Chi ci annuncerà la poetica per questo nuovo millennio, una pratica immaginativa che aiuterà a vivere? Ecco un contendente: gli agili salti di Michael (così immagino i suoi versi) attraverso le lacune e le sinapsi del linguaggio propongono il potere riparatore del gioco serio. Ho sognato i suoi frammenti di frammenti aprirsi in un campo fenomenale di molteplici possibilità, attraversato da momenti a sorpresa di gioia, preoccupazione e delizia.
Alcuni scrittori lo fanno e alcuni scrittori non si cimentano con la critica; Michael, probabilmente, appartiene ai secondi. Sente che si impara sempre quando leggi e si dovrebbe leggere il più possibile.
Quindi, come critico apparentemente decisamente formale, mi piace guardare il come degli altri scritti più della cosa. Se riesco a capirci qualcosa, questo sarà cibo per la mia anima di non poeta.
Il contenuto dei miei sogni ricorrenti non avrebbe la funzione di risolvere dei problemi emotivi irrisolti o di soddisfare un desiderio, ma piuttosto servirebbero a mettere in scena ogni possibile alternativa di un evento doloroso, permettendomi così di affrontarlo, allontanando così il rischio di farmi trovare impreparato nel caso che le donne dovessero realmente tornare. Sarebbe fantastico poter conservare i sogni dei miei vent’anni.
Quando sogno in inglese, potrebbe servire a fortificarmi e a proteggermi dal rischio di una “ricaduta” all’interno di dinamiche che probabilmente mi hanno fatto male, e che non vorrei assolutamente rivivere mai più. “Sogna perchè nel sonno puoi trovare quello che il giorno non ti può dare ’. Jim Morrison
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
A Santu Nicola ognevallune sona e ogni mandria fa la pruovula. A San Nicola la portata d’acqua lungo i corsi dei fiumi, dei torrenti, dei valloni è abbondante e quindi sono rumorosi e ogni mandria produce più del solito prima che arrivi il crudo inverno. Questo era un antico proverbio e un modo di dire per oggi 6 Dicembre . Ieri come oggi c’erano le piogge e anche abbondanti, solo che non facevano danni, facevano soltanto “rumore”, sonavano che era una meraviglia . I valluni, i torrenti, i fiumi suonavano ma non straripavano. E se si verificava qualche danno causa pioggia non si dava la colpa al cambiamento climatico, la colpa era solo dell’uomo. La pioggia intensa ora causa diversi disagi e l’ingrossarsi dei fiumi e dei torrenti danno preoccupazione alla gente perché straripano. Strade, cantine, garage allagati, campi inondati, piano terra delle case invase dal fango e dall’acqua. Danni, allagamenti e frane si verificano ogni volta dopo un terribile acquazzone. Le strade delle città e dei paesi diventano fiumi in piena distruggendo e trascinando tutto quello che trovano lungo il percorso. Ma anche una volta c’erano questi scrosci d’acqua così violenti e non causavano danni alla popolazione perché la gente non aveva costruito case, capannoni lungo i corsi dei fiumi e dei torrenti. I fiumi venivano regolarmente puliti, i campi erano tutti coltivati e l’acqua piovana veniva regolarmente incanalata nei fossati che mitigavano la furia delle acque. Ma torniamo al nostro Santo che la Chiesa cattolica oggi festeggia, San Nicola da Bari. Mi ricordo che una volta veniva festeggiato anche a Lago (‘U Vacu), un paese confinante al mio, molto carino e ricco di tradizioni culturali e popolari. Il Santo Patrono del simpatico paese è infatti San Nicola (Santu Nicova in dialetto laghitano) e la chiesa parrocchiale è intitolata proprio a San Nicola. E qui voglio ricordare la famosa “Strina”, una antica tradizione folcloristica tipica dei territori della nostra terra e chi la cantava erano gli strinari, molto bravi ed intonati. Andavano in giro per le case a cantare la strina per portare gli auguri e per raccogliere regali. Se le porte delle case rimanevano chiuse erano canti ingiuriosi. Si vendicavano con stornelli sdegnati e pieni di profezie di disgrazie. E poi i famosi biscotti di San Nicola che venivano preparati dalle massaie il giorno della festa, benedetti dal sacerdote e poi distribuiti ai fedeli che erano in chiesa. Quelli rimasti venivano gelosamente conservati come oggetti sacri, e quando si sentiva nell’aria minaccioso il brontolio dei tuoni, precursori delle tempeste, si esponevano fuori sulle finestre o sui balconi, credendo vi fossero in essi la virtù di scagionarle. Tutto questo me lo raccontava la signora donna Giuseppina, originaria di Lago, sposata con l’Ufficiale Postale del mio paese “U Barune” (Don Filiberto Lupi). Ho voluto accennare a questa credenza per cogliere l’essenza dell’animo popolare che è andata lentamente sgretolandosi sotto i colpi potenti del civile progresso, ma che offre ancora oggi la possibilità di scoprire le tracce di un mondo rurale, semplice, dove la gente si accontentava del solo pane quotidiano, dove la chiave di casa era nascosta nella buca della gatta, dove gioia e dolore venivano divisi con gli altri, dove tutti si aiutavano a vicenda. Ma ritorniamo al proverbio. Questo proverbio è noto in tutta la Calabria, è frutto di esperienza di vita quotidiana e costituisce un estimabile bene culturale nella storia delle tradizioni popolari calabresi. Esso fa parte dei cosiddetti proverbi meteorologici. Ci venivano detti dalle nostre mamme, dai nostri padri, perché gente contadina. Eccone alcuni: Se è malutiempu da muntagna piglia la zappa e vatinde in campagna. Se è malutiempu da marina piglia a pignata e vatinde in cucina. Alla Candelora de l’inverno siamo fora, ma se piove e tira vento dell’inverno siamo dentro. Se il ragno fa il filato il bel tempo è assicurato. Quandu se sente la littorina cambia lutiempu. Quandujazze de mullure ‘nde fa senza misura.
