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andreaLa Pasqua in Calabria è una delle feste più sentite tra gli eventi dell’anno tanto che ancora oggi molti dei riti pasquali vengono celebrati secondo gli usi tradizionali.

 

I riti della Pasqua o meglio dire i riti della settimana santa calabrese sono davvero suggestivi e famosi proprio per l’intensità con cui vengono celebrati.

Se ci si trova in vacanza in Calabria a Pasqua, non bisogna perdere i riti e le tradizioni più famose.

Le celebrazioni dei riti pasquali in Calabria più suggestive sono quelle che precedono il giorno di Pasqua, negli ultimi giorni della settimana Santa.

La Processione dei “Varetti” di Amantea, ripropone la passione di Cristo, è uno dei Riti di Pasqua in Calabria più famosi.

Un rito molto importante, suggestivo e solenne a cui prendono parte fedeli fortemente devoti.

 

La processione parte dalla Chiesa Madre che si trova nella parte vecchia del Paese; per poi percorrere in discesa una prima parte per poi proseguire lungo una salita piuttosto ripida, lungo la quale i fedeli seguono in processione il Cristo morto e la Madonna Addolorata.

Nel tempo della Passione si rievoca il tradimento, la cattura e la crocifissione di Gesù Cristo.

La sua morte espiatrice è stata il modello di ogni martire il cui sacrificio partecipa alla redenzione.

Le rievocazioni della Passione consistono in un solenne corteo in cui sono teatralmente riproposti da personaggi in costume gli episodi canonici della Passione del Cristo, della cattura nell'orto di Getsemani, della crocifissione, fino alla esibizione dei simboli materiali tradizionalmente collegati alla sua morte.

Come il sole all'equinozio è posto nel punto centrale per risorgere nella parte superiore dello zodiaco, così il Cristo è crocifisso al centro del cosmo, per risorgere e poi ascendere al cielo.

 

Questo passaggio della Passione di Cristo è simboleggiato nella solenne Via Crucis del Venerdì Santo.

La parola Passione deriva dal latino "Passio, Passionis", che deriva da "Pati", che significa soffrire.

Nella religione cristiana la Passione è attribuita al complesso di sofferenze e dei tormenti patiti fino alla morte, sulla croce, da Gesù Cristo.

Ed è proprio il Venerdì della Settimana Santa il giorno tradizionalmente considerato della Passione.

 

Questo Venerdì dei Varetti si è consumato questa mattina con una partecipazione enorme di fedeli, fra questi tutti i membri dell’Amministrazione Comunale, i quali se ne stavano in ordine sparso dietro le statue che venivano portate a spalla.

Tutti questi signori, quando la processione è arrivata su Via Margherita, son passati davanti ad un Chioschetto abitato dal figlio di un Dio minore. Il suo nome è Andrea Ganzino il quale non avendo una casa dove abitare, inizialmente viveva in una capanna sulla spiaggia, ultimamente si è trasferito in questo chiosco.

 

Un ragazzo, Andrea, meno fortunato del Bambin Gesù, perché non ha avuto l’asinello e la mucca a procurargli un po’ di caldo nella mangiatoia.

Ho pensato che questi Signori del Potere dovrebbero sì, far parte della processione del Venerdì cosiddetto Santo, ma dovrebbero parteciparvi come “Battienti” emulando i battenti della vicina Nocera Terinese e dunque torturandosi le carni proprie; le gambe e il petto con il “Cardo” che porta infissi tredici frammenti di vetro.

In aggiunta dovrebbero poi versarsi sulle ferite una mistura di vino e aceto. Questi Amministratori Battienti li avrei apprezzato se tutti insieme avessero seguito, una parte, la processione dietro il Cristo Morto e l’altra metà, la Madonna Addolorata La quale ha usufruito dei capelli che le sono stati donati da una signora lavoratrice, Flora Furelli che nel 1940, al ritorno, del marito Francesco Mannarino, dalla guerra, si taglio la lunghissima chioma donandola alla testa dell’Addolorata come voto.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

 

 

