Una grande festa di compleanno per omaggiare uno dei più grandi cantautori italiani di sempre: Luigi Tenco. Una celebrazione che parte da Parigi, attraversa tutta l’Italia e raggiunge la Calabria: il 28 marzo, infatti, si terrà al TAU (Teatro Auditorium Unical) una serata di musica dedicata al compianto artista piemontese, organizzata dal network di artisti “made in calabria” di Calabria Sona.
Si tratta di una scelta in controtendenza quella di quest’anno: il Luigi Tenco, marzo 2017. In qualche parte del mondo, sarà un grande e diffuso omaggio alle canzoni, all’arte, alla creatività del cantautore, ma si svolgerà in prossimità della sua data di nascita, il 21 marzo, contemporaneamente e in più di 30 località italiane ed anche a Parigi, alla Sorbona.
Significativo che uno dei primi appuntamenti, a Verona, veda impegnati Michele Piacentini, ufficio stampa della famiglia Tenco, ed Enrico de Angelis, storico responsabile artistico del Club Tenco e forse massimo esperto del cantautore. L’iniziativa è ideata e curata da Enrico Deregibus e Stefano Starace.
L’evento dell’Unical organizzato grazie al sostegno del Magnifico Rettore e del direttore del teatro Fabio Vincenzi, conterà le performance di oltre 10 band/musicisti provenienti da tutta la regione che proporranno brani del loro repertorio ad alcune reinterpretazioni dei più grandi successi di Luigi Tenco; inoltre, sarà ripreso dalle telecamere di VideoCalabria e Calabria Sona Music Channel (610) e avrà tra i mediapartner PonteRadio, la web radio dell’Università della Calabria.
Natale è alle porte. Non ce lo dice soltanto il calendario appeso in cucina, ma ce lo dicono le cataste dei panettoni nei supermarket e le sfavillanti luci multicolori dei negozi e delle strade.
E come ogni anno, puntualmente, arriva la querelle:-Il presepe o l’albero di Natale?
In alcuni supermarket del Nord non si trovano più i pastori di un tempo.
Non si trova più la Madonna e San Giuseppe, e la capanna col bue e l’asinello.
Il loro posto è stato preso dall’albero di Natale. E’ più di moda.
Con i suoi addobbi, con le stelle filanti, con le luci colorate, con la natività di Nostro Signore non c’entra un tubo. Ma dato che è di moda l’albero di Natale, anche quest’anno i pastori, la capanna, le casette, gli zampognari, Gesù Bambino sono stati dimenticati nel più angolo remoto della soffitta.
Io, però, a scanso di equivoci preferisco il presepe. A me u presepe me piace assai.
Perché mi ricorda tempi lontani quando si era felici anche se nella miseria. Il presepe che ho impresso nella mente e che porto nel mio cuore è quello costruito con scatole di cartone, con tronchi di sughero, con carta di imballaggio per le montagne, con l’ovatta per la neve, con gli specchietti di vetro delle donne per i laghetti, con il muschio che andavo a raccogliere nei boschi, con i pastori di creta comprati ad Amantea da Giorgio u capillaru che abitava alle Rote o nelle bancarelle di Cosenza in Via Rivocati.
Era bello il mio presepe anche se i risultati a volte erano goffi e commoventi. I pastori spesse volte erano più grandi delle casette.
Gli odierni presepi che si vendono nei negozi o nelle bancarelle allestite in piazza in un unico blocco, invece sono perfetti e anche bellissimi, ma non danno nessuna soddisfazione a chi li compra.
Dov’è finita l’attesa, la preparazione del tavolo e dei cartoni, la gioia nello srotolare i pastori avvolti nella carta di giornali, la messa in opera delle casette, la raccolta del muschio, il posizionamento dei pastori.
La costruzione del presepe era un gioco bellissimo ed impegnativo, occupava parecchio tempo e serviva ad unire tra loro le persone, anche se avevano età, sesso, usi e costumi diversi: insegnanti ed alunni, nonni e nipotini, uomini e donne, ricchi e poveri, eruditi ed analfabeti.