Ho la vaga impressione che luoghi per tutti quelli come me stiano scomparendo su questa Terra fatta di materiali di risulta e di esseri umani che esultano, alla pari di un milione di miliardi di mosche, che trovano la merda una leccornia!
“Quel che succede ogni giorno non trovatelo naturale. Di nulla sia detto: ‘è naturale’ in questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato disordine, pianificato arbitrio, disumana umanità, cosi che nulla valga come cosa immutabile”. Bertolt Brecht.
Noi umanoidi siamo pur sempre delle bestioline rare. Non bruchi, non farfalle. Ma quella cosa che sta in mezzo quando questi mutano e si trasformano. Noi veniamo visti semplicemente come insopportabili insetti da quegli umani pieni di sicurezze. Noi umanoidi faremmo bene ad accettare i consigli di Franz Kafka: “Mai attirare l’attenzione! Starsene tranquilli, anche se si va contro ragione!”
In un mondo dove le nostre conversazioni vengono conservate in centri di server cloud-based nel deserto finlandese, dove una generazione sta crescendo condizionata per condividere momenti privati in spazi pubblici, forse anche noi censuriamo noi stessi; plasmiamo noi stessi come se da un momento all'altro qualcuno potrebbe sintonizzarsi.
Negli incubi dei ricchi e potenti umani, noi umanoidi siamo rappresentati come dei piccoli mostri quasi sempre uniti ad una sensazione di disgusto e di paura, alla incapacità di liberarsene e al senso di invasione. Proprio questa simbolica invasione deve far riflettere gli umani sognatori e indurli a considerarci esseri ripugnanti.
“Noi non siamo esattamente ciò che tutti vedono.
Siamo ciò che pochi trovano;
e che pochi, pochissimi, comprendono.” Angelo De Pascalis
Il colore scuro, la velocità con cui ci muoviamo, la capacità di occultamento nelle fessure più inaccessibili e la difficoltà di eliminarci completamente ci rendono sgradevoli, repellenti ai più. Nei sogni siamo in genere da collegarsi a qualcosa di “brutto” ed oscuro, che può essere identificato anche come un aspetto del sognatore stesso sepolto nelle profondità dell’inconscio, un Sé rinnegato che riappare in modo distorto provocando allarme nella coscienza negli altri sognatori meno poveri.
Una delle prime cose che pensiamo di capire è il desiderio della morte. La crudeltà degli umani ricchi e arroganti, ai nostri piccoli occhi, ci appaiono insopportabili. In special modo quando auspicano e affermano senza nessun tentennamento che la popolazione mondiale di otto miliardi perderà l'equivalente di tre Paesi delle dimensioni degli Stati Uniti in meno di un secolo, tre fattori chiave che spiegano perché la popolazione mondiale diminuirà: urbanizzazione, tasso di natalità e invecchiamento. Inoltre, il Covid ha avuto un impatto significativo sul numero delle nascite.
Nei pensieri di Gregor, protagonista del romanzo “Metamorfosi” di Franz Kafka, nelle condizioni in cui ci troviamo, perderemmo sicuramente il treno. Di solito gli insetti rappresentano dei lati impresentabili e che bisognerebbe reprimere. Non siamo facili da debellare, se non con accurata disinfestazione.
Siamo piccole entità nericce quindi già alla vista mettiamo repulsione e paura...E possiamo sempre riaffiorare, proprio come i lati "mostruosi" degli esseri umani. “Ma se gli esseri umani sapessero che io sono un insetto omicida e ora cercassi di evitare la morte, si infiammerebbero tutti di nobile sdegno.”
Gigino A Pellegrini & G el Tarik