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repubblicaNella ricorrenza della Festa della Repubblica Italiana l’Associazione “Uniti per San Pietro in Amantea – Non solum nobis”” terrà un incontro alle ore 18,00 presso la Sala Polifunzionale Museo Arte Orafa Calabrese di Via San Bartolomeo Apostolo di San Pietro in Amantea : La Repubblica è donna.

Relatori: il magistrato dott.ssa Giselda Stella : Antigone al contrario. Dalle prime elettrici italiane alle donne in magistratura.

Ferruccio Policicchio: Il voto del 1946 a San Pietro in Amantea e nel suo comprensorio.

Modera il Presidente dell’Associazione dott.ssa Argia Socievole.

Sarà ricordata la maestra elementare Ines Nervi in Carratelli la quale venne eletta Sindaco di San Pietro in Amantea nel lontano marzo 1946, quando per la prima volta nella storia votarono anche le donne. Donna Ines fu una delle prime donne in Italia a ricoprire una carica pubblica dopo la caduta del Fascismo. Un suo ritratto ora si trova collocato nel Salone delle donne del Parlamento Italiano accanto alle altre due donne calabresi e alle altre dieci provenienti dalle altre regioni italiane. La cerimonia si è svolta il 3 maggio u.s. alla presenza dell’On. Livia Turco e della Presidente delle Camera dei Deputati On. Laura Boldrini.

Prima delle votazioni per il referendum istituzionale e per l’Assemblea Costituente, 2 giugno 1946, si svolgono in diversi turni le elezioni amministrative per eleggere i Sindaci. In San Pietro in Amantea le elezioni per eleggere il Sindaco si svolsero il 24 marzo. Per i comuni inferiori a trentamila abitanti, vigeva una legge elettorale che assegnava i quattro quinti alla lista che riportava la maggioranza dei voti e un quinto alla lista che veniva subito dopo. Man mano che ci si avvicinava al 2 giugno l’atmosfera si arroventava. Erano giorni caldissimi, con momenti di grande tensione. Si recarono alle urne 25 milioni di italiani. Il voto era obbligatorio e per la seconda volta nella storia d’Italia andarono a votare anche le donne. Vinse la Repubblica. Intanto, prima della proclamazione ufficiale,l’atmosfera si arroventava sempre di più,soprattutto nelle province meridionali, Napoli in particolare, dove il 12 giugno si era svolta una manifestazione monarchica e la polizia fu costretta a sparare sulla folla e restarono uccise sette persone e vi furono una settantina di feriti. I monarchici accusavano di brogli elettorali il Governo ed in particolare il Ministro degli Interni On. Romita. I ministri, temendo una rivolta nazionale, nominarono l’On. Alcide De Gasperi Capo provvisorio dello Stato dichiarando decaduto il Re Umberto di Savoia senza attendere il prescritto decreto reale. Il 28 giugno fu eletto Capo dello Stato Repubblicano Enrico De Nicola e Giuseppe Saragat Presidente della Costituente.

“Il popolo ha scelto – La storia ha scritto – E’ già Repubblica” così Milano Sera annuncia il 5 giugno i risultati non ancora definitivi del referendum istituzionale.- Ed ancora:- Ed ora in cammino, Italiani, per le vie dell’Italia e del mondo. La Repubblica ha vinto. Ha vinti l’Italia. Hanno vinto i contadini, gli intellettuali, gli operai, i tecnici, i piccoli industriali, i commercianti, coloro che non chiedono che di lavorare da mattina a sera, e di vivere del proprio sudore; hanno vinto i lavoratori tutti,dallo scalpellino all’ingegnere, all’inventore, al poeta, anche se migliaia di scalpellini avranno votato contro la Repubblica. Ciò non importa. L’Italia che ha vinto è quella del lavoro, della ricostruzione nazionale, del riscatto economico e sociale, della rinascita di tutte le nostre energie spirituali; e questa Italia accoglie tra le sue braccia tutti gli italiani indistintamente, anche coloro che per un ventennio si sono abituati a vegetare nell’ozio, fra scrosci di armi che al momento buono non sono servite a nulla, se non ad uccidere degli italiani, fantasticando su facili imprese di espansioni imperialistiche. In cammino, fratelli, per le vie del mondo con altra faccia, con coraggio nuovo, con spirito che non si flette, con purezza di animo e di coscienza che non ha più macchia; avanti; il mondo ci conoscerà per quello che veramente siamo in Italia -..

