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“Guagliuni i mala vita. Cosenza 1870-1931” è stato editato a dicembre del 2012 dalla Pellegrini Editore ed ha sonnecchiato negli scaffali delle librerie.

Poi è capitato fortuitamente nelle mani del magistrato Nicola Gratteri che lo ha apprezzato.

Un libro di Francesco Caravetta ( nella foto con Arcangelo Badolati) che fa parte della collana “Mafie” curata da Antonio Nicaso, e che «è frutto di uno studio minuzioso, di giornate passate a spulciare atti di processi penali che indagano sulla formazione della mafia in terra cosentina, cesellando gli eventi con ordine e attraverso una narrazione che mette in rassegna tutti gli aspetti, dalle promesse di ladri di polli al pagamento delle “camorre”, passando per codici, rituali e sfruttamento della prostituzione».

Un libro che « descrive ogni ombra del paesaggio, riporta le voci che vi risuonano, cataloga ogni oggetto d'indagine. È un cesellatore di notizie, le incastra una dietro l'altra per raccontare le origini della malavita cosentina, sfatando il mito della provincia felice. Sfogliando questo libro si coglie lo spaccato di una città, con le sue teste calde e i tanti delitti che fanno da boa ai tempi, in una sorta di via crucis del crimine organizzato dal 1870 al 1931. Una trama da romanzo d'appendice, ricostruita grazie a una rigorosa ricerca d'archivio».

Di questa opera dice la Gazzetta del Sud, Cosenza

“Agli albori del crimine organizzato, alle origini della struttura mafiosa bruzia imperante su un contesto sociale gravato da estrema povertà e violenza. Se, come afferma Marc Bloch, lo storico agisce similmente «all’orco della fiaba che fiuta la carne umana e ne fa la sua preda», il ricercatore e antropologo Francesco Caravetta, autore di “Guagliuni i malavita” (Pellegrini), fa proprie le storie di malandrini, estorsori, prostitute, carcerati, assassini, tagliagole, capi e semplici affiliati consegnandoli con fluida narrativa alla memoria collettiva. Il testo, che è parte della collana “Mafie” diretta da Antonio Nicaso, è stato presentato giovedì presso il terrazzo Pellegrini alla presenza dei giornalisti Arcangelo Badolati e Attilio Sabato e del critico letterario Alberico Guarnieri, moderati da Antonietta Cozza. Microstorie di “picciotteria” che fino a ieri popolavano alcuni degli incartamenti processuali custoditi nei faldoni dell’archivio di stato cittadino e, dopo 21 mesi di ricerca rigorosa, riemerse nella loro cruda verità a testimonianza di un tempo (1870 – 1931) dominato da spavaldi che colpivano armati di rasoi o, più semplicemente, a mani nude. «Questa mafia ha una tradizione comparabile a quella di mafie più feroci e conosciute in tutto il mondo: quella del lametino, della piana di Gioia Tauro, quella reggina. Con lavori come questo – afferma Arcangelo Badolati – si va a colmare un vuoto che obiettivamente c’era nella ricostruzione delle dinamiche evolutive della criminalità organizzata di quest’area calabrese. Si tratta di un grande sforzo letterario perché rendere fruibili e godibili gli atti giudiziari dei processi che sono stati celebrati ai primi del ‘900, non è compito facile». La vera storia dei capibastone Stanislao De Luca e Francesco de Francesco si mescola al racconto di contesti più recenti ma figli di una medesima mentalità: «la cultura del malandrino – spiega Attilio Sabato – dominava la Cosenza degli anni ’70, quella dei quartieri caratterizzati da un altro modo di concepire la realtà, la quotidianità e il rapporto con la società. Esistevano zone interdette, la città era bloccata e noi eravamo figure insignificanti al confronto di quei ragazzi violenti, di quella gente da coltello. Guagliuni i malavita ci permette di capire la genesi di ciò che è accaduto dopo». Il racconto è testimonianza: Caravetta restituisce una porzione di realtà vissuta in anni determinati, ricostruisce ambienti, situazioni, personaggi, atmosfere. Il clima “carnevalesco” di alcuni episodi, letti magistralmente da Emanuele Gagliardi, è introdotto dal critico Alberico Guarnieri come “vera novità di tutto il testo” e spiegato come capovolgimento della realtà: «La criminalità, l’eversione, il non rispetto delle regole, il vivere una vita al di fuori degli schemi, è anche un modo per capovolgere la realtà, per non rapportarsi a quella realtà ma originarne una parallela che si inserisce e contamina quella in cui viviamo». E’ una fortuna che la realtà ricercata, studiata e rappresentata da Francesco Caravetta, capitata fortuitamente nelle mani del magistrato Nicola Gratteri, sia diventata anche grazie alla volontà di Antonio Nicaso, un manifesto fedele del clima di paura che si respirava nei sobborghi cittadini a cavallo tra ‘800 e ‘900. Ma non solo. «Leggendo queste diecimila pagine che coprono questi 60 anni – spiega l’autore – mi sono fatto l’idea di una città molto violenta ma anche molto viva e popolata da forestieri, commercianti, attori, teatranti, ballerine. C’erano locali aperti, la sera si passeggiava tranquillamente in Villa Vecchia, si tenevano le giornate telesiane, si ballava nei locali. Il contrario della Cosenza degli anni ‘70». Nel testo spicca un’inedita sezione contenente un’ampia rassegna di tatuaggi, ovvero uno degli indizi dell’affiliazione, uno degli indelebili marchi d’appartenenza al crimine: «Il più rituale ed emblematico – conclude Caravetta – è il puntino nero sulla parte sinistra del mento o nell’incavo tra indice e medio della mano».

