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Scrive Gigino Pellegrini: Ora l'inverno del mio e del vostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di Coreca, e tutte le nuvole che incombevano minacciose su tutti noi sono sepolte nel petto profondodel mare di Ulisse. Ora le fonti saranno cinte di ghirlande di vittoria, le matite malconce appese come trofei, le mani rattrappite riposeranno in pace. Forse.

 

Ricordando lo scrittore americano e premio Nobel John Steinbeck e il suo ultimo romanzo: “L'inverno del nostro scontento”.

Nell’ambito dei beni pubblici, i beni appartenenti al demanio marittimo sono oggetto di una disciplina propria, desumibile oltre che dai principi generali contenuti nel codice civile dalle specifiche norme dettate dal codice della navigazione.

Quello che in questo caso interessa è accertare se sia possibile ravvisare la sdemanializzazione tacita di beni facenti parte del demanio marittimo o se al contrario sia necessario un esplicito atto di sdemanializzazione, affinché un bene venga sottratto alla relativa disciplina pubblicistica. Questo è quanto si sta chiedendo da oltre due mesi alle autorità competenti, senza ancora ricevere risposta soddisfacente che determini una volta per tutte che, i circa 2000 metri quadri demaniali, rivendicati dai gestori dell’albergo “La Scogliera” come loro proprietà in via Corica, siano in realtà proprietà dello Stato.

Lo strumento principe per incrementare e sviluppare le utilità ritraibili dalle spiagge è la concessione amministrativa che consente alla Pubblica Amministrazione di affidare a privati la gestione di determinate porzioni di lidi marittimi verso il pagamento di un determinato canone mensile consentendo a questi di lucrare sui servizi offerti agli utenti. Con lo strumento concessorio la pubblica amministrazione attua, in definitiva, anche due importanti norme costituzionali, ossia l’art. 9, che impone allo Stato la tutela del paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, e l’art.41, secondo comma, che sancisce la libertà dell’iniziativa economica se non contrastante con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.

A conferma di quanto si va dicendo da troppo tempo, la categoria del demanio marittimo è individuata dall’art. 28 cod. nav. ai sensi del quale “Fanno parte del demanio marittimo: a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente con il mare; c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo”.

La norma compie una specificazione ed un ampliamento di quanto disposto dall’art. 822, comma 1, c.c. che qualifica come appartenenti al demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade ed i porti. Altra certezza è che il lido del mare comprende la zona di riva bagnata dalle acque fino al punto che viene coperto dalle ordinarie mareggiate, estive ed invernali, escluse quelle dei momenti di tempesta.

I porti e le rade (spazio di mare prossimo al porto) sono quelle strutture permanentemente utilizzate per il riparo e l’approdo delle navi. Per demanio statale in generale si intendono tutti i beni appartenenti allo Stato, destinati per natura o per legge al soddisfacimento di una funzione pubblica e perciò sottratti al commercio, con i quali la collettività entra in rapporto di fruizione diretto e gratuito. Più in particolare, il demanio destinato a soddisfare gli usi pubblici del mare, riconducendo a tale categoria non solo quelli concernenti le attività in connessione diretta col mare (pesca, navigazione, ecc.) ma anche quelli che presuppongono l’utilizzazione indiretta a favore della collettività (diporto, balneazione, ecc.), rientra nella categoria del demanio marittimo.

I beni demaniali marittimi fanno parte del demanio necessario. Il demanio necessario comprende tutti quei beni immobili che devono essere demaniali ipso facto: sono in altre parole demaniali per natura, questi beni sono tutti di proprietà dello Stato, e solo eccezionalmente delle Regioni (ad es. nella Regione Sicilia il trasferimento dei beni demaniali marittimi è avvenuto col D.P.R. n. 684/1977). Il regime giuridico cui sono sottoposti i beni demaniali prevede, come conseguenza derivante dalla loro natura di res extra commercium, l’esclusione dalla sfera dei rapporti patrimoniali privati.

Di conseguenza i beni demaniali sono inalienabili, imprescrittibili ed inespropriabili . la loro natura non commerciabile non può formare oggetto di negozi giuridici e dunque non può essere oggetto di trasferimento a terzi, la violazione del divieto implica la nullità dell’atto di trasferimento. “Il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà è senza effetto” dunque i beni demaniali sono indisponibili, dunque inusucapibili.

La totale sottrazione dei beni demaniali al regime di circolazione privatistico, non ne esclude la trasferibilità secondo le regole di diritto pubblico purché ciò non venga ostacolato dalla natura del bene.

Lo Stato, quindi, deve, attraverso tutte le autorità competenti, impedire l’alienabilità di tali beni, destinati ad una determinata funzione d’interesse pubblico, anche se consente, invece, lo sfruttamento di tali aree demaniali per finalità turistiche e commerciali purché non si comprometta la destinazione primaria ed intrinseca del bene pubblico. I cittadini di Amantea sono stanchi delle “orecchie da mercante” da parte delle Autorità e chiedono alle stesse di chiarire definitivamente questa situazione vergognosa venutasi a creare in questi lunghi anni.

“Io che nulla amo più dello scontento per le cose mutabili, così nulla odio più del profondo scontento per le cose che non possono cambiare.” Bertolt Brecht. Gigino A Pellegrini & G el Tarik.

giginoRiceviamo e pubblichiamo.

L’ultima volta che si è sentita la sua voce per le strade di Amantea è stato circa 3 mesi fa in occasione di una immensa "chiazza", marrone, putrescente, che interessava larga parte della spiaggia.

Era il giorno di San Valentino 14 febbraio 2015, quando l'Omerico mare, che bagna il paese veniva “nutrito” da un fiumiciattolo fognario.  Las risposta di Sparaballe non si fece attendere. Prima dicendo : “ Si tratta di stupide leggende metropolitane. Non si può parlare per sentito dire. Non possiamo più tollerare interventi di un folle che parla di cose che non sa. Abbiamo tanti di quei problemi reali in questo nostro amato paese che non dobbiamo inventarcene di falsi”. Poi  dalle pagine della stampa arrivarono le sue balle:

 “Amantea si posiziona tra le migliori zone turistiche della Calabria per la qualità del mare, tra le prime sul tratto di spiaggia del Basso Tirreno Cosentino. E' quanto affermerebbe l'Arpacal, l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Calabria, che in una nota, a seguito di controlli sul tratto marino interessato, comunica che il mare da noi è Eccellente in tutte le zone comprese nei 14 chilometri di costa amanteana”

