Una sera d’inverno, intorno al braciere ancora fiammeggiante c’erano alcune donne. La maggior parte della nostra famiglia ed alcune vicine di casa…
In un angolo del braciere un pentolino dove si mettevano a cuocere le castagne colte sulle montagne di Lago facendole saltare per evitare che bruciassero.
Dall’altro lato la cuccuma nella quale stavano cuocendo i fagioli e dalla quale emanava un filo di profumo che riempiva la stanza.
La nonna toglieva i fichi dalla “trizza” disponendoli su un piatto. Sarebbero stati serviti a fine della serata.
La zia aveva tolto le melanzane dal “tiniello” e le aveva poggiato su un grande piatto bagnandole con un filo d’olio degli ulivi di don Ciccio Mileti.
Qualcuno aveva portato un po’ di pane “sfrisato da “zi Cuncetta” croccante e friabile.
La mano della mamma era entrata nel “cafisu” per estrarre le olive verdi dolci e poggiarle dentro un contenitore “ copputu”
Il nonno aveva tolto il tappo dalla brocca del vino per farlo respirare e sul tavolo aveva gettato qualche noce e qualche castagna con le quali si apriva ed accompagnava la cena
Sul fuoco dalla grande “frissura” veniva il profumo delle grispelle e delle monacelle
Io arrivo al momento opportuno per l’inizio della festa accolto da una occhiataccia di papà che mi contestava il ritardo e da un sorriso del nonno.
Una cena senza fretta .
Le donne mangiavano intorno al braciere raccontandosi le loro storie , e gli uomini, intorno al tavolo ed un po’ più alticci, le loro
Poi improvvisa come un tuono di marzo, ed esposta come quando cala improvvisamente il cicaleccio, la domanda “ Aviti saputu a storia du spirdu i Pantalia?”
“Mi signu ‘ntisicatu da paura. E non credo di essere stato l’unico”
Ci fu un attimo di silenzio e le risate di prima si spensero, gli sguardi si mossero nella direzione della voce e le orecchie si fecero attente.
“ U cuntavunu l’atra sira adduve Ruoccu i Peppe!”
Questa è la storia.
“Di notte tra l’una e le due uno “spirdo” gira silenzioso nel centro storico, poi scende da”Pantalia” molto spesso al buio, per via del fatto che i ragazzini rompono a pietrate le lampadine.
E’ una persona alta , sicuramente una donna, con il viso totalmente coperto da un cappuccio.
Si muove silenziosamente ma “murmuriannu”.
Ad uno dei marinai che ha avuto il coraggio di dirle buonasera lo ha guardato fisso senza dire una parola e lui si è messo a correre.
Fa talmente paura che chi la intravvede torna immediatamente indietro ed aspetta che lo “spirdo” sia andato via per riprendere il cammino, ma mai da solo e soltanto dopo essersi fatto decine di volte il segno della croce.
E proprio mentre raccontavano il fatto sono passati i carabinieri ai quali Rocco ha offerto un bicchiere di malvasia e dopo aver raccontato dello “spirdo” li ha invitanti a scoprire chi fosse .
E loro avevano fatto il loro dovere.
Di nuovo i visi si volsero verso la voce e orecchie si fecero attente.
Non ci hanno voluto dire il nome ma ecco cosa ci hanno raccontato proprio stasera .
Lo “spirdo” è la mamma di un ragazzo ammalato che i medici non riescono a guarire.
E così lei ha fatto voto che fin quando il figlio non guarisce girerà di notte e pregando.
Ecco spiegato lo strano mormorio che annuncia l’arrivo dello “spirdo” e che ne accompagna l’allontanamento. Prega.
“ Ma se è una donna perché averne paura?”
“ Ti ricordi quello che l’ha salutata? Da quella sera non si è trovato più e l’hanno dovuto chiudere a Nocera.
I notti u’nnè mai buonu a caminari. I notti girunu i spirdi!”