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ene“Mi devo contentare del suo alone brillante, di una luce riflessa, fuori dalla sua sfera.?” Battuta di Elena nella Commedia di W. Shakespeare “All's WellThatEndsWell” Tutto è bene quel che finisce bene”

Le nuove tecnologie hanno in questi anni rivoluzionato il modo di pensare e la convivenza umana. Sarebbe in atto una rivoluzione epocale, se è vero che le grandi tappe della storia sono segnate dal passaggio dal nomadismo alla stanzialità, quando le tribù nomadi di pastori si sono convertiti all'agricoltura; dall'affermarsi della macchina a vapore che ha sostituito la fatica muscolare umana; dalla comunicazione di massa e ora dall'informatizzazione interattiva, resa possibile dalla combinazione informativa elettronica e telematica, la quale ha aumentato a dismisura l'informazione, modificata la stessa logica razionale e resa possibile la fruizione di mondi virtuali.

A nessuno sfugge come gran parte delle notizie che leggiamo sono più o meno la stessa cosa, non importa quale giornale o sito web viene consultato: tutti sembrano riciclare notizie fornite dalla stessa “fonte-agenzia”. Poi ci sono gli incurabili ottimisti e gli Sparaballe, portavoce del potere costituito, che vanno in giro dicendo che il Web e il mondo digitale sono una panacea per il miglioramento dei diritti umani, delle condizioni di vita, dei diritti delle minoranze e via discorrendo.

In effetti il Web e tutta la nuova tecnologia avrebbero il potenziale per facilitare migliorie sociali. La dura realtà è che, il mondo digitale viene utilizzato dai potenti per erodere la privacy, aumentare la concentrazione del potere economico e aumentare le disuguaglianze.

La nuova tecnologia, nonostante le sue tante decantate promesse, nel voler migliorare l’aspetto “democratico” nella società moderna, ciò che è sotto gli occhi di chi vuol vedere, Internet è una forza che in realtà toglie libertà e capacità di agire alla maggioranza delle persone, per favorire interessi particolari del sistema di potere. 2500 anni fa Aristotele fotografava la situazione odierna dell’Occidente. Il filosofo greco diceva: “La democrazia esisterà quando gli indigenti, e non gli uomini potenti saranno i governanti”

Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno producendo forme di controllo sempre più capillari ed invasive nella sfera privata di ognuno di noi, mettendo in discussione consolidati diritti e libertà fondamentali.

Basti pensare alla diffusione della videosorveglianza, la schedatura delle impronte digitali, anche degli studenti che utilizzano i buoni pasto, l’estensione del controllo al traffico su Internet. In quest’ottica, l’attività del difensore dei diritti umani, di dell’attivista politico, giornalista ed avvocato è sempre più a rischio.

 In Italia esiste la Carta dei Diritti di Internet, approvata come Raccomandazione dalla Camera dei Deputati, solo nel novembre 2015. La Carta però, non vincola in nessun modo e può benissimo essere usata semplicemente come una guida per promuovere leggi sul digitale. A prescindere da questi esempi, il binomio tecnologia-libertà si declina ogni giorno nella vita di chiunque, in tanti di quei modi che ormai non ce ne accorgiamo nemmeno più. Sotto certi aspetti, siamo sempre più incapaci di riflessione e pensiero critico.Crediamo ciecamente che tutto ciò che la tecnologia e l’economia ci propongono e ci offrono sia davvero assolutamente nuovo e utile.

Durante tutti gli anni a cavallo fra il 1960-70 ho avuto modo di incontrare gli scritti del filosofo Theodor Adorno che dicevano, insieme a molte altre cose: “Solo chi capisce che il nuovo è identico all’antico, opera al servizio di ciò che sarebbe diverso”. Ma noi umani ipertecnologici,siamo ormai avviati verso la totale alienazione di noi stessi dalla realtà reale, essendo l’essere umano sempre più incapace di capire l’oggi guardando anche indietro.

