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stazioneAbbiamo già scritto dei clochard che dormono all'albergo della stazione ferroviaria. Disperati tollerati se non portati in Italia dalla volontà del PD e del Papa e poi dimenticati. Senza un lavoro, senza aiuto e nemmeno riportati da dove provengono  e dove sicuramente stavano meglio. Eppure ci sono tanti conventi liberi. Ed allora ecco il loro armadio

Pubblicato in Cronaca

barboneUn uomo a Palermo cosparge di benzina il giaciglio di un clochard che dormiva sotto i portici del chiostro dei Padri Cappuccini e poi gli da fuoco senza nessuna pietà. Era convinto che quel povero disgraziato fosse l’amante di sua moglie che lo aveva abbandonato. Dio mio come siamo caduti così in basso. Gesti e atti scellerati di questo genere si sono verificati, purtroppo, anche in Calabria. Chi non ricorda il povero Cocò, il nonno e la sua compagna bruciati in macchina? Bruciare vivo un uomo che dorme tranquillamente nel suo giaciglio di fortuna, un uomo mite, buono, che non dava fastidio a nessuno, vuol dire che i cuori degli uomini si sono pietrificati, induriti. Vedere le crude immagini di un uomo che brucia e che grida di dolore ci strappa il cuore. Un gesto così efferato ci riempie di dolore e di rabbia. L’uomo bruciato aveva 45 anni e si chiamava Marcello Cimino e frequentava il centro di assistenza ai poveri dei francescani. Aveva abbandonato la sua casa e le due figlie in seguito alla separazione della moglie. Ogni tanto faceva dei lavoretti abusivi per guadagnarsi da vivere. Quello che è successo a Palermo non fa onore a questa città siciliana e ai siciliani in genere conosciuti in tutto il mondo come persone gentili, affidabili, disponibili, pronti ad aiutare gli altri, solidali con gli ultimi. Ma andando indietro nel tempo mi vengono alla memoria come un flash back cose ancora più terribili e inquietanti, quando i mafiosi scioglievano nell’acido i bambini o quando muravano nel cemento gli uomini del clan avverso. Tutti in città ora fanno l’esame di coscienza. Dapprima si era pensato che il gesto criminale fosse stato compiuto da una banda di ricchi balordi che per gioco, per divertimento danno fuoco ad uomo che dorme tranquillo per terra. Poi ad una banda di ragazzi venuti da fuori, forse ubriachi o in preda alla droga. Ma la tecnologia questa volta è venuta in aiuto alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura. Le telecamere nascoste hanno mostrato un uomo che cosparge di benzina Marcello e poi gli da fuoco. Niente, dunque, gioco, niente droga, niente razzismo, niente depravazione, niente gioventù bruciata. Marcello è stato arso vivo da un altro uomo come lui, che conosceva benissimo e che forse stava vivendo gli stessi suoi problemi. Lavorava in una pompa di benzina e per questo si era potuto procurare il secchio bianco e poi riempirlo di benzina. Ho appreso la triste notizia mentre guardavo la televisione e alcuni giornalisti sportivi si accapigliavano discettando di rigori dati o non dati, di Juventus e Milan, di gol in fuorigioco e di arbitri non all’altezza. Poi i titoli di coda. Un uomo è stato bruciato vivo a Palermo. Ho spento la televisione e sono stato preso da un senso di dolore e di colpa. Ancora una volta gli uomini cattivi hanno ucciso un loro fratello, hanno ucciso Nostro Signore. Non l’hanno messo in croce. Peggio hanno fatto. Lo hanno bruciato vivo mentre dormiva. Il Signore ci ammonisce:- Ogni qual volta fate queste cose ad uno solo di questi miei fratelli lo avete fatto a me-. Ma gli insegnamenti del Vangelo, oggi, purtroppo, vengono da tutti ignorati e calpestati. Cominciamo, perciò, almeno noi che ci professiamo cristiani, cattolici, apostolici, romani, a riconoscere subito Gesù in chiunque ci passa accanto e trattiamo ogni prossimo come realmente tratterremmo Gesù.

Pubblicato in Italia

Stamattina attraversando Piazza Bilotti ho avuto una sgraditissima sorpresa.

 

 

In Piazza ho avvistato cumuli di cartoni, coperte e tende improvvisate, rifugio notturno dei clochard.

In passato dormivano sotto i ponti lontano dalla vista dei cittadini cosentini, ora che il freddo notturno si è attenuato un poco dormono all’aperto.

 

Piazza Bilotti è diventata così un dormitorio pubblico.

 

Fino alle ore 11 nessuno ha visto nulla.

