Costringe prostituta straniera a rapporti sessuali gratuiti Carabiniere condannato a 4 anni e 6 mesi
Secondo le iniziali ipotesi di accusa il carabiniere avrebbe abusato dei suoi poteri e minacciato la donna di denunciare ai suoi superiori lo svolgimento dell’attività di prostituta all’interno della sua abitazione e che l’avrebbe cacciata via dall’Italia perché priva del permesso di soggiorno.
Il militare avrebbe, inoltre, sfruttato la prostituzione della donna pretendendo la dazione di somme di danaro che la stessa avrebbe ricavato dalla sua attività di meretricio.
L’appuntato scelto C. B. , detto Lino, all’epoca dei fatti in servizio al comando dei carabinieri di Catanzaro Lido, avrebbe costretto la donna a corrispondergli in varie circostanze somme di denaro per un totale di 650 euro, a “prestare” favori sessuali gratuitamente e a promettergli indebitamente l’erogazione di 1.500 euro.
Il pubblico ministero Giulia Tramonti ha invocato in aula ieri mattina 7 anni di carcere.
Il Tribunale collegiale presieduto da Tiziana Macrì lo ha condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione.
I giudici del collegio hanno riqualificato uno dei due capi di accusa: induzione a dare e promettere utilità in luogo della concussione, come richiesto dall’avvocato difensore Luigi Falcone, che in aula ha dimostrato come le dichiarazioni della parte offesa fossero inutilizzabili in quanto concorrente nel reato.
E’ rimasto immutato a carico del militare il reato di favoreggiamento alla prostituzione.
Il legale difensore attenderà di leggere le motivazioni della sentenza che verranno depositate tra novanta giorni per ricorrere in appello.
"Passi finché si tratta di qualche imprecisione causata dalla scarsa dimestichezza con le norme e procedure tecniche, ma la misura è colma quando si agisce per aizzare la popolazione contro chi fa il suo dovere".
La Direzione dell'Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria) replica alle dichiarazioni rilasciate ieri dal Comitato Ambientale Presilano sulla gestione della discarica di Celico (CS).
"La vicenda della discarica di Celico, di cui evitiamo di fare il resoconto storico perché riteniamo sia nota a tutti sta pericolosamente scivolando da una questione ambientale legata alla protesta di un comitato, che si arroga la pretesa di rappresentare le popolazioni di un territorio, verso una squallida polemica finalizzata a mantenere alto il livello della tensione e, quindi, dell’attenzione, si badi bene, non più sulla vicenda ambientale ma su personaggi in evidente astinenza da presenza mediatica.
Detto ciò - e informando il Comitato e chi lo rappresenta che dovrà spiegare le sue affermazioni sulla stampa ad un giudice, perché abbiamo dato mandato ai nostri legali di sporgere querela a tutela dell'onorabilità dei nostri tecnici e dell'Arpacal - informiamo il pubblico, che vuole sapere correttamente la verità dei fatti e dei dati ambientali acquisiti, cosa è in realtà successo il 12 settembre scorso nell’impianto MiGa di Celico, anche alla presenza di rappresentanti di alcuni Comuni e dello stesso Comitato
Innanzitutto il controllo svolto il 12 settembre scorso non rientra tra quelli ispettivi, previsti nel piano di monitoraggio ambientale di cui all’AIA (autorizzazione integrata ambientale) rilasciata dalla Regione alla MiGa, in quanto l’impianto dal 21 giugno scorso ha sospeso le sue attività su disposizione della stessa Regione.
Quello che il Comitato non ha detto, perché non gli interessa o non vuole farlo sapere, è che questo controllo era stato ampiamente comunicato a tutti gli enti territoriali, invitati a presenziare anche con propri tecnici. Il perché di tale invito sta proprio nell’avvio delle procedure di monitoraggio olfattometrico tanto richiesto dalle popolazioni del territorio e pianificato con Arpacal dal Dipartimento Ambiente della Regione dopo l’intervento del Presidente Oliverio.
I campioni prelevati il 12 settembre scorso, infatti, sono stati immediatamente trasferiti al laboratorio specializzato di Arpa Piemonte che, come anticipato peraltro da Arpacal nel febbraio scorso, è stata coinvolta in questa iniziativa.