Pubblicato in Cosenza

Amantea. Avevamo partecipato ai nostri lettori la presenza ad Amantea di Nicola Gratteri e la opportunità di sentirlo, per coglierne la semplice ed umana grandezza che raramente si riscontra in chi ,come lui, ha fatto della sua vita un esempio per tutti i calabresi

L’opportunità sono stati i “Venerdì letterari” organizzati da Orfeo Notaristefano e che si sono svolti nei giardini di fronte al mare del Grand Hotel La Tonnara.

Un qualificato pubblico presente , in particolare donne e giovani, ad ascoltare verità e pillole di cuore e di saggezza.

Le due TV regionali , un giornalista de Il Quotidiano ed un sito web(noi): troppo poco per cogliere di persona l’emozione delle parole del PM e trasferirlo alla gente amanteana come al solito distratta ed assente.

Presenti alcuni avvocati tra i quali Antonio Cuglietta, l'avvocatessa Politano e l'avvocatessa Teresa Pirillo; troppo pochi, ci sembra, per quella che in alcuni momenti è stata una vera e propria lezione di diritto penale.

Dopo la presentazione della sua ultima fatica letteraria “Dire e non dire. I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”scritto a due mani insieme ad Antonio Nicaso, il giornalista Orfeo Notaristefano ha posto a Gratteri la domanda delle domande “ Oggi la ‘ndrangheta è più o meno forte di ieri?”.

Drammatica la risposta: “In questi momenti di crisi le mafie sono più arroganti e più forti!”. In sostanza le grandissime risorse finanziarie delle mafie e la mancanza di finanziamenti da parte delle banche inducono le imprese ad accettare capitali privati che spesso sono provenienti dalle mafie . “E’ l’inizio della fine!”.

E non basta, dice Gratteri , la mancanza di lavoro induce molti disoccupati ad avvicinarsi alle mafie e così a perdersi.

Ed ancora. Il PM Gratteri denuncia una situazione che supera le tangenti perché impone ai commercianti i prodotti da vendere e quelli da usare nei propri esercizi: “ Un indice della presenza della ‘ndrangheta è quella di capire se i commercianti sono liberi di comprare da chi vogliono”.

Infine invita i commercianti vessati a denunciare. È l’unica possibilità di salvezza.

Ma coglie ed espone la mancanza di fiducia verso le istituzioni . “Come ci si può, si chiede e chiede al pubblico presente, fidare del giudice o del Comandante dei CC o del questore , se magari li si coglie “leggeri”, li si vede vivere “border line” , li si percepisce incoerenti, come sono coloro che dicono una cosa e ne praticano un’altra?”

Poi conclude ricordando che stare isolati non è mai la soluzione e che l’unica cosa da fare è cercare intorno a se i rappresentanti delle istituzioni seri , affidabili e capaci.

Poi chiude con una affermazione terribile : “ oggi le mafie sono più forti perché più ricche” e subito il pensiero del pubblico va al debito pubblico nazionale ed a chi lo ha prodotto, permesso, garantito, così facendo diventare meno forte lo Stato e più forte le mafie.

Amantea. Si concludono stasera gli incontri “Venerdì letterari fronte mare. Tramonti culturali sul Tirreno”. Ospite d’eccezione Nicola Gratteri , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, impegnato in prima linea contro la ‘Ndrangheta, di recente chiamato dal Presidente del Consiglio Letta a far parte della task force contro la ‘ndrangheta.

Il PM Gratteri sarà intervistato dal giornalista Orfeo Notaristefano, e presenterà il suo ultimo libro, scritto con Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti di mafia, “Dire e non dire. I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”.

