Era il 1429 quando i D’Alessio “lasciano Paola per iniziare il grande viaggio.
Dopo parecchi giorni di cammino giungono a Roma e vi si fermano per visitarla.
Confusi tra gli altri pellegrini, passano da una basilica all’altra; infine vanno a San Pietro.
Una calca di gente eterogenea e variopinta ingombra le strade selciate, incassate tra gli austeri palazzi medievali.
Ad un tratto sopraggiungono al trotto alcuni cavalieri; usando le aste delle lance costringono la folla a lasciare libero il passo per un corteo in arrivo.
Anche Francesco, con i suoi genitori deve letteralmente schiacciarsi contro i muri.
A occhi sgranati lui, che a Paola davvero non ha mai visto nulla del genere, guarda passare gli armigeri ed i paggi nelle loro ricche ed appariscenti livree, i gentiluomini del seguito nei fastosi costumi, e infine il cocchio tutto d’oro, trainato dagli otto cavalli più belli che si possano immaginare, bardati con finimenti luccicanti.
Nel cocchio, sta assiso , in un fiammeggiare di sete e broccati purpurei, un personaggio maestoso.
“Chi è ?“ Francesco domanda al padre.
Risponde un uomo vicino
“E’ il cardinale Giuliano Cesarini”
“Un cardinale quello?” domanda il ragazzo
Senza pensarci un attimo ,Francesco, che veste ancora il rozzo saio votivo dei francescani, salta sul predellino del cocchio e grida:
“Gli apostoli di Gesù Cristo non andavano per via con tanta pompa”.
La per là il cardinale serra le labbra, irritato da cotanta insolenza.
Ma negli occhi del ragazzo legge qualcosa che lo costringe a giustificarsi
“Caro figliolo, non scandalizzarti di questo lusso.
Se ne facessimo a meno, al tempo che corre, la dignità ecclesiastica ne scapiterebbe nella stima degli uomini e verrebbe fatta segno al disprezzo dei mondani”.
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