
Dalle prime ore della mattina oltre 40 agenti della Polizia di Stato stanno eseguendo arresti e numerose perquisizioni nella provincia aquilana. La nuova inchiesta sul post terremoto, denominata «Do ut Des» o «Eagle Affair», fa riferimento a tangenti che coinvolgono il Comune dell’Aquila su appalti legati alla ricostruzione post-terremoto del 6 aprile 2009. Tra i coinvolti l’attuale vice sindaco pd Roberto Riga (indagato), che in mattinata ha annunciato le proprie dimissioni: «In questo momento mi tiro da parte da ruolo vicesindaco e di assessore per dimostrare che il bene generale della città conta molto» ha detto Riga in una conferenza stampa. «La città dell’Aquila non si può permettere di avere freni - ha sottolineato -. Altri magari non l’hanno fatto ma io lo faccio»,.
LE PERQUISIZIONI - Le perquisizioni riguardano ditte, abitazioni e lo stesso Comune di L’Aquila nei confronti di attuali ed ex assessori e funzionari pubblici aquilani ritenuti responsabili, a diverso titolo insieme a imprenditori, tecnici e faccendieri, di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica, appropriazione indebita su appalti legati alla ricostruzione post-terremoto del 6 aprile 2009.
«CASE» REGALATE - Tangenti per 500.000 euro, elargite a funzionari pubblici, sarebbero state la contropartita per l’aggiudicazione di alcuni appalti relativi a lavori di messa in sicurezza di edifici danneggiati dal sisma del 2009, tra cui Palazzo Carli, sede dell’Università di L’Aquila. Dalle indagini è emersa anche l’appropriazione indebita della somma di 1.268.714 euro, da parte di alcuni indagati, relativa al pagamento di taluni lavori. I fatti di reato commessi a L’Aquila, si riferiscono al periodo che va da settembre 2009 a luglio 2011. Secondo fondi investigative, uno dei funzionari coinvolti si sarebbe fatto regalare da alcune ditte impegnate nei lavori edili di ricostruzione, moduli abitativi provvisori (Map) che sarebbero poi stati rivenduti. Le perquisizioni si sono concentrate in studi professionali ma soprattutto al Comune dell’Aquila in cui sono custoditi i progetti e i finanziamenti del post-terremoto.
I COINVOLTI - Tra le otto persone coinvolte, spicca dunque il nome di Roberto Riga, all’epoca dei fatti assessore all’Urbanistica. Personaggi di spicco anche due dei quattro arrestati ai domiciliari. Si tratta di Pierluigi Tancredi, 60 anni, attuale dirigente dell’Asl numero 1, più volte assessore della giunta di centrodestra negli anni Duemila, all’epoca dei fatti consigliere comunale delegato per il recupero e la salvaguardia dei beni costituenti il patrimonio artistico della città; e Vladimiro Placidi, 57, assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali dopo il terremoto nel primo mandato del sindaco, Massimo Cialente, nonché direttore del Consorzio dei beni culturali della Provincia dell’Aquila. Ai domiciliari anche Daniela Sibilla, 38, dipendente collaboratrice del Consorzio beni culturali e già collaboratrice di Tancredi durante i suoi mandati di assessore, e Pasqualino Macera, 56, all’epoca funzionario responsabile Centro-Italia della Mercatone Uno Spa. Oltre a Riga, gli altri denunciati sono Mario Di Gregorio, 45, direttore del settore Ricostruzione pubblica e patrimonio del Comune dell’Aquila, all’epoca dei fatti funzionario responsabile dell’ufficio Ricostruzione; Fabrizio Menestò, 65, ingegnere di Perugia, all’epoca direttore e progettista dei lavori per le opere provvisionali di messa in sicurezza di palazzo Carli, sede del rettorato dell’Università dell’Aquila; Daniele Lago, 40, imprenditore di Bassano del Grappa, Ad della Steda Spa, aggiudicataria di alcuni appalti. Sono 13 le perquisizioni, svolte presso alcune ditte, abitazioni private e dentro gli uffici del Comune dell’Aquila.
