Dottoressa carissima, nella nostra civilissima Italia, cattolica, ci sono alcuni sacerdoti, alcuni dirigenti scolastici, alcune maestre, alcuni sindaci che quando sentono aria di Natale cercano un po’ di visibilità e fanno a gara a chi la spara più grossa e si rendono, dunque, protagonisti di azioni più bislacche e assurde: bandire il Natale e i suoi ritti dalle nostre scuole e dalle nostre piazze, niente presepi in chiesa e nelle scuole, niente crocifisso nelle aule scolastiche, niente suono delle zampogne, niente cullurielli in piazza. Per loro, tutto questo, offende i ragazzi di altre etnie nelle nostre scuole, offende gli uomini e le donne di altre religioni ma che vivono e lavorano nelle nostre case e nei nostri paesi. Il presepe, bene non farlo, dice il parroco don Luca Favarin di Padova, ben conosciuto in città per le sue attività in sostegno dei migranti, degli emarginati e dei poveri, per rispetto ai poveri, del Vangelo e dei suoi valori. Per questo prete evidentemente il Serafico San Francesco d’Assisi che costruì il primo presepe era dunque contro i cristiani. Hanno fatto molto discutere sui social le affermazioni di don Luca. Ha strappato pure qualche consenso, ma ha ricevuto un profluvio di critiche. E il parroco della chiesa di San Torpete a Genova don Paolo Farinella, anche lui parroco di frontiera, al servizio sempre dei poveri e degli emarginati, per protestare contro la Lega e Salvini i e perché contrario al Decreto Sicurezza approvato dal Parlamento Italiano ha fatto sapere che terrà la chiesa chiusa durante le feste natalizie e non celebrerà la Messa di Natale. I suoi parrocchiani hanno votato Salvini, dunque sono complici di lesa umanità e di deicidio. Il parroco nella sua newsletter inviata e poi pubblicata sul “Fatto Quotidiano” ha così scritto:- Natale non è più Natale cristiano, non più memoria della nascita di Gesù, ma cinico fatto commerciale, mescolato a ripetuti riti e liturgie-. Se si fosse fermato qui non ci sarebbe nulla da eccepire. Infatti il Natale di oggi non è più il Natale di ieri. E’ un Natale commerciale. E’ il Natale della corsa sfrenata ai regali anche costosi, alle luminarie, ai torroni e ai panettoni, alle feste, agli spettacoli in piazza con artisti famosi che costano un sacco di soldi, ai fuochi d’artifizio, allo champagne, ai pranzi luculliani che non finiscono mai. Sì, è il Natale delle abbuffate, così dice don Paolo – mentre migliaia di cristi muoiono di fame e di freddo in mare, nei bordelli della Libia, pagati dall’Italia che fomenta le guerre con l’immondo commercio delle armi-Abbiamo dimenticato, questo è vero, che il 25 dicembre di ogni anno noi cristiani celebriamo la nascita di Gesù in una stalla a Betlemme al freddo e al gelo. Ma don Paolo va oltre e paragona Gesù come un migrante, costretto a fuggire dalla sua amata terra in Egitto perché perseguitato e se si presentasse da noi oggi, col decreto immondo di Salvini, sarebbe fermato alla frontiera e rimandato indietro perché migrante economico, perché senza permesso di soggiorno e perché in Palestina non c’è una guerra vecchia dal 1948. Tante sono state le reazioni dei lettori. Il prete deve fare il prete e celebrare le Sante Messe e amministrare i sacramenti, se vuole fare il politico deve abbandonare l’abito talare e presentarsi alle elezioni. Per alcuni, visto che la sua chiesa rimarrà chiusa e diventerà inutile, sarà candidata alla vendita come auspicato dal Santo Padre e con il ricavato potrà davvero aiutare i poveri, i più bisognosi della sua parrocchia, gli emarginati e i migranti. Lei, cara dottoressa, cosa mi dice di questi sacerdoti che si rifiutano di costruire i presepi e di celebrare la Santa Messa il giorno del Santo Natale?
Francesco Gagliardi