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Il Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio, Enrico Letta per lamentare una diversità di trattamento da parte del Governo tra la Regione Calabria e la Sicilia. In particolare, dopo l'approvazione nella legge di Stabilità di un emendamento a favore dei precari calabresi.

"Caro Enrico- scrive Crocetta a Letta - I provvedimenti di legge o sono uguali per tutti o sono iniqui.

Così si e' verificato ieri sui precari al Senato, quando e' stato approvato un emendamento sui precari calabresi che io apprezzo perché risolve il dramma di migliaia di famiglie povere del sud. Solo che la Regione Siciliana, di intesa con il Ministero della Funzione Pubblica, aveva concordato un emendamento che era sostanzialmente uguale a quello approvato per la Calabria, senza addirittura alcuni costi aggiuntivi per lo Stato e soprattutto aveva la caratteristica generale, cioe', non prefigurava privilegi per la Regione Siciliana ma si applicava a tutto il Paese".

"Cosa raccontero', Enrico, ai precari siciliani che aspettano da 25 - 30 anni di risolvere il loro sogno, che c'e' un governo che ai loro colleghi calabresi da' di più ?

Che rende immediatamente possibile la stabilizzazione senza costi per la regione Calabria, mentre in Sicilia dovremo fare gli acrobati attraverso una legge regionale che stiamo elaborando, ispirata a una circolare del Ministero della Funzione Pubblica, che potrà far assumere i precari siciliani in numero ridotto rispetto ai calabresi e lo farà a spese della Regione?

Questo dopo aver effettuato ulteriori tagli per 350 milioni e dopo un miliardo e mezzo di risparmio già fatto nel 2013 - scrive ancora Crocetta -

Sinceramente ci sembra un modo assurdo di trattare una Regione che sta facendo in questo momento sacrifici enormi e portando avanti una politica di rigore sulla spesa pubblica.

Presidente, la Sicilia chiede di essere trattata come le altre regioni d'Italia, non accetta discriminazioni e io allo stato attuale comprendo le mobilitazioni siciliane contro il trattamento iniquo che il governo sta praticando nei confronti della nostra Regione.

Da Presidente non ho mai condiviso le proteste di piazza, ritengo che non sia questo il ruolo di un uomo delle istituzioni, ma credimi, quando si deve combattere contro le ingiustizie formali e sostanziali, e' giusto che ognuno di noi riprenda il ruolo di cittadino per esprimere la propria indignazione.

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Altro che Berlusconi, è letta quello che vuole ridurre le tasse sulla casa.

In una volta sola ha eliminato l’IMU, la TARES e la TRISE.

L’unico problema è Dario Franceschini il ministro per i Rapporti con il Parlamento e per il Coordinamento dell’attività di Governo il quale dichiara:«Rispetteremo totalmente il lavoro del Parlamento, ponendo» la fiducia «sul testo che la Commissione bilancio sta ultimando. La fiducia è però necessaria non soltanto per garantire i tempi di approvazione ma anche per verificare politicamente, con chiarezza e senza ambiguità, nel luogo proprio e sull’atto più importante, il rapporto fiduciario tra governo e maggioranza parlamentare».

E lo conferma anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanni Legnini il quale dice che «il governo è convinto di porre la fiducia domani mattina e andare al voto domani sera».

Insomma la colpa è proprio della legge di stabilità che ha mortificato letta che aveva tolto tre tasse e che ha messo la nuova.

Si chiama IMPOSTA UNICA COMUNALE

Insomma “unica” sta per tutte insieme.

Appassionatamente. Ed infatti Fabrizio Saccomanni ride ( vedi foto)

Come la grande coalizione che mette insieme “centro destra”e “centro sinistra”, ma solo per esternare al popolo italiano il grande rispetto che la politica gli porta.

Allora letta toglie tutte le tasse ma il parlamento “cattivo” ne inventa un’altra che si chiama IUC. Una imposta che sarà sempre divisa in due componenti:

-la prima relativa alla raccolta dei rifiuti,

-la seconda relativa ai servizi indivisibili

Incredibile ma vero ( SIAMO ALLA CIOTIA), i mass media dicono che “ Dalla nuova Imposta unica comunale (Iuc) sugli immobili, che sostituirà l'Imu dal 2014, saranno esentate le prime case, ad esclusione di quelle di lusso” Sky TG24.

Ma allora o non si tratta di una imposta unica, ma di due sub imposte, perché solo in questo modo sarà possibile far pagare i servizi indispensabili anche alle prime case, o (CIOTIA NELLA CIOTIA), i servizi saranno fatti pagare SOLO alle SECONDE CASE.