COSÌ SONO PARTITE LE INDAGINI - Le indagini, fa sapere la polizia, sono partite dalle indebite condotte di un imprenditore veneto (amministratore di una società per azioni) che, comunque, intendeva procacciare lavori sulla ricostruzione per l’azienda, e che ha trovato la disponibilità corruttiva in alcuni amministratori pubblici aquilani e nei loro sodali, pronti a ricevere tangenti, approfittando della situazione emergenziale
IL SINDACO: «MI SENTO TRADITO» -«Mi sento profondamente tradito». Così il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, ha commentato ai microfoni di Rai News 24 l’inchiesta sulle tangenti sulla ricostruzione. «Chiedo alla magistratura - ha aggiunto - di andare fino in fondo. Qualsiasi ombra non solo sulla ricostruzione ma anche sulle prime messe in sicurezza getta un’ombra enorme su una città già martoriata».
E' stata disposta dal gip della procura di Latina la custodia cautelare in carcere per il romeno 21enne Daniel Domnar, che la sera di Santo Stefano a bordo di un auto rubata, ubriaco e sotto l'effetto di alcol e stupefacente ha investito contromano a folle velocità un auto dove era a bordo con la sua famiglia la piccola Stella Manzi, di 9 anni, deceduta il giorno dopo all'ospedale Bambin Gesù.
Le indagini e i rilievi della polizia stradale di Albano avevano appurato accuratamente ogni dettaglio dell'incidente sulla via Nettunense al km 25.300 avvenuto poco prima delle 19.
Ora il pregiudicato romeno, che era uscito dal carcere qualche mese prima in Umbria è ancora ricoverato all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina, dove è piantonato dagli agenti della polstrada di Albano in attesa di essere tradotto in carcere appena sarà dimesso.
Il padre della bambina Alfonso Manzi, fantino presso l'ippodromo di Capannelle, dopo i funerali di ieri della bimba, si era recato questa mattina in tribunale a Latina per incontrare i magistrati di turno.
ROMA - Dovrà risarcire lo Stato per quasi 23 milioni di euro per danno erariale l'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi. Lo ha stabilito la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Lazio con una sentenza pubblicata oggi. L'ex senatore, 52 anni, è già sotto processo a Roma per appropriazione indebita per la gestione dei fondi dei Dl (Democrazia e Libertà-La Margherita). Nel settembre 2012 erano stati disposti per lui gli arresti domiciliari nel Santuario della Madonna dei Bisognosi a Carsoli (L'Aquila), dopo che nel giugno dello stesso anno il Senato aveva dato l'autorizzazione al suo arresto.
Dal maggio scorso è libero: il Tribunale di Roma ha ritenute cessate le esigenze cautelari. La cifra esatta di 22.810.200 euro rappresenta quanto l'ex senatore avrebbe sottratto dal 2002, quando fu nominato tesoriere del partito. Lusi è stato citato in giudizio dalla Corte dei Conti «per illecita gestione, in qualità di tesoriere, dei fondi ricevuti dal partito politico 'Democrazia è Libertà-La Margherita - si legge nella sentenza - a titolo di rimborso per le spese elettorali dei partiti politici».
I guai per il tesoriere arrivarono nel 2012, quando la Banca d'Italia segnalò un'operazione ritenuta sospetta, relativa all' acquisto di un appartamento in via Monserrato, a Roma, a due passi da piazza Navona. Le indagini convinsero gli inquirenti che, ricorrendo anche a due società estere, la Ttt srl e la Paradiso, Lusi era riuscito a mettere le mani su circa 23 milioni di rimborsi elettorali, dirottandoli in Canada e poi facendoli rientrare in Italia con lo scudo fiscale. Denaro da impiegare in investimenti immobiliari a Roma, a Genzano, ai Castelli Romani, e in provincia dell'Aquila.
«La decisione della Corte dei Conti è in linea con quanto da mesi il nostro assistito afferma: quei soldi devono essere restituiti allo Stato e non alla Margherita - ha spiegato l'avvocato Renato Archidiacono, del collegio difensivo di Lusi -. Dal canto nostro abbiamo svolto sempre un ruolo di massima collaborazione con la Corte dei Conti, dicendoci da subito pronti alla restituzione di 16 milioni, perchè sosteniamo che gli altri sei erano già stati versati come tasse. La sentenza in questo senso non riconosce la nostra posizione e quindi su questo siamo pronti a presentare appello».
Di diverso avviso il parere del legale della Margherita Titta Madia. «Ritengo che si sia creato un conflitto di giurisdizione con il Tribunale di Roma, che ha invece ritenuto i fondi della Margherita di natura privata e non pubblica - ha detto Madia -. Comunque la posizione di Lusi, alla luce di questa sentenza, potrebbe aggravarsi perchè potrebbe rispondere del reato di peculato, molto più grave di quello di appropriazione indebita che oggi gli viene contestato».30 dicembre Il Messaggero