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trottoleSe fossi ancora in una classe ad insegnare ai ragazzi incomincerei la lezione così:- C’erano una volta………- Subito mi risponderebbero:- Prufessù, Biancaneve e i sette nani; Capuccetto Rosso e il lupo; Una bella principessa e un Principe azzurro- No, ragazzi, c’erano una volta….. i giochi infantili, quelli che facevano divertire i nostri nonni e i nostri bisnonni, quei giochi semplici che si organizzavano nei cortili delle case, nelle strade non ancora asfaltate o cementate dei nostri paesi, con pochi oggetti, ma con tanta, tantissima fantasia. Un tempo la strada era il teatro dei giochi fanciulleschi, teatro oggi contrastato dagli automezzi che lo rendono pericoloso. I giochi offrivano l’occasione per apprendere i modelli di comportamento dei grandi in modo piacevole e consentivano nello stesso tempo, al piccolo, di esercitare il corpo, di mostrare la propria abilità, di apprendere, di rispettare gli altri e a considerarli leali competitori. Di solito i giochi infantili erano accompagnati da canzoncine, tiritere, talora incomprensibili, che un tempo potevano corrispondere a significati magici. Amarcord? Tanto. Quanto mi mancano! E meno male che anche l’Unesco sembra sentirne la nostalgia, infatti li ha dichiarati Patrimonio dell’Umanità. Oltre trenta anni fa con un caro indimenticabile Professore di disegno, il Prof. Eugenio Cenisio, ora scomparso, stampai un libro intitolato: Viaggio nella Memoria, in cui ho voluto ricordare con un tuffo nel passato i giochi di una volta, i giochi infantili e quellipopolari che si organizzavano durante le feste patronali. Ma anche le usanze e le tradizioni. Tutte queste belle cose me le avevano trasmesse i miei nonni e zio Saverio, un vicino di casa, ed io le ho volute trasmettere ai miei nipoti e ai miei alunni della scuola elementare, che sono gli adulti di oggi, gli amanti del telefonino, del computer, di Messenger, di Facebook, di Netflix, di What’sApp, di Twitter, i Boomer e la Generazione X per intenderci. Ora la nostra società è stata invasa dalla tecnologia e tutti i passatempi genuini e semplici di una volta sono andati perduti, anche se, qua e là, compaiono qualche volta nelle sagre paesane e continuano ad avere qualche seguito. A Verona ogni anno c’è una grande manifestazione ideata nel 2003 che riunisce tutti gli appassionati delle attività ludiche che un tempo si svolgevano per le strade dei nostri paesi. Evviva i giochi di una volta! Ora ve li voglio ricordare:- La lippa (mazza e striglio), il cerchio, lustrumbulu, la pezza ducasu, la fionda, la freccia, il gioco delle noci, i cuti, la cerbottana, la corsa coi sacchi, girotondo, nascondino, la campana, i quattro cantoni, tris, chi ce l’ha, il ciclotappo, battimuro, la cavallina, le stacce. Alcuni di questi giochi hanno radici molto lontane nel tempo, dato che risalgono addirittura all’epoca dei greci e dei romani. Stimolavano l’inventiva, la curiosità, la manualità, l’ingegno. Con questi giochi il bambino si adattava e si avvicinava alla società degli adulti. Li costruiva da solo con materiali che c’erano a disposizione e la fantasia diventava la materia primaria. I miei compagni di scuola delle elementari, quelli che venivano dalle contrade vicine, erano meno bravi sui libri, però erano molto invidiati perché avevano un’abilità eccezionale nel lanciare “lustrigliu”, nel lanciare “lustrumbulu”, nell’usare la cerbottana e la fionda. Facevano girare “lustrumbulu” sulle mani, sulle ginocchia e persino sulle punte delle scarpe. E con le fionde non sbagliavano mai un colpo. La fionda a molti oggi richiama l’immagine del monello che tenta di colpire i nidi delle rondini sotto le grondaie o mira ai vetri della finestra della signora Maria o alla lampadina di qualche lampione. Venivano spesso sequestrate dalla Guardia Municipale. A me richiamano l’immagine del maestro che in una quinta elementare con un colpo bene azzeccato fece crollare un moscone e conquistò quella classe ribelle e mise finalmente a posto quei quaranta diavoli scatenati. I giovanissimi di oggi, che vivono di motociclette, mountain-bike, discoteche, paninoteche, Mc Donald, coca cola, computer, smartphone, wha’sApp, fra scuola e primi amori, non hanno più ricordo di questi giochi consumati in un altro mondo e provenienti da un’altra cultura. Ecco perché li ho voluti ricordare, per essere sempre vivi nella storia della nostra terra, per capire meglio la società di allora, dove si parlava un linguaggio diverso, dove la gente si accontentava del solo pane quotidiano, dove la chiave di casa era nascosta dietro la porta, dove i giochi fanciulleschi erano fatti con materiale di fortuna come noci, cuti (sassolini di mare), cuscinetti, gomme delle biciclette, mazze ricavate dai manici delle scope, bottoni, tappi di bottiglia, un pezzo di tegola ben levigato, figurine Panini, una pagina di un vecchio giornale per costruire le barchette e gli aquiloni.Quanti ricordi. L’aquilone è il più caro dei miei cari balocchi fatti in casa. Bastava un foglio di giornale, due stecche di canna, un po’ di colla, un po’ di filo rubato alla nonna e poi un po’ di vento per mandare in alto l’aquilone. Ed io volavo così in alto affidando la mia anima all’aquilone.

