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Una scelta “sofferta” in verità.

Il 9 settembre scorso il candidato sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà indicava nella sue liste la presenza della professoressa Marisa Cagliostro, la quale rispondeva con il seguente comunicato

“Leggo il mio nome nell'elenco dei candidati delle Liste civiche stasera presentate da Giuseppe Falcomatà. Non è un segreto che ho seguito con attenzione le primarie della coalizione di centrosinistra e che considero positivamente il suo percorso,nel panorama generale delle proposte politiche e civiche che ad oggi si sono presentate alla città. Da oltre un anno ho aderito al Laboratorio politico Patto civico,coordinato da Antonino Spadaro e sono stata assidua sostenitrice dell'importanza di un cambiamento radicale nel nuovo governo della città. Con Patto civico infatti abbiamo predisposto e presentato un programma al quale speravo seguisse una partecipazione, anche indiretta alla competizione politica comunale,ritenendo irrinunciabile per ciascun cittadino dare il proprio contributo all'auspicato cambiamento. Nelle more di una molteplicità di incontri con movimenti e candidati, il cui esito peraltro non ha portato ad alcuna concretizzazione nel senso auspicato, ho avuto nei giorni scorsi da Falcomatà la proposta di candidatura per la quale mi sono riservata di decidere. Non avendo ancora sciolto la riserva ritengo corretto darne smentita".

Rispondeva il giorno dopo 10 settembrela Lista civica Reset, che sostiene la candidatura di Giuseppe Falcomatà a sindaco di Reggio Calabria:

"La Professoressa Marisa Cagliostro non ha scritto che non si candiderà ma che ha bisogno di qualche ulteriore tempo di riflessione per compiere dei passaggi preliminari che per lei sono importanti e che noi ovviamente rispettiamo".

Ieri 23 settembre ecco la scelta della Professoressa Marisa Cagliostro:

“ Ho deciso di sciogliere positivamente la riserva sulla proposta di candidatura fattami da Giuseppe Falcomata', giovane che gode della mia fiducia per la sua cultura ed il coraggio a cimentarsi in una impresa ardua, ma dovuta da chi, già impegnato in politica, intende dare il proprio contributo alla rinascita della città. Ho lavorato nella mia lunga carriera universitaria con migliaia di giovani e sono abituata a dare loro fiducia e supporto di esperienza, se necessario.

In un momento che ritengo determinante per le sorti della città ho valutato attentamente se, oltre all'impegno da sempre profuso nella realizzazione di iniziative progettuali in ambito culturale, potessi dare anche un modesto contributo personale per restituire decoro,vivibilità,trasparenza amministrativa e sviluppo socio culturale alla città in cui sono nata e che amo. Questa mia nuova esigenza mi ha portata oltre un anno fa a firmare la Dichiarazione d'intenti e a partecipare alla fondazione del Laboratorio politico Patto civico, egregiamente coordinato dal prof.Antonino Spadaro. Non e' mancato il mio fattivo contributo alla formulazione del Progetto per la città metropolitana, presentato alla stampa lo scorso giugno nel palazzo storico della Provincia. I notevoli sforzi esperiti insieme al Comitato di coordinamento di LPPC per favorire la formazione di una aggregazione civica guidata da un candidato sindaco, adeguati ad affrontare i gravi problemi della città si sono mostrati non ancora maturi. Si è assistito invece ad una notevole frammentazione dei movimenti civici con numerosi candidati Sindaco. Allora che fare? La mia risposta e' fare tesoro dell'esperienza del Laboratorio politico, di cui non potrò seguire in coscienza la decisione maggioritaria di astensione dall'agone elettorale per invece dare un contributo alla coalizione di centro sinistra guidata da Giuseppe Falcomata', nella certezza che i cittadini sapranno scegliere tra le candidature quelle che potranno portare credibilità ed esperienza di buona gestione.

Non è più tempo di rinvii e qui ha vinto la mia voglia di concretezza e determinazione che ha da sempre caratterizzato l’effettiva esperienza universitaria del mio lavoro applicata sul territorio per la realizzazione di progetti culturali e di iniziative associative e di volontariato culturale.

E' sulle tematiche culturali, ambientali e del turismo che si giocherà il riscatto della città, del suo sviluppo turistico culturale, la sua creatività e ricettività,la sua nuova organizzazione metropolitana Chi ha strumenti ed energie ha il dovere morale di metterle in campo senza se e senza ma, con  l'umiltà dei forti per il bene comune. Da questo scopo non ho potuto esimermi. Prof. Marisa Cagliostro”

Con queste parole la professoressa Marisa annuncia la candidatura nella lista Reset, al fianco di Giuseppe Falcomatà, che corre per la poltrona di Sindaco di Reggio Calabria.

