno, non dico magari tutti, ma qualcuno divertitevi.. una scopettatona (fucilata) nella testa di questi cornuti”.(antimafia2000)

http://www.youtube.com/watch?v=1wO5J-SJ80I&feature=player_embedded

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