Il che significherà il crollo dell’edilizia.

Comunque oggi il Governo ( ma come ritorna Letta? ) dovrà porre la fiducia ed allora scopriremo quale è la verità.

Una verità che esce opportuna sotto Natale ( ma guarda che “spierti”!) quando si è più buoni e quando ci sono i panettoni così cadendo ci faremo meno male ( buttati che è morbido!)

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Monza.Inaugurato monumento per Lea Garofalo .Una porta in cemento, fregiata dai pugni di Lea Garofalo, la donna uccisa perché ha avuto il coraggio di denunciare l'ex compagno 'ndranghetista, e di diventare testimone di giustizia. E' questa l'opera a lei dedicata dalla città di Monza nel cimitero del quartiere San Fruttuoso, inaugurata oggi alla presenza delle autorità cittadine. In quel quartiere furono ritrovati i resti carbonizzati della donna, torturata ed uccisa nel 2009. L'opera è intitolata”'Le porte del dolore”.

Ma chi era?

Lea Garofalo (Petilia Policastro, 1974 – Milano, 24 novembre 2009) è stata una testimone di giustizia, vittima della 'Ndrangheta.

Lea Garofalo era una testimone di giustizia sottoposta a protezione dal 2002, quando aveva deciso di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. L'azione di repressione del clan Garofalo si concretizza il 7 maggio 1996, quando i carabinieri di Milano svolgono un blitz in via Montello 6 e arrestano anche Floriano Garofalo, fratello di Lea, boss di Petilia Policastro dedito al controllo dell'attività malavitosa nel centro lombardo.

Floriano Garofalo, nove anni dopo l'arresto e dopo l'assoluzione al processo viene assassinato in un agguato nella frazione Pagliarelle di Petilia Policastro l'8 giugno 2005. In particolare, Lea, interrogata dal pm Antimafia Sandro Dolce, riferì dell'attività di spaccio di stupefacenti condotta dai fratelli Cosco grazie al benestare del boss Tommaso Ceraudo. Inoltre, Lea dichiara al pm «L'ha ucciso (Floriano ndr) Giuseppe Cosco, mio cognato, nel cortile nostro», attribuendo così la colpa dell'omicidio al cognato, Giuseppe, detto Smith (dal nome di una marca di pistole) e all'ex convivente, Carlo Cosco, e fornendo anche il movente. Ammessa già nel 2002 nel programma di protezione insieme alla figlia Denise e trasferita a Campobasso, si vede estromessa dal programma nel 2006 perché l'apporto dato non era stato significativo. La donna si rivolge allora prima al TAR, che le dà torto, e poi al Consiglio di Stato, che le dà ragione. Nel dicembre del 2007 viene riammessa al programma, ma nell'aprile del 2009 – pochi mesi prima della sua scomparsa – decide all'improvviso di rinunciare volontariamente a ogni tutela e di tornare a Petilia Policastro, per poi trasferirsi di nuovo a Campobasso in una casa che le trova proprio l'ex compagno Carlo Cosco.

Il tentativo di rapimento

Il 5 maggio 2009, a causa di un guasto alla lavatrice, la donna decide di chiamare l'ex compagno Carlo Cosco, residente a Milano per metterlo a corrente della situazione e l'uomo le invia nell'abitazione Massimo Sabatino.
Si tratta però non di un idraulico ma di un trentasettenne recatosi sul posto per rapire e uccidere Lea Garofalo. La donna riesce a sfuggire all'agguato grazie al tempestivo intervento della figlia Denise e informa i carabinieri dell'accaduto ipotizzando il coinvolgimento dell'ex compagno. Lea Garofalo conosceva, infatti, molti segreti della faida fra le famiglie Garofalo e Mirabelli di Petilia Policastro e si sarebbe dovuta recare, nel mese di novembre del 2009, a Firenze per depositare la sua testimonianza in un processo. In quella occasione avrebbe potuto svelare situazioni nelle quali il suo ex compagno era direttamente coinvolto. A pochi giorni dalla scomparsa è il giudice per le indagini preliminari di Campobasso, Teresina Pepe, a dichiarare immediatamente i sospetti a carico di Cosco disponendone, insieme a Massimo Sabatino, l'ordine di custodia cautelare: «È possibile affermare che Cosco avesse un interesse concreto sia a vendicarsi di quanto la Garofalo aveva già detto, sia ad evitare che potesse riferire altro».