Per capire il comunicato occorre presentare Marisa Cagliostro, professore associato della Mediterranea. Lo facciamo ricordando il suo pregevole intervento di 4 anni fa (venerdì 24 settembre 2010)

Università: è tempo di vacche magre

di Marisa Cagliostro* – L’accorato appello del prof.Costa affinchè la Mediterranea possa continuare ad offrire alla città e al territorio nonché alla popolazione studentesca la varietà di Corsi di laurea che si era consolidata nel tempo, mi trova solidale in linea generale. In effetti ho ritenuto importante partecipare a quel Consiglio di facoltà cui il Collega si riferisce per non sottrarmi alle decisioni da prendere,ma non sono stata sorpresa più di tanto dal risultato che a mio avviso era da tempo annunziato.

L’Università -e non mi riferisco solo alla Mediterranea -ha avuto negli scorsi anni molta autonomia nella didattica, nella ricerca,nella attivazione di Corsi di Laurea, dottorati,nuove discipline,nuovi posti a concorso, realizzazione di master, borse di studio ecc ecc .Ha inoltre goduto di erogazioni statali sufficienti e potuto attivare rapporti di collaborazione e consulenza sia con gli enti territoriali che con le aziende private che hanno portato risorse finanziare  anche ingenti quando riferite a progetti ministeriali ed europei. Eppure, a mio modesto avviso, l’Università in genere e la Mediterranea nello specifico hanno vissuto queste opportunità spesso con superficialità e approssimazione e talvolta con arroganza,usando il divide et impera di romana memoria o seguendo il criterio di vivere alla giornata o cantare per tutto l’anno come i grilli in estate. E quando, come sta avvenendo, i cordoni della borsa statale si debbono stringere,riappare in tutta la sua nuda verità la carenza di una modalità di gestione delle risorse umane e finanziarie che ha privilegiato spesso l’appartenenza a questa o quella consorteria (non parliamo di scuole e baronie di vecchia memoria ma di nuove aggregazioni che nulla hanno di quelle ),la assoluta disattenzione verso il merito e l’esperienza,la mancanza di un coerente e realistico progetto dell’offerta didattica, la inadeguatezza di un razionale e organizzato uso degli spazi e dei servizi,la prevalenza di interessi personali e privati,quando non strettamente familiari, nell’ accesso alla carriera universitaria e  nella progressione della stessa. Se in questa fase molti docenti di tutte le università sono giunti al limite di età per il pensionamento e si crea naturalmente la carenza nelle discipline dagli stessi ricoperte ,in mancanza del normale ricambio possibile e prevedibile fino a pochi anni fa, ecco che si crea il vuoto e quella che era prima una opzione praticabile ma non necessaria -la richiesta di disponibilità ai ricercatori di ricoprire incarichi didattici a titolo gratuito-, diventa una esigenza imprescindibile,una  questione di vita o di morte per la sopravvivenza dei Corsi di laurea. Forse anche un’arma di ricatto nei loro confronti proprio nel momento in cui hanno deciso di porre con determinazione i problemi della loro categoria ed hanno scelto in gran parte di ritirare la loro disponibilità alla didattica. In effetti il ruolo dei ricercatori, come indica la parola stessa è altro e prevede solo una limitata collaborazione ai corsi, non alla normale attività didattica lasciata ai docenti titolari, per portare l’esperienza della loro ricerca in forme seminariali o esercitative.
Tutti abbiamo dato più di quello che ci veniva richiesto nel momento fondativo dell’Istituto universitario di Architettura e poi dell’Ateneo mediterraneo e abbiamo continuato, molti di noi, ad impegnarci in tutte le occasioni ricoprendo più incarichi, spesso a titolo gratuito, e consentendo alla Mediterranea di affermarsi nel territorio di pertinenza -Calabria e Sicilia orientale- ed evidenziarsi anche per ampi rapporti di ricerca con altre sedi universitarie nazionali e internazionali. Ma questo processo di crescita non ha via via trovato -ed oggi se ne vedono le conseguenze-altrettanta forza di spinta e capacità progettuali e gestionali nelle recenti strutture di vertice, spingendosi sino ad incorrere in episodi di arrogante nepotismo che hanno avviato un processo di impoverimento se non di degrado dei rapporti interni alle varie strutture  e articolazioni della organizzazione dell’Ateneo. Ecco che, seppure solidale con Enrico Costa cui riconosco passione e attaccamento non usuale al lavoro che svolge, dall’alto della mia lunghissima e altrettanto appassionata esperienza nella Mediterranea e amareggiata dalle spiacevoli vicende concorsuali che hanno segnato l’ultima fase della mia carriera,mi confermo nella decisione di lasciare anticipatamente e non per limiti di età,una università nella quale non mi sento più a mio agio, mancandomi la fiducia e lo stimolo a continuare a dare il mio seppure parziale contributo. Mi spiace quindi contribuire ad allargare il vuoto di cui sopra ma mi pesa di più continuare ad assistere al percorso ad ostacoli dei molti colleghi ricercatori e associati, e alla impossibilità di far progredire dottori di ricerca di solida preparazione cui viene negata, per motivi non certamente legati al merito, anche una borsa di ricerca o opportunità di concorsi per ricercatore per i quali il dottorato li aveva formati. Non è tutto da attribuire al singolo Ateneo se questa è una politica governativa, per nulla condivisibile, ma credo non resti -da parte degli attuali vertici della Mediterranea e di gran parte degli Atenei italiani- che fare un doveroso mea culpa e assumersi le proprie responsabilità  accollandosi l’onere di avviare un progetto a breve e medio termine di ottimizzazione delle risorse umane ed economiche esistenti. Il tempo delle vacche grasse è finito e qui si parrà la loro nobilitate”.