Ora il grave problema dei bivacchi si è ripresentato nella sua gravità a pochi metri dai tavolini messi, credo, dall’Amministrazione comunale.

 

Poi, dopo le 11, qualche cittadino ha segnalato il cumulo di cartoni e la tenda e subito è scattato l’intervento del personale preposto per procedere allo sgombero del materiale ingombrante.

Pubblicato in Cosenza

Striscia la notizia su canale 5 ha trasmesso un servizio su “L’albergo Linate” da parte dell’inviato Max Laudadio.

All’interno dell’aeroporto un uomo e tre donne dell’est europeo, probabilmente di etnia rom, affittavano posti letto per terra a 10 euro ai clochard che in queste notti molto fredde cercano un riparo nello scalo milanese.

Questa triste e sconfortante vicenda è stata fatta conoscere al popolo di Striscia da due complici che si sono finti senza fissa dimora e che cercavano di passare la notte dentro l’aeroporto.

Dio mio come siamo ridotti! Che squallida vicenda!

Addirittura si chiede il pizzo, e siamo a Milano non in Calabria, ai clochard che dormono per terra sui cartoni.

C’è gente che lucra finanche sui poveri clochard che non hanno nulla, neppure un tetto o un letto morbido su cui dormire, al riparo dalla pioggia e dal freddo.

Questi balordi venuti in Italia forse clandestinamente non solo chiedevano 10 euro a notte e fino alle 6 di mattina, vendevano finanche le coperte a 20 euro.

Chi si rifiutava di pagare veniva allontanato con le buone o con le cattive.

Dovevano pagare, però, fuori dall’aeroporto per non essere visti. Gente cattiva ed anche molto scaltra.

Una vera e propria organizzazione criminale che si arricchiva sulla pelle della povera gente che cercava riparo e per giunta per terra su dei cartoni.

Addirittura, dopo aver incassato il pizzo, la donna indicava il posto dove poter dormire.

Teneva finanche la contabilità su di una agendina tascabile. Segnava il nome e cognome del clochard, il numero e il posto.

Quando si è avvicinato l’inviato di Striscia i quattro componenti la banda non solo hanno negato ma hanno cercato di scappare.

La donna con l’agendina in mano si è rifugiata in un locale interdetto agli estranei, che poi è stata fatta allontanare dal personale dell’aeroporto.

Si è scagliata contro l’inviato di Striscia, non solo negando tutto ma prendendolo pure a male parole.

Ha cercato di afferrare il microfono profferendo nei confronti dell’inviato parole che mi hanno lasciato basito:- Italiani sono delle merde. Va via, mi stai rompendo i c…-

Questo ho dovuto ascoltare ieri sera mentre ero seduto tranquillo a casa mia a guardare la televisione.

Non ho più la forza di continuare, le mie dita non riescono a battere i tasti del computer, la testa mi gira, mi sento impotente di fronte a questa squallida vicenda.

Io italiano come voi che con pazienza mi state leggendo rompo il c… a questi zingari balordi che tranquillamente delinquono nella mia Patria.

Abbiamo davvero toccato il fondo, amici di Tirreno News.

NdR. Ma nell’aeroporto c’è la Polizia? Ed adesso che Striscia ha reso pubblica una ennesima vergogna cosa faranno i responsabili dell’aeroporto e le forze dell’ordine?

Pubblicato in Italia

La PolFer scaccia i Barboni

E’ successo stamattina.

E così Adrian il rumeno che da qualche tempo dorme nell’androne della stazione ferroviaria di Amantea è dovuto andare via.

I Rumeni, si sa, hanno paura della Polizia rumena ( da MostClaw leggiamo di una intercettazione di un Rumeno che rivolgendosi al suo compaesano in Romania diceva: “Cosa fai ancora lì, che se rubi una maglia ti tagliano le mani, vieni qui in Italia che si ruba facile e non ti arrestano mai”)

Forse per empatia hanno paura anche di quella italiana.

Sia Adrian che la sua amica rumena che spartisce lo stesso destino.

Un’amica che ha letto l’articolo da me scritto e pubblicato su Tirrenonews mi segnala la cosa.

Lo trovo sul lungomare, di fronte alla sua nuova casa che sono le scale che portano fino ai binari.

Gli chiedo come va ed Adrian alza leggermente la spalla sinistra, mentre muove la testa verso sinistra.

Comprendo che non va bene.

“Adrian , stamattina è venuta la Polizia e ti ha mandato via? “

Annuisce.

“ Ed adesso dove dormi?”

Mi guarda ed alza tutte e due le spalle , come a dire “non so”.

“Come posso aiutarti?”