Oggi, la conoscenza è sempre più pericolosa per il potente ricco estolto , per non dire del pensiero critico;  e il potere non ama né l’una né l’altro. Infatti nelle scuole si insegnano competenze a fare e non conoscenza per pensare; e se gli studenti protestano contro l’alternanza scuola-lavoro e contro la scuola-azienda e chiedono una scuola che invece trasmetta conoscenza e soprattutto insegni pensiero critico, subito arriva la polizia con i manganelli.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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calcio000La nostra nazionale di calcio guidata da Mancini ieri sera è stata sonoramente sconfitta dalla nazionale di calcio argentina guidata da un certo Messì. Gli azzurri con la testa bassa e con le lacrime agli occhi hanno abbandonato lo Stadio, Mancini, il nostro Commissario Tecnico, invece, intervistato dai giornalisti RAI ancora una volta ha ribadito che vuole portare questa nazionale in Qatar a disputare i prossimi campionati del mondo. Siamo pronti. Ce ne vuole coraggio. Ce ne vuole di faccia tosta. Che presuntuoso! Ma andiamo con ordine. Londra, Stadio di Wembley, giocano a calcio Italia e Argentina, finalissima 2022. Come era facile prevedere l’Italia subisce un’altra terribile batosta. Non fa male come contro la Macedonia del Nord che a Palermo lo scorzo marzo mandò la nostra nazionale di calcio all’inferno. L’Argentina è forte, ha giocatori come Messì, De Maria, Martinez che sanno davvero giocare a calcio e che alla palla sanno davvero darle del tu. Quella di ieri sera secondo gli esperti, quelli che hanno sempre incensato Mancini malgrado le debacle, doveva essere una partita di ripartenza. Ma con quei giocatori che Mancini ha messo in campo la strada è in salita, non si andrà da nessuna parte. Negli anni ho assistito a tantissime partite di calcio giocate dai nostri azzurri e spesso siamo stati battuti, ma mai dominati, umiliati, come ieri sera. In 90 minuti non siamo riusciti nemmeno una volta a tirare il pallone in porta avversaria. E’ stata una sconfittà? No, una completa disfatta. Dybala, giocatore argentino, che entra in campo al 90° minuto e dopo appena un minuto segna il terzo goal per l’Argentina. Così la sconfitta, prevedibile, è diventata anche una umiliazione. Dov’era la squadra di Mancini tanto osannata dai giornalisti RAI incominciando da Rimedio e da quel logorroico Di Gennaro, commentatore tecnico, che in 90 minuti non ne ha azzeccato una? E dire che undici mesi fa l’Italia aveva vinto sullo stesso terreno di gioco un Campionato Europeo battendo gli Inglesi. E’ stata una parentesi felice, un colpo di fortuna. Ci hanno salvato le parate di Gigio Donnarumma. Che parate! disse il Premier Draghi quando ha ricevuto gli azzurri a Palazzo Chigi. Eppure ieri sera i migliori giocatori italiani erano scesi in campo, ma davvero erano e sono i migliori? Giocatori tanto osannati, pagati milioni di euro, indicati ai posteri, giocatori che quando giocano in Italia nelle loro squadre di appartenenza sono dei fenomeni, poi quando varcano il confine non riescono neppure a segnare un goal alla Macedonia del Nord e alla Svizzera su calcio di rigore. Dov’era Il commissario Tecnico ieri sera? Dov’era il presuntuoso Mancini che con i suoi esperimenti ha fatto naufragare l’Italietta come fece Ventura 4 anni fa? Bisognava ripartire. Da dove? Arrivare dove? Partirà, la nave partirà, dove arriverà, nessuno lo saprà. Vogliamo ripartire per davvero? Via Mancini da Commissario Tecnico e via la maggior parte dei giocatori che hanno giocato la partita ieri sera. Ma il Mancio tira diritto, non si discute, pensa, però, al ripescaggio mondiale dell’Italia nel Qatar per far fare all’Italia l’ennesima figuraccia ed essere umiliati, strapazzati, beffeggiati da squadrette di Serie inferiori. Ma lui insiste. Qatar? Saremmo pronti. Questo sabato affronteremo la Nations League con Germania, Ungheria, Inghilterra, roba da rovinarci le ferie. Quei giornalisti Rai sopramenzionati hanno paragonato Mancini ad un certo Vittorio Pozzo. Esagerato!. Pozzo ha vinto 2 campionati mondiali, Mancini ha vinto sì tante partite di fila ma giocando con chi? Ma non si è neppure qualificato ai campionati mondiale del 2022.

