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La storia risalea novembre del 2011.

Nel 2013 , dopo quasi due anni di indagine, viene chiesto il rinvio a giudizio.

I profughi Assisou Abdou, originario del Benin, e Kofi Osei Amoako Osei, originario del Ghana, difesi dall’avvocato Eugenio Naccarato,

Hassane Aboubacar, originario della Nigeria, difeso dal legale Domenico Giordano,

Abdulkadiri Abubakari e Suruikanin Abdul Razak, entrambi originari del Ghana, difesi dall’avvocato Norina Scorza

vennero accusati di avere “in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tentato con atti idonei, univocamente diretti allo scopo, di cagionare la morte di Monday Nehikhare e Aibizugbowa Hope colpendoli, con un coltello e con bottiglie di vetro rotte.

La morte non si verificò per cause indipendenti dalla loro volontà, costituite dall’intervento di terze persone e dei carabinieri, nonché dall’immediato ricovero presso struttura sanitaria ove venivano prestate le cure”.

Il processo è durato quasi 5 anni.

La lite scaturì per spartirsi un paio di scarpe e qualche vestito portati in beneficenza al centro di accoglienza .

Gli ospiti avrebbero considerato la distribuzione essere avvenuta in modo inadeguato. 

Da qui il ricorso al coltello ed alle bottiglie di vetro rotte.

L’accusa rappresentata Il pubblico ministero Cerchiara aveva contestato un tentato omicidio plurimo, nei confronti di tre migranti nigeriani ospiti del Centro di accoglienza di Amantea, e chiesto 7 anni di carcere per tutti gli imputati.

Il Tribunale collegiale di Paola, presieduto dal giudice Cosenza, accogliendo le tesi difensive, ha assolto tutti dal più grave reato di tentato omicidio.

Il Tribunale ha anche derubricato i fatti in lesioni aggravate.

Da qui la condanna per tutti gli imputati solo a un anno di reclusione con pena sospesa.

Oggi, a distanza di quasi cinque anni, i cinque imputati accusati di omicidio tornano sono liberi .

Pubblicato in Primo Piano

Tolleranza zero, sembra la parola d'ordine delle Forze dell'Ordine verso i comportamenti illeciti . Di tutti, anche dei profughi .

Una sorta di monito per fermare azioni improprie ed inaccettabili in un contesto di solidarietà  che ci vede come nazione probabilmente primi nel mondo.

Non si vuole esprimere nessun giudizio morale, ma per una legge che sanziona penalmente anche il furto per fame non è accettabile che 2 dei quasi 90 ospiti in Amantea possano sequestrare due degli operatori che li assistono minacciandoli di non farli uscire se non pagavano loro quanto dovuto!

La storia è antica.

Si chiama con il solito inglesismo che ci aggredisce " pocket money".

In italiano si traduce con paghetta, cioè quello che i genitori danno ai propri figli per educarli all'autonomo impiego dei soldi.

Si tratta di poco: 2,50 euro al giorno. cioè quasi 75 euro al mese. Una cifra che inviata in Nigeria magari aiuta le famiglie a pagare le spese del viaggio od a sopravvivere.

"Fanno" di più chiedendo l'elemosina davanti ai supermercati.

Quella del "pocket money" è stata anche alla base della prima reazione alla quale è conseguita la traduzione in caserma dei primi tre migranti, traduzione che è servita per mantenere calmi gli animi dei nostri ospiti.

Ma questa volta la reazione è stata "indotta"

Il personale della "Zingari 59", infatti, stava distribuendo 130 euro agli aventi diritto.

Un importo pari a 52 giorni, quelli decorrenti dall’8 settembre 2014 al 31 ottobre 2014 che la Prefettura ha "anticipato".

Anche "anticipato" è un eufemismo. Siamo ad Aprile. Se la Prefettura ( leggi Ministero competente) fosse più tempestiva, forse, queste cose non accadrebbero!

Comunque sia, gli addetti stavano erogando il "pocket money" quando  due Nigeriani  Michael Okosun,  29 anni e Lucky John,  22 anni, hanno fatto irruzione nell’ufficio dove avveniva il pagamento e dove venivano conservati i soldi e dopo averlo chiuso a chiave hanno minacciato i due operatori“se non ci consegnate i soldi che ci spettano non uscite da qui”.

Un evidente momento di perplessità, forse un pò di timore, poi la chiamata per l'intervento delle Forze dell'Ordine che è giunto immediato da parte dei carabinieri della caserma di Amantea agli ordini del maresciallo Massimiliano Diamanti e della Compagnia di Paola agli ordini del capitano Antonio Villano.

I Carabinieri hanno spiegato e fatto capire ai due profughi la gravità di quanto accaduto, che può comportare , ai sensi di legge, anche il rischio del rimpatrio forzato, e poi li hanno tratto in arresto per minacce e sequestro di persona.

La striscia colorata residuo del carnevale di Amantea chiude l’ ingresso dell’ex albergo La Ninfa Marina in Amantea

 

Ad essa sono spillati alcuni fogli dove in italiano ed inglese è scritto:

“Ti informiamo che a partire dal 2 marzo 2015 l’Hotel Ninfa Marina sarà chiuso fino al giorno del pagamento”

Parlano del Pocket Money, la somma di 2,5 euro giornaliera di cui è prevista le erogazione per le esigenze minime degli immigrati, somma che usano per le ricariche telefoniche e magari per le sigarette .

