
I periodi dei saldi sono sempre molto attesi perché permettono di acquistare prodotti, che magari si desiderano da molto tempo, a un prezzo più basso e quindi più accessibile.
La corsa agli affari però non prenderà il via ovunque nella stessa giornata.
Secondo il calendario non in tutte le regioni si partirà in contemporanea.
Comincia la Basilicata il 2 gennaio seguita dalla Valle d’Aosta il 3. L’ultima la Sicilia il 6 gennaio
Tutte le altre regioni italiane inizieranno il 5 gennaio.
Ecco le date dei saldi invernali 2019 suddivise regione per regione.
Abruzzo: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Basilicata: dal 2 gennaio 2019 all’1 marzo 2019
Calabria: dal 5 gennaio 2019 al 28 febbraio 2019
Campania: dal 5 gennaio 2019 al 2 aprile 2019
Emilia Romagna: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Friuli Venezia Giulia: dal 5 gennaio 2019 al 31 marzo 2019
Lazio: dal 5 gennaio 2019 al 28 febbraio 2019
Liguria: dal 5 gennaio 2019 al 18 febbraio 2019
Lombardia: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Marche: dal 5 gennaio 2019 all’1 marzo 2019
Molise: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Piemonte: dal 5 gennaio 2019 al 28 febbraio 2019
Puglia: dal 5 gennaio 2019 al 28 febbraio 2019
Sardegna: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Sicilia: dal 6 gennaio 2019 al 15 marzo 2019
Toscana: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Umbria: dal 5 gennaio 2019 al 5 marzo 2019
Valle D’Aosta: dal 3 gennaio 2019 al 31 marzo 2019
Veneto: dal 5 gennaio 2019 al 31 marzo 2019
In Alto Adige i saldi prenderanno il via il 5 gennaio 2019 e termineranno il 16 febbraio 2019. Eccezioni per alcuni comuni turistici dove invece si terranno dal 16 febbraio al 30 marzo 2019.
Osservando il calendario si può notare che la data di fine dei saldi varia da regione a regione.
I più brevi sono in Liguria, dove termineranno il 18 febbraio e in Alto Adige (16 febbraio).
In Campania invece i più lunghi con lo stop previsto per il 2 aprile.
Già 20 anni fa Bettino Craxi, durante il suo esilio a Hammamet profetizzò un futuro per niente roseo per l’Italia nell’UE:”l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno”.
Unione Europea uguale: declino, per l’Italia, la prima vittima dell’euro, grazie a un certo Romano Prodi.
E il contesto è chiaro: si scrive globalizzazione, ma si legge impoverimento della società e perdita di sovranità e indipendenza. Sono alcune delle “perle profetiche” di quello che Vincenzo Bellisario definisce «l’ultimo statista italiano», ovvero il vituperato Bettino Craxi, spentosi 17 anni fa nel suo esilio di Hammamet.
Un uomo che «bisognava eliminare a tutti i costi», scrive Bellisario, sul blog del “Movimento Roosevelt”, ricordando alcuni punti-chiave del vero lascito politico del leader socialista, eliminato da Mani Pulite alla vigilia dell’ingresso italiano nella sciagurata “camicia di forza” di Bruxelles, i cui esiti si possono misurare ogni giorno: disoccupazione dilagante e crollo delle aziende, con il governo costretto a elemosinare deroghe di spesa per poter far fronte a emergenze catastrofiche come il terremoto.
«C’è da chiedersi perché si continua a magnificare l’entrata in Europa come una sorta di miraggio, dietro il quale si delineano le delizie del paradiso terrestre», scriveva Craxi oltre vent’anni fa. Con questi vincoli Ue, «l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno».
«Ciò che si profila, ormai – profetizzava Craxi – è un’Europa in preda alla disoccupazione e alla conflittualità sociale, mentre le riserve, le preoccupazioni, le prese d’atto realistiche, si stanno levando in diversi paesi che si apprestano a prendere le distanze Bettino Craxida un progetto congeniato in modo non corrispondente alla concreta realtà delle economie e agli equilibri sociali che non possono essere facilmente calpestati».
