PM e GIP arrestano ed il TdL libera
Ormai è una successione, una serie, una catena di pronunce, per fortuna favorevoli, a chi ha subito restrizioni della libertà, in carcere od ai domiciliari, non importa, quale conseguenza di una inchiesta penale.
Lo abbiamo sempre detto, la carcerazione preventiva salvo i casi più gravi ci sembra una barbarie, un posizione di forza ingiustificata della Giustizia.
Ma ora le reiterate pronunce del TdL favorevoli agli inquisiti arrestati impone serie riflessioni.
Le ultime pronunce sono quelle relative alla maxinchiesta giudiziaria Comune accordo su un ritenuto cartello illegale che avrebbe presieduto, governato e truccato le gare d’appalto per lavori pubblici e pubbliche forniture presso l’ex Comune di Corigliano Calabro oggi fuso con Rossano nel nuovo Comune di Corigliano Rossano.
L’inchiesta è stata condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dal procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla.
Il Riesame, come riporta Il Blog di Corigliano, si sta via, via pronunciando in relazione alle singole misure cautelari adottate dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale castrovillarese Luca Colitta nella propria ordinanza, che lo scorso 12 luglio aveva mandato cinque persone in carcere e diciotto agli arresti domiciliari (sono cinquantacinque, complessivamente, gl’indagati)tra noti imprenditori attivi nel settore degli appalti, imprenditori edili, amministratori politici e funzionari comunali dell’attuale Città di Corigliano-Rossano.
Ieri, il Tribunale della libertà catanzarese ha depositato gli accoglimenti dei ricorsi che erano stati presentati e discussi da parte dei legali dell’ingegnere Giovanni Barone, di 57 anni e degl’imprenditori Emanuele e Raffaele Gradilone, di 39 e 41 anni, Mario e Domenico Vona, di 66 e 36 anni, i quali hanno ottenuto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare. Si tratta, rispettivamente, del direttore dei lavori d’un intervento di consolidamento idrogeologico e di quattro imprenditori che hanno realizzato alcuni dei lavori contestati. Tutt’e cinque tornano in libertà, dunque.
Così com’erano tornati in libertà, l’altro ieri, gl’imprenditori Lorenzo Domenico Cersosimo, di 37 anni e Salvatore Sandro Sprovieri, di 47, mentre ieri era toccato all’ingegnere funzionario comunale Franco Vercillo, di 56 anni.
Dal carcere erano invece stati assegnati ai domiciliari gl’imprenditori Damiano ed Antonio Perrone, rispettivamente di 62 e 33 anni, padre e figlio.
Ciò, ovviamente, soltanto per ciò che concerne i titoli di custodia cautelare in ragione dei pericoli di fuga, reiterazioni dei reati ed inquinamenti delle prove, evidentemente ritenuti insussistenti per i giudici della libertà che hanno scarcerato e liberato un nugolo d’indagati. Nel merito della maxinchiesta restano comunque tutti indagati appunto, ed è prevedibile che il procuratore Facciolla da qui a non molto ne chieda per tutti il rinvio a giudizio perché vengano mandati a processo.
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Il Tribunale del riesame respinge la richiesta di arresto per il consigliere regionale Orlandino Greco e per l’ex consigliere provinciale Aldo Figliuzzi.
Per entrambi non sussistono gravi indizi di colpevolezza né esigenze cautelari.
Nel dispositivo del tribunale, per Orlandino Greco soltanto la campagna elettorale del 2008 merita dei maggiori approfondimenti investigativi.
L’ex sindaco di Castrolibero oggi consigliere regionale eletto nella lista “Oliverio presidente” e Aldo Figliuzzi erano stati accusati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro di corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso.
All’epoca dei fatti il pm dell’antimafia Pierpaolo Bruni, oggi procuratore a Paola, aveva richiesto l’arresto.
La misura cautelare è stata però rigettata nel mese di dicembre.
La scelta è stata successivamente impugnata dal procuratore Nicola Gratteri il quale sostenne come fosse necessaria la restrizione della libertà per gli indagati.
A pesare sull’intero quadro probatorio per i due politici ci furono le dichiarazioni di sei collaboratori di giustizia: Roberto Calabrese Violetta, Adolfo Foggetti, Ernesto Fogetti, Marco Massaro, Daniele Lamanna ed Edyta Kopaczynska.
L’appoggio del clan ad Orlandino Greco, difeso dall’avvocato Franco Sammarco, sarebbe arrivato grazie alla consegna di una mazzetta di 20mila euro consegnata da Greco per ottenerne l’appoggio durante la campagna elettorale.
Sia Greco che Figliuzzi, difeso dall’avvocato Pasquale Naccarato, hanno ribadito nel corso delle testimonianze processuali come i rapporti con il defunto Michele Bruni (ex reggente del clan Bella-bella) non avessero nessun fondamento.
Linea difensiva basata dunque sulla inattendibilità dei racconti dei pentiti.
Oggi il verdetto atteso ormai da mesi.
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Nell'ambito dell'inchie sta Acheruntia condotta dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, la Dda aveva chiesto l’arresto di Trematerra per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato dal favorire una consorteria di ndrangheta ma lo scorso 7 luglio il gip di Catanzaro aveva negato l'arresto del politico perché “non emerge la prova di un concreto ed effettivo contributo prestato da Trematerra a favore dell’associazione”.
La Dda di Catanzaro ha proposto appello sollecitando l’arresto del politico della UDC e sostenendo che non possono esservi dubbi «che il Trematerra fosse perfettamente a conoscenza del ruolo 'ndranghetistico di Gencarelli», anzi è lo stesso gip, nella sua ordinanza che scrive che «l'ex assessore regionale fosse consapevole della caratura criminale 'ndranghetistica del coindagato». «Pertanto - continua il pm - va evidenziato e sottolineato, al fine di smentire la natura personalistica e amicale delle condotte di favore poste in essere dal Trematerra al Gencarelli Angelo che tali condotte di favore hanno visto come beneficiari, non solo lo stesso Gencarelli Angelo ma anche Salvatore Gencarelli quindi l'articolazione imprenditoriale della cosca costituita dalla società "La fungaia"».
E nei giorni scorsi si è svolta la udienza presso il TdL presenti nella udienza gli avvocati del politico di Acri, Salvatore Staiano e Sergio Calabrese, e il sostituto procuratore della Dda Pierpaolo Bruni.
Il Tribunale della libertà di Catanzaro ha rigettato l'appello sostenendo nella ordinanza la esclusione di gravi indizi di colpevolezza a carico di Trematerra per il reato di concorso esterno.
Al contrario, sempre secondo il Tribunale della Libertà, sussistono i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'ex assessore calabrese per l'accusa di corruzione elettorale aggravata dall'articolo 7 "sotto forma di agevolazione della consorteria mafiosa di Angelo Gencarelli".
"Il patto - si legge nell'ordinanza - ha comportato, a seguito dell'elezione di Michele Trematerra al consiglio regionale, un rafforzamento del prestigio esterno della consorteria, che poteva vantare e, all'occorrenza, sfruttare e avvalersi per il raggiungimento delle sue finalità, la presenza di un soggetto inserito negli organi istituzionali della Regione Calabria". (AGI)
E così l’ex assessore regionale all’Agricoltura Michele Trematerra può tirare un parziale sospiro di sollievo.
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Calabria