“ Ho chiesto a tanti dov’è la Caritas ma nessuno ha saputo rispondermi. Lo sai tu?”

“Purtroppo non c’è”

Poi, quasi tra me e me, “Peccato che tu non sia nero di pelle. Ti saresti potuto aggregare ai tanti profughi che vengono dall’Africa e che l’Italia aiuta offrendo loro un posto dove dormire, da mangiare e quanto altro serve “

Mi guarda con occhi sgranati, forse non capisce , anche se è una profonda verità”

Poi gli chiedo dove sia la donna e lui mi risponde che è andata a procurare da mangiare e quasi per giustificarsi aggiunge “ Lei parla bene italiano. Lei facile parlare gente . E mi aiuta”.

“Cos’altro ti serve? Un pantalone più caldo?”

Sorride e poi dice un bel si!

“Che taglia hai? “ – Risponde “52”

Mentre alza la maglia vedo uno spago.

“Vorresti anche una cinta?”

Ed il sorriso si allarga. “Si, si” è la risposta

“Ed anche un paio di scarpe? Magari calde”

Non risponde , sorride, però mi dice, anticipando la domanda “ 42”

Poi concludo “ Ti servirebbe una tenda?”

“No grazie, fa freddo, meglio una stanza e le scatole di cartone”

E’ il tardo pomeriggio. Consegniamo quanto necessario ad Adrian.

Sorride , ma i suoi occhi sono tristi sta di nuovo arrivando la notte e la Caritas da noi non c’è!

In attesa, chi ha una vecchia stanzetta, magari nel centro storico?

Per un po’ di tempo, non per sempre!

Restiamo in attesa.

Amantea 11.1.2015

A Natale siamo tutti più buoni. Forse. Per questo anziché chiamarli barboni li chiamiamo clochard : é piú elegante. Non si sa chi siano, non si sa da dove vengono.

 

Sono uomini senza famiglia, senza casa, che vivono -se vita è la loro- come possono e dove possono. Finchè vivono.

In questi giorni di freddo intenso, vivono e dormono nell’atrio della stazione ferroviaria.

No, non quella di Milano o di Roma.

No, quella di Amantea, la piccola stazioncina ferroviaria di Amantea.

È l’unica cosa aperta in questa città vanagloriosa e falsa.

Questa città che fa finta di non sapere, se non addirittura chiude gli occhi per non vedere, le orecchie per non sentire, la bocca per non parlare.

Ma la verità è lì davanti a noi.

Una verità terribile, che bisogna dire, che occorre diffondere

Sono italiani, o forse rumeni, o di chissà quale nazionalità. No, non sono neri di pelle, quelli vengono presi in carico dal sistema solidale italiano ed in qualche modo assistiti , nutriti, vestiti, curati .

Questi no, questi sono “altri” e non hanno gli stessi “diritti”

Per loro non scatta la solidarietà umana e statale.

Per loro non esiste comune, chiesa, Croce Rossa, protezione civile , legge, rispetto, amore.

Hanno freddo , un freddo terribile. Li vedi muoversi lentamente. Sono come congelati. Camminano come zombi in viaggio verso la morte.

E forse davvero stanno camminando verso la morte .

Le due stanze con grandi vetrate sono fredde.

E c’è un solo divanetto per non dormire per terra, gli altri dormono per terra, sui cartoni.

No possiamo, né vogliamo mostrarvi le loro foto.

Vi mostriamo però le loro cose.

Stamattina era presente solo uno di loro . Il volto bianco, ghiaccio, tetro, che procedeva lentamente , trascinando due enormi piedi . Era andato ad urinare in quella che fu la vecchia villa della stazione di Amantea dove c’era la grande vasca con i pesci rossi ( che stranamente non ci sono più).

Già, perché nella stazione di Amantea, come abbiamo ripetutamente denunciato i servizi igienici sono chiusi.

E’ uno spettacolo triste da vedere, triste e destabilizzante.

Non sai che fare, vorresti fare qualcosa, ma Dio buono, che cosa?

Li guardi e ti senti in colpa.

Li guardi e ti senti impotente , vergognosamente inadatto.

Un impotenza che diventa parossistica.

Vorresti che la tua città avesse un sistema di solidarietà per i più deboli, per i più fragili, per quelli che davvero, come loro, che nemmeno conosci , sono i più poveri, gli ultimi

Vorresti che la tua città avesse un comune che aprisse una delle sue stanze, riscaldata, arredata con cinque. dieci posti letti ed un cucinotto dove si può riscaldare un po’ di latte.

