Renzi continua farne una dopo l’altra.
La prima: Dice che in Andalusia la sinistra è andata malissimo e si chiede se la colpa non sia anche lì del suo carattere.
La seconda dice che «Quelli che ce l’hanno con Macron sostengono i gilet gialli, io sto invece con Macron e la legalità»
La terza per smentire di voler fare un partito con Berlusconi: «Il Cavaliere non mi ha mai votato la fiducia, cosa che ha fatto con Monti e persino una volta con Gentiloni».
La quarta fa disperare Marco Minniti che si arrabbia delle giravolte renziane
Ma ecco cosa dice il Corriere della Sera:
“Pd, Minniti dà l’ultimatum all’ebetino: “O fai sul serio o non mi candido più”
«Basta, se è così non mi candido più»: poche parole ma esaustive che Marco Minniti manda come un messaggio non proprio d’amore a Matteo Renzi.
L’ex ministro dell’Interno è veramente arrabbiato. Non ne può più delle giravolte renziane: «O sei con me o sei contro di me».
Tradotto: o fai il nuovo partito, e allora io cedo il passo, o vai avanti con me.
«Marco è proprio incavolato», ammettono quelli del giro stretto renziano.
E poi si interrogano: «E adesso, che facciamo?».
Poi si rispondono da soli in questa giornata convulsa: «Faremo di tutto per arrivare all’obiettivo della candidatura di Minniti».
La risposta dei pd che stanno lavorando per l’ex ministro dell’Interno non è confortante: «Non è che possiamo continuare con una parte di renziani che si impegnano sulla candidatura di Marco, o almeno dicono di impegnarsi, e lui, Renzi, che ci dice “buon lavoro” e poi si impegna a creare comitati civici, fa girare, non smentita, la voce che sta facendo un nuovo partito.
E insomma, così un congresso non lo si vince di certo».
C’è anche stato un colloquio telefonico tra Renzi e Minniti: il secondo ha chiamato il primo per tentare di chiarire la questione. Alla fine di quella chiacchierata a Minniti è rimasto l’amaro in bocca: «Matteo non prende impegni, continua con questa storia dei comitati», ha sbuffato allargando le braccia e alzando le spalle.
A quel punto è cominciata a circolare l’ipotesi concreta e realistica di un disimpegno, dapprima nei termini «ci starebbe pensando», dopo sempre più concreta, alle porte, ad horas.
Non solo. Minniti disdice tutti gli appuntamenti della giornata (era atteso a Bergamo e a Brescia). Panico tra i renziani che hanno deciso di appoggiare la sua candidatura come segno di continuità del «riformismo renziano dentro il Pd», come ripete spesso Lorenzo Guerini. Tanti altri renziani, invece, hanno maturato l’idea che questo Pd sia ormai un guscio vuoto, più un qualcosa da archiviare che far rinascere.
Sullo sfondo c’è la questione europea, nel senso delle elezioni. Renzi non ha alcuna intenzione di andare nelle file di un Pse dato ormai in caduta libera: in settimana sarà a Bruxelles con Sandro Gozi, il teorico dell’andare oltre il Pd per vedere di stringere alleanze con le forze di stampo macroniano. Nella sua e-news, Renzi fa due passaggi significativi. Primo: in Andalusia la sinistra è andata malissimo, «sarà mica colpa anche lì del mio carattere?». Secondo: «Quelli che ce l’hanno con Macron sostengono i gilet gialli, io sto invece con Macron e la legalità». E in chiusura, Renzi affida il suo pensiero a una decina di righe per smentire di voler fare un partito con Berlusconi: «Il Cavaliere non mi ha mai votato la fiducia, cosa che ha fatto con Monti e persino una volta con Gentiloni». Smentisce il partito con Berlusconi, ma non che ne voglia fare uno comunque, distinto e magari distante dal Pd.
La decisione, Renzi o non Renzi, Minniti non l’ha ancora presa.
Forse la sola minaccia di desistere potrebbe servire a dare una scossa ai renziani «fermi sulle gambe», come ha detto Veltroni.!