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Sembra incredibile ma è vero.

È il risultato di tre elementi.

Il primo è l'articolo 55-quater della Riforma Brunetta, che prevede la sanzione disciplinare del licenziamento “comunque nei confronti dei dipendenti pubblici accusati di falsa attestazione della presenza in servizio mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente”. La Riforma Brunetta vuole che la Regione proceda più velocemente della Procura, ed ha imposto all'Ente di irrogare le sanzioni, che vanno dal rimprovero verbale al licenziamento senza preavviso, nei confronti dei dipendenti che non dovessero riuscire a dimostrare la regolarità del proprio operato in sede di audizione davanti all'ufficio di disciplina. E così è stato.

Il secondo è l’approfondita indagine effettuata dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, che, per un mese intero, non avevano perso d'occhio l'ingresso dell'edificio che ospita gli uffici regionali attenzionati, a delineare ruoli e responsabilità di ogni singolo presunto assenteista, facendone confluire i nomi in un corposo provvedimento di chiusura delle indagini.

Il terzo è la decisa azione condotta dalla procura di Catanzaro e portata al traguardo dal sostituto procuratore, Carlo Villani, ora nelle mani del GIP Fabiana Rapino, chiamata a procedere con una richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione. Il sostituto procuratore, Carlo Villani, nell'immediatezza dell'avviso di chiusura delle indagini, aveva scritto al direttore generale, Nucara, e al dirigente generale del Dipartimento Presidenza della Regione Calabria, Franco Zoccali, per sollecitarli ad applicare la legge Brunetta.

E la regione non aveva mancato al proprio ruolo ed aveva attivato l'apposito Ufficio, composto dai dirigenti, Sergio Tassone e Roberta Cardamone, e dal funzionario, Giovanni Murone, il quale ha emesso il suo “verdetto”:

-quattro provvedimenti di licenziamento,

-cinque di sospensione dal servizio per un periodo superiore a 11 giorni,

-quarantuno rimproveri, tra scritti e verbali,

-due sole archiviazioni emesse nei confronti degli unici due impiegati che hanno validamente motivato i minuti di assenza contestati.

In sostanza sono stati interessati ben 50 dipendenti regionali, dislocati tra gli uffici dei Dipartimenti Avvocatura, Attività produttive, Cultura, Politiche energetiche, Bilancio e Lavori pubblici, ubicati in viale Cassiodoro.

L’ufficio per i procedimenti disciplinari ha dovuto convocare per il contraddittorio i dipendenti “incriminati” i quali, affiancati da un proprio difensore di fiducia, hanno tentato di chiarire i rispettivi movimenti durante le ore prese in considerazione dall'indagine.

Ora agli stessi non resta che impugnare il provvedimento appena notificatogli davanti al giudice del Lavoro, nella speranza di ritornare dietro la scrivania occupata fino a ieri.

Pubblicato in Catanzaro

Era il 6 aprile 2013 quando scrivevamo il seguente articolo: Assunzioni sospette a Fincalabra, esposto in Procura.

E sostenevamo che “ Non tutto è da buttare in Calabria. Almeno questa è la speranza. E sembrerebbe chiamarsi Aurelio Chizzoniti, questo diverso. Settantenne, reggino, avvocato penalista,componente, insieme a Giulio Serra, del movimento di ”Insieme per la Calabria”.

Chizzoniti nella sua qualità di presidente della commissione di Vigilanza si è rivolto alla Procura della Repubblica di Catanzaro ed a quella della Corte dei conti, presentando un esposto sulle assunzioni sospette in Fincalabra, la società in house controllata al 100% della Regione.

Il magistrato ha già aperto un fascicolo di indagine anche se al momento senza persone iscritte nel registro degli indagati.

Da settimane Chizzoniti aveva chiesto e sollecitato al presidente della Fincalabra di produrre tutta la documentazione relativa alle assunzioni nell’ente sub-regionale intimando che diversamente la commissione avrebbe adito le vie legali, richiesta alla quale il presidente De Rose ha risposto evasivamente se non picche.

Ed allora a Chizzoniti non è rimasto altro da fare che rivolgersi alla Procura ordinaria e ai magistrati contabili, al fine di fare luce sulle oltre 100 assunzioni perfezionate da Fincalabra attraverso procedure alquanto sospette.

Il rischio è che in questa vicenda potrebbero rinvenirsi l’abuso in atti d’ufficio, l’omissione in atto d’ufficio, la truffa e l’associazione per delinquere. Toccherà alla Procura stabilire se le ipotesi avanzate da Chizzoniti siano fondate o meno.

Sembrerebbero che nella vicenda siano coinvolti anche i figli e i parenti di influenti personalità politiche regionali, che avrebbero ottenuto un lavoro nella partecipata regionale a scapito di altri candidati più preparati, come dimostrerebbero i titoli e i curricula allegati alle candidature.

Ma De Rose avrebbe eretto un muro di gomma ritenendo incompetente la commissione di Vigilanza di Chizzoniti. Insomma, a parere del presidente di Fincalabra, Chizzoniti non avrebbe il diritto di mettere il naso nelle faccende che riguardano un ente interamente controllato dalla Regione.

