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Vibo Valentia. Non ce l’ha fatta Nicola Arcella, il dipendente del Comune di Stefanaconi che ieri si è dato fuoco all’interno del cimitero del piccolo borgo.

Le profonde ustioni sulla quasi totalità del corpo non gli hanno dato scampo.

Il 58enne, ex segretario provinciale del Partito della Rifondazione Comunista, è deceduto infatti questa mattina a Roma, nel centro grandi ustionati Sant’Eugenio, dove era stato giunto ieri nel primo pomeriggio di ieri.

 

Le sue condizioni sin da subito erano apparse disperate

Poco prima di darsi fuoco aveva inviato una serie di messaggi ad alcune persone, compreso il sindaco Salvatore Solano al quale aveva chiesto scusa per quella pratica amministrativa rimasta inevasa.

Sindaco che si è detto costernato per quanto avvenuto e che ha voluto ricordare così il dipendente comunale: «Nicola era un grande lavoratore, di un cittadino modello, di un uomo di grandi valori umani.

Tu che sei stato sempre un grande combattente, tu che hai creduto in una società più giusta, più equa, figlia di una società più ideale che reale.

Custodirò con me molte delle cose che ci siamo detti, il tuo modo garbato di chiedere ogni cosa, ma soprattutto la tua dirittura morale.

Ti ricorderò sempre e cercherò di portare avanti il mio mandato da Sindaco prendendo spunto da molti tuoi insegnamenti.

Un bacio al cielo…Ciao, caro Nicola».

Pubblicato in Basso Tirreno

Parla Nesci, nella foto, e dice: «Non mi sento ridimensionato»

Il comandante della Polizia municipale di Vibo commenta con distacco la scelta del sindaco Limardo di ritirargli la competenza su vari settori dopo il maxi-blitz della Finanza

«Non mi sento ridimensionato, non sono deleghe importanti quelle ritiratemi».

 

 

Così il comandante della Polizia municipale di Vibo Valentia, Filippo Nesci, intervistato – a margine delle celebrazioni della Virgo Fidelis – a proposito della riorganizzazione degli uffici decisa dal sindaco Maria Limardo, all’indomani della notizia della maxi indagine della Dda di Catanzaro.

Il dirigente, che prima si occupava anche di Urbanistica e di una serie di servizi diversi dall’Area vigilanza, smentisce quindi di sentirsi declassato dopo le disposizioni che il primo cittadino ha deciso e che tanti commentatori hanno considerato un giro di vite, effetto delle nuove attenzioni degli investigatori dell’antimafia.

Nesci, che qualche consiliatura fa aveva subito anche l’onta della sospensione, ha inoltre affermato di «non avere processi in corso, di non essere rinviato a giudizio», trovandosi d’accordo con la collega Adriana Teti che aveva prefigurato una certa normalità nel binomio indagine-dirigenza.    

LaCNEWS

Il Tribunale deposita le motivazioni della sentenza con la quale il 6 giugno ha assolto 14 imputati per non aver commesso il fatto.

Nessun abusivismo edilizio, cadono le contestazioni della polizia municipale

Sono state depositate dal Tribunale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Rosa Maria Luppino, le motivazioni della sentenza con la quale il 6 giugno scorso sono stati assolti “perché il fatto non sussiste” 14 imputati, quasi tutti vibonesi, titolari, amministratori e rappresentanti di società attive nel settore pubblicitario. “Dall’esame della documentazione prodotta dalla difesa – scrive il giudice in sentenza – è emersa l’insussistenza del fatto reato contestato”. Il Tribunale ha quindi ribadito che per l’installazione degli impianti pubblicitari non è necessario il permesso a costruire e nel caso di specie ci si trova dinanzi a manufatti che, “anche se installati lungo la carreggiata”, per carattere costruttivo “non sono da considerarsi manufatti edilizi” e quindi assentibili con il solo permesso a costruire. Per tale motivo, ad avviso del giudice, “non può ritenersi integrata la fattispecie criminosa contestata”, anche perché sul punto si è pronunciato pure il Consiglio di Stato. Come ricorda il Tribunale di Vibo in sentenza, i giudici amministrativi di secondo grado sulla materia hanno stabilito che: “l’attività pubblicitaria è regolamentata dall’articolo 23 del Codice della Strada il quale prevede che la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade sia soggetta in ogni caso ad autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada. All’interno del perimetro dei centri urbani – spiegano ancora i giudici amministrativi – la competenza al rilascio dell’autorizzazione è in tutti i casi dei Comuni, fatto salvo il preventivo nulla-osta dell’ente proprietario nei soli casi in cui la strada appartenga al demanio statale regionale o provinciale”. In altre parole, in tutti i casi in cui i terreni lungo le strade appartengono ai privati, non vi è neppure bisogno di alcun preventivo nulla-osta né da parte della Regione, né della Provincia nei casi di installazione degli impianti pubblicitari.

