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Sembra razzismo all’incontrario.

A Finale Emilia una donna di 79 anni che viveva da sola in casa è stata seviziata ed uccisa a bottigliate.

Tutto per un bottino di trenta euro in contanti e una collana da poche centinaia di euro.

Era il 18 settembre 2017 verso mezzogiorno quando gli assassini , uno dei quali abitava vicino alla signora anziana si sono introdotti in casa di Mirella Ansaloni.(nella prima foto)

Proprio la confidenza è stata la chiave di volta per farsi aprire la porta.

Dopo un mese di indagini dei carabinieri sono arrestati 3 marocchini.

Sono Ayoub Lamsid di 19 anni e i complici Hamza Driouch, 19 anni e Samir Rida di 21 anni.

Ed ecco il PM di Modena Lucia Musti che si scatena contro i giornalisti “xenofobi”.

Non dite che sono marocchini!

«Si tratta di figli di famiglie provenienti dal Marocco, ma che sono pienamente inserite nel contesto socio-economico produttivo modenese».

I tre giovani appartengono «a famiglie regolari e normali.

Sono ragazzi normali, avrebbero dovuto iniziare alla fine di ottobre un corso di formazione professionale.

Quindi sono ragazzi che hanno studiato, potrebbero anche essere figli nostri».

Cosa è signor PM una nuova tendenza della magistratura quella di chiedere di mentire, come si mente quando si nasconde una cosa importante?

Ed ancora cosa è signor PM una nuova moda quella di catechizzare i giornalisti sui crimini degli immigrati?

Quindi per la toga modenese non va fatta«nessuna speculazione su magrebini, su islamici, su persone irregolari, nessun tipo di speculazione perchè purtroppo le cronache sono ahimè ricche soprattutto in questo periodo di morti assurde e di aggressioni assurde, da parte di giovani figli nostri, cioè figli di italiani – ha aggiunto – Lucia Musti.( nella foto in basso)

Il fatto che si tratti di persone di nazionalità marocchina non ha alcuna particolare rilevanza, se non per indicare che provengono da uno stato diverso dal nostro».

Pubblicato in Italia

La Commissione per il conferimento degli incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura ha indicato all'unanimità Pierpaolo Bruni per la nomina a Procuratore della Repubblica di Paola.

La quinta commissione che ha promosso il magistrato è composta dal presidente Valerio Fracassi, dal vicepresidente Paola Balducci e dai componenti Pierantonio Zanettin, Francesco Cananzi, Massimo Forciniti e Luca Forteleoni.

Bruni, attualmente in forza come sostituto alla Procura della Repubblica di Catanzaro, subentrerà a Paola a Bruno Giordano, che domani s'insedierà come Procuratore a Vibo Valentia.

Pierpaolo Bruni si è occupato per la Dda di Catanzaro di territori ad alta densità mafiosa come Crotone, Vibo Valentia e Cosenza.

Sarà adesso il plenum del Csm a deliberare la nomina di Bruni.

In attesa della ratifica del plenum del Consiglio superiore della Magistratura, il pm Pierpaolo Bruni continuerà a seguire i processi antimafia che lo vedono impegnato ogni settimana tra Catanzaro e Cosenza.

“La sua più importante inchiesta è certamente quella contro il presunto clan “Rango-zingari”.

Sia “Nuova Famiglia” sia “Doomsday” hanno permesso alla Dda di Catanzaro di ottenere in primo grado tantissime condanne, a cominciare dall’omicidio di Luca Bruni fino alla conferma dell’esistenza della cosca stessa.

D’altronde, il pentito Ernesto Foggetti in uno dei tanti verbali resi agli inquirenti illustrò il progetto delle cosche cosentine di ammazzare il magistrato di Crotone che in questo periodo ha sempre avuto al suo fianco gli uomini della Guardia di Finanza.

La storia mafiosa di Cosenza e dintorni ha fatto registrare due momenti decisivi: il primo riguarda l’omicidio di Francesco Messinetti e il secondo l’avvio della collaborazione con la giustizia di Adolfo Foggetti.

Nel primo caso, la procura di Cosenza – d’intesa con la Squadra Mobile – decide di mettere le cimici a casa di Maurizio Rango: sulla scrivania del pm Tridico arriva l’informativa “Thurium”, parte integrante di “Nuova Famiglia”.

Le intercettazioni ambientali dimostrano come Rango sia al vertice di un’associazione che intimidisce imprenditori e commercianti per ottenere illecitamente somme di denaro.

Nel secondo caso, invece, l’ex reggente nel Tirreno cosentino della presunta cosca “Rango-zingari”  lascia il crimine e passa dalla parte della giustizia.

E’ il 17 dicembre del 2014 quando Foggetti, rinchiuso nel carcere di Cosenza, chiama gli agenti penitenziari e chiede di poter parlare con il pm Bruni e i suoi collaboratori.

Le dichiarazioni del “Biondo”, unitamente a quelle di Giuseppe Montemurro, Marco Massaro, Franco Bruzzese e Daniele Lamanna, producono due effetti: l’apertura di nuovi scenari investigativi e mettono spalle al muro soprattutto il mandante e l’esecutore materiale del delitto dell’ultimo boss della famiglia “Bella bella”.

Dalla politica ai fiumi di droga il discorso non cambia: al centro delle sue attività finiscono sia gli “zingari” di via Popilia che Marco Perna, figlio del boss Franco Perna.

Quel che sarà di “Apocalisse” lo scopriremo nel corso del processo, mentre la capacità degli Abbruzzese (e non solo) nell’organizzare un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, è stata cristallizzata nella sentenza di primo grado emessa circa un anno fa a Catanzaro.

Quel “metodo d’indagine” che a Cosenza e dintorni ha prodotto risultati – tante condanne e poche assoluzioni – da domani sarà trasferito nel Tirreno cosentino.

Un territorio molto ostico e ricco di fenomeni criminali che da decenni tengono sotto scacco l’economia locale. Le inchieste contro il clan Muto di Cetraro vanno in questa direzione.”

Pubblicato in Paola
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