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Luca Mannarino è stato presidente di Fincalabra.

In quella occasione, secondo la GdF è emerso che avrebbe distratto, da fine agosto a metà novembre del 2015, fondi comunitari per un valore di oltre 46 milioni di euro, che erano stati affidati in gestione a Fincalabra e che erano vincolati esclusivamente al finanziamento di progetti presentati da piccole e medie imprese.

 

Corresponsabili di tale scelta anche gli ex consiglieri Pio Turano e Martino Marcello e i dirigenti di Banca Widiba spa (gruppo Monte dei Paschi di Siena) Francesco Candelieri e Mario Galassini

Tutti loro sono stati destinatari di avvisi di garanzia e di provvedimenti di sequestro di beni eseguiti oggi dal Nucleo di polizia tributaria e dal Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza di Catanzaro.

L'indagine che ha portato all'esecuzione dei sequestri era partita da una denuncia del cda di Fincalabra subentrato a quello guidato da Mannarino.

 

I vertici dell'organismo, in quella circostanza, avevano segnalato alcune anomalie parlando della necessità di un'operazione trasparenza sull'utilizzo dei fondi comunitari.

Mannarino ed il cda, con il concorso dei dirigenti della banca Widiba spa - gruppo Monte dei Paschi Di Siena, ha indebitamente utilizzato l’ingente somma per l’acquisto di variegati strumenti finanziari sia nazionali che esteri, connotati da altissimo rischio e volatilità, provocando in tal modo un ammanco nelle casse regionali di un importo pari ad euro 1.868.979,75.

Nello specifico, il danno complessivamente arrecato al bilancio regionale è stato pari a euro 360.857,95 quali provvigioni corrisposte al promotore finanziario, euro 685.330,23 riconducibili a spese e/o commissioni trattenute dalla stessa banca ed euro 822.791,57 quale perdita netta di valore subita dai titoli acquistati da Fincalabra.

Il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro e il Nucleo speciale di polizia valutaria hanno eseguito sul territorio nazionale sequestri preventivi di beni mobili ed immobili per un valore di un milione e 868 mila euro nei confronti delle cinque persone dopra richiamate e che sono state denunciate contestualmente con l'accusa di peculato ai danni di Fincalabra spa, ente in house della Regione Calabria.

Il provvedimento di sequestro é stato emesso dal Gip di Catanzaro Pietro Care’, su richiesta del sostituto procuratore dott.ssa Fabiana Rapino e del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri della procura della Repubblica di Catanzaro, diretta dal procuratore Nicola Gratteri.

Pubblicato in Alto Tirreno

Non si conclude la vicenda dei beni di “San Francesco di Paola”, il santo povero che tutta la Calabria ama e venera, il santo che camminava a piedi e navigava sul mantello.

La vicenda come abbiamo scritto è seguita attentamente dagli uffici giudiziari paolani ed in particolare dal Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Paola Dott. Bruno Giordano, dal Pubblico Ministero Dott.ssa Linda Gambassi, ed insieme dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Paola Dott. Carmine De Rose.

La storia complessa dell’ammanco di milioni di euro ai danni del Santuario di San Francesco di Paola (CS) aveva già dato luogo ad una serie di sequestri cautelativi di beni tra cui 28 fabbricati, 8 terreni, 10 automezzi e disponibilità finanziarie per un totale di 17 rapporti finanziari nei confronti degli indagati tra Cosenza, Diamante, Praia a Mare, Paola, Napoli e Milano per un ammontare complessivo pari ad oltre 2.340.000 euro.

Ma gli investigatori non avevano smessi di indagare ed hanno così scoperto che due persone , già indagate e denunciate nell’ambito della stessa indagine, avevano registrato la proprietà di cinque immobili siti in Diamante, modificando i rispettivi luoghi di nascita e generando, in questo modo, due nuovi codici fiscali i quali sono risultati inesistenti.

Un espediente che ha, così, consentito di preservare i locali dalla prima azione coercitiva, ma solo per pochi mesi.

Grazie all’esperienza maturata “sul campo” ed all’incrocio di numerosi elementi, i finanzieri hanno scoperto lo stratagemma, ricostruendo l’effettiva proprietà di cinque locali, di cui due abitazioni, due magazzini e uno ad uso ufficio per un valore catastale che si aggira intorno ai 200.000 Euro.

Da qui l’ulteriore sequestro recentemente eseguito

Una vicenda ancora non chiusa e foriera di ulteriori indagini e sviluppi

Pubblicato in Paola

I finanzieri della Tenenza di Amantea, in esecuzione di specifico decreto emesso dalla Procura della Repubblica di Paola, hanno sequestrato in via preventiva un capannone sito in Mangone (CS) e conti bancari riconducibili ad una società in accomandita semplice esercente attività di installazione impianti con sede in Amantea (CS) per un valore complessivo di 350.000,00 euro.

L’attività di servizio trae origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di una società, i cui esiti hanno consentito di denunciare nr. 7 soggetti per i reati previsti e puniti dagli artt. 2, 8 e 11 del D. Lgs. 74/2000 e constatare la sottrazione al fisco di redditi imponibili per € 610.000,00 e oltre € 160.000,00 di I.V.A., nonché l’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti per un importo complessivo di circa € 1.000.000,00.

La società verificata, per non pagare le imposte e permettere a terzi di evaderle, emetteva sistematicamente ed utilizzava fatture palesemente fittizie, riguardanti inverosimili ed antieconomiche operazioni di manutenzione di automezzi ed immobili.

Inoltre, l’attività investigativa ha permesso di accertare che due degli indagati, marito e moglie, durante le operazioni di verifica, hanno tentato di simulare la vendita dell’immobile sottoposto a sequestro, per evitare che lo stesso fosse aggredito dalla eventuale procedura esecutiva dell’Erario. Proprio in virtù della significativa evasione e delle investigazioni effettuate dalla Fiamme Gialle, il G.I.P. del Tribunale di Paola ha convalidato la misura del sequestro preventivo per equivalente d’urgenza emesso dalla Procura della Repubblica di Paola, preordinato alla successiva confisca delle risorse patrimoniali illecitamente accumulate fino alla concorrenza delle imposte evase dal contribuente.

Quello applicato dall’Autorità Giudiziaria è uno strumento particolarmente efficace ed incisivo a garanzia delle ragioni dell’Erario, introdotto dalla legge finanziaria per il 2008, che consente di aggredire i beni degli evasori fiscali per l’“equivalente” delle somme sottratte al Fisco.

Pubblicato in Primo Piano
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