Molti di noi ricordano benissimo la commedia del grande Eduardo De Filippo: Natale in casa Cupiello.
E la ricordano, forse, per la domanda, un vero tormentone, che fa il padre Luca al figlio diverse volte:- Te piace ‘o Presebbio?-
Il vero protagonista della commedia è senza dubbio il presepe che Luca, il capo famiglia, si accinge a costruire in casa in occasione del Santo Natale.
Luca ama costruire il presepe e vorrebbe che anche gli altri componenti della famiglia lo amassero, ecco perché con insistenza domanda al figlio Nennillo:- Te piace ‘o Presebbio?-.
Vorrebbe ottenere dal figlio un’approvazione per il suo lavoro, approvazione che non arriva mai. A me non mi piace, risponde con insistenza. Anche sua moglie Concetta ha da ridire qualcosa sul presepe e lo punzecchia ripetutamente:- Non capisco che lo fai a fare.
Pare che stai facendo la Cupola di San Pietro. Ma vattace quattro pastori!-. Sapete cosa ha risposto Luca alla moglie? – O faccio pe’ me, ci voglio scherzare io!-. Luca, in occasione del Santo Natale costruisce il presepe per soddisfare evidentemente un suo grande desiderio: La costruzione del presepe anche se piccolo e insignificante gli ricordava i tempi felici della sua infanzia e la nascita di un Bambino, il figlio di Dio, nato in una grotta riscaldato dal fiato di un asino e di un bue, perché per Lui non c’era nemmeno un posticino negli alberghi.
Ma a voi, amici, vi piace il presepe?
O forse vi comportate come Tommasino che vuole fare il giovane moderno o il superuomo che per fare dispetto al padre ripete con insistenza:- A me ‘0 Presebbio non mi piace-.
E allora il padre lo caccia da casa. – Vattene, in casa mia non ti voglio.
E trovati un lavoro e non mettere più piedi qua, perché in questa casa si fanno i presepi-.
Ma i presepi, grazie a Dio, ancora si fanno non solo nelle nostre case, ma anche nelle chiese, nei luoghi pubblici, nelle piazze e perfino nelle scuole frequentate dai nostri figli.
Nelle scuole non sempre, però, perché in qualche località dove la presenza dei figli degli immigrati è massiccia, c’è sempre qualche maestra saccente che vuole essere al centro dell’attenzione e della scena e vieta ai suoi scolari di costruire il presepe in classe e cantare le canzoncine del Santo Natale.
Si scusa dicendo che nella sua classe non fa costruire il presepe per non offendere il credo religioso dei tanti scolari che provengono da un altro mondo e hanno tradizioni diverse dalle nostre.
Ma il Santo Padre, Papa Francesco, ha detto che il presepe forma un messaggio di speranza e di amore e aiuta a creare il clima natalizio favorevole per vivere con fede il mistero della Nascita del Redentore venuto sulla terra con semplicità e mitezza.
E da Greggio, dal luogo dove San Francesco d’Assisi realizzò nel 1223 la prima rappresentazione della Natività, il Papa ha rilanciato l’antica tradizione di costruire il presepe ovunque come segno “ di un mondo più umano e fraterno dove nessuno sia escluso ed emarginato”.
E allora continuiamo a costruire il presepe nelle nostre case e se c’è qualche familiare al quale il presepe non piace, diciamo senza astio e odio:- Io u presebbio u fazzu cumu haiu sempre fattu- .
A te non piace? Non ci posso far niente perché sei ignorante e non capisci il vero significato del presepe: Rappresenta l’evento della nascita di Gesù e il cielo stellato, i paesaggi, le casette, i pastori, la grotta, stimolano i nostri affetti e ci ricordano la nostra infanzia e la mente va volentieri a quando tutta la famiglia era riunita intorno al desco e se qualcuno era assente, per ricordarlo, si metteva comunque un piatto vuoto.
Così cantava Murolo:- ‘e ninne mie facitele ‘o presepio / e a tavola mettite ‘o piatto mio, / facite quanno è a sera da’ vigilia/ comme si’ mezzo a vuje stesse pur’io-.
