Carissimi amici di Tirreno News, oggi vi voglio dare una cattiva notizia che mi ha lasciato basito.
E’ una triste e assurda storia di una signora impiegata in una società di Collegno (vedi foto) che raccoglie la spazzatura e che si è appropriata di un monopattino sgangherato trovato nel cassonetto dei rifiuti.
Per questa appropriazione indebita, così ha stabilito l’azienda di Collegno, la signora è stata licenziata.
Ai dipendenti non è ammesso appropriarsi dei beni provenienti dalla raccolta dei rifiuti.
La signora ha perso il posto di lavoro perché voleva fare un regalo al figlio.
Voglio precisare che il monopattino era rotto, qualcuno lo aveva buttato nel cassonetto perché inservibile.
La signora, dunque non aveva rubato, non aveva commesso reato.
Ma davvero oggi 2017 si può perdere il posto di lavoro per una simile sciocchezza, per una lieve ingenuità, per essersi appropriata di un monopattino vecchio e rotto trovato perfino nel cassonetto della spazzatura che qualcuno aveva buttato perché inservibile?
La signora è disperata, non ha mai rubato in vita sua.
Eppure nella lettera di licenziamento c’è scritto:- Per appropriazione indebita di un bene non di sua proprietà-.
Di un bene? Un monopattino rotto e inservibile è considerato un bene?
Quando il monopattino è stato trovato nella macchina della signora subito l’azienda ha preso il provvedimento: licenziamento.
La signora si è giustificata dicendo che il monopattino le era stato donato da una collega per portarlo a suo figlio.
La collega ha confermato tutto, ma non è servito a nulla.
La giustificazione è stata giudicata inidonea.
E così è scattato il licenziamento immediato per giusta causa senza preavviso.
La signora ha fatto ricorso sperando che il giudice la rimetta in servizio perché lei ancora crede nella giustizia.
Lei ha tanta voglia di lavorare e ha urgente bisogno dello stipendio perché ha tre figli da sfamare. Non riesco a crederci.
Ma davvero si può perdere il posto di lavoro per un monopattino vecchio e rotto trovato nel cassonetto della spazzatura quando in Italia vengono commessi reati molto più gravi e tutti, dico tutti, la fanno franca?
La signora ha commesso una ingenuità, questo è vero, però non è una ladra.
E intanto i ladri veri scorazzano in Ferrari nelle nostre vie e solcano gli oceani in lussuosi yacht.
di Francesco Gagliardi
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Siamo a Collegno, prima cintura di Torino.
“Venite, ho ucciso tutti; sono impazzito”, queste le parole che Daniele Garattini, ha detto ai carabinieri prima di lasciare loro la porta di casa socchiusa e di suicidarsi.
Daniele aveva 56 anni, fino a un mese fa era rappresentante di commercio, ma poi aveva perso il lavoro. Responsabile e coordinatore dell'ufficio vendite delle linee bambino 012 Benetton in Piemonte, Garattini aveva perso di colpo il lavoro ed era caduto in un forte stato di depressione.
Ma al dramma della perdita di lavoro univa anche il dolore
L'uomo ha sparato per prima alla suocera, Daria Maccari, 84 anni, mentre dormiva sul divano del soggiorno.
Poi ha inseguito la moglie, Letizia Maggio, 54 anni.
Ed infine la figlia, Giulia, studentessa di 21 anni appena.
Le due donne hanno cercato di proteggersi a vicenda: sono morte una accanto all'altra, colpite da cinque proiettili.
In cucina, le borse della spesa per il cenone di Capodanno ancora sul pavimento.
Nella pistola aveva solo 5 proiettili e li aveva tutti usati. Ed allora ha preso un coltello da cucina e si è pugnalato al cuore.
Di lui racconta un amico, l'ex assessore del Comune di Collegno Gianni Pesce: «Daniele era una persona mite, provata dalla presenza in casa dell'anziana suocera, che doveva assistere (era malata di alzheimer, ndr) . Ma a preoccuparlo era soprattutto il lavoro. Nulla lasciava presagire una simile tragedia».
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