Le varie competizioni elettorali riuscirono a scuotere in qualche modo il ritmo di S. Pietro post bellico. Gli sfollati erano ritornati nelle proprie case in Amantea, dalla prigionia erano ritornati in patria i nostri soldati. Le campagne si erano ripopolate e le cantine “du zu Minicu”, “du zu Giachinu”,”du Cav. Sconza”, “d’Alberto Miraglia” “’Donn’Alfonso” e di “Pasquale Socievo9le”,specialmente nei giorni festivi, si riempivano di avventori che giocavano a carte e bevevano vino genuino.

A noi ragazzi piaceva l’atmosfera che si diffondeva nel paese, c’era davvero un’aria di festa. E che festa quando andavamo ad attaccare i manifesti con colla di farina o a distribuire i volantini. Con lunghe scale riempivamo tutti i muri delle case. La legge sugli spazi per la propaganda venne dopo. E il Cavaliere Gaetano Nesi, munito di secchio e pennello sui muri scriveva:- Dove vai? A votare. Vota per il nostro paesano Benedetto Carratelli- Ed ancora:- Ma tu si fissa o mastru scarparu? Vota per l’On. Carratelli-.Ancora oggi, scrutando con attenzione i muri delle case, si possono leggere queste scritte.

Nelle elezioni per l’Assemblea Costituente gli elettori furono 948 e i votanti 820, il Partito Comunista Italiano ottenne 66 voti mentre la Democrazia Cristiana ottenne 528. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 gli elettori furono 972 e i votanti 807. Il Fronte democratico popolare (P.C.I. e P.S.I. insieme) ottenne soltanto 33 voti, mentre la Democrazia Cristiana ottenne 634 voti, il MSI 67 voti.

                                                                                                            

Pubblicato in Italia

maxresdefaultStrano paese è l'Italia. Per più di sessanta anni i libri di storia delle nostre scuole e i politici romani, per il quieto vivere, hanno taciuto sulle foibe e del dramma vissuto da centinaia di migliaia di italiani che dopo il Trattato di Pace di Parigi del 1947 sono stati costretti a lasciare le loro case e i loro affetti e a rifugiarsi in Italia. L'Italia, per codardia o per paura, per cecità politica, non ha saputo difendere i suoi figli che per lunghissimi anni hanno abitato oltre i confini della Patria. Hanno dovuto abbandonare le terre dove erano nati per sfuggire agli abusi ed ai soprusi, alle rappresaglie, ai processi sommari, alle uccisioni da parte dei partigiani comunisti di Tito. E mi riferisco ai profughi della Dalmazia, di Istria, di Pola, di Fiume, di Zara.

Solo il Presidente della Repubblica On. Francesco Cossiga, verso la fine del suo settennato, osò sfidare la viltà, le bugie, l'ignoranza, la paura, il quieto vivere, e si recò nella foiba di Basovizza (Trieste), oggi monumento nazionale, a deporre una corona di fiori per onorare la memoria dei tanti italiani innocenti fatti sparire nel nulla dall'odio e dalla vendetta comunista. Poi il Presidente Ciampi istituì "Il giorno della memoria" che si celebra ogni 10 febbraio, per ricordare tutti gli italiani infoibati, ma soprattutto per capire e ricordare le foibe.

E l'Italia è stata ancora l'unica nazione al mondo in cui l'intellighenzia e la cultura dominante hanno prima violentemente negato l'esistenza stessa delle foibe, dei tribunali popolari jugoslavi, dei processi sommari , delle condanne a morte e poi minimizzato gli orrori perpetrati contro gli italiani dai partigiani di Tito.

In nome della realpolitik agli infoibati non solo è stata negata giustizia ma addirittura la pietas. Per anni nessuno si è potuto recare nei luoghi degli orrori per poter depositare un fiore e recitare un Eterno Riposo. Tutte le cerimonie in Italia furono sempre boicottate e disertate dalle autorità locali per esplicita richiesta del Partito Comunista Italiano.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo scorso anno così disse: << Non solo va ricordata la congiura del silenzio, ma anche l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe. Dobbiamo assumerci la responsabilità dell'aver negato, o teso ad ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali >>.