Il Tribunale di Vibo, richiamando il Consiglio di Stato, specifica poi che “l’autorizzazione all’installazione degli impianti pubblicitari rilasciata dai Comuni in base alla disciplina speciale, segnatamente in base all’articolo 23 del Codice della Strada, nel rispetto dei vincoli e criteri fissati nell’apposito regolamento comunale e nel Piano generale degli impianti pubblicitari, ha anche una valenza edilizia urbanistica ed assolve alle esigenze di tutela sottese al rilascio di un ulteriore titolo abilitativo”. Di conseguenza, il giudice sostiene in sentenza che “prescrivere in aggiunta all’autorizzazione di settore anche il rilascio del permesso a costruire si tradurrebbe in una duplicazione del sistema autorizzatorio e sanzionatorio che risulterebbe sproporzionata poiché non giustificata dall’esigenza, già salvaguardata in base alla disciplina speciale, di tutelare l’interesse al corretto assetto del territorio”.

I cartelloni pubblicitari – come quelli installati a Vibo e dintorni – per il Tribunale sono così sottratti alla disciplina prevista per le costruzioni di opere in genere e quindi mai avrebbe potuto il Comune abbatterli (come pure ha fatto in piazza Spogliatore a Vibo) contestando l’assenza di un permesso a costruire che per il giudice non è previsto dalla legge, bastando la semplice autorizzazione all’installazione. In tale direzione, il Tribunale di Vibo ricorda anche la pronuncia della Cassazione a Sezione Unite (quindi il massimo organo della giurisdizione italiana) la quale ha stabilito che “il provvedimento con il quale un Comune intima la rimozione coattiva di un impianto pubblicitario non rientra nella categoria degli atti in materia urbanistica ed edilizia” e quindi sono da ritenersi illegittime tutte le rimozioni degli impianti pubblicitari fatte dal Comune di Vibo negli scorsi anni contestando la mancanza del permesso a costruire. Le condotte contestate agli imputati dalla Procura, secondo il giudice “non hanno integrato le violazioni contestate” e da qui l’assoluzione con formula ampia “perché il fatto non sussiste”.

La documentazione prodotta dalla difesa è stata portata all’attenzione del giudice dall’avvocato Vincenzo Cantafio, difensore di: Maduli Domenico, Muscari Pietro, Maduli Francesco, Garofano Egidio Salvatore e Manfrida Domenico. Gli altri imputati assolti da ogni accusa sono: Saeli Teresa Lucia (assistita dall’avvocato Antonella Natale), Alessi Gaspare (difeso dall’avvocato Giuseppe Gerbino), Lico Loredana (difesa dagli avvocati Mauro e Sesto), Francioso Marcello (difeso dall’avvocato Giusi Fanelli), Scuticchio Aldo (difeso dall’avvocato Luca Scaramuzzino), Galati Michele, Russo Orazio, Musumeci Francesco e Facciolà Salvatore (difesi d’ufficio dall’avvocato Giacinto Inzillo).

Da ricordare che la vicenda ha avuto inizio nel 2011, quando la polizia municipale di Vibo Valentia ha inviato alla Procura della Repubblica un elenco e delle fotografie degli impianti pubblicitari esistenti sul territorio comunale, denunciando che – a suo avviso – erano tutti sprovvisti del permesso a costruire. A seguito delle indagini, la Procura aveva emesso un decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti di quattordici persone, alle quali ha contestato non solo la violazione di svariate norme del testo unico sull’edilizia, ma anche la normativa paesaggistica. Nonostante l’intervenuta prescrizione dei reati, il giudice monocratico del Tribunale di Vibo Valentia, Maria Rosa Luppino, entrando nel merito della vicenda ha assolto tutti con formula ampia “perché il fatto non sussiste”, ripristinando la verità su una vicenda processuale durata anni. Spetterà ora all’amministrazione comunale di Vibo Valentia regolamentare l’intero settore pubblicitario che ha permesso negli anni al Comune di incassare introiti per cifre considerevoli.

DaIlvibonese

Pubblicato in Calabria

Ancora un'aggressione al personale di Polizia penitenziaria.

Questa volta si è verificata nel carcere di Vibo Valentia.

A renderlo noto sono Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Damiano Bellucci, segretario nazionale.

 

Un detenuto di origine marocchina, già trasferito da altri istituti per i suoi comportamenti violenti - si precisa in una nota - ha aggredito tre agenti di Polizia penitenziaria.

Infatti, sembra che si tratti dello stesso detenuto, a rischio radicalizzazione islamica che nello scorso mese di giugno ha aggredito il comandante della polizia penitenziaria del carcere di Reggio Emilia.

