Mancavano sette giorni al suo 104° compleanno . Saverio Gagliardi era nato ad Amantea il 20 dicembre 1910. Viveva nella longeva frazione di Campora San Giovanni, dove l’aria è salubre ed i cibi puri e biologici, e dove aveva fatto da sempre il contadino e la persona perbene.
Una grande famiglia resa felice dalla sua presenza, quella de“ il nonno grande”, come lo chiamavano i tanti nipoti.
Un uomo eccezionale, semplice, onesto, retto, che diceva pane al pane e chiamava le cose con il loro vero nome, senza infingimenti, senza edulcorazioni.
Un uomo anche molto forte, per quanto sempre sereno.
E soprattutto un nonno e padre molto amato.
E’ steso lì nella bara ma sembra dormire. Ed è comunque presente in tutti i parenti che sono intorno a lui e che ne parlano con dolcezza, come se si fosse soltanto allontanato.
E forse è così. Forse è ancora lì nelle stanze nelle quali ha vissuto gli ultimi decenni, prima con la anziana moglie e poi da solo.
Quella moglie alla quale ha inviato il suo ultimo pensiero, dicendole dopo un ultimo sospiro “ Aspettami , sto arrivando”. Una morte dolce, un grande lungo sonno mentre tutti i suoi cari gli erano attorno
E Saverio , il nonno, di tutta Campora è morto felice. Aveva realizzato il suo più grande desiderio.
Il giorno prima di salire in cielo, dopo averla attesa per decenni, gli avevano detto che la cappella cimiteriale era stata finita.
Era come se non potesse andare via prima.
Era come se in quella cappella invocata, e solo lì, lui potesse ricongiungersi alla sua amata moglie.
Una persona eccezionale, un calabrese doc, un camporese doc.
Nella bara tutto quello che voleva: le sue carte da gioco, il suo cappello, il suo organetto.
Si, Saverio Gagliardi suonava l’ organetto , ma , soprattutto, amava la musica; anche nel momenti gravi della vita sdrammatizzava suonando e ritmando le musiche calabresi e contadine. Gli bastava una forchetta ed un bicchiere ed al ritmo allegro della musica popolare trascinava i suoi commensali.
Lucido fino all’ultimo istante di vita, Saverio si lamentava un poco perché pochi anni fa gli avevano suggerito di non guidare più il suo ciclomotore, quello con il quale fino alla bella età di 98 anni, comunque, si spostava per il suo paese.
Era nato pochi anni prima della prima grande guerra alla quale non aveva partecipato perché ancora infante .
Aveva superato la terribile “Spagnola” che aveva decimato il resto della popolazione, aveva vissuto tranquillamente la sua infanzia senza contrarre la micidiale malaria , aveva superato il Fascismo e la seconda Grande Guerra.
Una persona semplice che ha vissuto con la campagna ed i suoi prodotti. Di lui i figli ed i nipoti amano ricordare i piccoli fatti della vita, la sua abilità nella scelta delle bestie per la campagna, dei buoi che lo portavano in giro nelle campagne e nei paesi vicini.
Ad un certo punto viene anche ricordata la sua amicizia con un altro grande di Campora, ormai salito anche lui, Salvatore Veltri, uno dei principali imprenditori agricoli e commerciali camporesi.
Saverio era sempre informato . Seguiva ogni giorno radio e televisione ed interveniva sempre quando si parlava delle cose di Amantea, della Calabria e d’Italia. Non amava molto la politica ,anzi per alcuni versi la aborriva.
Saverio comunque da buon calabrese non si faceva mancare mai un buon bicchiere di vino, obbligatoriamente rosso.
Amava la sambuca che non mancava mai a casa sua , con la quale arricchiva il gusto del caffè e che era la bevanda che offriva a tutti i suoi ospiti e per suo espresso desiderio anche a coloro che sono andati a porgere le condoglianze, trasformando così il funerale in una festa .
E lì nella cucina il tavolo pieno di pasticcini e della immancabile sambuca quella che ha voluto si offrisse anche alla banda musicale che ne ha accompagnato il suo ultimo viaggio.
Indimenticabile questo vecchio calabrese che ha fatto della serenità e della naturalezza del suo vivere la ragione della sua esistenza. Con lui sembra essere andato via un pezzo della nostra terra.