Tenendo in non cale che la costa del medio  tirreno calabrese negli ultimi 50 anni è arretrata mediamente di 60 metri – con punte che oltrepassano i 200 metri – abbattendo case (molte delle quali abusive poiché costruite su suolo demaniale) e strade, ma abbattendo molte opere pubbliche (lungomari ed altro) realizzati con tanto di progetti di dubbia affidabilità. Questo è certamente il risultato di una “miope”, per usare un eufemismo, politica di difesa delle coste circoscritta ai comuni costieri che non hanno fatto altro che fregarsene dall’essere coinvolti armonicamente in un piano organico di difesa della “erosione”  della costa e dell’appropriazione indebita di essa da parte di imprenditori locali.   Questo è anche il risultato dello stupro urbanistico dei corsi d’acqua che sfociano nel Tirreno che hanno ridotto drasticamente il “trasporto solido” che alimenta le spiagge. Senza provvedimenti urgenti, con interventi efficaci e lungimiranti, tra qualche anno la costa arretrerà ancora generando danni e cancellerà definitivamente ciò che resta delle nostre spiagge . La struttura sociale dell’illegalità diffusa ed ambientale, è proporzionale allo status di un territorio che non sente la “necessità” di progredire con mezzi leciti; il comportamento individuale è proteso alla ricerca del successo in maniera spregiudicata, dimentico del senso civico d’appartenenza. L’adagio “occhio per occhio e dente per dente” si è insinuato nella logica comune, sedimentando un carattere fortemente orientato alla noncuranza dei fenomeni anomali di corruzione e abuso e favorendo nei cittadini persino il distacco dalla realtà locale.

Una alquanto poco credibile e direi  ridicola immagine di Amantea l’ho trovata sul Web e che in parte mi ha suggerito di scrivere questo breve articolo in risposta a Sparaballe .  “Amantea sorge tra due suggestivi promontori”. E fin qui non vi è nulla di nuovo.  Sempre secondo Sparaballe  Amantea  sarebbe un  “importante centro balneare, naturale sbocco di molti piccoli paesi del suo vasto entroterra” Questo, come sanno gran parte degli amanteani più che la realtà rappresenta il desiderio non tanto nascosto dell’attuale Amministrazione che spera di svegliarsi una mattina e trovarsi immersa in una cittadina di sogno. Non tenendo conto che le idee e il fare non cascano dal Cielo Non contento, Sparaballe infervorato e senza freni :  “Amantea, da qualche tempo vede crescere attorno a sé l'interesse l'attenzione di molta gente e non solo calabrese. Il suo territorio si presenta ben articolato, aperto e ospitale, verso cui da sempre, si sente particolarmente vocata” . Sparaballe, come un treno lanciato in una folle corsa insiste: “ Amantea gode di una buona posizione geografica e di magnifiche condizioni meteorologiche, che ci regalano senza esagerazione, almeno 300 giorni di sole all'anno. Piantata nella sua parte antica su un colle dove ancora signoreggiano i maestosi ruderi di un castello forse di epoca normanna, oggi è la sua ampia Marina che, negli ultimi cinquant'anni ha conosciuto uno sviluppo incredibile di case, vie, quartieri, strade di moderna concezione per impianto e struttura”.  Come e cosa si può replicare ad un bugiardo compulsivo come il nostro Eroe?  Ho pensato d’invitarlo, in questa prima metà di maggio, sulla spiaggia di Amantea e fargli bere un po’ di quell’acqua diventata all’improvviso da “bere” e vederlo diventare verde come un marziano.

Scritto da Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Primo Piano

gigino

Riceviamo e pubblichiamo

Come per Ulisse, per G  contava poco avere una residenza fissa.

Se ne andava sempre alla ricerca di qualcosa alla quale non riusciva a dare un nome. Non viaggiava per vivere, viveva per viaggiare, tanto fra le forme di conoscenza che fra i continenti. Come Ulisse, era spinto da curiosità irrefrenabili e  personali. In tutto il tempo che aveva vissuto aveva ansiosamente cercato un suo stile narrativo per provare a  raccontare quello che aveva trovato in modo da far sentire che riguardava tutti.  Qualche anno addietro, mentre se ne stava seduto in un piccolo caffè nel sud della Francia , cominciò a raccontarmi un qualcosa che assomigliava ad una storia. Un uomo era convinto di essere morto. Dicendo  ai familiari: "Sono morto" e i familiari lo accompagnarono da un medico specialista. Fin da subito, fra il medico e il paziente, si accese  un'accanita discussione. Il medico cercava in tutti i modi di appellarsi  ai sentimenti dell'uomo cercando di convincerlo che la vita valeva la pena viverla e amarla come pure la famiglia che preoccupata lo aveva accompagnato fin nel suo studio. Non ottenendo risultati auspicati, lo specialista provò a farlo ragionare, dimostrandogli l'intrinseca contraddizione di una frase come "Sono morto". I morti, innanzitutto,  non sono in grado di dire che sono morti, perché è appunto in quello consisteva l'essere morti. Il medico un po’ scoraggiato dagli scarsi risultati, decise di ricorrere  all'evidenza dei sensi. Dopo una breve pausa, con il consenso del suo paziente, si accese una sigaretta . Soddisfatto dalla sua prima puffata, chiese all'uomo seduto di fronte a lui: "I morti sanguinano?". "Certo  che no" rispose l'uomo, spazientito dall'ottusa ingenuità  della mente del medico. "Tutte le persone sanno bene che i morti non sanguinano". Al che il medico gli punse un dito con un ago. Ne uscì una goccia di sangue. "Ma guarda un po', chi l'avrebbe mai detto" esclamò  il paziente. "I morti sanguinano! Non si smette mai di imparare”.  Offrii una birra a G in quel caldissimo pomeriggio di luglio e lui per punirmi decise di spiegarmi come le percezioni e i ragionamenti confermavano anziché contraddirla, l'idea di essere morto. I sentimenti, la ragione e i dati di fatto collaborano alla costruzione di un sistema di difesa volto a spiegare l'esperienza primaria, un'esperienza primaria in quanto stato di conoscenza, una realtà intuitiva dentro la quale il paziente viene bloccato e che conferisce significato a tutti gli altri eventi. "L'ambiente offre un mondo di nuovi significati. Tutta l'attività di pensiero è pensiero intorno ai significati ... Si ha una conoscenza diretta e intrusiva del significato e questa appunto, in se stessa, è l'esperienza del delirante”.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