Vorresti che avesse quelle associazioni di solidarietà, di solito od all’occorrenza tanto vantate, e mostrate nelle loro belle divise, magari durante le processioni

Vorresti che avesse la “caritatis” prima e più che la “caritas” capace di sentire le grida di dolore che emanano dai corpi silenziosi dei “nostri” clochard.

Vorresti che il sentimento comune di umana pietà fosse capace di esorcizzare queste situazioni.

Vorresti avere il coraggio di fare quello che stai pensando di fare.

Ed invece , restiamo inani, scavalchiamo i loro corpi, gettiamo una monetina, quando li vediamo vivi, capaci di guardarci, al più preghiamo una preghiera muta al Signore perché cessi questo terribile freddo.

Sono , forse, l’inevitabile arredo di una società arrivista, “la tragica risacca di una società globalizzata” che ha perso anche la dignità, quella società dove la ricchezza massima si unisce alla povertà massima, dove i “colti” giustificano il pagamento di prebende da 4 milioni di euro di soldi pubblici per due serate del comico che va per la maggiore, quello che meglio interpreta la intera società italiana che si divide tra il finto cattolicesimo ed il finto social-comunismo, mentre milioni di uomini “veri”, non finti , aspettano nelle gelide stanze delle stazioni ferroviarie , nemmeno riscaldate, di morire di freddo.

Come chiedere loro – e poi ha senso- perché si sono ridotti così, si sono abbandonati così, si lasciano morire senza reagire.

E’ il loro atroce destino , scritto da tempo e da altri od hanno semplicemente perso il lavoro e non lo ritrovano? O la loro famiglia ha voltato loro le spalle, come del resto questa società dove nessuno vuol sapere.

Lo dico a me stesso, ma anche a voi. Sono ancora lì, stasera 31 dicembre 2014, pronti a ricevere il nostro aiuto!

Che il 2015 porti loro una diversa attenzione umana

Giuseppe Marchese

Pubblicato in Cronaca

Un giornalista sensibile racconta una storia di solitudine e di abbandono di alcuni profughi che vivono su una terrazza che si è trasformata nel rifugio di alcuni senzatetto del quartiere.

Descrive uno scenario fatto di lenzuola, indumenti e materassi accatastati l’uno sull’altro.

Conosce Khaled, un marocchino che da quasi quindici anni si è trasferito in Italia.

Narra della sua vergogna a mostrarsi, del fatto che vive di elemosina e di piccoli lavoretti, quando riesce a trovarne.

Khaled, ha gli occhi stanchi e gli dice di essere tornato da poco, dopo una lunga giornata senza aver guadagnato quasi nulla, mangiando dove e quando può, e senza avere la possibilità di accedere sempre alle mense pubbliche.

Una vicenda strappalacrime, così tanto che un qualsiasi lettore sarà obbligato a chiedersi perché Khaled continui a restare in questa Italia insensibile al suo dramma ( salvo il giornalista, ovviamente) e non ritorni nel suo paese dove SICURAMENTE starebbe meglio, dove avrebbe di che mangiare ogni giorno e dove dormire ogni notte, dove avrebbe la speranza di un futuro roseo e non a certezza di un futuro nero e drammatico come quello che aspetta in quel di Napoli.

Perchè insomma un quotidiano infame e senza futuro e non la sua terra, la sua patria.

Che cosa ha lasciato Khaled per fargli accettare questa condizione impossibile?

E’ venuto qui in Italia pieno di speranze ed ora il ritorno in patria sarebbe una inaccettabile confessione del fallimento ?

Non solo ma in questo tugurio sempre più spesso ci sono“nuovi arrivi”.

E quando sono in parecchi e si ubriacano “urlano e danno fastidio, a volte arrivano anche alle mani”.

Tanto che i condomini, sono stati costretti a rivolgersi alle forze dell’ordine per liberare la zona.

Sgomberi eseguiti puntualmente anche se puntualmente la necessità riporta questi “clochard a occupare nuovamente il posto”.

Poi la reazione delle gang e dei delinquenti del quartiere che li violentano.

Quante sono le situazioni simili in Italia?

E che cosa occorre fare?

Rimpatriare queste persone come faceva l’America agli inizi del novecento?

Chiedere al governo tunisino ed alla famiglia di rimpatriare essi Khaled ?

Chiedere alla Chiesa il minimo della assistenza dovuta?

Assistere a spese dello Stato Khaled e quanti altri a tal punto verranno in Italia?

Far finta di niente, leggere l’articolo e farselo scorrere sulla pelle?

Chiedersi se sia umanamente giusto che i giornalisti che vengono a conoscenza di queste situazioni drammatiche rimangano inerti o chieder loro di adottarne uno per dargli speranza ed amore e non solo parole.

Pubblicato in Mondo
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