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bandiera paceMala tempora currunt, dicevano i latini. Tempi duri, tempi durissimi, tempi terribili stiamo attraversando. Ci sono nel mondo tantissime guerre che la stampa e la televisione le ignorano. Molta gente coinvolta nelle guerre scappa, lascia la propria terra e chiede un rifugio altrove. Le nostre coste calabresi ogni giorno accolgono emigranti africani che chiedono asilo, soggiorno e pace. Sono trascorsi tre lunghi mesi e la guerra in Ucraina continua. I cannoni sparano, gli aerei bombardano, i carri armati distruggono, i contadini abbandonano le loro case e le loro terre, non seminano più, non raccolgono e il grano accumulato marcisce. Per la pace bisogna ancora aspettare. E così la guerra tra Russia e Ucraina continua e continuerà fino a quando Putin non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi, fino a quando il campo avrà dato tutti i suoi verdetti. E anche quando Putin e Zelensky si siederanno intorno ad un tavolo per parlare di pace o di tregua, scordiamocelo, tutto non sarà più come prima. Potranno tacere i cannoni, potranno i belligeranti scambiarsi i prigionieri di guerra, potrà Putin apparire in televisione e annunciare ai suoi patrioti che la Russia ancora una volta ha sconfitto i nazisti che occupavano le terre del Bombass, potrà Zelensky arringare la folla plaudente di aver fermato l’avanzata russa e che Kiew e le altre città ucraine sono salve, ma nessuno potrà fermare in Europa e nel mondo le nefaste conseguenze di questa guerra assurda. Tutto è aumentato, tutte le materie prime che noi importiamo sono aumentate e di conseguenza è aumentato il costo della benzina, della luce, del gas, del pane, della frutta e di tutti i generi alimentari. Ma la conseguenza maggiore e forse la più importante di questa guerra è la crisi alimentare. Ancora da noi, grazie a Dio, non è arrivata. Ci vorrà del tempo, ma arriverà. Arriverà quando mancherà sulla nostra mensa il pane e allora la guerra del pane potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Il grano prodotto dall’Ucraina c’è, è accatastato nei silos, ma le navi addette al trasporto del grano, sono bloccate nel porto di Odessa a causa dei bombardamenti. Ma c’è di più. Gli agricoltori non hanno seminato, non raccoglieranno e se la guerra dovesse ancora continuare a lungo i silos si vuoteranno. Ho appena accennato alla guerra del pane. Non voglio esagerare, ma la vedo brutta. Il rischio c’è, eccome! Alcuni paesi africani non hanno più risorse e la carestia è dietro l’angolo perché i loro terreni stanno diventando aridi e deserti. Allora bisogna muoversi. Tutti dicono che il grano c’è ma non arriva al posto giusto. Allora facciamolo arrivare in tempo e che nessuno resti senza grano, altrimenti ci sarà il grave rischio di una guerra che nessuno potrà fermarla. Io me le ricordo alcune rivolte del pane. Basta leggere il capitolo 12 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, Ma io me ne ricordo una, molto più piccola, alla quale partecipai anche se ero un ragazzo con i pantaloncini corti. C’era ancora la guerra, la seconda guerra mondiale. L’Italia non era stata ancora liberata, ma la gente soffriva, pativa la fame perché non c’era più niente da mangiare. Il mio paese, San Pietro in Amantea, era invaso dagli sfollati. Ognuno di noi aveva la tessera annonaria ma quando ci recavamo nei negozi a prelevare la merce come pasta, latte, pane, burro, zucchero, gli scaffali erano completamente vuoti. Quando, però, i contadini e le massaie, seppero che in un magazzino di Via Margherita un negoziante di Amantea aveva accumulato una grande quantità di farina, si ribellarono. La folla inferocita sfondò la porta del magazzino e si impossessò della farina. Tutti vennero denunciati, io no, ero troppo piccolo. Fu un giorno memorabile per il piccolo borgo. Io me lo ricordo come fosse stato ieri. E’ passato tanto tempo, ma non vorrei oggi all’età di 90 anni assistere a qualche rivolta del pane con l’assalto ai forni, per causa della carestia e per la mancanza di farina per via della guerra in corso.

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I Racconti

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