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autooooMolti anni orsono, durante una delle prime estati passate lontane dal Mare di Ulisse, mi trovavo a Edmonton, nel nord ovest canadese, alla guida di una Galaxy 500 Ford del 1964 comprata usata per circa 600$. Era molto bella e grande come erano allora le macchine americane. Nera all’esterno e rossa internamente.

Andavo alla ricerca di solitudine. Le immense foreste dei pini canadesi sembravano proseguire all’infinito. Un’attrazione irresistibile. Lasciavo Edmonton percorrendo l’autostrada 43 nord che portava in Alaska, ma non era quella la mia destinazione. Il luogo che attirava i miei interessi si chiamava Grand Prairie. Una cittadina distante da Edmonton circa 450 km.

Uno dei passaggi del cigno trombettiere che è la più grande specie vivente degli uccelli acquatici del mondo, quindi anche il più grande cigno del mondo. Si pensa inoltre che esso sia il più grande uccello originario del Nord America. È chiamato cigno trombettiere perché il suo verso ricorda il suono di una tromba. La loro apertura alare media è di 2 m.

Il nome Grand Prairie deriva dalla sua vicinanza alle grandi praterie del nord e dell’ovest e ricoprono buona parte della Provincia dell’Alberta. Il giorno dopo ripresi la strada. Direzione nord ovest e mi ritrovai a Peace River. In quello che allora era un piccolissimo paese venni a contatto per la prima volta con alcuni indiani del nord, le loro usanze e riti. La danza del sole, una delle più sacre cerimonie delle popolazioni pellerossa delle Grandi praterie, si svolgeva da quelle parti in località riservata e segreta. Questo giustificava la numerosa presenza di indiani nel piccolo paese.

Così mi spiegava l’amico “Cree” nel suo inglese molto particolare, mentre consumavamo un bibitone di caffè seduti nell’unico coffee shop di Peace River. Albert Redbird, così si chiamava l’indiano cacciatore di pelli, mi spiegava che la cerimonia non era per tutti e si trattava di un’esperienza di grande impatto emotivo.

Finito il litrozzo di caffè mi ritrovai in strada, invitato dal trapper a seguirlo fino a raggiungere una piccola radura in mezzo a betulle, abeti rossi, pioppi e libellule. Uno strano cerchio fatto di arbusti occupava gran parte dello spazio. Nel centro un bel po’ di pietre levigate di fiume. Si trattava di uno spazio dove gli indiano costruivano la loro “Sweat lodge”, una capanna sudatoria.

Un luogo dove mettersi alla prova nel sopportare il calore resistendo al gran desiderio di voler uscire al più presto all’aria aperta. Nella capanna del sudore, si impara a controllare le proprie paure restando dentro fino alla fine della cerimonia. Secondo Albert, in quel sudario l’uomo affronterebbe il suo grande nemico: se stesso. Tutto questo è riaffiorato nella mia mente in una giornata bellissima passata, insieme a due vecchi e carissimi amici Enrico e Mario Potestio, a Fort Edmonton sulla riva sud del mitico “Saskatchewan River” delle Giubbe Rosse e del Grande Blake, l’eroe dei fumetti a strisce di un tempo andato, del fraterno amico Orly.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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donazione funghi2COSENZA 17 settembre 2022 - 19 chili di funghi sono stati posti sotto sequestro cautelare dai militari della Stazione Carabinieri Forestale di Spezzano della Sila in località “Moccone” di Camigliatello. I militari durante un controllo a largo raggio sulla commercializzazione dei funghi hanno accertato la vendita di funghi porcini a bordo strada da parte di alcuni soggetti. I controlli hanno accertato che questi praticavano tale attività in assenza di certificazione micologica rilasciata dall’Asp competente e in forma itinerante. Tale vendita oltre a necessitare dell’autorizzazione sanitaria necessita anche dell’autorizzazione comunale rilasciata esclusivamente a quegli esercenti che siano stati riconosciuti idonei all’identificazione delle specie fungine commercializzate. Dopo il sequestro ai tre, privi di ogni tipo di autorizzazione, sono state elevate sanzioni amministrative per oltre 1000 euro. I funghi, dopo le necessarie verifiche, sono stati donati alla Casa di Riposo “Villa Marta” di Spezzano Sila. Si raccomanda infine ad acquistare funghi solo da venditori autorizzati, considerate le possibili gravi conseguenze determinate dall'ingestione di funghi non commestibili o mal conservati.

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