gigginoLa concussione, dal latino medievale  concussio “scossa, eccitamento”  dunque “pressione indebita, estorsione” è il reato del pubblico amministratore che, abusando della sua qualità e delle sue funzioni, costringe(concussione violenta) o induce (concussione implicita o fraudolenta) qualcuno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità anche di natura non patrimoniale. Questo termine è entrato prepotentemente nel nostro linguaggio quotidiano  a partire da Tangentopoli agli inizi degli anni 90. E’ un reato tipico dell'ordinamento giuridico penale della Repubblica Italiana, la fattispecie concussiva non è presente nella maggior parte degli ordinamenti europei e pubblica amministrazione. Oggi, la normativa italiana di contrasto al fenomeno concussivo è contenuta nel codice penale e precisamente nel Libro II, Titolo II "Dei delitti contro la pubblica amministrazione" (art. 314-360). Il reato “potrebbe essere punito con la detenzione da 3 a 11 anni.  Da non confondere con  La truffa aggravata che è configurabile quando la qualità o funzione del pubblico amministratore concorrono in via accessoria alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifici o raggiri ad una prestazione che egli crede dovuta. Invece deve ravvisarsi concussione tutte le volte che l'abuso delle qualità o della funzione del pubblico amministratore si atteggia come causa esclusivamente determinante, così da indurre il soggetto passivo all'ingiusto pagamento che egli sa di non dovere. Il fenomeno rientra pienamente nel rispetto della tradizione dell’antica Roma, quando la maggior parte dei componenti della nobiltà consideravano le province terra da bottino e il loro rappresentante il Pubblicano, cavaliere romano  svolgeva determinati incarichi per conto dello Stato: costruzioni di edifici pubblici e riscossione delle tasse nelle province. Il Pubblicano, chiaramente faceva di tutto per ottenere la costruzione al minor costo possibile con l’abbassare i salari ovvero con l’estorcere, senza alcuno scrupolo, più tasse di quelle che si era convenuto di pagare allo Stato da parte del popolo. In aggiunta non indietreggiava di fronte a nessuna oppressione, estorsione o ad alcuna sopraffazione del diritto, pur di arricchirsi. I Pubblicani erano, chiaramente, protetti dal ceto dominante. Solo nel 194 a.C. veniva varata una legge (la Lex Calpurnia  che prese il nome del suo ideatore Lucio Calpurnio Pisone Frugi) che rendeva possibile l’incriminazione di un Governatore o Pubblicano, che per i loro metodi oppressivi ed estorsivi si erano fatti odiare dalla popolazione. Di conseguenza “potevano” essere accusati di “repetundis pecuniis” (concussione). Questa legge, come è facile dedurre, non ebbe mai grande effetto. Le denunce non venivano prese in considerazione, oppure, chi si macchiava di tale reato, veniva condannato ad una semplice e banale multa, tanto per salvare le apparenze. Nel tempo intercorso da allora ai nostri termpi, poco è cambiato e se proprio si dovesse decidere di analizzare questo fenomeno tipicamente italico, bisognerebbe tenere in seria considerazione l’importanza delle nostre tradizioni e il rispetto delle stesse nel perpetuarle il più possibile senza stravolgerle. L’ex ministro dell’industria  Franco Nicolazzi, per esempio, durante Tangentopoli è stato condannato per concussione nell'ambito del processo per le cosiddette "carceri d'oro"; ciò “causò”, “udite!  udite!,  il suo ritiro dalla vita politica attiva. Altro esempio lo abbiamo avuto dal tribunale di Termini Imerese che ha condannato l'ex dirigente del settore Lavori Pubblici e del settore Finanziario del Comune di Bagheria, Giovanni Mercadante, a 2 anni e 8 mesi di reclusione per concussione. Avrebbe costretto la cooperativa sociale Serenità, minacciandola di ritardare i pagamenti delle fatture per crediti vantati nei confronti del Comune di Bagheria, a dargli 3 mila euro. Ovviamente, essendo la condanna a meno di 3 anni, il dirigente pubblico non fece carcere. Tutto nel pieno rispetto di almeno 2000 anni della nostra storia passata e nel rispetto della tradizione, perché solo così si distingue dalla semplice moda. Non è dunque un caso che una società nella quale le tradizioni sono svigorite diventa preda delle mode. Non sia mai!

Gigino A. Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Calabria

giggino pell“Ora l'inverno del nostro scontento……..”.  In questo tiepido  sole di marzo, tutte le nuvole che incombono minacciose  sulla nostra terra vengono sepolte nel petto profondo del mare di Ulisse e per le “strade”di Amantea.