“Siamo qui dal 16 luglio 2014 e non abbiamo ricevuto nulla. Non abbiamo più credito per chiamare le nostre famiglie”

“Chiediamo rispetto. Nos somme de Humaine”

Infine la conclusione “ Ti ringraziamo per la tua comprensione”

Appena arriviamo davanti alla sede dell’ex albergo si affacciano e ci riferiscono sostanzialmente quanto nel foglio

Chiedo se vogliono anche un lavoro e la risposta è un si, corale

Intanto ci riferiscono che la Prefettura non abbia potuto erogar quanto dovuto alla cooperativa Zingari 59 che quale conseguenza non è riuscita ad erogare il Pocket Money ai profughi ospiti ad Amantea nell’ex Albergo la Ninfa marina.

Una situazione che sembra sia presente in molte parti d’Italia.

Da qui la reazione di un piccolo gruppo di ospiti che ha iniziato stamattina una pacifica ma decisa protesta . La gran parte dei profughi invece pare subire questa reazione.

L’ex albergo come detto ( vedi foto) al momento è chiuso ed i profughi sono chiusi dentro.

Al contrario gli operatori sociali sono fuori e non riescono ad accedere nella struttura.

Fuori i cartelli di protesta con i quali i profughi contestano ed evidenziano le difficoltà che incontrano nel loro quotidiano. Ad iniziare dal fatto che non hanno nemmeno i soldi per comprarsi le ricariche telefoniche e telefonare a casa.

Ma la Prefettura è prontamente intervenuta.

Stamattina ha avuto un incontro con i responsabili della Cooperativa ed ha dato incarico di predisporre i mandati.

Nel contempo e responsabilmente la stessa Prefettura ha dato mandato di riferire ai profughi lo stato dell’arte e la sintesi che entro una decina di giorni la questione si dovrebbe risolvere.

Le Forze di Polizia comunque controllano la situazione.

Si ritiene che la protesta possa agevolmente concludersi a breve.

Pubblicato in Cronaca

Avevamo programmato solo una visita al centro di accoglienza della Ninfa marina, noi del M5S insieme ad Emanuela Chiodo del Dipartimento di Scienze Politiche ed Enza Papa dell’associazione La Casbah ,entrambe di Cosenza: ci ritroviamo nel mezzo di una protesta che i 160 ragazzi immigrati avevano organizzato in modo pacifico e per reclamare i loro diritti, tra loro anche 18 minori non accompagnati.

Le avvisaglie c’erano state in realtà, ma la situazione non dava segni di miglioramento e così culminava ieri nella manifestazione fatta con i cartelli e con il rifiuto del cibo.

Avvertiamo i Carabinieri, che da giorni monitoravano la situazione, mentre passano senza fermarsi una macchina dei vigili urbani e il vicesindaco Giovanni Battista Morelli.

Noi rimaniamo e solo nel tardo pomeriggio convinciamo i ragazzi a rientrare e ad interrompere lo sciopero della fame in corso da 24 ore.

Ci riusciamo a fronte di un segnale concreto: ci impegniamo ad accompagnare una loro delegazione in prefettura l’indomani.

Ed oggi riusciamo a mantenere la promessa: dopo un passaggio in questura dove ci rassicurano sulle pratiche burocratiche necessarie all’acquisizione dei permessi di soggiorno, siamo ricevuti personalmente dal prefetto Gianfranco Tomao, noi ,le volontarie , la delegazione degli immigrati e la presidente della cooperativa “Zingari 59”.

Il prefetto ascolta le ragioni di tutti , dando la parola anche a coloro che di solito rimangono invisibili, gli immigrati.

Ognuno per le proprie competenze illustra la situazione: noi , come forza politica amanteana , rappresentiamo accanto alle esigenze degli immigrati anche la necessità di tutelare una popolazione che combatte già con i problemi di una quotidianità sempre più precaria e che ha già visto nel recente passato disordini legati alla presenza degli immigrati ad Amantea.

Tutelare gli immigrati- diciamo-, far si che siano rispettati i loro diritti significherà tutelare nello stesso tempo i cittadini ed incentivare un atteggiamento di accoglienza, resa a volte pesante dalle difficoltà economiche che già la nostra comunità affronta tutti i giorni.

Il Prefetto ascolta tutti ed infine si esprime con chiarezza: “Procederò alle verifiche dovute e deciderò il da farsi”.

Con determinazione richiama tutti alle proprie responsabilità e ci richiede di produrre per iscritto relazioni dettagliate.

L’incontro, che riteniamo molto produttivo, si chiude con un aggiornamento previsto per il prossimo 15 ottobre, incontro al quale saranno invitati anche il Sindaco di Amantea ed il Questore.

I ragazzi sono rincuorati ma loro e tutti i cittadini di Amantea aspettano risposte concrete dalle istituzioni.

La prima è arrivata oggi: l’accoglienza non solo istituzionale ma anche umana da parte del Prefetto di Cosenza.

Ne prendiamo atto , consapevoli che è necessario tradurre le parole in comportamenti amministrativi efficaci.

Pubblicato in Politica
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