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TERRA MIA, 10 e lode

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nduja-638x425Guardando il video ‘Terra mia’ emergono considerazioni e riflessioni che vanno oltre quell’emotività solleticata che, seppur consistente, non riesce a varcare le soglie della spiritualità fatta di normalità e volontà di riscatto che spesso rimane nell’alveo dell’utopia. Oltre al video si leggono recensioni, commenti e critiche che nel complesso reclamano qualcosa di "vero" e originale: storia, arte, archeologia, bellezze paesaggistiche e naturali, enogastronomia e tanto altro ancora. Elementi premianti e ancorati alle verità culturali locali che appaiono sfuocate da una scenografia tendente ad esaltare il bello che però diventa anche impossibile per una trama poco coerente con la storia derivante dalle scelte politiche del periodo repubblicano. Un video, secondo alcuni, che nel complesso illustra scenari evocativi di luoghi comuni e visioni limitate a più semplici e "populistiche" arance, ciucciarielli, sopressate con finocchietto (ma dove le hanno viste?), indorate da inefficaci commenti adattati ai soliti quanto inutili stereotipi. Sullo sfondo la solita solfa, dimostrare a qualcuno, al mondo, all’universo le nostre particolarità locali, quasi a voler stupire, meravigliare, rivelare l’ovvio, con quei semplici ingredienti, mare, sole, aria, suppressata che – ahi noi!!! - non rappresentano ne' un'esclusiva serie di caratteristiche, né una sospirata quanto temporanea unicità. L’attrice rappresenta l’unico personaggio originale poiché la sua bellezza costituisce un unicum con quelle della nostra terra rivelando soprattutto, e non deve sfuggirci, una bellezza spirituale riconducibile al perimetro della polis ideale quando, esprimendo il desiderio di voler rimanere in Calabria, incarna un sentire comune che certamente costituisce il tema centrale dello sviluppo economico mancato o se vogliamo la piaga delle piaghe, o la concentrazione delle sette piaghe d’Egitto, per la nostra terra. E vogliamo parlare quindi di emigrazione? Ecco che qualcosa di positivo lo possiamo intravvedere nel messaggio portato dall’attrice che, scaturendo dal mare diamantino, esprime quella volontà di ‘rimanere’ come ‘resistere’ per ciò che è o dovrebbe essere il riscatto sociale ancorché economico di un popolo che vede i suoi figli partire ancora oggi. Emigrati ed emigranti economici che se possibile, per amore di verità, dovremmo descrivere come persone partite a far ricche altre terre per mancanza di lavoro, sradicate come le arance raccolte dalla coppia che girovaga tra i campi. Arance che, ricordiamolo, sono anche il simbolo del fallimento della politica industriale degli anni ’70 quando fu distrutto l’immenso aranceto della piana di Gioia Tauro per far posto al sogno di un’industria pesante mai realizzato. Quindi, se il contesto celebrativo del vincolo identitario rappresentato dalla figura metaforica del mare come 'la storia che attraversa i secoli' e il romanticismo nel richiamo dell'amore per il sole e per l'aria suscitano forti emozioni, orbene, in realtà tutti questi elementi fanno emergere indirettamente quel sentimento di angoscia e impotenza frammista ad amarezza che attanaglia tutte le persone che hanno una cara persona, un amico, un figlio emigrato, e sono migliaia, una domanda su tutto possiamo porcela. Il messaggio metacognitivo e fortemente simbolico di un riscatto economico e culturale di siffatta portata può passare solo attraverso questo video semplice seppur carico di emotività indotta? Quali risposte possiamo elaborare? Abbiamo il dovere civico di cominciare a ragionare per invertire una rotta culturale oramai alla mercé dei marosi, tra l’ironia pungente e l’analisi impietosa dei dati evidenti, per amore di quella verità empirica spesso sacrificata sull’altare di perenni campagne elettorali di stampo populistico senza programmi e senza visioni. Possiamo cominciare a dire che è un ottimo video, adatto ai nostri tempi, in linea con l'andazzo culturale fatto di indignazione, proteste e critiche anche dure alle quali non si da alcun seguito politico. Accade per il video come per situazioni inaccettabili tra sanità commissariata, comuni sciolti per infiltrazioni mafiose ed emigrazione veicolata come "fenomeno incontenibile". E’ un video coerente con i nostri tempi fatto di populismo, di influencers ingaggiati come media con il mondo dei giovani, di una politica che spesso non contrasta la liquidità sociale e il materialismo senza storia. Considerazioni che aprono nuovi interrogativi di ben