<<…..Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica" >>.

Prima di Cossiga, Ciampi e Napoletano, tutti i politici nostrani tacquero. Alcuni politici dell'estrema sinistra non solo tacquero, ma diedero una visione alterata degli avvenimenti e di questo atteggiamento ne fecero le spese i profughi ai quali fu ingiustamente cucita addosso l'odiosa nomea di "fascisti in fuga". Basta leggere "L'Unità", organo del Partito Comunista Italiano, del 30 novembre del 1946. Così scrive: - Coloro i quali si sono riversati in massa nelle nostre grandi città non hanno nessun diritto di asilo. Sono fascisti, gerarchi, briganti, profittatori che sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune e non meritano la nostra solidarietà, né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi -.

Con questo non voglio dire che il PCI ebbe responsabilità dirette sui massacri, tuttavia, come si evince dalle dichiarazioni, moltissimi pur sapendo tacquero o collaborarono con i fratelli comunisti di Tito, almeno fino alla rottura con Mosca del 1948 e all'inizio della guerra fredda.

Ma nelle foibe, come oggi sappiamo, non finirono soltanto i fascisti e i gerarchi, gli ufficiali e i funzionari pubblici che durante l'occupazione fascista si macchiarono di crimini orrendi, ma migliaia di persone innocenti, donne, bambini, sacerdoti, antifascisti cattolici, autonomisti e finanche persone che si opponevano al regime comunista di Tito tra cui numerosi capi di organizzazioni partigiane antifasciste, sloveni e croati comunisti.

I partigiani di Tito improvvisavano tribunali popolari, emettevano centinaia di condanne a morte. La maggioranza dei condannati venivano subito fucilati, moltissimi venivano legati a due a due con fil di ferro e poi scaraventati nelle foibe, alcuni addirittura mentre erano ancora in vita.

Quante furono le vittime della pulizia etnica comunista? Non furono mai quantificate, perché sono mancati i documenti ufficiali e anche perché il Governo Jugoslavo non ha mai accettato di partecipare a inchieste per determinare il numero dei decessi.

Il tema delle foibe uscì dall'oblio dopo la caduta del muro di Berlino e dopo il crollo del comunismo nell'Unione Sovietica e incominciò ad essere discusso nei giornali, nelle scuole, in televisione, tra la gente che fino ad allora ignorava perfino il significato della parola foiba.

Anche la RAI finalmente si occupò delle foibe e della tragedia immane che colpi centinaia di migliaia di persone dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Avevano una sola colpa, quella di essere italiani. La RAI trasmesse una fiction liberamente ispirata alla stragi delle foibe "Il cuore nel pozzo". Fu un successo. Suscitò non solo una forte impressione, ma anche numerose polemiche. Finalmente il popolo italiano apprese il vero significato delle foibe e cosa fecero i partigiani di Tito dal settembre 1943 fino al Trattato di Pace di Parigi nel 1947, anno in cui i vincitori della seconda guerra mondiale assegnarono alla Jugoslavia il territorio occupato fino ad allora dall'Italia.

Una domanda oggi è d'obbligo. Perché il Governo Italiano tacque per così lungo tempo? Perché non protestò nelle sedi internazionali? Perché i nuovi amici e alleati dell'Italia nella NATO per decenni tacquero e non fecero luce sui massacri?

Era evidentemente pericoloso e dannoso indagare, come è ora politicamente non corretto dire le cose come realmente stanno. Ancora oggi qualcuno cerca di sviare le indagini, in nome di che cosa? Della pace, del buon vicinato, della convivenza pacifica, dei buoni rapporti, della stessa appartenenza alla NATO, degli equilibri politici raggiunti?

Gli infoibati furono vittime dell'odio e della violenza comunista e chi cerca oggi di minimizzare quei tragici avvenimenti è solamente un povero omuncolo sconfitto dalla storia.

Dal libro di Francesco Gagliardi “San Pietro in Amantea” tra Storia, Storie, Leggende e Attualità.

 

Francesco Gagliardi

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