Pubblicato in Primo Piano

gigginoLa concussione, dal latino medievale  concussio “scossa, eccitamento”  dunque “pressione indebita, estorsione” è il reato del pubblico amministratore che, abusando della sua qualità e delle sue funzioni, costringe(concussione violenta) o induce (concussione implicita o fraudolenta) qualcuno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità anche di natura non patrimoniale. Questo termine è entrato prepotentemente nel nostro linguaggio quotidiano  a partire da Tangentopoli agli inizi degli anni 90. E’ un reato tipico dell'ordinamento giuridico penale della Repubblica Italiana, la fattispecie concussiva non è presente nella maggior parte degli ordinamenti europei e pubblica amministrazione. Oggi, la normativa italiana di contrasto al fenomeno concussivo è contenuta nel codice penale e precisamente nel Libro II, Titolo II "Dei delitti contro la pubblica amministrazione" (art. 314-360). Il reato “potrebbe essere punito con la detenzione da 3 a 11 anni.  Da non confondere con  La truffa aggravata che è configurabile quando la qualità o funzione del pubblico amministratore concorrono in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifici o raggiri ad una prestazione che egli crede dovuta. Invece deve ravvisarsi concussione tutte le volte che l'abuso delle qualità o della funzione del pubblico amministratore si atteggia come causa esclusivamente determinante, così da indurre il soggetto passivo all'ingiusto pagamento che egli sa di non dovere. Il fenomeno rientra pienamente nel rispetto della tradizione dell’antica Roma, quando la maggior parte dei componenti della nobiltà consideravano le province terra da bottino e il loro rappresentante il Pubblicano, cavaliere romano  svolgeva determinati incarichi per conto dello Stato: costruzioni di edifici pubblici e riscossione delle tasse nelle province. Il Pubblicano, chiaramente faceva di tutto per ottenere la costruzione al minor costo possibile con l’abbassare i salari ovvero con l’estorcere, senza alcuno scrupolo, più tasse di quelle che si era convenuto di pagare allo Stato da parte del popolo. In aggiunta non indietreggiava di fronte a nessuna oppressione, estorsione o ad alcuna sopraffazione del diritto, pur di arricchirsi. I Pubblicani erano, chiaramente, protetti dal ceto dominante. Solo nel 194 a.C. veniva varata una legge (la Lex Calpurnia  che prese il nome del suo ideatore Lucio Calpurnio Pisone Frugi) che rendeva possibile l’incriminazione di un Governatore o Pubblicano, che per i loro metodi oppressivi ed estorsivi si erano fatti odiare dalla popolazione. Di conseguenza “potevano” essere accusati di “repetundis pecuniis” (concussione). Questa legge, come è facile dedurre, non ebbe mai grande effetto. Le denunce non venivano prese in considerazione, oppure, chi si macchiava di tale reato, veniva condannato ad una semplice e banale multa, tanto per salvare le apparenze. Nel tempo intercorso da allora ai nostri termpi, poco è cambiato e se proprio si dovesse decidere di analizzare questo fenomeno tipicamente italico, bisognerebbe tenere in seria considerazione l’importanza delle nostre tradizioni e il rispetto delle stesse nel perpetuarle il più possibile senza stravolgerle. L’ex ministro dell’industria  Franco Nicolazzi, per esempio, durante Tangentopoli è stato condannato per concussione nell'ambito del processo per le cosiddette "carceri d'oro"; ciò “causò”, “udite!  udite!,  il suo ritiro dalla vita politica attiva. Altro esempio lo abbiamo avuto dal tribunale di Termini Imerese che ha condannato l'ex dirigente del settore Lavori Pubblici e del settore Finanziario del Comune di Bagheria, Giovanni Mercadante, a 2 anni e 8 mesi di reclusione per concussione. Avrebbe costretto la cooperativa sociale Serenità, minacciandola di ritardare i pagamenti delle fatture per crediti vantati nei confronti del Comune di Bagheria, a dargli 3 mila euro. Ovviamente, essendo la condanna a meno di 3 anni, il dirigente pubblico non fece carcere. Tutto nel pieno rispetto di almeno 2000 anni della nostra storia passata e nel rispetto della tradizione, perché solo così si distingue dalla semplice moda. Non è dunque un caso che una società nella quale le tradizioni sono svigorite diventa preda delle mode. Non sia mai!

Gigino A. Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Calabria
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