*Professore associato Università Mediterranea di Reggio Calabria

Pubblicato in Reggio Calabria

La sala è quella dell’Hotel Mediterraneo.

Il pubblico locale e regionale.

Nel pubblico il sindaco di Amantea, l’assessore Sante Mazzei, il consigliere Biagio Miraglia, l’ex sindaco di Paola Perrotta, alcuni amministratori di alcuni comuni calabresi, l’ex presidente della Fidapa di Amantea , rappresentanti delle associazioni locali, cittadini e stampa

Al tavolo dei relatori il giornalista dell'Unità, Gianluca Ursini, coautore del libro “Il caso fallara”, il consigliere regionale Demetrio Naccari, Franco Laratta, deputato uscente, i consiglieri comunali Marco Ambrogio (Cosenza); Giovannino Russo (Vibo Valentia), Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria).

La serata inizia con la presentazione a cura di Enzo Giacco di un laboratorio politico culturale, denominato “Il Cantiere”.

Giacco contesta le classi partitiche arroccate nel disperato tentativo di difesa della proprie posizioni. Osserva che il Centro sinistra in questa situazione e ad ogni livello non è certo “esente da pecche e colpe, anzi!”, ma osserva che “loro” i politici responsabili ,alcuni dei quali sono presenti in sala, “non sono tutti eguali”. Evidenzia che Il cantiere è un movimento di tipo orizzontale, fatto da uomini e donne che dicono no al centro destra, che dicono no al governo regionale, che vogliono ribaltare lo status quo, ma che si riconoscono nelle idee e nei valori del centrosinistra.

Il cantiere “E' un luogo di incontro e di lavoro, una opportunità di discussione e confronto su temi che riguardano la “gente normale”. E l’obiettivo è di ripensare la politica, contribuendo a formare una nuova classe politica locale e regionale.

Prende la parola il giornalista Gianluca Ursini coautore de “ Il Caso Fallara” che illustra il suo lavoro.

Un libro che parte dalla morte della Fallara per salire gradino dopo gradino, passo dopo passo al caso Reggio che lui invita a chiamare caso Scopelliti e gli ultimi 10 anni della storia di Reggio Calabria.

Poi gli altri interventi:

- Franco Laratta per il quale : «In Calabria i partiti hanno fortemente abbassato la soglia di attenzione e di lotta verso la criminalità organizzata. La cosa che più preoccupa è che la ndrangheta controlla ormai buona parte delle istituzioni, è padrona assoluta di larga parte del territorio calabrese, nel silenzio assoluto di buona parte della politica e della società civile. La criminalità organizzata (sostenuta dalla massoneria deviata) sta conquistando la Calabria. Controlla affari leciti e illeciti e si arricchisce sempre di più. Fa affari in diverse regioni italiane e tanti altri Paesi del mondo. Se non c'è una forte reazione politico-istituzionale, e una dura reazione della società civile, la Calabria rischia di perdere la sua battaglia per la legalità». -Giuseppe Falcomatà: «Il “caso Fallara” è il manuale del cattivo amministratore, per chi si affaccia alla politica all'interno delle istituzioni, infatti, basterebbe non fare ciò che c'è scritto in questo libro per essere un amministratore onesto e virtuoso. Basti pensare che a quasi un anno dalla pubblicazione, gli autori del libro non hanno ricevuto neppure una querela. “Il caso Fallara” è lo specchio di cosa sia successo a Reggio negli ultimi dieci anni: una gestione strumentale e per fini personali delle casse comunali che ha portato il Comune ad accumulare debiti per oltre 110 milioni e ha condotto all'onta dello scioglimento per mafia.

Adesso bisogna tornare a dare delle risposte ai cittadini: non basta più essere differenti, i cittadini di Reggio ci chiedono come uscire da questo tunnel e se vogliamo essere classe dirigente dobbiamo essere capaci di rispondere a queste istanze».

Demetrio Naccari: «Il modello Reggio propugnato dall'amministrazione Scopelliti in realtà non è mai esistito. E' esistito piuttosto un utilizzo strumentale delle risorse dei cittadini per finanziare una scalata alle cariche istituzionali che ha sottratto ai reggini ed alle nuove generazioni il futuro. Oggi Reggio non offre una garanzia di esigibilità ai diritti sociali dei cittadini per mancanza di risorse e il piano di riequilibrio deliberato dalla triade rischia di essere uno strumento per non fare emergere le responsabilità e far pagare ai cittadini la mala gestione del passato. La pressione tributaria è diventata insopportabile e rischiamo di non potere puntare ad obiettivi di crescita economica nell'immediato. Dalla vicenda Scopelliti-Fallara dobbiamo partire per affermare un modello vero che aumenti il controllo sociale e coinvolga i cittadini nelle scelte di governo».

Marco Ambrogio e Giovannino Russo.

 

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