Questa volta, a farne le spese, si legge sempre nella nota del Sappe, sarebbero stati i tre agenti, i quali hanno riportato contusioni giudicate guaribili in due e tre giorni.

«Non è accettabile che la Polizia penitenziaria continui a subire aggressioni, senza che l'amministrazione metta in atto iniziative concrete, dimostrando un'inversione di tendenza rispetto al passato - denuncia il sindacato di Polizia penitenziaria - se ci fossero le condizioni sarebbe opportuno che il detenuto, ormai plurirecidivo, venisse espulso e mandato a scontare la pena nel suo paese».

Pubblicato in Vibo Valentia

Non scherzavamo quando sostenevamo che ormai in Calabria si produce più Marijuana che cipolla dolce, olio e vino

Nel vibonese ormai piante di canapa indiana alte sino a cinque metri.

Altre 1300 piante.

 

Continuano i rinvenimenti di piantagioni di marijuana nell’area delle Serre vibonesi che salgono ad un totale di 21 piantagioni rinvenute e circa 6.500 piante distrutte e rinvenute nel periodo agosto – settembre 2018.

I militari della Compagnia carabinieri di Serra San Bruno, unitamente ai militari dell’8° Elinucleo di Vibo Valentia, del Gruppo dei Carabinieri Forestali di Vibo Valentia e a quelli dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, hanno concluso quella che è già stata chiamata operazione “Green Mountain”, un ciclo di rastrellamenti particolarmente fecondo che avrebbe potuto fruttare circa 5 milioni di euro nella vendita al dettaglio della sostanza stupefacente.

L’operazione, anche questa volta, è risultato di un lavoro sinergico tra i vari reparti dell’Arma vibonese che hanno analizzato minuziosamente il dato informativo raccolto nel corso degli ultimi mesi dai militari della Stazione di Nardodipace al fine di orientare l’azione repressiva verso le aree ritenute idonee alla produzione della particolare sostanza.

Anche in quest’ultimo caso, i rinvenimenti sono stati cinque, ed in particolare tre piantagioni su Fabrizia e due su Nardodipace per complessive 1.350 piante estirpate e successivamente distrutte previo campionamento disposto dalla magistratura di Vibo Valentia.

Le piante, in alcuni casi alte anche quasi cinque metri, erano tutte particolarmente floride e ormai pronte per essere raccolte ed utilizzate per le successive fasi di essiccamento e smercio nel mercato illegale.

I rinvenimenti sono stati fatti anche a 1.000 metri di altitudine, su costoni montuosi con pendenze importanti ed impianti di irrigazione a goccia autoalimentati.

Le piantagioni erano ben occultate e senza alcuna via di collegamento tra loro.

Pubblicato in Basso Tirreno

Sta per arrivare la Tares che darà una botta micidiale alle famiglie meno abbienti. Rispetto alla Tarsu ,infatti, la differenza non sarà da poco. Quale diventerà la situazione calabrese, viene da chiedersi se da quanto risulta dai conteggi( sempre misteriosi, in verità, come tutto in Calabria , almeno fino a quando non arrivano gli ispettori ministeriali) i comuni incassano e non pagano i debiti verso l’ufficio del commissario( ora la regione)? .

Solo qualche giornali riesce a riportare i dati .

E’ il caso de Il Quotidiano della Calabria che parla di 150 milioni di euro da parte dei comuni e li distribuisce per provincia con le seguenti entità:

Provincia di Reggio Calabria : il debito ammonta ad oltre 48 milioni di euro;

Provincia di Catanzaro: con più di 21 milioni di euro;

Provincia di Cosenza con oltre 17 milioni di euro;

Provincia di Vibo Valentia con oltre 11 milioni euro;

Provincia di Crotone con oltre 10 milioni di euro.

Delle due, l’una! La somma è di 107 milioni di euro: ben lontana da 150 milioni!

Altra importante informazione è quella relativa ai comuni:

La città di Reggio Calabria cha 24 milioni di euro di debito;

La città di Cosenza ha un debito di oltre 14 milioni di euro;

La città di Catanzaro ha un debito di quasi 5 milioni;

La città di Vibo Valentia ha un debito di 2,7 milioni di euro;

La città di Crotone ha un debito di soli 621mila euro.

Il dato di Cosenza ci sembra inverosimile ! Come può l’intera provincia avere SOLO 17 milioni di euro di debiti se la sola Cosenza ne ha 14? Da soli Cosenza ed Amantea hanno i 17 milioni dati per la provincia!!

Una sola cosa è certa e cioè che i comuni incassano ma non pagano!

E così il settore si trova gambe all’aria

Con tutta la spazzatura che avremo per le strade avrà fatto male Legambiente a declassare l’intera regione e la gran parte dei comuni pseudo turistici?

Pubblicato in Calabria
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