Esso descriveva e descrive tuttora un evento storico inconfutabile: La venuta di Gesù sulla terra. In ogni vero presepe, sia piccolo o grande, semplice o sfarzoso, fatto con cartapesta o con sughero, con pastori di creta fatti a mano o comprati a Napoli a San Gregorio Armeno, ci riconosciamo un poco di noi stessi.
E’ triste dover constatare che anche quest’anno nelle case e nelle scuole i genitori e le maestre preferiscono allestire l’albero di Natale invece del presepe..
Cosa c’entra ( un politico direbbe cosa ci azzecca) l’albero di Natale con la venuta di Cristo sulla terra?
Cristo è venuto al mondo in una capanna riscaldato, secondo la tradizione cristiana, dal bue e dall’asinello, e questo noi cattolici vogliamo ricordare con la costruzione del presepe. Davanti alla capanna cantiamo oggi come ieri “Tu scendi dalle stelle”, perché questo canto ci ricorda Gesù Bambino nato nella mangiatoia e riscaldato dal bue e dall’asinello, perché per lui non c’era posto nelle locande e negli alberghi.
Non ci ricorda le bombe, i razzi, le granate, le sventagliate di mitraglie che oggi come ieri seminano lutti e rovine nei vari teatri di guerra in Asia e Africa.
Il presepe, sia piccolo che grande, bello o goffo, ci ricorda la dolcezza della nostra infanzia spensierata, ci ricorda la nostra cara mamma che con le vicine di casa friggeva “turdilli e cullurielli” nelle grandi cucine piene di fumo e di fuliggine, ci ricorda la nonna, la cara nonna, che cullava il suo nipotino e le raccontava le rumanze, ci ricorda tutta la famiglia riunita per Natale intorno ad una lunga tavola apparecchiata con tredici pietanze e poi la processione del Bambinello allo scoccare della mezzanotte con tutti i commensali in fila a cantare le lodi al Signore.
Lasciamo, dunque, la preparazione dell’albero di Natale agli abitanti del Nord. Noi del Sud preferiamo il presepe perché non solo i nostri gusti personali e le nostre preferenze sono diverse, ma sono diversi la visione della vita, della casa, della famiglia, dell’amore, della gioia, dello stare insieme, di essere almeno a Natale un cuore ed un’anima sola. Dice un antico e saggio proverbio:- A Natale con i tuoi, a Pasqua con chi vuoi -. Noi del Sud sin da piccoli abbiamo costruito il presepe e quindi siamo cresciuti con esso. Lasciamo a quelli del Nord l’albero. A noi piace di più il presepe. Punto.
Il giovane driver calabrese affronterà il nuovo weekend di gare nella Carrera Cup Italia
Ottime indicazioni per il pilota castrovillarese Simone Iaquinta nelle verifiche ufficiali del quinto round della Carrera Cup Italia, la prestigiosa serie monomarca della Porsche. Sul circuito romano di Vallelunga, infatti, Iaquinta ha iniziato a prendere confidenza col tracciato al volante della sua fiammante Porsche Carrera 991 GT3 Cup del team Ghinzani – Centro Porsche Milano.
Dopo la pausa estiva, dunque, riprende alla grande la stagione del campionato tricolore della casa di Stoccarda.
Domattina, a partire dalle 11,20, avrà inizio gara uno (della durata di 25’+1 un giro), mentre alle 18,15 si correrà gara due (25’+1 giro). Il weekend di gara si concluderà domenica, quando, alle 12, scatterà il semaforo verde per la conclusiva gara tre (da corrersi in coppia), della durata di 45’+1giro.
Rispetto all’ultima gara del Mugello ritornerà in pista anche il compagno di scuderia di Iaquinta, Kevin Giovesi.
«Siamo pronti per affrontare questa nuova sfida – ha dichiarato il giovane driver calabrese – Siamo crescita gara dopo gara, e sono convinto che potremo dire la nostra anche in questa tappa laziale del campionato. Sono molto fiducioso – ha concluso Iaquinta – in quanto il feeling con la vettura sta arrivando a livelli sempre più convincenti e la conoscenza del campionato aumenta di prestazione in prestazione».