Una triste realtà si presenta ai nostri occhi ed è la constatazione che per la prima volta nella storia recente i giovani meridionali si trovano di fronte a prospettive di vita peggiori di quelle che hanno avuto i loro genitori. Di certo, lo stile di vita di buona parte dei cittadini sta cambiando, dovendosi adattare a una situazione economica che indebolisce inesorabilmente le certezze passate. Ciò che fino a pochi anni fa pareva garantito (lavoro, pensioni, diritto di cura) non lo è più ed è presumibile che non lo sia in futuro. Sono le conseguenze della crisi iniziata  nel 2008, che ha portato con sé il crollo del potere d’acquisto e la drammatica perdita di posti di lavoro, sia nei settori tradizionali dell’industria manifatturiera sia nei servizi. A risentire degli effetti della crisi sono le fasce più deboli della popolazione, mentre aumenta in maniera inquietante l’area grigia di coloro che si stanno impoverendo e temono di perdere la relativa agiatezza conquistata. Di particolare interesse la vulnerabilità alla povertà, sottolineata da un aspetto cruciale dell’insicurezza che colpisce la nostra società, ossia la probabilità di diventare poveri in futuro. E’ vulnerabile non solo chi è già indigente, ma anche chi rischia di diventarlo. Le stime mostrano che la vulnerabilità alla povertà si diffonde su ampia scala, se si considera che già agli inizi degli anni novanta del secolo scorso riguardava quasi la metà della popolazione e che la situazione sembra volgere al peggio, soprattutto alla luce della cronica stagnazione del prodotto interno lordo italiano e degli effetti persistenti della crisi. In altre parole, si assiste alla sub-proletarizzazione di larghi settori della classe media, un fenomeno in atto da tempo ma che sta accelerando negli ultimi durissimi mesi.  Amantea, cittadina di circa 18 mila anime sembra immune a tutti questi malefizi. Il fatto più eclatante, che ha fatto scrivere fiumi di parole ai vari quotidiani negli ultimi 4 giorni, è stata la querelle fra un assessore il sig. Giancarlo Cannnata e un consigliere di opposizione Signora Concetta Veltri. Il problema, di vitale importanza per la popolazione, era se i famosi carri carnevaleschi dovessero calpestare solo il sacro suolo amanteano o anche quello meno nobile di Campora San Giovanni. Tutto ciò che succede nel resto del Paese non sembra sfiorare minimamente questa “Isola felice” adagiata sul mare di Ulisse. Non importa se il quadro che emerge è chiaro e che da tempo il Paese sta andando a rotoli e oggi, in tempi di recessione, va incontro al declino. A differenza degli anni che seguirono l’ultimo conflitto mondiale, dalla più misera povertà ad un miraggio di benessere; oggi le cose si sono ribaltate e si vedono i nostri giovani e meno giovani costretti a passare da una situazione quasi vivibile alla miseria più nera. Ai giorni nostri  la valigia di cartone è stata sostituita dal trolley e i giovani , questa volta , non più semianalfabeti , ma diplomati e laureati continuano a lasciare questa terra. Una magra consolazione. A differenza dei loro padri e dei loro nonni, arrivati nelle ricche regioni del nord negli anni Cinquanta e Sessanta e settanta del secolo scorso con la valigia in mano tenuta chiusa dallo spago, in gran parte non cercano posti di lavoro alla Fiat o in un'altra delle grandi fabbriche di Piemonte e Lombardia, e neppure in quelle medie e piccole del facoltoso Nordest. Puntano a occuparsi nella pubblica amministrazione o come classe docente nelle scuole di ogni ordine e grado. Dal Sud si emigra ancora andando nel nord d’Italia, nel nord Europa, in Australia e Nord-America nella speranza di trovare un’occupazione stabile, oppure precaria ma sicuramente più remunerativa. Alcune analisi parlano di Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno, corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni. L'emorragia emigrazionale sembra più forte in  Campania a seguire Puglia, Calabria e Sicilia.  In vistosa crescita, in particolare, sono le partenze dei laureati 'eccellenti': nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; anni più tardi la percentuale e' balzata a quasi il 38%. I laureati meridionali che si spostano al Centro-Nord vanno incontro a contratti meno stabili rispetto a chi rimane, ma ottengono stipendi più alti. Un altro fenomeno di rilievo e' quello dei pendolari ‘di lungo raggio’ , che vivono al Sud e lavorano al Centro-Nord o all'estero, rientrando a casa nel weekend o un paio di volte al mese. Ad aggravare la situazione c’è  stata poi la ormai famosa crisi, che in molti casi ha costretto i pendolari a tornare a casa: se il movimento Sud-Nord e'cresciuto, con l'accentuarsi della crisi migliaia di  persone sono rientrare al Sud, soprattutto donne. L'Italia , dunque, è ancora spaccata in due , si continua ad emigrare ma con una differenza sostanziale: chi emigra ora ha il vantaggio d'aver studiato, ma è meno forte. Gli immigrati degli anni Sessanta erano forti perché partecipavano a un avvenimento collettivo che ha cambiato l'Italia. Emigrare dal Sud ora è un'esperienza vissuta individualmente e forse è ancora più mal vista , poiché va ad occupare dei posti agognati anche dai giovani del nord , quei giovani che fino a pochi anni fa , non avevano problemi di inserimento lavorativo , dopo la terza media entravano in fabbrica ora le cose sono cambiate . I contratti capestro spingono anche i piemontesi e lumbards a cercare il posto fisso nelle pubbliche amministrazioni . E il flusso migratorio di laureati e professionisti continua : non trascinano più una valigia di cartone chiusa con lo spago, non indossano abiti sdruciti, ma hanno un moderno trolley e una valigetta col computer. Ma, come i loro antenati, con la tristezza nel cuore. Dopo il carnevale lungo un mese ci si sta preparando alle prossime feste: Domenica delle Palme, Pasqua, Pasquetta e Pasquone. “Perciò…. per occupare questi giorni belli ed eloquenti,sono deciso a dimostrarmi una canaglia e a odiare gli oziosi piaceri dei nostri tempi” e al posto di “Sparaballe” mi presento a Voi: “Il Rompiballe”.

Gigino Adriano Pellegrini  & G el Tarik

La politica c’entra ben poco in un paese come Amantea, dove non ha nessun senso parlare di altro che di amministrare insieme le necessità spicce di circa 15 mila persone.

 

Senza schieramenti politici ma solo per la voglia di stare insieme, per vivere insieme un paese a misura d’uomo, rispondendo alle esigenze delle persone. Che sono diverse dalle esigenze della grande metropoli, a partire dalla necessità di un anziano di essere accompagnato in ospedale o a fare la spesa. Anche se non ci vogliamo fermare agli anziani, parlando di categorie deboli, perché in questo tempo è necessaria l’attenzione a tutte le fasce della popolazione e pensiamo molto alle famiglie che si ritrovano in difficoltà anche economiche, oggettive, e hanno dei figli. Sarebbe possibile aiutarle in molti modi. Amministrare un Comune è non più che la gestione di un buon padre di famiglia,o di una buona madre, concretamente, insieme alla salvaguardia del territorio.

Dovrebbero redigere un programma e strutturarlo in pochi punti snelli, e il primo dovrebbe essere i servizi alla persona. I servizi alla persona dovrebbero essere la priorità, voler tutelare tutte le fasce, perché a volte si fraintende parlando di fasce deboli, dando attenzione anche alle necessità dei ragazzi che crescono e alle esigenze della famiglia. Subito dopo viene la salvaguardia del territorio. Da parte di una buona Amministrazione non ci dovrebbe essere nessuna intenzione di stravolgere il ,anche se poco, lavoro svolto dalle precedenti amministrazioni, e per precedenti si deve intendere negli ultimi vent’anni. Bisognerebbe però calarsi anche nella realtà attuale e proporre qualche innovazione per l’intera collettività.

 

Questa Amministrazione non ha intenzione di attuare neanche il poco promesso un anno fa per farsi eleggere.

L’istruzione e la cultura è un discorso inutile. Invece di puntare ad un alto grado di efficienza di tutte le strutture scolastiche e a dare attenzione al diritto allo studio; si preferisce continuare a pagare l’affitto a strutture private per ospitare gli studenti senza il minimo di adeguati spazi e misure di sicurezza. Bisognerebbe migliorare il servizio di vigilanza del territorio, nei limiti di quanto può fare un’amministrazione comunale. Non si fa nulla per potenziare la vigilanza cercando di migliorare ancor più la collaborazione con i comuni limitrofi. Bisognerebbe essere in grado di amministrare un territorio ed una collettività con grandi passioni e senso civico. E’ ovvio che solcare la porta del Comune per molti anni anche per più volte al giorno “segna” profondamente.

 

Questa esperienza dovrebbe servire come crescita personale e professionale che sicuramente inciderebbe nella vita di chiunque.