Il governo italiano, visto l’andazzo, «avrebbe dovuto, per primo, essendo l’Italia, tra i maggiori paesi, la più interessata, porre con forza nel concerto europeo il problema della rinegoziazione di un Trattato che nei suoi termini è divenuto obsoleto e financo pericoloso». Rinegoziare Maastricht? Nemmeno per idea: «Non lo ha fatto il governo italiano. Non lo fa l’opposizione, che rotola anch’essa nella demagogia europeistica. Lo faranno altri, e lo determineranno soprattutto gli scontri sociali che si annunciano e che saranno duri come le pietre».
A tener banco, ancora, saranno «i declamatori retorici dell’Europa», ovvero «il delirio europeistico che non tiene conto della realtà». Sbatteremo contro «la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione», un disastro che – secondo il “profeta” Craxi – è stato quindi accuratamente programmato.
L’euro? No, grazie: «Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro». Già, il mondo globalizzato: «La globalizzazione non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subita in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza».
Questo mortificante mutamento, aggiunge Craxi, si colloca «in un quadro internazionale, europeo, mediterraneo, mondiale, che ha visto l’Italia perdere, una dopo l’altra, note altamente significative che erano espressione di prestigio, di autorevolezza, di forza politica e morale». Non è certo amica della pace Romano Prodiquesta «spericolata globalizzazione forzata», in cui ogni nazione perde la sua identità, la consapevolezza della sua storia, il proprio ruolo geopolitico.
«Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire». Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione, aggiunge Craxi, si avverte «il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare», opportunamente “accolti” da politici perfettamente adatti a questo nuovo ruolo di maggiordomi.
Un nome? Romano Prodi. «Nel vecchio sistema – scrive Craxi – il signor Prodi era il classico sughero che galleggiava tra i gruppi pubblici e i gruppi privati con una certa preferenza per quest’ultimi ed una annoiata ma non disinteressata partecipazione ai palazzi dei primi». Come presidente dell’Iri non era nient’altro che «una costola staccata dal sistema correntizio democristiano» e, lungo il cammino, si era dimostrato «poco più di un fiumiciattolo che rispondeva sempre, sulle cose essenziali, alla sua sorgente originaria». Il “signor Prodi”, come leader politico? «Nient’altro che il classico bidone». Infatti se ne sono accorti tutti. Vent’anni dopo.
Posted on gennaio 25, 2017 Fonte Libreidee.org
La denuncia partita da una delle vittime. Al momento del fermo l’uomo ha negato tutto
Ha abusato per anni delle nipotine, prima in Ecuador, paese di origine, poi in Italia, dove si era trasferito con la famiglia.
In manette è finito un pensionato di 68 anni, sudamericano, arrestato dai carabinieri su richiesta del pubblico ministero Davide Ercolani.
Le vittime sono cinque: di tre l’anziano è il nonno paterno, delle altre è zio.
L’indagine nasce dal coraggio di una ragazza di 29 anni, violentata dall’orco da quando ne aveva appena sei.
Le cugine, due delle quali ancora minorenni, hanno confermato le violenze sessuali subite, puntando il dito contro il parente.
Gli inquirenti sono entrati in possesso di una registrazione audio fatta da una nipote in cui l’uomo avrebbe confessato.
La storia di molestie inizia nel 1995 e l’ultimo episodio risale al 2017.
Gli abusi sono andati avanti per oltre un decennio, continuando anche dopo il trasferimento del nucleo famigliare.
Due, di 15 e 16 anni, sono state violentate in Italia. Il nonno avrebbe comprato il loro silenzio con denaro e regali.
Per un periodo il presunto pedofilo e le bambine hanno vissuto sotto lo stesso tetto.
Nessun genitore sembrava essersi accorto di niente.
Anzi, spiegano i carabinieri del comando provinciale di Riccione, i genitori si fidavano del parente al punto di lasciargli in custodia le piccole quando andavano al lavoro.
La prima a ribellarsi è stata la nipote più grande: oggi è una donna di quasi trent’anni.
Ha trovato il coraggio di raccontare tutto ai carabinieri.
Le indagini sono durate meno di un mese e l’ordine di custodia cautelare è stato firmato dalla magistratura
in tempi record: appena due giorni sono passati dalla richiesta del pm Ercolani al provvedimento del gip.
Mercoledì mattina i militari hanno bussato alla porta del 68enne per portarlo al carcere riminese dei ’Casetti’: era solo in casa e non ha opposto resistenza.