Edito da Mondadori, il libro racconta, in duecento pagine, l’universo criminale calabrese e spiega la ‘ndrangheta attraverso le parole, i pensieri, le riflessioni di chi l'ha abbracciata, difesa, ma anche tradita. Le fonti sono intercettazioni, “pizzini”, verbali di atti giudiziari e sentenze dal 1860 ad oggi. Parlano gli uomini della 'ndrangheta e parlano di tutto: di famiglia, regole, potere, di vita e di morte, ma anche del loro rapporto con la politica e lo Stato. Per gli affiliati la 'ndrangheta è "la più bella cosa perché ha le più belle regole": ha rituali, precetti, norme, principi. Dietro la disumanità della strategia criminale si cela il rispetto di un preciso codice di comportamento: "non si sgarra e non si scampana", "chi tradisce brucerà come un santino", "la famiglia è sacra e inviolabile".

Scrivono Gratteri e Nicaso: «I mafiosi nascondono il loro credo criminale e la ferocia dei loro comportamenti dietro espressioni e gesti in apparenza normali, persino insignificanti nella loro sgrammaticata sintassi. Spesso non si riesce a leggerne la pericolosità. Ogni parola, ogni gesto va a completare il lessico criminale, il “dire e non dire” di chi ha scelto di vivere seguendo un proprio sistema di regole alternative a quelle dello Stato».

Appuntamento oggi venerdi 28 giugno al Grand Hotel la Tonnara, ore 18.30.

Eldorado. Sequestrate sei aziende, del valore di circa 20 milioni di euro. Ecco i nomi:

-la T.C.I. Trasporti Centro Italia srl, con sede a Terni;

-la Vitercalabra autotrasporti srl,

-la Nucera trasporti srl,

-la Ortofrutticola Cimina srl,

-la Ortfruit internationale srl,

- la Cimina immobiliare srl,

tutte del Viterbese.

22 gli arresti legati alla 'ndrangheta di Condofuri e accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi, riciclaggio, impiego di denaro e beni di provenienza illecita. 5 all’estero e 17 in Italia. Ecco i nomi :

Antonino Casili, di 58 anni,

Alberto Corso (37),

Augusto Corso (51),

Domenico Foti (55),

Concetto Manti (43),

Tommaso Mesiano (55),

Antonio Nucera (72),

Antonio Nucera (58),

Bruno Nucera (55),

Carmelo Nucera (63),

Carmelo Nucera (43),

Diego Nucera (65),

Domenico Nucera (42),

Filippo Nucera (72),

Francesco Nucera (32),

Giuseppe Nucera (67),

Raffaele Nucera (50),

Raffaele Nucera (40),

Roberto Raso (41),

Pietro Rodà (47),

Domenico Vitale (54) e

Girolamo Zindato (40).

Riciclaggio l’accusa. Soldi che partivano dalla calabria, venivano lavati nel centro Italia e ritornavano puliti in Calabria. Ha detto il comandante dei carabinieri Lorenzo Falferi: «Questi signori sono arrivati a Viterbo con un camion scassato e nel giro di 5 mesi ne hanno comprati 10 nuovi di zecca». Poi aggiunge Gratteri « Abbiamo eseguito, inoltre, sequestri di denaro (circa un milione di euro) che proveniva dalla Svizzera e veniva trasportato all'interno di bidoni».

Pubblicato in Reggio Calabria

Giuseppe Pignatone ha lasciato la Procura di Reggio Calabria per quella di Roma, ormai da troppo tempo per potersi attenere ancora molto che il Csm attenda a questo importante ed ineludibile compito.

Ed infatti la quinta commissione del Csm ha fatto la prima scrematura tra i possibili candidati.

In campo sono rimasti Federico Cafiero De Raho procuratore aggiunto della Dda di Napoli , Michele Prestipino e Nicola Gratteri attuali procuratori aggiunti di Reggio Calabria e Francesco Paolo Giordano procuratore di Caltagirone.

A favore di Federico Cafiero De Raho si sono pronunciati , il presidente Riccardo Fuzio (Unicost) , Paolo Enrico Carfì (Verdi) e Francesco Cassano (Magistratura democratica).

A favore di Nicola Gratteri il consigliere Guido Calvi dell'area Pd.

A favore di Michele Prestipino il consigliere Filiberto Palumbo dell'area Pdl;

A favore di Francesco Paolo Giuseppe Giordano il consigliere Angelantonio Racanelli di Magistratura indipendente.

L'unico candidato scartato è il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo.

Ora spetta al Plenum del Csm che dovrà pronunciarsi entro qualche settimana.

In pool quindi Federico Cafiero De Raho ma secondo prassi la proposta deve anche ricevere il placet del ministro della Giustizia.

Reggio comunque resta una Procura difficile “dove tutto è possibile e dove il voto trasversale potrebbe alla fine condizionare le indicazioni della commissione”

Pubblicato in Calabria
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