Mi accorgo che nei precedenti scritti ho dimenticato di precisare chi siano i rapaci necrofagi a cui mi sono sempre richiamato; “ça va sans dire” direbbero i cugini francesi, in quanto non dubito che essi siano facilmente identificabili, da tutta la collettività, in quei sciagurati parassiti che si esibiscono ogni giorno sul misero palcoscenico della politica, rappresentato tristemente da uno squallido palchetto, ciechi e sordi nei confronti dei diritti degli interessi del popolo che sfruttano e ricattano per un misero boccone!
Il potere di tale organizzazione perversa risiede nel suo potere economico e poi nel condizionare la piccola politica di questa meravigliosa Regione. “Politici” interlocutori asserviti al vero potere nella misura in cui riescono a mantenere il controllo del consenso, cosa che deriva dalla grande capacità di essere presente nella realtà economica attraverso uomini di fiducia o addirittura attraverso veri e propri affiliati al malaffare calabrese e non solo.
Queste riflessioni riguardano non solo la Calabria, di cui fa parte Amantea, ma forse l'intero territorio nazionale. Vorrei parlarvi di storie nascoste e talvolta bugiarde. Di grandi menzogne, comode come pantofole, che, stante il presente dissesto, consente di fomentare nuovi e quanto mai preoccupanti forme di atteggiamenti violenti, fra il resto della Penisola e il Sud. Tra sottoproletariato urbano e migranti.
Amantea potrebbe essere il luogo dove poter discutere le drammatiche iniquità socio-economiche di cui questa città è vittima praticamente da quando il Mezzogiorno è diventato Sud. Uno scomodo risuonar di voci, talora dissonanti, come in un crocicchio di strade sterrate fiancheggiate da secolari muretti a secco, testimoni plurisecolari di storie antiche e attuali.
E’ evidente come il peggior nemico di Amantea – malavitosi e ricattatori a parte – sia chi perpetua e consente lo sfruttamento quasi coloniale di questa bellissima terra, usata ora come discarica abusiva di rifiuti umani e tossici, ora come clientela e deposito di voti, nella quasi totale assenza di progettualità d’ampio respiro. Un potere malvagio e senza un briciolo d’amore per la città, ma anche cittadini inerti. In sudditanza pressoché totale agli interessi economici di altri tessuti produttivi.
Lo stesso nemico, di questo territorio bagnato dalle acque dell’Ulisse Mare è chi – ora nel nome del progresso, ora della crescita – alimenta lo sfruttamento scriteriato dei cittadini, succhiandone linfe vitali. Cittadini-complici di questo orrore, che si lasciano sedurre dalle sirene populiste di rapaci ladri di voti, che hanno sempre avuto gioco facile nell’erodere e sottrarre la sovranità a chi non ha mai saputo valorizzarla degnamente.
In questo fragoroso silenzio di coscienze sopite che opprime o scoraggia i giovani, non solo i giovani, costretti a vincere resistenze occupazionali indicibili, accettare lavoretti capestro nelle cooperative, combattere i pregiudizi e l’abbandono; o, in estrema ratio, ad emigrare, quando l’energia del disgusto supera, finalmente, quella del desiderio di restare.
Solo un meridionale che prenda coscienza del proprio passato e delle potenzialità del proprio territorio potrà evitare le oscene svendite del proprio patrimonio storico-culturale agli sciagurati acquirenti della dignità sottocosto di sudditi narcotizzati.
Attingendo slancio ed energia da un tempio laico e sacro di esempi memorabili. I miserabili - Così funziona il Sud. Adotto questo titolo come omaggio Come “I Miserabili” usciti dalla penna dello scrittore Victor Hugo., i nostri abietti, , sono le vittime del potere, le vittime dell’ingiustizia e della giustizia di chi comanda, le vittime di un mondo alla rovescia.
Ci sono, è inutile negarlo, i buffoni, gli sparaballe e gli sfaccendati che si adattano a fare i miserabili piuttosto che darsi da fare per cambiare le cose. Questi sono anch’essi un insulto verso chi è rimasto vittima di un sistema che, per l’avidità di chi ha pensato solo ad arricchirsi, si trova ora doppiamente penalizzato solo perché stritolato dalle mire politiche di plutocrati senza scrupoli.
Li rivedo tutti, questi poveri diavoli, come quando ero un ragazzino, silenziosi sotto il palchetto di Piazza Commercio, oggi come allora, speranzosi che qualcosa arrivi dall’alto a modificare le loro vite in questa valle di patimenti!
Gigino A Pellegrini & G el Tarik