L'agguato e l'omicidio

Nel novembre del 2009 Cosco attirò l'ex compagna in via Montello 6 con l'intento di parlare del futuro della loro figlia Denise. Alcune telecamere inquadrarono madre e figlia nelle ore del pomeriggio lungo i viali che costeggiano il cimitero Monumentale: sono gli ultimi fotogrammi prima della scomparsa definitiva di Lea Garofalo. Il piano per il rapimento era stato organizzato quattro giorni prima: il noleggio del furgone da un cinese di via Paolo Sarpi, l'arma del delitto, il magazzino dove svolgere l'interrogatorio e l'appezzamento dove la donna è stata successivamente fatta sparire. Sabatino e Venturino rapirono la donna in strada e la consegnarono a Vito e Giuseppe Cosco, i quali la torturarono per ore per farla parlare e poi la uccisero mediante strangolamento. Il corpo venne portato in un terreno nella frazione di San Fruttuoso (Monza) ed in quel luogo venne bruciato all'interno di un bidone metallico e poi sepolto.

Le indagini e il processo

Per la scomparsa e l'omicidio di Lea Garofalo, due mandati di arresto sono stati notificati in cella, nell'ottobre 2010, a Carlo Cosco coinvolto già in inchieste alla fine degli anni novanta a Milano e a Massimo Sabatino, 37 anni - spacciatore di Quarto Oggiaro. I due erano già stati arrestati a febbraio per il precedente tentativo di sequestro a Campobasso. Il 24 febbraio dello stesso anno erano già state arrestate in Molise altre due persone per aver messo a disposizione alcuni capannoni nel milanese dove la donna sarebbe stata portata dopo la scomparsa. Gli altri quattro destinatari del provvedimento sono i fratelli Giuseppe «Smith» Cosco e Vito «Sergio» Cosco, Carmine Venturino e Rosario Curcio.

Il processo vede come testimone chiave la presenza della figlia della donna che ha deciso di testimoniare contro suo padre. È il 23 novembre 2011 che il processo riparte dall'inizio, con la notizia della nomina del Presidente della Corte Filippo Grisolia come Capo di Gabinetto del ministro della Giustizia Paola Severino. I due incarichi risultano incompatibili e così la difesa degli imputati, avendone facoltà, ha chiesto che l'intero processo fosse annullato e ricominciato dal principio, comprese le dichiarazioni dei testimoni.

Il 30 marzo 2012 il processo si conclude con la condanna di tutti i 6 imputati e il riconoscimento delle accuse di sequestro di persona, omicidio e distruzione di cadavere, ma non l'aggravante mafiosa: i giudici condannano all'ergastolo con isolamento diurno per due anni Carlo Cosco e suo fratello Vito, all'ergastolo e ad un anno di isolamento Giuseppe Cosco, Rosario Curcio, Massimo Sabatino e Carmine Venturino, ex fidanzato di Denise.

Il 28 maggio 2013 la Corte d'assise d'appello di Milano conferma 4 dei 6 ergastoli inflitti in primo grado. Conferma l'ergastolo per Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino; 25 anni di reclusione per Carmine Venturino e assoluzione per non aver commesso il fatto per Giuseppe Cosco; inoltre la Corte ha disposto risarcimento dei danni per le parti civili: la figlia, la madre e la sorella di Lea Garofalo e il comune di Milano.

Memoria

Lea Garofalo è ricordata ogni anno il 21 marzo nella Giornata della Memoria e dell'Impegno di Libera, la rete di associazioni contro le mafie, che in questa data legge il lungo elenco dei nomi delle vittime di mafia e fenomeni mafiosi.

Con una cerimonia di commemorazione, il primo aprile 2012 il Comune di Monza ha raccolto l'appello di Daw-blog.com e ha posato una targa in ricordo di Lea Garofalo presso il cimitero di San Fruttuoso, a pochi passi dal luogo dove è stata torturata, uccisa e ridotta in cenere.

Nel dicembre 2012 esce il libro sulla vita di Lea Garofalo, Il coraggio di dire no. Lea Garofalo, la donna che sfidò la 'ndrangheta.

Il 19 ottobre 2013 si svolgono, a Milano in piazza Beccaria, i funerali civili di Lea Garofalo. In piazza erano presenti migliaia di persone, l'associazione Libera e famose personalità come Don Luigi Ciotti e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Nel pomeriggio del 19 ottobre è stato intitolato, a Lea Garofalo, un giardino pubblico in via Montello a Milano. da Wikipedia

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