Chi amministra un Comune dovrebbe pensare costantemente non a risolvere i propri “problemi” ma a quelli dei cittadini . Questo, a parere di tanti cittadini ai quali mi aggiungo, non è certamente un punto a favore, né per l’immagine della città, né per loro stessi. Dopo quasi un anno dalle elezioni, questa Giunta ne ha combinate tante che trovo difficoltà a ricordarle tutte. Stornare la somma che doveva servire alla ristrutturazione del lungomare. Somma che andrà a finanziare un ponte quello sopra il fiume Colongi che probabilmente non verrà mai costruito; assumere come consulente amministrativo il padre del sindaco a “costo zero”; il mancato impegno di trovare una soluzione al “porto”, si fa per dire, che rimane chiuso; una raccolta differenziata che fa ridere i polli e i gabbiani, la drammatica situazione stradale nei pressi della 24 ore di Campora, la vergognosa situazione del ponte sul fiume Savuto e non quello fantomatico del Colongi ecc., ecc.

 

Detto questo non ritengo sia oggettivamente normale che i membri della giunta o del consiglio comunale disertino un elevato numero di riunioni dei rispettivi organi, comportamento poco rispettoso nei confronti dei cittadini che li hanno eletti.

Spesso noi cittadini elogiamo e quasi invidiamo la presenza in comune e il coraggio di sindaci di città vicine, perché questo è ciò che si richiede a un buon amministratore e se i nostri rappresentanti non risultano essere, dati alla mano, sufficientemente presenti, è giusto che tutti siano liberi di criticare questa situazione per spronarli ad andarsene.

Amministrare è una cosa seria: oggi i cittadini, cui peraltro vengono richiesti consistenti sacrifici economici in termini di tassazione locale, vivono una realtà quotidiana piena di problemi, vedi acqua “potabile” nelle case, crateri e solchi per le strade, luci pubbliche non funzionanti da moltissimi giorni, questioni che richiedono risposte e interventi giorno per giorno da parte dell’amministrazione. La città non può essere amministrabile a part - time. Rendere dinamico, operativo e funzionale l’Ufficio del Sindaco, che dovrebbe comprendere, alle sue dirette dipendenze la “cabina di regia” per i fondi comunitari (il Sindaco deve essere considerato il primo responsabile se il Comune non accede ai finanziamenti europei, né a quelli statali e regionali).

 

Tenere sotto controllo: l’inventario immobiliare, lo stato di consistenza delle strutture, gli affidamenti, l’eventuale contenzioso, le locazioni attive e passive, le scadenze dei contratti, l’elenco dei debiti fuori bilancio riconosciuti e l’attivazione dell’azione di rivalsa; l’elenco dei debiti fuori bilancio non riconosciuti, né riconoscibili, per i quali avviare immediatamente eventuale azione di responsabilità; l’elenco degli espropri non definiti e non pagati; le posizioni assicurative dell’Ente e del Parco macchine delle Aziende e Società partecipate; le revisioni degli automezzi. Istituire i Vigili di quartiere e tante squadre di operai, addetti alle manutenzioni delle strade, rete idrica e fognante. Creare un “Ombudsman Comunale”,che accolga i reclami dei cittadini in difficoltà con la Pubblica Amministrazione e cerchi rapide soluzioni.

Disporre un monitoraggio dello stato delle strutture pubbliche e delle abitazioni obsolete e della precarietà del territorio comunale ed avviare o ordinare azioni immediate di prevenzione, messa in sicurezza e ripristino dei luoghi.

 

Ordinare interventi di sostegno, messa in sicurezza delle scarpate laterali alle strade comunali, vicinali e rurali, dei siti dove frequentemente si manifestano fenomeni di dilavamento ed erosione del terreno. Ordinare la pulizia dei torrenti e la regimentazione delle acque.

Rendere efficienti e funzionali i servizi sociali e di sussidio dei ceti più deboli (anziani, disabili, bambini, i senza fissa dimora, immigrati, ecc…), tenere in debita considerazione ed incentivare il volontariato.


Intercettare finanziamenti per lenire la disoccupazione, a cominciare dai cantieri di lavoro, dalle borse lavoro, dalla partecipazione al progetto regionale di un Piano del Colore per i centri storici e i borghi calabresi, lanciato dall’Unione Europea.

 

Ridurre al minimo le tasse comunali e se del caso, studiare la possibilità, per chi non può pagarle, di tramutarle in “prestazioni d’opera”.

 

Pagare i fornitori ed i lavori entro 30 giorni dalla messa al protocollo di entrata delle fatture; del resto le somme risultano impegnate e quindi la mancata liquidazione è addebitabile al dirigente e non al Sindaco.

 

Stabilizzare i lavoratori precari, senza problemi, sfruttando leggi esistenti, prevedendo nel Regolamento sull’Ordinamento degli Uffici e dei Servizi, la trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato ai sensi di legge rideterminando la dotazione organica; deliberando il programma triennale del fabbisogno ed il piano annuale delle assunzioni, unitamente alla modalità di accesso (dall’interno) ai posti disponibili in Pianta Organica.

 

Impegnarsi, attivarsi, dare l’anima perché i giovani possano trovare, nel proprio Comune o nella propria Provincia, il lavoro e possano veramente scegliere di rimanere o ritornare.

 

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

gigino pelDa qualche anno a questa parte, la vena creativa è fortemente improntata al recupero e al riciclo creativo.

Nel web questi termini vengono usati spesso impropriamente, a volte in modo intercambiabile. Solo recentemente, si sono apportate delle modifiche alla classificazione di alcuni lavori e all'assegnazione delle etichette. Il termine recupero ha una doppia accezione di significato.

Da un lato si riferisce al materiale di recupero, ossia tutti gli oggetti, i mobili o i cosiddetti "scarti" che si possono reperire facilmente nei nostri garage, nei mercatini o addirittura nelle discariche, e che possiamo utilizzare creativamente.

Dall'altro riguarda l'azione di recuperare mobili od oggetti (rovinati o deteriorati) restaurandoli o decorandoli, facendoli tornare utilizzabili per il loro consueto uso,

L’altro concetto è il riciclo creativo, che, viene più frequentemente confuso con il termine riuso che è la destinazione di oggetti comuni ad un utilizzo diverso ma pur sempre simile a quello originario, con o senza un intervento di abbellimento. Per esempio, il fatto di utilizzare le confezioni di detersivo per contenere altri oggetti; la loro funzione rimane sempre quella di contenitori.

Se invece una bottiglia dell'olio diventasse la base per una lampada, allora si deve parlare di riciclo. Credo infatti che il riciclo si debba riferire alle situazioni in cui un oggetto, o una parte di esso, entri (come dice la parola stessa) in un nuovo ciclo, cioè diventi parte di qualcos'altro come elemento principale o secondario. Il riciclo creativo (Creative Upcycling) è una forma d’arte, pratica di rispetto dell’ambiente o base per nuove forma di innovazione?