Il tutto nell'ambito della rete delle agenzie del SNPA (Sistema Nazionale della Protezione dell'Ambiente) e quindi con l'ausilio di una Arpa con esperienza specifica.
L’obiezione del perché vi sia stato un controllo ad impianto non operativo è assolutamente puerile oltreché disinformata; è stata proprio l’Arpa Piemonte che, sulla base della pianificazione degli interventi sulla discarica, dopo aver chiesto un primo sondaggio tecnico nel luglio scorso, ha chiesto il prelievo di campioni di aria ad impianto non operativo, nell’ipotesi che, qualora l’impianto dovesse riaprire, sia così possibile un confronto tra “il prima ed il dopo”.
I nostri tecnici, ai quali va la nostra più ampia solidarietà per gli attacchi mediatici costantemente subiti e per i quali promuoveremo in questo caso azioni giudiziarie a loro tutela , hanno giustamente rifiutato di firmare un documento, quello proposto dal consulente tecnico del Comune di Celico, per due ordini di motivi: il primo sta nel fatto che l’unico verbale che doveva essere stilato, e nel quale i comuni, la ditta ed il comitato erano stati invitati a fare le loro opportune dichiarazioni nonché sottoscrizioni, era quello dell’Arpacal, ente tecnico-scientifico avente titolo a procedere per come incaricato dalla Regione; il secondo motivo sta nel fatto che un semplice foglio firme presenza, così era stato presentato, era diventato una accozzaglia di annotazioni varie rilasciate dai presenti, che non poteva acquisire alcun significato tecnico tantomeno giuridico.
Sull’apertura dei capannoni o delle porte che accedono al biofiltro, le dichiarazioni del Comitato sono assolutamente false e lesive della nostre onorabilità: i tecnici hanno operato secondo le procedure previste dalla normativa sia nei capannoni che conservano i rifiuti, e sia sul biofiltro.
Tanto si doveva".
Lo aveva dichiarato Gratteri quando aveva affermato che «Prima ancora della politica e della ’ndrangheta, il problema della Calabria sono i quadri della pubblica amministrazione».
E come promesso giunge anche il loro tempo
Speriamo dappertutto, anche nei comuni.
Ora tocca anche alla Sanità.
I finanzieri del nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro, infatti, hanno eseguito, nel territorio delle province di Catanzaro e Crotone, misure cautelari personali interdittive nei confronti di tre dipendenti pubblici (un dirigente e due funzionari) in servizio presso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro.
Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro dott.ssa Barbara Sacca’ su richiesta del Sostituto Procuratore dott.ssa Fabiana Rapino, già del settore pubblica amministrazione coordinato dal procuratore aggiunto dott. Giovanni Bombardieri, della Procura della Repubblica di Catanzaro, diretta dal procuratore dott. Nicola Gratteri.
In particolare, le complesse attività investigative delegate alla Guardia di Finanza, condotte anche con l’ausilio di indagini tecniche, hanno consentito di accertare la corruzione in atti giudiziari nonché il falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico.
Nello specifico, nell’ambito di una distinta indagine di competenza di un’altra procura della Repubblica, Santoro Francesco (di anni 59), funzionario del N.i.s.a. (nucleo investigazioni sanita’ ambiente), organo della polizia giudiziaria presso la procura della repubblica di Catanzaro, si era adoperato per evitare l’iscrizione – nel registro degli indagati – di Pugliese Giuseppe (di anni 49), direttore amministrativo dell’azienda sanitaria da cui organicamente dipendeva, riuscendo nell’intento.
Ciò era reso possibile anche grazie alla redazione di un atto ideologicamente falso, indirizzato alla procura competente, ad opera del predetto funzionario del n.i.s.a. in concorso con un altro collega della stessa struttura, Lucia Francesco (di anni 48).
Il direttore amministrativo della citata Asl si adoperava, nel contempo, per fare assumere la figlia del Santoro Francesco, con contratto prima a tempo determinato poi a tempo indeterminato, presso un’azienda di Catanzaro con il cui titolare era in rapporti di stretta amicizia.
I provvedimenti cautelari eseguiti dal nucleo di polizia tributaria – gruppo tutela spesa pubblica di Catanzaro sono costituiti da tre misure interdittive di sospensione immediata dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio per la durata di un anno nei confronti di Pugliese Giuseppe e di Santoro Francesco e di sei mesi nei confronti di Lucia Francesco.