Ora due le possibilità , da un lato la summa giustizia e quindi il processo per i responsabili (summum ius) e dall’altro la summa ingiustizia e quindi l’oblio e le reiterazione di comportamenti similari (summa iniuria).

Un articolo poco letto.

Avevamo ragione . Oggi il PM Villani ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini notificato oggi a otto indagati

Di abuso d'ufficio e minacce deve rispondere proprio il presidente della società in house della Regione, Umberto De Rose.

Solo l'ipotesi di abuso d'ufficio è contestata invece a ai membri del cda di Fincalabra e ai membri della commissione esaminatrice:

Sergio Campone 63 anni,

Giuseppe Frisini 44 anni,

Vincenzo Ruberto 48 anni,

Antonio Idone 63 anni,

Leonardo Molinari 43 anni,

Giuseppe Lelio Petronio 77 anni e

Flavio Talarico 49 anni.

Tra le assunzioni senza requisiti e con minacce ai dirigenti che si “ribellavano” anche quella di Lory Gentile figlia del senatore del Nuovo centrodestra.

Ma davvero esiste la giustizia in Calabria?

Pubblicato in Calabria

La Procura di Catanzaro ha avviato una inchiesta sugli operai forestali assenteisti in Calabria. Il fascicolo è stato aperto dopo la trasmissione televisiva 'Le Iene', andata in onda il 14 aprile scorso, che ha mostrato numerosi forestali assenti dai posti di lavoro. Il sostituto procuratore della Repubblica, Carlo Villani, ha acquisito il video andato in onda nella puntata della trasmissione di 'Italia 1'. Dopo la puntata televisiva il commissario dell'Afor ha presentato una denuncia alla Procura del capoluogo calabrese. Gli inquirenti hanno avviato ora gli accertamenti per identificare gli operai forestali che, pur risultando presenti, erano in luoghi diversi dai cantieri. E' in corso anche l'acquisizione dei fogli presenza per verificarne la regolarità. (ANSA).

Pubblicato in Catanzaro

Il gip di Catanzaro, Sabatini, che ha accolto le tesi del pm Villani sul caso Isola Capo Rizzuto, con un proprio provvedimento stamattina ha inviato la Digos a sequestrare i beni di politici regionali e dirigenti che sarebbero coinvolti nel giro di tangenti per la realizzazione del Parco Pitagora, il centro eolico nel comune di Isola di Capo Rizzuto, famoso per le polemiche causate dall’impatto ambientale. Lo Stato rivuole i suoi soldi.

Secondo la Procura per le autorizzazioni del parco eolico era stata pattuita una mazzetta di 2 milioni e 400 mila euro, pagata solo in parte, per un 792.000 euro.

E stamattina gli agenti della DIGOS hanno effettuato il sequestro dei beni appartenenti alle persone coinvolte nell’inchiesta, per il valore della tangente ricevuta.

Al centro dell’inchiesta, secondo le rivelazioni dell’imprenditore Mauro Nucara, ci sarebbero Nicola Adamo e il suo entourage di dirigenti regionali, all’epoca in cui l’esponente del Partito Democratico era vice presidente della giunta regionale. Adamo avrebbe rappresentato il collegamento tra l’impresa appaltatrice e la Regione Calabria.

Assieme a quelli di Adamo sono stati colpiti dal sequestro dei beni anche alcuni suoi “collaboratori” ed imprenditori: Giancarlo D’Agni, Mario Lo Po, Carmelo Misiti, Mario Nucaro, Roberto Baldetti, Giampiero Rossetti e S. G..

Insomma, un’ennesima pagina oscura della politica regionale.

Sembra che grazie a sue pressioni, infatti, la Regione avesse deliberato delle linee guida ad hoc per il parco eolico da realizzare, così da sveltire tutti i processi burocratici del caso. Ad affiancarlo negli affari – ed oggi anche nei guai giudiziari – è il suo uomo di fiducia, Giancarlo D’Agni, “che - secondo la ricostruzione della Procura - teneva i contatti con i privati ai quali chiedeva in nome e per conto dell’Adamo la corresponsione di somme di denaro al fine di agevolare l’iter dei procedimenti amministrativi tesi all’emanazione di autorizzazioni uniche all’esercizio di impianti eolici ed ottenere così provvedimenti finali favorevoli, nonché al fine di ottenere l’emanazione di regolamenti regionali favorevoli per i privati corruttori, provvedendo poi ad intascare il denaro, versato nella finta veste di pagamento di consulenze a società nelle quali lo stesso D’Agni diviene, ad hoc e per volere di Adamo, socio”. Il funzionario regionale Carmelo Misiti viene, invece, definito “braccio esecutivo di Adamo del quale esegue gli ordini anche nella sua funzione di dirigente (esterno) del Settore commercio artigianato ed Energia del dipartimento Economia della Regione Calabria, incarico che gli viene conferito su indicazione dello stesso Adamo.

Ora basta attendere la sentenza.

Pubblicato in Calabria
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