Tutte e tre queste definizioni sono esatte perché descrivono diverse sfaccettature di una stessa realtà. Il riciclo è di sicuro una pratica di rispetto per l’ambiente necessaria per la sostenibilità ambientale del moderno modello di sviluppo. Allungare la vita degli oggetti e dei materiali si contrappone alla cultura dell’usa e getta che ci porta a sovrautilizzate le risorse che il nostro pianeta ci può offrire. Quando poi il riciclo diventa creativo esso lascia spazio a forme d’arte e libera espressione della propria fantasia, creatività e voglia di vedere oggetti nascosti dietro ad altri. Il designer e il progettista del riciclo creativo sono anche degli innovatori perché sono in grado di progettare in un modo che rompe gli schemi, utilizzando nuovi materiali, nuove forme e nuovi modi di pensare e vedere le cose.Torniamo al termine upcycling e ripartiamo dal concetto di “cradle to cradle”. Il termine upcycling, infatti, è stato coniato nel libro Cradle to Cradle (William McDonough, North Point Press 2002; trad. it. “Dalla culla alla culla”, Blu, Torino, 2003). Qui l’idea che un prodotto abbia una ‘vita’ lineare, cioè “dalla culla alla tomba”, viene stravolta e trasformata in un ciclo. Nel “cradle to cradle” ogni componente di un progetto è disegnato in modo da poter essere riciclato, o meglio ‘upcyclato’ ,in un sistema che non creerà alcun rifiuto. Senza adottare una visione così categorica si può affermare che l’upcycling significa “creare” cose nuove.

Nella definizione di upcycling rientrano dunque aspetti estetici e pratici: trasformare una cosa in qualcosa di differente e che ci piace.

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

giggino pellAll’unica e Nobile Donna che riesce a piangere e ridere ad un tempo; ed il Suo sorriso è certamente figlio della Sua melanconia meridionale,  e per essa sola si spiega e si rende intelligibile e chiaro.  

 

“L’amore è una malattia senza la quale non si sta bene”. Uno stato di benessere che può far stare male. Produce estasi e tormento, appagamento ed ansia allo stesso tempo.

Come racconta Aristotele nelle pagine introduttive della Metafisica, erano Esiodo e Parmenide a suggerire che l’amore fosse la forza che muoveva le cose e le manteneva  insieme. Il filosofo Greco scriveva: “L’amore è composto da un’unica anima che abita in due corpi”  e aggiungeva “Amare è gioire”, non solo per essere amati, ma perché si ama! 

In maniera più complessa e in un contesto filosofico molto più elaborato, sempre Aristotele spiegava che nel momento che si amava, l’ intero ego (senziente,cosciente e subcosciente) si cancellava (obliterava) e rinasceva a una nuova vita (palingenesi) che si realizzava nel suo susseguente cammino (s'impresentava e si infuturava) non più nella sua privata individualità ma nella fusione con l'anima dell'amato, realizzando in piccolo l'unione di tutte le anime nell'amore cosmico che era l'origine e il destino dell'uomo e dell'intero universo.

Il quale uomo era in piccolo quello che l'universo era in grande (antropomorfismo cosmico). L'universo stesso che era composto di cose separate e individuali ritrovava  la sua unità alla fine dei tempi spinto dalla forza dell'amore; l'uomo era il microcosmo immagine dell'universo.

Non vi è dubbio che l’amore sia una dimensione universale dell’uomo, presente in ogni civiltà  e in ogni individuo, ma  è anche una espressione culturale. Vi è molto di naturale nell’amore, e molti modi di amare sono possibili. Secondo il nostro comune sentire l’amore è un sentimento, ossia uno stato affettivo della coscienza, un moto dell’anima possibile solo fra individui che hanno pari dignità. Anche se la condizione femminile rimane, in alcune realtà, socialmente discriminata, non vi è dubbio che all’interno della coppia deve sussistere una parità  sentimentale.

In tal senso non c’è sentimento più gratificante e socialmente evidente dell’amore.  Comunque, non tutto può essere giustificato da quello che chiamiamo amore . Meno che mai il controllo o la gelosia ossessiva. Quando, per esempio, si pensa che sia del tutto legittimo cercare di sapere quello che la persona amata fa quando  non è con noi: chi incontra, dove va, come si comporta, che cosa dice. Talmente valido che, quando l’altro tace o si fa schivo, ci si comincia a fissare. Si immagina che ci sia qualcosa che non va. Si pensa che lui/lei stia mentendo. Insorge la convinzione che, prima o poi, succederà                   l’ irrimediabile . Tutto diventa un “cerca” e “fruga”.

Ci si avvia verso una patologia a grandi passi. Non ci si rende conto d’essere i primi a fare in modo che il tutto vada male. Questo lo si fa violando l’intimità dell’altro e venendo meno al rispetto che si merita.  L’altra persona diventa un proprio possesso (bambola o bambolo che sia) riconducibile alla propria infanzia e adolescenza. Il semplice fatto di “amare” una persona si trasforma in un diritto di agire come mai verrà consentito all’altro di fare nei propri  confronti. E’ chiaramente inaccettabile voler abbattere i muri fra l“io” e il “tu” cercando di fonderli in un’unica cosa. Una necessità simbiotica, refuso di un mito romantico, bagaglio di adolescenziale  memoria quando si pensava di essere tutt’uno con l’altro senza riuscire a vedere in esso una soffocante prigione come canta Gianna Nannini:

… “Ti telefono o no, ti telefono o no,/ ho il morale in cantina/Mi telefoni o no, mi telefoni o no/ chissà chi vincerà!/Poi se ti diverti/ non la metti da parte un po’ di felicità/anche tu?/ Mi telefoni o no, mi telefoni o no,/ io non cedo per prima/ Mi telefoni o no, mi telefoni o no,/ chissà chi vincerà…./

Questo amore è una camera a gas/ è un palazzo che brucia in città/…….”. ,  che talvolta soffoca. Nessuno appartiene a nessuno. Meno che mai a chi dice di amare l’altro. Chi ama dovrebbe amare l’amato per come è. Con tutto quello che sfugge e che non si potrà mai dominare. Quello scivolare via, come una saponetta bagnata tra le mani, che è tanto difficile da sopportare, ma che permette poi ad ognuno di esistere indipendentemente dalla presenza altrui.  Con questo non si vuole sostenere che non ci siano momenti di fusione nell’amore  fra due persone. Questi momenti unificanti, sono convinto che siano talvolta necessari, anche perché dopo la fusione c’è sempre il distacco che si traduce in libertà di esistere individualmente e indipendentemente dalla persona amata. A tutti noi sarà capitato di sentire storie su qualcuno che ha “sbirciato” sulla posta elettronica o cellulare  della persona amata. In casi come questo, non serve a nulla cercare di “rassicurare” l’altro o farsi capire.