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Belmonte Calabro
Dottoressa carissima, nella nostra civilissima Italia, cattolica, ci sono alcuni sacerdoti, alcuni dirigenti scolastici, alcune maestre, alcuni sindaci che quando sentono aria di Natale cercano un po’ di visibilità e fanno a gara a chi la spara più grossa e si rendono, dunque, protagonisti di azioni più bislacche e assurde: bandire il Natale e i suoi ritti dalle nostre scuole e dalle nostre piazze, niente presepi in chiesa e nelle scuole, niente crocifisso nelle aule scolastiche, niente suono delle zampogne, niente cullurielli in piazza. Per loro, tutto questo, offende i ragazzi di altre etnie nelle nostre scuole, offende gli uomini e le donne di altre religioni ma che vivono e lavorano nelle nostre case e nei nostri paesi. Il presepe, bene non farlo, dice il parroco don Luca Favarin di Padova, ben conosciuto in città per le sue attività in sostegno dei migranti, degli emarginati e dei poveri, per rispetto ai poveri, del Vangelo e dei suoi valori. Per questo prete evidentemente il Serafico San Francesco d’Assisi che costruì il primo presepe era dunque contro i cristiani. Hanno fatto molto discutere sui social le affermazioni di don Luca. Ha strappato pure qualche consenso, ma ha ricevuto un profluvio di critiche. E il parroco della chiesa di San Torpete a Genova don Paolo Farinella, anche lui parroco di frontiera, al servizio sempre dei poveri e degli emarginati, per protestare contro la Lega e Salvini i e perché contrario al Decreto Sicurezza approvato dal Parlamento Italiano ha fatto sapere che terrà la chiesa chiusa durante le feste natalizie e non celebrerà la Messa di Natale. I suoi parrocchiani hanno votato Salvini, dunque sono complici di lesa umanità e di deicidio. Il parroco nella sua newsletter inviata e poi pubblicata sul “Fatto Quotidiano” ha così scritto:- Natale non è più Natale cristiano, non più memoria della nascita di Gesù, ma cinico fatto commerciale, mescolato a ripetuti riti e liturgie-. Se si fosse fermato qui non ci sarebbe nulla da eccepire. Infatti il Natale di oggi non è più il Natale di ieri. E’ un Natale commerciale. E’ il Natale della corsa sfrenata ai regali anche costosi, alle luminarie, ai torroni e ai panettoni, alle feste, agli spettacoli in piazza con artisti famosi che costano un sacco di soldi, ai fuochi d’artifizio, allo champagne, ai pranzi luculliani che non finiscono mai. Sì, è il Natale delle abbuffate, così dice don Paolo – mentre migliaia di cristi muoiono di fame e di freddo in mare, nei bordelli della Libia, pagati dall’Italia che fomenta le guerre con l’immondo commercio delle armi-Abbiamo dimenticato, questo è vero, che il 25 dicembre di ogni anno noi cristiani celebriamo la nascita di Gesù in una stalla a Betlemme al freddo e al gelo. Ma don Paolo va oltre e paragona Gesù come un migrante, costretto a fuggire dalla sua amata terra in Egitto perché perseguitato e se si presentasse da noi oggi, col decreto immondo di Salvini, sarebbe fermato alla frontiera e rimandato indietro perché migrante economico, perché senza permesso di soggiorno e perché in Palestina non c’è una guerra vecchia dal 1948. Tante sono state le reazioni dei lettori. Il prete deve fare il prete e celebrare le Sante Messe e amministrare i sacramenti, se vuole fare il politico deve abbandonare l’abito talare e presentarsi alle elezioni. Per alcuni, visto che la sua chiesa rimarrà chiusa e diventerà inutile, sarà candidata alla vendita come auspicato dal Santo Padre e con il ricavato potrà davvero aiutare i poveri, i più bisognosi della sua parrocchia, gli emarginati e i migranti. Lei, cara dottoressa, cosa mi dice di questi sacerdoti che si rifiutano di costruire i presepi e di celebrare la Santa Messa il giorno del Santo Natale?
Francesco Gagliardi
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