più ampio respiro. La politica detta gli imperativi categorici della cultura sociale? La cultura sociale risente di una politica partitica come ‘setaccio’ con maglie larghe circa il curriculum, spesso autoreferenziale e lontana dai bisogni della gente? Quanto controllo critico viene espresso dalla collettività se il massimo prodotto mediatico che siamo riusciti a sfornare è rappresentato da questo video? Oppure, se traduciamo la domanda in evidenze economico finanziarie, quanti posti di terapia intensiva avremmo potuto realizzare con il costo dello stesso, quante scuole, quanti ospedali? Quanti giovani avremo potuto recuperare dall’emigrazione? Parliamo di un milione e settecento mila euro o se preferiamo delle priorità illusorie. Quale utilità socio-economica e quale priorità rispetto al contesto attuale? Bene, se riteniamo che esistano delle correlazioni tra le possibili risposte allora il cerchio è chiuso e con basse probabilità di rinnovamento se non partendo proprio dalla rivalutazione della politica come qualcosa che ci rappresenta ma che soprattutto ci governa. Ricordando che il sacro diritto al voto necessita di partecipazione preventiva e controllo culturale e sociale successivo e continua alla stessa. Segreterie politiche blindate e decisioni prese lontano dai bisogni della gente e dalle necessità territoriali, così come le selezioni all’interno dei partiti che scelgono metodologie alcune volte di difficile interpretazione, basate su decisioni ristrette o sulla fredda tecnologia piuttosto che su analisi partecipate e condivise, su curriculum ed evidenze qualitative personali, non ci porteranno verso lidi migliori. Nemmeno un semplice ed inefficace video o le critiche ad esso legate potranno liberare un popolo da una politica che non ristabilisca priorità ed intervenga in maniera incisiva invertendo rotta e modus operandi. Quindi, se riteniamo che il cerchio sia chiuso, sia fatalmente indistruttibile e imposto dal solito destino inteso come facile alibi, allora il video "Terra mia" merita un 10 e lode. Può sembrare un paradosso ma non lo è. Ottimo voto, come ‘sprone’ per una cavalcata che ci veda protagonisti di un futuro di rinnovamento rivoluzionario, democratico, ma sempre strettamente legato ai fondamenti della Costituzione. In una visione più pessimistica la valutazione è la stessa se consideriamo che il cerchio, ad oggi, sembra ben solido con buona pace degli utopici e dei romantici (come noi?). Anche questo può sembrare un paradosso, ma non lo è. Perché, se critichiamo aspramente il video ma esprimiamo nella quotidianità senza coraggio un fatalismo di comodo, continuando a legare politica, fato e fatalità, confondendo analisi politiche con il sistema delle (ir)responsabilità diffuse, non potranno essere sciolti i vincoli che legano la nostra cultura ad ataviche convinzioni standardizzate e suggellate anche da questo video. Lo stesso perciò diventa una clip dal voto basso per alcuni, nel perpetuo gioco dell’ipocrisia e dell’indignazione come catarsi per il perpetuarsi sistemico, ma che realisticamente configura l’eterno dualismo su ciò che ottimamente possediamo in termini di potenziale inespresso e ciò che in verità non riusciamo a realizzare per pseudo colpe altrui (fato, sistema, complotti, alibi di ogni tipo, etc…). In modus rebus, metodologie che, ribadiamolo, spesso tendono a legittimare l’ingiusta ma eterea destinazione piovuta dall’alto, piuttosto che a definire e risolvere i fondamentali bisogni perennemente emergenti. Concludiamo mettendo in evidenza che, oltre l’esercizio squisitamente filosofico del voto -10 e lode- come evidenza del focus valoriale e ricerca di sintesi, il video merita attenzione per ciò che richiama nel bene e nell’effimero che non ci rappresenta. Altresì è lodevole poiché ci interroga su ciò che potremmo essere in termini socio economici e ciò che non riusciamo a far emergere. Ma il vero voto in realtà verrà attribuito a noi, al nostro operato nel futuro a venire. A noi il compito di materializzare quei traguardi che dovrebbero tendere alla creazione di una realtà eversiva degli stereotipi che non ci rendono giustizia, ricordando in maniera pedante, ma non importa, che gli stessi, spesso, sono alimentati da una politica locale incurante dei giovani che continuano a partire e delle necessità inascoltate di valorizzare le risorse economiche, naturali e paesaggistiche ridotte, nel video come spesso nella realtà, ad arance, bergamotto, sazizze e immancabili ciucciarielli.

Ultima modifica il Sabato, 24 Ottobre 2020 13:11

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