Il problema appartiene a chi ha letto abusivamente i messaggi. Cosa resta del sentimento amoroso, quando viene meno la fiducia reciproca e si arriva a queste forme di controllo-possesso dell’altro?

La gelosia, che si prova verso un’altra persona, verso il partner sentimentale, può essere definito come uno stato d’animo che crea inquietudine e si manifesta, normalmente, quando si prova sfiducia nella persona con la quale si condivide una situazione affettiva. La sfiducia quindi genera sospetti che si traducono in manifestazioni di ansia, rabbia e in qualche caso nel desiderio di vendetta.

E’ probabile che l’origine della gelosia di “coppia” vada ricercata nella predisposizione culturale dell’individuo al possesso della persona amata, rafforzato dai propri sensi di inferiorità. Inoltre, e penso sia più comune, quella gelosia che sgorga dal rapporto di due persone che si stimano poco. Da queste poche righe credo si possa stabilire che né la gelosia né il possesso possono essere riconducibili all’amore. Amare è sicuramente altro. Amare qualcuno è fatto anche di lontananza  e di separazione. L’amore è fatto anche di rispetto. L’amore è fatto soprattutto di libertà.

Ecco perché uno degli “errori” più grandi che si possano commettere  quando si ama, è proprio confondere l’amore con la volontà di controllo e di possesso. Quando si pensa che l’altro ci appartenga completamente. E allora lo si tratta come un oggetto da  poter spostare a piacimento, trovandolo ogni volta nel posto esatto in cui lo si è lasciato. L’amore è altro: “L’amour ne peut rien refuser à l’amour”. L’amore non può rifiutare nulla all’amore.

Bisogna anche dire che  tutti i segnali provenienti dallo scenario contemporaneo sono spesso contrastanti. A cominciare da Oscar Wilde: “Ogni uomo uccide ciò che ama, ognuno ascolti ciò che dico. Alcuni uccidono con uno sguardo d’amarezza, alcuni con una lusinga. Il codardo uccide con un bacio, il coraggioso con la spada! Alcuni uccidono il loro amore in gioventù, alcuni quando sono vecchi. Alcuni lo strangolano con mani  avide, alcuni con le mani d'oro.

L’uomo gentile usa un coltello perché più in fretta giungerà il freddo della morte. Alcuni amano per poco tempo, altri troppo a lungo, alcuni lo acquistano e altri lo vendono.

Alcuni uccidono con tante lacrime. Altri senza un singhiozzo. Perché  ogni uomo uccide ciò che ama, eppure nessuno di loro deve morire”.

 Si ha la netta impressione di trovarsi davanti a qualcosa di atroce, ad un assopimento delle passioni comuni. Un sorta di apatia che porta l’individuo sempre più a chiudersi in se stesso. Nulla sembra smuovere la persona contemporanea, stanca e annoiata di rituali che si ripetono apparentemente senza fine e senza variazioni.

Siamo in presenza veramente della mancanza di entusiasmo e auspicio per un futuro di cui non si riesce a intravedere la presenza dell’ amore? Possibile che l'amante troppo amata dal suo amante finisce con l'amarlo di meno?  Amore: quando la parola viene usata in maniera appropriata, non denota qualsiasi e ogni relazione tra i due sessi, ma soltanto una relazione in cui ci sia un grande coinvolgimento emotivo e che sia di natura psicologica e fisica e di conseguenza, i “difetti” della persona amata  appariranno non tanto come tali, ma come parte di lui/lei e non certo come difetti strutturali.

Alla fin fine non conosco alcuna interpretazione da dare all’amore. Sono cosciente che cerco di capire qualcosa che è misterico, endogeno e in parte dogmatico come lo è l’amore. Sento che l’amore è un ineluttabile fenomeno umano e lo si può accogliere o rigettarlo. Questo sentimento che ci lega all’altro  non conosce torti o ragioni, riesce a passare per contrapposizioni, disarmonie o incomprensioni ma, se è presente, riesce a prevalere  nell’indurre la riflessione della dialettica interiore.    “La ragione nell’amore sta nel cogliere il senso e il divenire di un’intera vita”.

Una scena molto  intensa del film “Cuore in Inverno” di Claude Sautet , in qualche modo rappresenta la problematica amorosa odierna.

 I due protagonisti del film Camille e Stephan si trovano in un  appartamento. Camille (bellissima violinista di successo) parla del rifiuto di Stephan (liutaio molto raffinato) di amarla: “…..spero che vorrai dimenticare quelle cose orribili che ti ho detto.”

 Stephane: “Erano vere. Io so che non sono niente. Amo il mio lavoro e lo faccio bene. Ma tu hai ragione, c’è qualcosa dentro di me che non vivo. Non riesco a……ho continuato a concedermi proroghe. Ho fallito con te …… Sì, mi rendo conto che non sono gli altri che distruggo, ma me stesso e non ha senso che continui a ripetermelo da solo. Dovevo dirlo a te.”

La giovane violinista gli risponde: “ Me l’hai detto, ma ora mi sento svuotata, io.”

Stephane esce dall’appartamento di Camille. Ha gli occhi spalancati, il suo sguardo è terribile. Un uomo in un contesto alieno  che viene condannato alla solitudine dalla superficialità che lo circonda.  Vorrebbe amare ed essere riamato da una donna che dice di amarlo alla follia ma in realtà ha “bisogno” di essere  “amata” da qualcuno che si prenda cura di lei. L’umano Stephane è condannato ad essere un umano fra gli alieni della vita, ma non alla vita.

Un essere umano che, per amore, si incarica di dare una morte dolce al proprio maestro e amico. Un uomo che spera in un futuro diverso;  si interessa alla vita dei piccoli in casa del maestro, come anche segue, con genuino interesse, la ragazzina che suona il violino. E’ costretto solo ad osservare lo scorrere della vita in un periodo storico alienante. 

L’unico spiraglio di un futuro più umano è rappresentato dal lavorante apprendista liutaio che interrompe il lavoro perché la sua amata è venuta a trovarlo per portarlo via.  L’amore assume una sua importanza nel momento in cui il sentimento persiste nonostante la consapevolezza piena dei limiti.

Si tratta secondo me, di una esperienza estremamente significativa, che può durare anche tutta la vita, anche se, il sentimento potrebbe assumere progressivamente un carattere prevalente di abitudine, di affetto, di condivisione e di solidarietà.

La rotta della vita è una scelta morale, inesorabilmente a rischio, tanto più quando si confronta con le emozioni e i sentimenti. L’intesa fra due persone  si potrebbe definirla “affinità elettiva”; una circostanza eccezionale che si sottrae a qualsiasi tentativo di analisi psicologica.

Si caratterizza con l’incontro di due persone tra le quali si stabilisce una sintonia tale che investe l’anima non meno del corpo.

Questa sintonia non contempla né l’età, né l’identità dei soggetti né la loro complementarietà. Due mondi che vibrano all’unisono e pertanto realizzano, tra loro, un’intimità che non potrà mai essere espressa dalle parole: una tale intimità, le cui radici affondano nell’inconscio.

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

gigginoQuesta mattina, la Befana mi ha portato un messaggio da Reggio Calabria.

A scrivermi, un mio carissimo amico: Nino Pellicanò. Diceva: “….bisogna inventare una nuova democrazia o almeno provarci….”. Sottraendo del tempo alle foto, mi sono seduto davanti al PC. Quello che segue è ciò che ho risposto all’amico Reggino   e voglio condividere con  tutti Voi.

Compito della filosofia popolare è trarre dalla storia concreta del nostro popolo i principii e le correnti delle specifiche minoranze etniche che da sempre hanno vissuto in questa terra mediterranea. Così non solo si scopre un’importante sorgente di rinnovamento, ma si riconosce anche il carattere storico di certe debolezze tipiche, si scorge come esse siano prodotte dallo sviluppo economico, politico, culturale della storia nazionale. Bisogna dire a noi stessi, innanzitutto, che tutto ciò ha pur sempre a che fare col movimento operaio, i poveri e gli sfruttati tutti. Personalità significative come Lafargue, Labriola o Plechanov, in passato hanno messo a nudo, portandole allo scoperto le virtù e le debolezze dei movimenti operai nazionali. Penso che proprio in queste figure rappresentative si possono cogliere con estrema evidenza le virtù e le debolezze nazionali di un movimento operaio. Per un verso la soluzione di questa problematica nuova e complessa esige un’analisi straordinariamente approfondita e concreta, basata sulla conoscenza più rigorosa di un enorme quantità di fattori. Senza perdere di vista la necessità non meno importante di una popolarizzazione rapida e variegata. In questo senza commettere gli errori del passato da una parte l’intellettualismo staccato dalla vita concreta e reale, dall’altra la volgarizzazione. I grandi pensatori recenti hanno sempre affrontato e risolto dialetticamente questo problema. Come loro anche noi troveremo la giusta via. Senza generalizzare i problemi a spese dell’analisi concreta dei fatti. Si troverà una soluzione possibile solo se ci ricordiamo di essere oggi in una diversa situazione, mentre una via nuova si deve aprire ora verso un futuro che annulli e seppellisca la liberal-democrazia con la sua via democratica al potere. La lotta per la libertà di tutti noi è come il parto. Doloroso, a volte “tortuoso” ma necessario per il rinnovo della specie.

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Primo Piano

giggino pellQuesta volta l’amministrazione ha preferito non utilizzare Sparaballe per replicare alle accuse del Dott. Luciano Cappelli, rivolte alla mancata apertura della nuova scuola per bambini a Campora San Giovanni.

Ad intervenire è stata Monica Sabatino, eletta sindaco lo scorso maggio. Vorrei tentare di analizzare e capire, con tutti voi, come possa, il primo cittadino del Comune di Amantea, dire qualsiasi cosa, anche la più assurda, e farla franca. La frase, con la quale  il “sindaco” Sabatino ha scelto di licenziarsi dal 2014 dando gli auguri per il 2015, è la seguente: “Chi è abituato a quantizzare ogni cosa probabilmente non concepisce l’effettiva possibilità che qualcuno possa prestare gratuitamente le proprie competenze al servizio della città”.Come prima più di prima; continuiamo a spulciare il libro delle balle gelosamente custodito da Sparaballe! Questo è ciò che questi amministratori hanno avuto l’ardire di farcire con un mucchio di fanfaluche e che ci hanno spiattellato con atteggiamenti istrionici e da sofferenti “Guru” della politica.

In questo, sostenuti da  finto “pathos” e retto solo da bugie pacchiane e ridicole e da atteggiamenti ipocriti e falsamente sofferenti. Il tutto per perseguire un unico fine: assicurarsi un aumento dello stipendio e avere il sostegno del “Gran Guru”, a costo “zero”. Il quale, con il suo sguardo e i suoi atteggiamenti continua a stregare i propri incauti interlocutori. La sua missione ormai è quella di farsi garante della filosofia che alberga impudicamente negli animi di buona parte dei rappresentanti politici di oggigiorno: la filosofia del “pro-tasca-mia”! Sembra di vedere la parodia di un famoso film “Continuavano a chiamarlo Superballista” Si, cari concittadini perché intanto l’asilo nido è stato costruito  e non lo hanno realizzato loro, del resto sono solo miraggi. Roba da prestigiatori incalliti! Con la politica minimalistica dell’Amministrazione odierna, possiamo rilevare un tondissimo zero ad ora realizzato. Proporremo a questi sfaccendati incompetenti e a coloro che li hanno fiancheggiati, per un premio all’ improduttività. Per gli Amanteani invece proporremo il premio per la sciocca e farfallona pazienza; per aver sopportato questo “inconcludente” esecutivo.Con la speranza che il tutto non cada nell’indifferenza, in quanto si nutre una profonda fiducia nella giustizia, nell’ideale di avere un onesto servitore dello stato e soprattutto ci si sente confortati dal fatto che nell’affrontare queste “battaglie”, si schiera a favore del Guru, buona parte della società civile, comprese diverse Associazioni che condividono questo modo di agire nella più totale indifferenza.

Presumibilmente per il fatto di avere denunciato, con “fiumi di parole inutili”, queste malefatte, il sottoscritto è divenuto oggetto di insulti e derisioni che lo hanno portato a considerare la possibilità di restarsene in casa a Beaumont sur Mer. Pur tuttavia la consapevolezza di operare nel giusto ha prevalso su questi spiacevoli avvenimenti, dando al medesimo la volontà di continuare ad impegnarsi sempre di più a far scendere a valle e sfociare nel mare di Ulisse, le sue inutili parole portate dall’acqua del Catocastro. Su questo vorrei tanto che gli Amanteani riflettessero.

Mentre inviterei  il sig. Sindaco, a riflettere prima di lasciarsi andare, in maniera “ironica”, e commentare la vicenda relativa alla gratuità dell’incarico affidato a Giuseppe Sabatino,(suo padre) spedendo al dott. Cappelli, le parole che val la pena riproporre: “Chi è abituato a quantizzare ogni cosa probabilmente non concepisce l’effettiva possibilità che qualcuno possa prestare gratuitamente le proprie competenze al servizio della città”.

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik 

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